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POSTA ELETTRONICA CERTIFICATA
Fino al 2016 l’ART.60 DPR 600 (che contiene tutte le norme della notifica di
accertamento) era composta da 4 Commi coordinati con il Codice di Procedura
Civile e non prevedeva la P.E.C.. Nel 2016, il legislatore è ritenuto necessario
inserire il 5°Comma sulla PEC, in deroga al Codice di Procedura Civile (in
quanto non contrario al CPC), che invece non la prevede.
per coloro che sono obbligati ad avere la PEC per
ART.60 DPR 600 COMMA 5:
norme di diritto commerciale la notifica può essere
(e non di diritto tributario),
anche fatta dall’ ufficio imponitore tramite PEC. Quindi è stata aggiunto un
nuovo modo di notificare gli accertamenti: tramite la PEC, ma solo per coloro i
quali che per una serie di norme di diritto commerciale sono obbligati ad avere
la PEC, ovvero tutte le società e tutti i professionisti iscritti agli albi
professionali. Se la società non ha la PEC non può essere iscritta nel registro
delle imprese e di conseguenza non può essere considerata come impresa. Allo
stesso modo, il professionista non può lavorare se non ha la PEC.
La PEC si considera notificata dal punto di vista dell’ ufficio quando parte dall’
ufficio ma si considera notificata al contribuente quando il provider a cui il
contribuente si appoggia riceve la PEC a prescindere se lui abbia aperto la
(se il contribuente non apre la posta elettronica certificata per
posta o meno
dimenticanza l’ atto giudiziario sarà comunque notificato) . Questo modo di
vedere la notifica di accertamento si discosta dalla notifica di accertamento
canonica (cioè quella relativa alla consegna al contribuente): per alcuni
soggetti che possiedono la PEC c’è un eventuale (ma non troppo perché
Equitalia di solito notifica gli accertamenti tramite PEC, invece, l’Agenzia delle
entrate è cauta nell’utilizzo proprio per i dubbi di Costituzionalità sul principio
di uguaglianza) sistema di notifica che termina ancor prima che il contribuente
possa aver preso in mano l’ atto, mentre per gli altri soggetti che non sono
tenuti ad avere la PEC ci sono tutti i criteri canonici del Codice di Procedura
Civile che fornisce tutte le garanzie nella conoscibilità dell’atto. Qui c’è un
potenziale dubbio di costituzionalità sul principio di uguaglianza.
NULLITA’ DELL’ATTO DI ACCERTAMENTO
Come abbiamo visto quando manca uno degli elementi essenziali l’atto di
accertamento è nullo. Tuttavia, questa nullità, nell’avviso di accertamento,
non si manifesta in modo autonomo ma il contribuente deve impugnarlo
altrimenti continuerà ad avere una propria validità (in sostanza si tratta quindi
di un annullamento). Nel caso dell’avviso di accertamento inviato via PEC che
possiede degli elementi di nullità e che non viene aperta è comunque notificata
e l’atto diventa definitivo.
Supponiamo che al contribuente arriva l’atto di accertamento e costui si
accorge che manca la motivazione, quindi l’atto è nullo perché manca un
elemento essenziale. Cosa fare?
1. La prima cosa è segnalare a chi ha emesso l’ atto che manca un elemento
essenziale, chiedendo quindi l’ Autotuela. È inutile che il contribuente
vada a spendere soldi per giudici o altro perché qui la cosa è palese.
Quando capita che ci si trova vicini alla data di prescrizione relativa alla
possibilità di effettuare l’atto di accertamento difficilmente
l’amministrazione accetterà l’ autotutela, perché rischia di non avere il
tempo materiale per iscrivere nuovamente l’atto e per realizzare una
motivazione ben studiata, con il rischio di andare in prescrizione. Se invece
non ci si trova a ridosso della prescrizione l’ ufficio generalmente accetta l’
autotutela e poi riemette l’ accertamento corretto.
2. Ipotizziamo che l’ufficio non accetta la richiesta di autotutela. Non resta che
la strada del ricorso al giudice. Sarà il giudice (commissione tributaria
provinciale) a stabilire se l’atto è nullo.
Tuttavia, l’ autotutela costa zero mentre istituire un processo tributario ha dei
costi (contenzioso tributario). Identificare con certezza la DATA 2 è strategico
perché partono i termini per poter esperire le due procedure.
Casi Reali di Accertamento
Vedremo 3 casi reali di accertamento: 1) accertamento svolto oggettivamente
male, 2) accertamento fatto bene, 3) istruttoria che non è mai arrivata
all’accertamento (perché c’è stata l’adesione prima ancora di arrivare
all’accertamento).
1)ACCERTAMENTO SVOLTO OGGETTIVAMENTE MALE
Il principio è che tutti i cittadini devono partecipare alla spesa della raccolta e
smaltimento dei rifiuti. La competenza è del comune dove è ubicato
l’immobile e il soggetto passivo è colui che possiede l’immobile. La Direttiva
Europea vuole che dal 2005 un cittadino paghi in base ai rifiuti che produce,
ma andare a calcolare quanti rifiuti ogni cittadino produce ogni anno è molto
complicato. L’Italia applica la disciplina in base alla quale ogni X metri
quadrati si produce un Y di rifiuti e sulla base di questo si determinerà la
somma da pagare. Tocca quindi ad ogni cittadino presentare la dichiarazione
dell’immobile di riferimento. Inoltre, se non ci sono variazioni, a differenza
della dichiarazione dei redditi che deve essere presentata ogni anno, viene
realizzata una volta e poi la si deve rifare solo se ci sono delle variazioni da
comunicare. Inoltre, a differenza dei redditi non c’è l’autoliquidazione, questo
significa che non è il cittadino che si determina il tributo da pagare ma è
l’ente di riferimento che stabilisce in base alla metratura dell’immobile e al
numero di soggetti abitanti, quanto un cittadino deve pagare e quindi
inviando a casa il bollettino sulla tassa dei rifiuti (T.A.R.I.) da pagare.
- Identificazione dell’atto: il comune in questione manda al contribuente X l’
avviso di accertamento il 29/12/2012 che riguarda la tassa dei rifiuti solidi
urbani del 2007 [prima cosa da notare è che sono passati 5 anni e tra l’altro
si è arrivati agli ultimi giorni del 2012].
- Oggetto: Avviso di accertamento per infedele denuncia della tassa di
smaltimento dei rifiuti solidi anno 2007.
Il contribuente ha presentato la dichiarazione della T.A.R.S.U. La misura della
superficie iscritta a ruolo (cioè presentata in dichiarazione dal contribuente) è
di 133 mq, ma secondo l’amministrazione la superficie rilevata è di 207 mq
quindi vi è una superficie di differenza di 74 mq. Questo fa sì, secondo
l’amministrazione che il contribuente ha pagato meno imposte del dovuto.
L’amministrazione stabilisce una tassa addizionale da pagare di 110 euro.
Cosa non funziona in questo avviso di accertamento?
Motivazione: il contribuente aveva dichiarato una superficie che era minore
rispetto ai controlli effettuati, ma nell’avviso di accertamento non vengono
spiegate le modalità di rilevazione dei 207 mq, quindi si ha una carenza nella
motivazione. Il contribuente, tra l’altro, ha presentato la dichiarazione la prima
volta nel 1979 e da allora al 2007 è sempre andata bene al comune. Dopo
quasi trent’anni il comune attraverso un controllo sintetico-statistico (si può
fare un accertamento statistico sui metri quadri della casa??!) presume che la
dichiarazione sia errata e sostiene di aver preso i nuovi parametri dalla
dichiarazione I.C.I (imposta comunale sugli immobili) e non dalla T.A.R.S.U. Le
due dichiarazioni però hanno sistemi di calcolo diversi e proprio per questo
motivo non possono mai combaciare le misurazioni delle rispettive
dichiarazioni di superficie.
Alla fine la sanzione non è stata applicata per obiettiva incertezza.
Il contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento per carenza (o meglio
omessa) motivazione: il contenzioso davanti alla commissione tributaria
provinciale di primo grado è stato vinto dall’amministrazione perché era
“evidente nelle tabelle che quelle tasse non fossero state pagate ”. Tutto ciò
non ha senso. In appello viene ribaltata la sentenza di primo grado per
mancata motivazione e in particolare:
a) Il calcolo dell’I.C.I. non è uguale a quella della T.A.R.S.U.. Per calcolare la
tassa sui rifiuti (TARI), non bisogna considerare la superficie dell’immobile
comprensiva dei muri ma solamente la superficie calpestabile, mentre
sull’ICI si considerano anche i muri.
b) Non è evidente nell’accertamento da dove viene presa la tabella dove si
elencano i pagamenti da svolgere.
c) Non è presente il criterio con cui è stata rilevata la nuova superficie. Il
legislatore ha emesso una norma apposta che diceva che quando non si è
in grado di calcolare in maniera puntuale i metri quadri calpestabili, basta
prendere la metratura ICI, depurare del 20% e poi era compito del
contribuente dimostrare il diverso. Ma il comune non ha fatto nulla di tutto
ciò.
Se c’è assenza di motivazione, l’accertamento è nullo, ma in questo caso
abbiamo visto che finché l’accertamento non viene impugnato davanti al
giudice non sarà mai di per sé nullo.
Da questo esempio si può comprendere anche che l’amministrazione
finanziaria non è soltanto l’Agenzia delle Entrate ma possono essere anche
altre pubbliche amministrazioni come i comuni.
Non necessariamente Accertamento = Agenzia delle Entrate
2)ACCERTAMENTO SVOLTO BENE
Consideriamo un atto di accertamento compilato da due funzionari dell’
Agenzia delle Entrate di Rovigo a seguito di un controllo presso un bar.
Nell’accertamento sono presenti sia le motivazioni di fatto sia le motivazioni di
atto. Come risulta dal processo verbale di constatazione, in base ai loro poteri
istruttori, i funzionari hanno avuto accesso alle scritture contabili per il
periodo d’imposta del 2012. Tutto ciò al fine di verificare e controllare l’esatta
compilazione dei dati strutturali e delle scritture contabili utilizzate dal
contribuente e al fine dell’applicazione degli studi di settore (gli studi di
settore sono un questionario obbligatorio per le piccole imprese che deve
essere allegato alla dichiarazione dei redditi e che va a indicare
statisticamente quale sarebbe il reddito che quell’attività in base al
questionario dovrebbe produrre. Il fisco controlla se il questionario è compilato
con dati veritieri o meno). I funzionari hanno, inoltre, effettuato un controllo
per verificare gli adempimenti in materia