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HANS CHRISTIAN ANDERSEN

Prima di iniziare a parlare di Hans Christian Andersen, la scorsa volta abbiamo parlato delle varie rielaborazioni delle fiabe che sono state fatte; quelle degli stessi fratelli Grimm erano rielaborazioni di fiabe provenienti dalla piccola borghesia; Perrault le prendeva dalla tradizione popolare e le rielaborava per l'aristocrazia della corte di re Luigi XIV, i Grimm le riadattavano, creando anche nuovi personaggi, trasformandole e ampliandole, in funzione della nascente borghesia che stava prendendo sempre più piede nella loro Germania. Lo stesso lavoro fanno moltissimi scrittori oggi: prendono fiabe della tradizione e le rielaborano rendendole più aderenti all'oggi, di solito utilizzando l'arma dell'ironia per modificarle. Uno dei primi, in Italia, a svolgere quest'opera in maniera scientifica fu Gianni Rodari, che nella sua Grammatica della fantasia (una sorta di manuale molto utile anche agli insegnanti) insegna come.

Scrivere una fiaba, un racconto per bambini, e insegnarlo anche ai bambini stessi: ci sono 24 esercitazioni pratiche che Rodari suggerisce agli insegnanti da far svolgere ai bambini (es. insalata di favole, cioè il prendere spunto da varie fiabe, assemblarle e creare una fiaba ex novo). Da Gianni Rodari in poi, moltissimi autori hanno utilizzato questo espediente. Vi avevo mostrato, la settimana scorsa, il testo di Stefano Bordiglioni, nel quale è contenuta "La congiura dei cappuccetti"; Stefano Bordiglioni è in pensione ora, ma è stato per anni insegnante della scuola primaria e proprio con i suoi bambini si è divertito a creare testi alternativi di Cappuccetto Rosso e volevo leggervene due esempi per vedere come anche con i bambini si possa lavorare in modo divertente sulle fiabe, facendoli così appassionare alla lettura e anche alla scrittura, creando allo stesso tempo un prodotto interessante (prodotto che, nel caso di Bordiglioni, è stato).

Anche pubblicato divenendo prodotto editoriale). Cappuccetto Rosso, ad un certo punto è diventato "Cappuccetto Zozzo", vediamo quali caratteristiche ha acquisito questa bambina: "Narrazione storia". Lettura di un'altra rivisitazione di Bordiglioni: "Cappuccetto Tonto". Ce ne sono moltissime altre, "Cappuccetto Grosso", "Cappuccetto Tondo", ...

DOMANDA DI UNA COMPAGNA: è meglio proporre prima la versione originale di una fiaba e solo in seguito le rivisitazioni?

RISPOSTA: Sì, perché i bambini per creare queste "insalate di fiabe" come le definiva Rodari devono conoscere molto bene la fiaba di partenza così che possano divertirsi nel modificarla e nel giocarci. Conoscere la fiaba originale è sicuramente il primo passo per svolgere poi questo gioco con i bambini.

Ci approcciamo oggi ad Hans Christian Andersen, autore di fiabe molto importante, di nazionalità danese e anche pubblicato divenendo prodotto editoriale).

dal carattere molto particolare, come impareremo attraverso una sua autobiografia. A differenza dei Grimm e di Perrault, lui crea le sue fiabe, conosce il patrimonio culturale fiabesco del Nord (della Danimarca e dei paesi nordici in generale) e lo ha introiettato dentro di sé, ma non usa quelle fiabe. I suoi protagonisti sono spesso tratti dalla quotidianità (un cucchiaio, un albero) oppure personaggi che ruotano nelle città, come ad esempio la piccola fiammiferaia. Utilizzerà anche i miti nordici: scriverà La Sirenetta, ispirata alla figura mitologica della sirena, molto presente nei paesi nordici, ma le fiabe sono comunque sue, originali, quindi è davvero uno scrittore, non un rielaboratore di fiabe. Come traccia per conoscere Andersen utilizzeremo una sua autobiografia intitolata "La fiaba della mia vita", pubblicata nel 1855, e che lui scrive un po' romanzandola, rendendo la sua vita molto più bella di come fu in realtà.

realtà.Andersen ha un carattere molto particolare: è pieno di paure, di fobie, ha problemi di non risoluzione con sé stesso, è una figura complessa dal punto di vista psicologico, che ama stare al centro dell’attenzione, è molto egocentrico nonostante cerchi di dipingersi in altro modo.

Quando utilizziamo come fonte storica un’autobiografia dobbiamo stare attenti, perché ognuno cerca ovviamente (anche inconsciamente) di descriversi al meglio; pensiamo ai social: quando si pubblica qualcosa su Instagram o su Facebook si cerca di dare una certa immagine di sé e lo stesso accade nelle autobiografie, ciascuno dà la propria immagine ed è difficile trovare un autore che sia imparziale su sé stesso, ognuno cerca di tratteggiarsi per come si vede o come vorrebbe essere visto dagli altri. Quando utilizziamo un’autobiografia, quindi, dobbiamo accostare a questa fonte storica altre fonti storiche più imparziali.

(biografie scritte da altre persone), così da poter avere uno spaccato a tutto tondo di quel personaggio. "La fiaba della mia vita" ci racconta tutta l'esistenza di Andersen fino al 1855, lui la rimaneggia molto spesso, la ripubblica aggiornata ed essa costituisce una testimonianza molto interessante, soprattutto per quanto riguarda la descrizione della sua fanciullezza e della sua adolescenza; è quindi un lavoro che lo impegna per molti anni e, attraverso di questa, egli costruisce il suo personaggio. Andersen ci racconta la sua vita soffermandosi soprattutto sulle sofferenze e sulla fatica che accompagnarono la raggiunta del successo.

Andersen nasce a Odense, una piccola cittadina in Danimarca, nel 1805 da una famiglia poverissima in cui il padre era calzolaio e la madre lavandaia e lui ci racconta la sua vita da queste umili origini fino al raggiungimento della fama. È interessante vedere, da subito, come Andersen apre questa biografia:

figura di Dio è molto presente, anche nelle fiabe, lui però sostiene che la sua vita sia stata una bella fiaba ricca e felice, ma vedremo che non è esattamente così; tanto è che arriva a sostenere che la sua vita non avrebbe potuto andare meglio di così. Ci descrive quindi una vita di perfezione, ma in realtà sarà una vita marcata non solo dalle sofferenze iniziali dovute alla povertà, al bullismo che dovette subire in quanto bambino particolare, ma anche in età adulta fu una vita sostanzialmente solitaria nonostante cercasse di attorniarsi di personaggi potenti e dell'aristocrazia. Cerchiamo quindi di capire, piano piano, questa vita di Andersen che poi ritroveremo nelle sue fiabe; abbiamo detto che un periodo storico, un autore, entrano sempre in quello che si scrive, e in Andersen ne avremo un'ulteriore conferma. Questa è la descrizione della casa in cui nasce e cresce.

Andersen da bambino; è ovvio che sia una casa che denotipovertà, tanto che è formata da un'unica stanza che funge non solo da abitazione, ma è anche lo studio da calzolaio del padre. Lui dorme in una panca, non ha un vero letto, ma Andersen abbellisce questa stanza scrivendo che c'erano stampe alle pareti, belle tazze, ninnoli, e poi sottolinea la presenza di una mensola di libri e canzoni. Il papà di Andersen era un calzolaio, ma sapeva leggere e scrivere, quindi per l'epoca era un uomo che si poteva considerare colto, e legge sempre molto al figlio: anche da qui nacque la passione per il racconto da parte di Hans Christian Andersen. Inoltre, al padre piaceva molto cantare, e così anche ad Hans, tanto che tenterà la carriera di cantante prima di diventare scrittore e trovare la sua vera strada. Il padre, che in realtà non aveva molta voglia di lavorare (la famiglia era sostanzialmente portata avanti dalla madre lavandaia),

nella descrizione di Andersen è quasi un mito: lui sostiene che il padre si arruola nell'esercito napoleonico (ed è vero, morirà proprio mentre vi combatte) perché ama l'avventura ed è un eroe, ma in realtà lui si era arruolato a pagamento, cioè era stato pagato da un uomo benestante di Odense perché prendesse il posto del figlio nell'esercito; non fu quindi alcuna aspirazione eroica a portarlo ad arruolarsi, ma piuttosto un bisogno di denaro. Andersen descrive sé stesso, il padre (finché muore) e la madre, una donna che voleva molto bene al figlio e, contrariamente a quella che era la norma all'inizio dell'800, mostrava i suoi sentimenti verso il suo bambino, dimostrava affetto. In questa descrizione, però, manca un personaggio: Andersen aveva infatti una sorellastra, figlia di primo letto della madre, ma non ne parla mai nella sua autobiografia e dicono che vivesse nel terrore che, una.volta diventato famoso, questa donna, la sua sorellastra, rivendicasse dei diritti sul suo patrimonio, cosa che, di fatto, non farà mai. 26 Egli ci dà quindi una visione della sua vita che non è esattamente quella reale, così come ci racconta della sua infanzia, di questa sua madre molto premurosa e presente, ma da quando lascia Odense per andare a Copenaghen, della madre non avremo più notizie e si sa che egli tornò a trovarla solo una volta, perché di fatto si vergognava di queste sue umili origini. Nella sua autobiografia non dà spiegazioni del perché non tornerà mai a trovare la madre, lo dà come un fatto assodato, come fosse normale, ma a noi viene da chiederci come mai, se il rapporto era così idilliaco, non la prese con sé o non tornò mai? Insomma, ci sono domande su Andersen che restano un po' irrisolte. Qui ci racconta le sue prime esperienze a scuola. Teniamo sempre in conto chesiamo all'inizio dell'800 e le punizioni corporali erano la norma, quindi non ci sorprende che ci sia questa maestra sempre con il frustino in mano che picchia i bambini che disobbediscono o non apprendono nel modo consono; sembra che la madre di Andersen avesse posto come condizione per far restare il figlio a scuola, che la maestra non lo picchiasse con il frustino: questa attenzione così particolare, in quel periodo storico suona un po' sospetta: è quello che Andersen avrebbe voluto o è ciò che la madre effettivamente ha fatto? Non lo sapremo mai. Lui ci racconta che, nel momento in cui la maestra osa picchiarlo, lui non fa altro che andarsene da scuola, tornare a casa, e chiedere alla madre (che era sola a mantenere la famiglia, perché il padre era già morto), di portarlo in un'altra scuola e, senza battere ciglio, la madre lo fa: lo manda nella scuola del signor Cartens, nella quale Andersen è il più piccolino.si sente protetto, tanto che il maestro gli dà fiori e biscotti, lo accarezza sulle guance e tutto sembra andare bene. Questa sarà soltanto una delle richieste che Andersen farà alla madre: nel momento in cui si trova in una difficoltà, anziché aff...
Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
143 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher s.filia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura per l'infanzia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Mattiotti Ilaria.