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IL POVERO SUONATORE
Nella prima parte viene proposta la descrizione di un ambiente noto: a Vienna ogni anno viene
celebrata una festa popolare nel mese di luglio, ed è come se questo narratore fosse partecipe e
protagonista, facendo una distinzione tra il presente dell’autore ed il passato della festa. La
Leopoldstadt è il quartiere tra il centro ed il Prater. In questo giorno la festa vera e propria è quella
della Brigittenau. Il popolo che lavora conta i suoi giorni da una festa all’altra, e finalmente ecco
che si presenta questa festa saturnale (festa annuale nell’antica Roma che corrisponde al nostro
carnevale e in occasione si cambiavano i ruoli). La differenza tra le classi sociali in questa
occasione sparisce. Sul ponte del Danubio si fronteggiano due correnti, una è quella del fiume,
mentre l’altra è quella della folla. La fiumana uscita dal ponte si riversa tutt’intorno come un grande
lago. Entrano delle carrozzelle di vimini stracolme che percorrono il viale, la folla che si apre e si
chiude dietro di esse, senza che nessuno si faccia male. Poco alla volta anche la nobiltà si mescola
alla folla. Cinque o sei ore prima di notte le carrozze si condensano in una fila compatta, che finisce
col trovare ostacoli in sé stessa e poi viene tranciata dalle carrozze che giungono dalle vie laterali.
Questa fila di carrozze rende assurdo l’antico proverbio viennese: “Meglio viaggiare male che
andare a piedi”. In questa occasione la folla vede da vicino le signore della nobiltà e le guarda a
bocca aperta. Donne e bambini urlano nel timore di essere calpestati. Si creano litigi, urla e
reciproci insulti. Anche se ci si muove pianissimo, alla fine ci si muove. La musica risuona da
lontano insieme alle grida di giubilo. Il narratore aggiunge dicendo di non mancare mai a questa
festa e di essere appassionato del genere umano, e se la prende con i critici letterari: il senso
profondo della festa popolare è l'affievolirsi delle differenze, i singoli fanno parte di un tutto, ed è in
questo che consiste il senso di trascendenza del divino. La festa popolare è un pellegrinaggio, una
preghiera per il drammaturgo. Come se leggesse un Plutarco, legge i visi della gente e mette
insieme le biografie degli uomini non famosi, facendo un parallelismo tra la dimensione
popolaresca della festa e quella della mitologia. C’è una specie di controcampo tra le citazioni
classiche e la dimensione popolare del racconto.
Dovendosi fermare continuamente, ha abbastanza tempo per osservare i due lati della strada. A
questo punto descrive dei suonatori ambulanti che, probabilmente temendo la concorrenza,
volevano raccogliere denaro nei propilei (citazione classica). In particolare nota un gruppo formato
da una suonatrice d’arpa con gli occhi fissi, un vecchio invalido con la gamba di legno che suona
uno strumento fabbricato da lui stesso (evidentemente voleva suscitare compassione e far sentire i
dolori della sua mutilazione), un ragazzo storpio che forma col suo violino un unico groviglio, tutti
stanno suonando un valzer. E’ una descrizione fedele del pauperismo di quel periodo. Un
personaggio in particolare attira la sua attenzione, colui che sarà il protagonista del racconto: un
uomo anziano sulla settantina con un soprabito logoro ma pulito, dal volto sorridente di auto-
approvazione, senza cappello in quanto messo per terra davanti a sé come raccoglitore di offerte. Si
impegna a suonare un vecchio violino, segnando il tempo non solo battendo il piede ma muovendo
a ritmo nello stesso momento tutto il corpo. Ciò che attira l’attenzione è l’età, i vestiti, il violino.
Però tutto il suo impegno per dare unità al suo modo di suonare risulta inutile. Ecco la prima
impressione che il narratore prova nei confronti del personaggio: una sequenza di suoni sconnessi
senza ritmo e senza melodia, ma facendolo totalmente concentrato, con le labbra tremanti, gli occhi
fissi sullo spartito aperto davanti a sé. Mentre gli altri suonavano a memoria, egli aveva collocato un
leggio in mezzo alla confusione, su cui c’erano pagine consunte piene di note musicali. L’assurdo
risiede nel fatto che ciò che lui suona non corrisponde allo spartito, ma suona una musica senza né
capo né coda. “Proprio l’elemento insolito di questo equipaggiamento aveva attirato la mia
attenzione su di lui”. E suscitava su questo aspetto l’ilarità che lasciava il suo cappello vuoto,
mentre gli altri intascavano monete di rame. Il narratore si fa più vicino per osservarlo, suona
ancora per un po’, guarda il cielo serale, vede il cappello vuoto, se lo rimette in testa, mette via il
violino e dice “C’è un limite in tutte le cose” prendendo il leggio e facendosi strada tra la folla in
senso opposto, come (als dà senso di irrealtà) se volesse tornare a casa. Tutto il suo modo di essere
pareva fatto apposta per stuzzicare la curiosità del narratore, in particolare il suo aspetto
misero e nobile, la sua felicità invincible, il suo zelo artistico con tutta la goffaggine.
17/10
Il fatto che vada a casa quando la festa arriva al culmine è strano. Il narratore ipotizza che
quell’uomo doveva avere avuto un’educazione straordinaria ma ora ridotto a suonare in quelle
condizioni. Piccolo com’era, veniva spinto dalla folla da una parte all’altra. Il narratore esce dalla
confusione ma del suonatore non c’era più traccia, per cui attraversa il parco e decide di ritornare a
casa. Ad un certo punto si imbatte in dei ragazzi che chiedono al vecchio di suonare un valzer, che
continua imperterrito a suonare. Alla fine i ragazzini se ne vanno via raccogliendosi intorno ad un
suonatore di organetto. Il vecchio rattristato dice che non vogliono ballare anche se stava suonando
un valzer. Il narratore cerca di spiegargli che potrebbe guadagnare molto di più. Il suonatore dice
che come prima cosa non è mai stato un nottambulo e non ritene giusto spingere altri con la musica
ed il canto a trasgredire in modo così riprovevole, questo perché l’uomo in tutte le faccende deve
darsi un ordine. Afferma che la sera appartiene soltanto a lui e alla sua povera arte. Entrambi stanno
in silenzio per motivi diversi, lui per la vergogna di aver rivelato un suo segreto intimo,. Il vecchio
fa per andarsene, il narratore chiede dove abiti perché vuole andarlo a trovare, ma il vecchio si
oppone, il narratore insiste. Il suonatore si esprime in modo molto forbito e cerimonioso, e
afferma che la sua visita sarà un onore, ma lo prega di stabilire in anticipo il giorno. Egli sa bene
che gli altri musicanti di strada si accontentano di ripetere a memoria le canzonette, e gli si da dei
soldi perché il loro suonare ricorda i piaceri durante il ballo, oppure sconvenienti. Il narratore nota
che sugli spartiti ci sono composizioni estremamente complesse, e sono presenti annotazioni scritte
in modo rigido. Questi pezzi il vecchio li suonava con le sue dita maldestre, pensando di rendere un
servizio alla musica suonando questi grandi musicisti, e di far da tramite tra i grandi maestri ed il
pubblico, spesso portato fuori strada dalle musiche di basso livello. Le ore del mattino sono dedicati
esclusivamente ad esercitare queste composizioni. “Le prime tre ore all’esercizio, la metà della
giornata a guadagnarsi il pane e la sera a me e al buon Dio”. Dicendo questo i suoi occhi
luccicavano, e lui sorrideva. Il narratore chiede al suonatore dove abiti ed egli dice di abitare nella
Gärtnergasse (zona periferica di Vienna con casette di 1/2 piani in cui abitavano fiorai e ortolani che
rifornivano i mercati della città), al numero 34 al primo piano, in una stanzetta che divide con due
garzoni di bottega. Il suonatore dice di avere un letto tutto per sé. Il narratore vuole dargli qualche
soldo ma il suonatore gentilmente rifiuta e gli fa una riverenza. (vedi mappa Vienna). Il narratore si
reca sulla Leopoldstadt, entra in un’osteria vuota e si abbandona a pensieri. Paga l’importo e si
dirige verso la città, gli ritorna in mente la via dove abita il suonatore e chiede indicazioni ad un
ragazzo. La strada va verso la campagna ed è fatta di singole case sparse divise tra loro da grandi
orti, che mettevano in evidenza l’attività degli abitanti. Non ricorda più il numero civico in cui abita
il vecchio e l’illuminazione pubblica è scarsa. Improvvisamente gli passa vicino un uomo carico di
verdure che brontola riguardo ad un vecchio che strimpella un violino, vi è la descrizione del suono.
18/10
Un altro tale che abita lungo la strada chiede che si smetta questa cantilena. A questo punto tutto si
acquieta e regna un silenzio di tomba. Il narratore si avvia verso casa mentre fantastica senza
disturbare nessuno. E’ come se avesse la necessità di consacrare nelle ore mattutine un’occupazione
con qualcosa di edificante. Perciò è difficile che si decida di andare via il mattino presto da casa.
Descrive lo stato d’animo di una persona a sua volta nevrotica. Dice che se per caso si decide di
abbandonare la casa di buon mattino e e se addirittura si costringe a farlo senza una motivazione
valida, poi per il resto del giorno non fa altro che vivere una vuota distrazione o una malinconia
tormentosa. Passa del tempo prima che il narratore torni nella viuzza. Alla fine per l’impazienza si
reca. Anche questa volta sente il suono del violino. Si avvicina alla casa, apre la moglie
dell’ortolano che lo conduce in soffitta. Entra nella stanza condivisa del suonatore. Si ritrova in uno
stanzone ampio ma abbastanza misero, che seguiva da ogni lato la sagoma del tetto. A ridosso della
porta, un letto sporco, con caos orribile. Di fronte, accanto alla finestra, un secondo letto povero ma
pulito, rifatto con grande cura. La cosa singolare è che la metà della stanza, da una parete all’altra è
segnata con una linea di gesso. E’ difficile immaginarsi un contrasto più forte di quello che c’era tra
sporcizia e pulito. Il narratore nota il leggio con gli spartiti del vecchio, e vuole risparmiare al
lettore la descrizione delle stonature del violino. Ci avviciniamo alla terza più incisiva descrizione
della musica. Il narratore riesce negli spartiti a trovare il passaggio filo conduttore del labirinto, il
metodo della sua follia. Il vecchio si compiaceva del suono che produceva. La consonanza lo
mandava in estasi, mentre dalla dissonanza si teneva il più lontano possibile, anche dove era
armonicamente motivata. Sconvolge l’equilibrio della musica perché rifugge la dissonanza.
Invece di eseguire un testo di musica in base al testo e al ritmo, mette in rilievo, prolungandole, le
note e gli intervalli a lui graditi. Ciò che ne derivava era una casino totale. Il narratore fa cadere
apposta il cappello per attirare la sua