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La lingua franca nel corso delle generazioni

Attraverso le generazioni, senza mai diventare lingua primaria, sempre veicolare, ma ha assunto un forma stabilizzata bilaterale, quindi usata sia dai cristiani che dai musulmani prigionieri, con base romanza italo-spagnola che differisce a seconda dei casi (Algeri che è stata per un po' colonia spagnola ha prevalentemente base spagnola, Tunisi che ha avuto più rapporti con la Sicilia e con l'Italia si può parlare di comunicazione commerciale ha una base lessicale italiana). In Libia nel momento in cui nel 1911 l'Italia la conquista la lingua franca è già morta, gli studiosi che si sono interessati a questo fenomeno dell'Italia coloniale, 1830 c'è il SABIR. Sarbir è stato ricavato da una frase di Molier risalente Cifoletti dice che dopo il 1670 e che è stata interpretata come una citazione in lingua franca "se tu lo sai rispondi, se non lo sai stai zitto". Quindi in epoca coloniale francese.

Questa lingua viene chiamata sabir. La proposta di dicifoletti è di chiamare sabir soltanto la lingua parlata fortemente miscelata tra l'arabo algerino, un po' di italiano e il francese che è stata utilizzata nel Magreb ma essenzialmente in Algeria, Tunisia e in Libia dopo il 1830 fino all'incirca 1900. Questo è qualcosa di diverso perché molto variabile ed estremamente eterogenea. La componente romanza è altrettanto variabile e in qualche caso si sostituisce a seconda delle zone. È un continuum post-pidgin per una serie di varietà eterogenee che sono successive alla formazione di un pidgin, quando si è smesso di parlare in un pidgin omogeneo si ha questa pluralità di forme in mescolanze variabili. Lui propone di chiamare lingua franca mediterranea, secondo lui è un pidgin (secondo il prof no), non sempre bilaterale, usato in tutto il Mediterraneo tra il 16esimo secolo e il 1830, quindi la lingua franca.

mediterranea include la lingua franca barbaresca ma non è identica perché i testi presi dagli intellettuali europei riguardano aree diverse e per la maggior parte filopalestinesi. Iniziamo ora a parlare della MORFOLOGIA SEMITICO COMPARATA. Molto difficile è dare una definizione di frase accettabile per tutti in linguistica perché ne esistono in letteratura oltre 500, quello che è più semplice è capire quali sono gli ingredienti fondamentali perché possa esistere una frase. Il più importante è che ci sia una predicazione, ovvero che ci sia un'asserzione a proposito di un'entità linguistica che chiamiamo predicato. In una frase l'unico elemento che è essenziale è il predicato perché è quello che fa comunicazione. Se abbiamo una frase monorematica che consiste di un'unica unità, può essere escluso il soggetto ma il predicato no. Quindi una frase deve.

Contenere un predicato. Normalmente include anche un soggetto. A seconda della combinazione tra questi due S. V. quello che conta per la tradizione greco-latina che continua la terminologia linguistica occidentale, è la natura morfologica del predicato. Quindi immaginiamo che una frase consista in un sintagma nominale SN, e un predicato P. A seconda che il predicato sia verbale forma una frase verbale, a seconda che sia ol sintagma nominale avremo una frase nominale o non verbale. LA COSTRUZIONE PER FRASE NOMINALE, PREDICATO UGUALE SINTAGMA NOMINALE: FN CP=SN; FRASE VERBALE è FV CP=SV. Per noi della tradizione greco-latina e per la linguistica occidentale, si ispira a questo. Per la tradizione araba è diverso. La tradizione araba non è fondata su una considerazione morfosintattica della frase, ma fondata su una considerazione pragmatica, cioè piuttosto che considerare la frase considera l'enunciato, un enunciato come unità di comunicazione come istanza.

La pragmatica per noi della tradizione occidentale nasce piuttosto tardi ma un approccio simile a quello arabo nasce soltanto alla fine degli anni '20 a Praga. Vi ho parlato più volte della fonematica e la scuola di Praga ha avuto anche un'importante componente sintattica. Questa si chiama PROSPETTIVA SINTATTICA FUNZIONALE, di V.MATESIUS. Ogni enunciato può essere analizzato secondo la prospettiva sintattica funzionale, in un TEMA e un REMA. Il tema è quello che è già conosciuto, il rema è nuovo, è quello che viene predicato a proposito del tema. Se io faccio un'analisi a livello di l'unico elemento che è indispensabile è il REMA, quello che porta la novità l'enunciato e di frase, messaggio della comunicazione. Posso fare a meno del rema se le circostanza di comunicazione consentono di considerarlo già conosciuto. Esemplificazione tipica è quella dei verbi impersonale "PIOVE".

Quello che è fondamentale è che l'enunciato consista nel rema. L'analisi sintattica proposta dalla grammatica araba lavora mediante i concetti di MUBTADā E HABAR. Questi sono esattamente gli equivalenti arabi di tema e rema. Mubtada vuol dire QUELLO CHE è POSTO, cioè ciò che è considerato già conosciuto; habar vuol dire comunicazione, messaggio. Una frase che viene considerata frase verbale secondo la tradizione araba, è una che comincia con HABAR, questo perché l'arabo classico è una lingua che ha una scrittura tipicamente VSO, pertanto una frase verbale in condizioni normali nell'80% dei casi inizia con un verbo. Ǧumlah fiʿliyyah = frase verbale. La frase invece che inizia col MUBTADā è per definizione una frase nominale, Ǧumlah ʾismiyyah. Vedrete che il parametro è completamente differente da quello occidentale, fondato sulla natura ontologica del predicato. Quindi questo crea confusione.non per la frase verbale, ma creainsorge quando l'autore di unadifficoltà per il concetto di frase nominale. Il vero problemagrammatica araba, o ebraica ecc, decidono di usare termini della tradizione indigena. Facciamo un, māta abūhui; il maestro suo padre è morto. Questa agli occhi dellaesempio. Al-Muʿallimupopolazione araba è un frase nominale, però per noi europei è una frase verbale. Questo crea unaserie di problemi. Vedremo più avanti che una caratteristica tipica delle lingue semitiche, chepossono permettersi di tematizzare qualsiasi costituente della frase, in modo da anticipare comerema quello che si chiama estraposizione iniziale. Voglio dare importanza al maestro lo metto inprimo piano, lo tematizzo, quello che poi devo fare è avere un pronome di ripresa, pronomeritornante, in linguistica un pronome afolico che riprende l'elemento che avete tematizzato. Quelloche è di base è che ci sia cooreferenzialità,

Cioè, questo pronome suffisso e questo nome che viene tematizzato abbiano lo stesso referente, cioè si riferiscono allo stesso individuo alla stessa realtà linguistica, lo stesso referente. Questa (i) sottoscritta alla u (ultima u di muallimu) rappresenta la coreferenzialità. Un punto importante, come vedremo, è che le lingue semitiche utilizzano moltissimo una predicazione non verbale. Le lingue europee utilizzano la frase nominale, tranne le lingue slave, in contesti gnomici, caso greco-latino OMNIA PRAECLARA RARA. Omnia praeclara è il soggetto, tradotto è "tutte le cose eccezionali sono rare". Nelle lingue semitiche si rende esplicito il fatto che il confine tra il verbo e il nome non ha una distinzione netta/secca, come un'opposizione binaria, ma in realtà è un continuum e vedremo che ci sono una serie di sintagmi che hanno una posizione intermedia per nome e verbo. Esempi tipici sono i verbali che nominali, o l'infinito.

(il masdar) iparticipi, per definizione partecipa sia a proprietà

nomi verbali in arabo hanno delle proprietà verbali come di un verbo finito, per esempio possono

avere il complemento oggetto. Data la grande frequenza dell’uso delle frasi nominali, la frase

come è stata riconosciuta da un paio di studiosi negli anni ’70 del ’900, uno dei quali è

nominaleD.COHEN, il cui libro si chiama frase nominale e verbalizzazione delle lingue semitiche. Attingere

a forme nominali predicative rappresenta il maggiore metodo di rinnovamento del sistema verbale.

Questa è una costante, tutta la storia delle lingue semitiche mostra un inserimento nella sistema

verbale di forme verbali coniugate di quelle che in origine erano frasi nominali. Le lingue che lo

hanno fatto in modo più ampio sono aramaico ed etiopico. La frase nominale è il serbatoio da cui

attingono diverse lingue semitiche per rinnovare il loro sistema verbale. le lingue semitiche

Le forme di comunicazione nelle lingue semitiche

Le lingue semitiche hanno perso le due principali forme di comunicazione: la coniugazione aprefissi per esprimere l'imperfettivo e la coniugazione a suffissi per il perfettivo. Alcune lingue semitiche hanno perso entrambe le forme, mentre altre ne hanno perse solo una. Ad esempio, l'aramaico le ha perse entrambe.

L'ordine delle parole

Parlando dell'ordine delle parole, l'arabo classico ha un ordine prototipicamente VSO (verbo-soggetto-oggetto), lo stesso vale per le lingue semitiche più antiche come l'aramaico antico, l'ebraico biblico, il fenicio, l'ugaritico e l'etiopico più antico.

Alcune lingue semitiche non hanno perso questa caratteristica, mentre altre l'hanno persa a seguito di contatto con altri tipi linguistici. Ad esempio, l'accadico ha perso l'ordine VSO a contatto con il sumerico, mentre il neo-etiopico ha subito un cambiamento dalla sequenza VSO alla sequenza SOV a contatto con le lingue cuscitiche.

Questi cambiamenti non sono semplicemente innocue modifiche nella sequenza delle parole, ma hanno un impatto significativo sulla struttura e sulla comprensione delle frasi nelle lingue semitiche.

elementi fondamentali della frase, in realtà questo rappresenta, come èstato riconosciuto dal linguista J.H.GREENBERG, quelli che si chiamano in tipologia linguistica degli UNIVERSALI IMPLICAZIONALI. Vuol dire che il fatto che la lingua abbia questo ordine dei costituenti della frase implica che all’interno del sintagma abbia il determinante che segue il determinato cioè l’aggettivo segue il nome. Per esprimere le relazioni morfosintattiche avremo le preposizioni, la frase negativa sarà correlata dopo il nome di riferimento. Dal punto di vista implicazionale hanno il determinante che precede il determinato, la frase relativa che precede la sua testa e al posto delle preposizioni usa più spesso le posposizioni. Al posto dei verbi derivabili invece di usare dei prefissi come fa l’arabo utilizza invece dei suffissi derivazionali. Nel cuscitico ad esempio si direbbe: QUELLO CHE HO IN MANO PENNARELLO. Poi ci sono forme di ordine di parole misto,

L'italiano usa più spesso le preposizioni che le posposizioni, l'ordine determinante e determinato è variabile, a seconda dei contesti e del registro.

Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
64 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/03 Filologia italica, illirica, celtica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sally96V di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di filologia semitica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi L'Orientale di Napoli o del prof Contini Riccardo.