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X+S

di calibrazione e si determina la concentrazione incognita di analita [X] nel campione originario, invertendo

i

l’equazione con il fattore di diluizione. Nel grafico

sono riportati i nostri dati sperimentali, dove sul

grafico cartesiano usiamo come variabile

indipendente x la concentrazione dello standard nella

soluzione finale (che conosciamo); inoltre

conosciamo anche i segnali y, perché sono il risultato

delle misurazioni fatte. Quindi abbiamo 5 coppie di

valori x e y, le mettiamo in un foglio di calcolo excel,

utilizziamo il metodo statistico dei quadrati ordinari

(OLS), che ci consente di calcola la pendenza e

l’intercetta della retta; quindi non facciamo altro che

determinare m e b, che sono i coefficienti della retta:

y=m∙x+b che corrisponde a:

= ∙ [] + ∙ []

+

[] []

fatto il rapporto tra il segnale iniziale di X prima dell’aggiunta e la concentrazione di X

La pendenza m è di

nella soluzione iniziale; l’intercetta è uguale alla stessa formula moltiplicata però per la concentrazione di X

nella soluzione finale. La soluzione quindi si ottiene ponendo y uguale a zero e si ottiene come risultato la

concentrazione di X nella soluzione finale (a meno del segno, si prende il valore assoluto); dopo di che

[] =

possiamo risalire alla concentrazione di X nella soluzione iniziale, applicando il fattore di diluizione:

[] ( ).

0

Limiti di rilevabilità

Una strumento ha una sua capacità di conoscere per ogni analita delle concentrazioni minime, quindi di dare

un segnale quando c’è una certa concentrazione, una certa quantità di analita; il limite di rilevabilità ci dice

qual è la concentrazione minima al quale strumento risponde, perché al di sotto può non rispondere e ciò che

vediamo è solo rumore sperimentale. Sono quindi molto importanti e si devono conoscere, perché ogni

strumento/ogni tecnica analitica ha i propri limiti. Spesso gli strumenti restituiscono un segnale, molto piccolo,

35

quindi occorre sempre sapere se il segnale misurato dallo strumento è significativo oppure no per determinare

la concentrazione dell’analita. Ci sono strumenti che sono molto sensibili, quindi ci consentono di determinare

la concentrazione di analita anche con valori molto piccoli, cioè molto vicini a zero, del segnale; altri invece

non ci consentono di fare questa misurazione, perché sono meno sensibili e quindi hanno limiti di rilevabilità

più alti. Normalmente all’utilizzatore del metodo analitico non si chiede di determinare i limiti di rilevabilità

dello strumento del metodo, perché questo è già stato fatto prima da quelli che hanno sviluppato il metodo e

l’hanno valutato. È importante sapere che un metodo analitico si caratterizza anche per il suo limite di

rilevabilità, quindi è importante sapere come si calcolano questi limiti. I limiti di solito sono tre: il limite di

decisione L , il limite di rivelabilità L e il limite di quantificazione L .

C D Q

μ σ

Attraverso alcune repliche conosciamo il segnale medio del bianco e la sua deviazione standard ;

BL BL

quando si fa riferimento a misure ripetute del bianco non si intende che si prepara un solo bianco, ma si

preparano più bianchi di riferimento e per ciascuno si esegue una misurazione indipendente dalle altre;

normalmente per fare queste stime non basta preparare due o tre bianchi, ma se ne devono preparare almeno

sei o sette, proprio per avere dei risultato che siano statisticamente significativi. Il limite di decisione è dato

= + ∙

da: , dove k è il numero di deviazioni standard dalla media del bianco. Un bel numero di

C

deviazioni standard che ci garantisce molto della significatività di ciò che misuriamo è 3, che è circa 99,5%

nella distribuzione gaussiana; quindi come k si prende 3, che corrisponde

C

ad una probabilità di 1,3% (α) che un segnale maggiore di L sia dovuto al

C

del 98,7% che il segnale sia generato

bianco, quindi una probabilità 1-α

dall’analita. grafico della gaussiana l’asse delle x è il segnale y del

Nel

bianco, mentre l’asse delle ordinate è la frequenza relativa; quindi se

analizziamo più bianchi indipendenti e ne misuriamo il segnale vediamo

che difficilmente il segnale medio del bianco è uguale a zero, perché il

segnale medio del bianco misura un errore di tipo sistematico (quindi

rappresenta la stima dell’errore sistematico del metodo/strumento). La

curva rappresenta la distribuzione dei segnali ottenuti sul bianco, con la

relativa deviazione standard; alcuni posso anche essere più grandi, ma solo casualmente, perché quando

analizziamo il bianco sappiamo con certezza che non c’è l’analita; il segnale può assumere un valore che si

discosta dal bianco e di quanto dipende dai problemi.

Supponiamo di dover determinare in certi campioni di acqua di fiume la presenza o meno in tracce di mercurio;

supponiamo ora che nel nostro campione il mercurio non ci

sia, tuttavia, guardando questa curva, se noi otteniamo un

segnale in questa zona dobbiamo dire che superando il

limite di decisione il mercurio c’è (anche se in tracce).

Quindi commentiamo quello che si chiama un falso

positivo, perché diciamo che c’è e invece non c’è. Quando

il mercurio c’è davvero abbiamo la curva rossa; anche il

mercurio si comporta in modo gaussiano ed è centrato

proprio sul limite di decisione. Abbiamo un 50% di

probabilità di ricevere segnali anche nella zona rossa, dove

il mercurio non c’è, perché cade nella zona del bianco, sotto il limite di decisione; la probabilità

diremmo che

di questo errore è del 50%; qua abbiamo il 50% di probabilità di fare un falso negativo, cioè diciamo che non

c’è quando invece c’è. Quindi ora ci si sposta ancora, ossia mentre prima ci siamo spostati di 3σ ora ci

spostiamo di 6σ; quindi L più un altro k che si chiama limite di rivelabilità (anche k vale 3, quindi rispetto

C D D

al bianco vuol dire 6 volte la deviazione standard del bianco, σ)

= + 3 ∙ = + 6 ∙

In questo modo pareggiamo le due probabilità di fare un falso positivo e un falso negativo, cioè abbiamo una

gaussiana simmetrica a quella del bianco, con centro di simmetria in L ; quindi, con questa tecnica con cui ci

C 36

spostiamo di 6 volte la deviazione standard del bianco, pareggiamo

la probabilità di produrre falsi negativi o falsi positivi. Questo si

chiama limite di rilevabilità, vale a dire qualsiasi segnale al di sopra

di L ci dice che il mercurio è presente o assente. Però in queste

D

condizioni non possiamo dire quanto ce n’è, perché il segnale è

possiamo dire se c’è, quindi se supera L

ancora incerto; , o se non

D

c’è, quindi se è al di sotto di L , riservandoci di avere la stessa

D

probabilità dell’1,3% di fare un falso negativo o un falso positivo. Il

limite di quantificazione invece è quel valore al di sopra del quale

non solo diciamo che c’è, ma possiamo dire anche quanto ce n’è (grazie all’intensità del segnale…). In questo

= + 10 ∙

caso ci si sposta di altre 4σ; quindi .

Strumentazione laboratorio

Normalmente per analita si intende il componente del campione che vogliamo determinare; per campione

invece si intende tutta la porzione di materiale da analizzare; chiamiamo aliquote le diverse porzioni del

campione che andremo ad analizzare per avere le repliche della misurazione. Prima di utilizzare i reagenti è

sempre buona norma prendere la confezione del reagente e leggere le specifiche: si trova il nome chimico, la

formula chimica, il peso molecolare e soprattutto i simboli di rischio.

Per misurare la massa si utilizza una bilancia, di cui ve ne sono di diversi tipi. Normalmente le caratteristiche

di una bilancia sono definite da: il termine di risoluzione (detta anche sensibilità) ed è la differenza di valori

più piccola che può essere misurata dalla bilancia; la portata (o capacità), cioè il valore massimo misurabile;

tutti gli strumenti di laboratorio sono tarati per operare ad una temperatura di 20°C; le altre principali

caratteristiche sono l’accuratezza e la precisione. In funzione di quello che si va a pesare si sceglierà la bilancia

più adatta: bilancia tecnica, che consente di misurare masse grandi (arriva fino a 2 kg) e ha una sensibilità

bassa, compresa tra il decimo e centesimo di grammo (0,1-0,01 g), quindi è quella usata quando si fanno misure

di massa approssimative; la bilancia analitica (chiamata anche macrobilancia) ha una portata limitata, perché

arriva al massimo a 200 g, però ci consente di misurare fino al decimo di milligrammo (0,1 mg), quindi con 4

cifre decimali, e ci garantisce una buona precisione e accuratezza; se dobbiamo fare misure analitiche di

precisione possiamo arrivare fino al centesimo o millesimo di mg, questo grazie alle bilance analitiche di

precisione, che hanno una portata di 0,5-30 g.

Quando usiamo una bilancia a scopo analitico dobbiamo anche essere consapevoli del fatto che vi possono

essere diversi errori. Uno degli errori più importanti che possiamo trascurare è l’errore dovuto alla spinta

idrostatica (anche nota come spinta di Archimede), perché quando si misura un oggetto, questo è immerso in

un fluido, che è l’aria, quindi la bilancia fornisce una massa che di fatto è una massa apparente, cioè differisce

dalla massa reale per un contributo che è pari alla spinta di Archimede (forza uguale e contraria alla forza peso

massa dell’oggetto sembra pù piccola rispetto a

che agisce sul volume di aria spostata); in questo modo la

quella reale, perché incide la spinta di Archimede che va a diminuire apparentemente il valore della forza peso.

Le bilance che utilizziamo sono delle bilance elettroniche che misurano direttamente il peso, che è una forza e

non la massa, ma che noi riconduciamo alla massa attraverso l’operazione di taratura (utilizzando delle masse

di riferimento che ci servono per porre l’indicatore della bilancia sullo zero). Quando effetto una misura di

l’errore dovuto alla spinta di Archimede, va applicata una formula di correzione:

massa, per correggere

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Publisher
A.A. 2020-2021
78 pagine
SSD Scienze chimiche CHIM/01 Chimica analitica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giulia_seven di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Chimica analitica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Orlandi Marco.