Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Gli etnografi ed antropologi che si dirigono sul campo hanno come principale obiettivo quello di
raccogliere non solo informazioni ma oggetti, fotografie, registrazioni sonore e documentazione
anche sulle diverse tecnologie utilizzate. Uno dei primi grandi antropologici che utilizzò la
fotografia fu B. Malinowski il quale parlò di imponderabilia intendendo con questo termine ciò
che non si può pensare/ciò che non si può verbalizzare ma che rappresenta una parte preponderante
della cultura. Sostiene che non basta fare interviste perché queste ti riportano solamente alla visione
consapevole della cultura, ma bisogna anzi analizzare gli aspetti che riguardano la vita quotidiana.
Malinowski fotografa cercando di documentare questi imponderabilia della vita quotidiana, ovvero
ciò che caratterizza la vita di una comunità al di là delle sue rappresentazioni. L’esperienza
dell’osservazione partecipante è particolarmente importante in antropologia e Malinowski visse per
2 anni a contatto con gli abitanti delle Isole Trobriand. Il campo è una esperienza anche
psicoanalitica.
Gregory Bateson, Naven, 1936
Il rituale Naven della popolazione Iatmul è l’oggetto di studio della monografia etnografica di G.
Bateson intitolata appunto “Naven, un rituale di travestimento in Nuova Guinea”.
G. Bateson, insieme a Margaret Mead che diventerà poi sua moglie, sviluppa una riflessione teorica
sull’utilizzo della fotografia in ambito antropologico (negli ultimi anni della sua vita Bateson si
dedicò anche all’ecologia, allontanandosi un po’ dall’antropologia). Fu allievo di B. Malinowski e
di A. C. Haddon. Quest’ultimo, biologo che lavorava per il museo di etnografia di Cambridge, fu
promotore della spedizione allo stretto di Torres del 1898 ed era una figura molto eclettica che si
interessò fortemente allo studio delle culture e, oltre ad esser stato un appassionato di fotografia e di
cinema, diede molto impulso all’utilizzo delle rappresentazioni visive nella ricerca. G. Bateson era
uno struttural-funzionalista che negli anni ‘30 si recò in Nuova Guinea dove trascorse un lungo
periodo di ricerca tra gli Iatmul (“i cacciatori di teste”).
Qui Bateson mette subito in evidenza una difficoltà di fondo insita nel lavoro etnografico e
soprattutto nella sua interpretazione, ovvero il fatto che la descrizione strutturale di una società non
può esaurire il compito dell’antropologia poiché le culture vanno comprese anche sulla base di ciò
che lui battezzò come il loro “ethos”, cioè il retroterra emotivo che muove gli attori sociali. L’ethos
emerge in una molteplicità di fattori osservabili nella vita culturale, come ad esempio nel
portamento con cui le persone camminano o si muovono, nello stile del loro atteggiamento corporeo
durante il lavoro o nelle cerimonie, sulle decorazioni del corpo, nelle maschere e nelle danze con
cui i rituali sono costruiti, e in tutti quegli aspetti della vita sociale capaci di veicolare sentimenti ed
emozioni.
G. Bateson, oltre ad essersi occupato di intelligenza artificiale, è considerato anche l’inventore della
teoria del doppio vincolo in psicologia, oltre al fatto che la psicologia sistemica basata sullo studio
delle patologie psichiatriche in ambito famigliare fa riferimento a lui.
Riflessione sulle immagini come sistemi di rappresentazione delle emozioni e delle percezioni
M. Mead, basandosi sull’insegnamento di F. Boas, analizzò i rapporti tra cultura e personalità.
Lei era stata a Samoa per scrivere la tesi di dottorato ed aveva conosciuto G. Bateson in Nuova
Guinea. Uno dei suoi libri più importanti è “Sex and Temperament” del 1935.
Bateson e Mead si recarono a Bali decidendo per la prima volta di sperimentare il metodo
fotografico come base fondamentale della loro ricerca. Il libro “Balinese Character. A photographic
analysis” è composto quasi esclusivamente da tavole che comparano diverse immagini ed il loro
obiettivo fu quello di analizzare fotograficamente proprio l’ethos balinese. Studiano due grandi
ambiti: La vita famigliare ed in particolare quella fase della vita del bambino durante la quale i
- genitori gli insegnano, in una forma non verbale, i fondamenti della cultura attraverso il
contatto fisico e la messa in scena di modelli corporei che vengono continuamente
riprodotti;
La vita rituale ed in particolare i grandi rituali balinesi attraverso i quali si manifesta la
- trance, ovvero l’entrata e l’uscita dei soggetti dallo stato di coscienza al fine di dare forma a
una personalità particolare; nei rituali balinesi c’è proprio la ricerca della trance e questo
fenomeno è un fatto culturale. In una cultura come questa, se si viene educati ad un sistema
dove questi passaggi di coscienza sono normali e frequenti è difficile sottrarvisi. La musica
e la danza sono utilizzate per raggiungere questi stati.
Tutto questo viene realizzato attraverso:
La fotografia
-
Esempio lezione di danza classica balinese modalità di apprendimento mimetico attraverso cui gli
adulti insegnano ai bambini come muoversi attraverso l’imitazione ed il contatto corporeo.
Esempio contatti visivi la mamma guarda il bambino poi distoglie lo sguardo.
Il cinema (16mm): M. Mead negli anni ’60 decise di unire 6 piccoli film registrati negli anni
- ’30, componendo la raccolta intitolata “La formazione della personalità in culture diverse”
(il suono non è sincrono in quanto inserito in post-produzione, così come il suo commento);
Esempio primi giorni della vita di un neonato nella Nuova Guinea è curioso osservare la modalità
di avvicinamento da parte dei genitori al neonato, oltre al fatto che egli viene manipolato, tenuto e
lavato in un modo particolare e differente da come siamo abituati a vedere noi occidentali.
Esempio trance and dance in Bali il commento di M. Mead ci spiega semplicemente quello che
vediamo e non è interpretativo; ci sono diversi ralenty pensati e introdotti per una finalità di tipo
analitico, oltre al fatto che da questo film possiamo cogliere la posizione dell’antropologo nella
scena in quanto Bateson è perfettamente integrato con i movimenti dei personaggi che sviluppano il
rituale, avvicinandosi fortemente a loro e dimostrando che la sua presenza non è improvvisata
(accettazione da parte dei balinesi). La macchina da presa non cerca il contatto visivo, anzi lo evita,
e anche dal commento della Mead si percepisce la volontà di una rappresentazione perlopiù
oggettiva.
Lezione 4
Intervento di Sergio Toffetti
Nel 1924 viene ristrutturato l’istituto luce;
- Nel 1937 vengono inaugurati gli stabilimenti di Cinecittà;
- Nel 1940 viene inaugurato il centro sperimentale il cui compito, ancora oggi, è quello di
- gestire la scuola di cinema. Chiude a Roma e apre a Torino;
Nel 1949 viene firmata una legge da Andreotti che imponeva un finanziamento indiretto ai
- film in base al rapporto con i biglietti venduti (es. Cine-panettone).
Il cinema industriale
Nel 2003 nasce l’obiettivo di creare una istituzione ad hoc per questo tipo di cinema e siccome ad
Ivrea vi erano numerosi immobili dismessi dell’Olivetti si pensò che questa città potesse essere il
luogo giusto. La sede dell’Archivio Nazionale del cinema d’impresa diventa così l’ex scuola
materna di Adriano Olivetti, luogo dove ogni anno giungono ancora oggi gruppi di studenti,
soprattutto di architettura, a visitare l’edificio. Oggi il cinema industriale non viene più prodotto
perché l’industria non ha più interesse ad eseguire una operazione di tipo politico e culturale,
ovvero competere per l’egemonia nella società; in passato l’industria pensava che la produzione di
merci dovesse portare a ristabilire quei rapporti sociali che consentissero di pagare salari
ragionevoli ai dipendenti, oltre che fare investimenti (la fabbrica dominava la società). Il cinema
nasce inizialmente proprio come cinema industriale in quanto se ci pensiamo già il primo film dei
fratelli Lumiere mostrava degli operai che uscivano della loro fabbrica. In questo caso la macchina
da presa era obbligata a stare ferma su un cavalletto e questo garantiva immagini dinamiche senza
dover spendere troppo e organizzare le comparse. Cinema italiano e americano è il cinema
industriale più vario e più interessante del mondo perché grandi registi lavoravano per produrre
questo genere di film, anche se il cinema italiano non aveva grandi majors, come quello americano,
che potevano garantire una continuità nel tempo. Tutti i cineasti italiani hanno lavorato sia per
l’industria che per la pubblicità, tranne Visconti il quale non aveva problemi di denaro. In realtà il
cinema italiano non ha mai mostrato tanto il lavoro di fabbrica bensì piuttosto temi quali la lotta di
classe, l’alienazione e le morti sul lavoro.
Antonioni fu uno dei primi cineasti italiani che iniziò a fare dei film sul lavoro e ad esempio
- “Il grido” del 1957 fu un film che parlava di un operaio che ad un certo punto smette di
lavorare nello zuccherificio e si suicida. Antonioni è inoltre anche l’unico cineasta a
mostrare la borsa e l’inquinamento chimico-industriale;
Film di Bertolucci del 1967: “La via del petrolio”;
- “Le officine della Fiat per Expo 1911” (regia di Luca Comerio): cinema muto, la pellicola in
- bianco e nero era stata colorata artificialmente, non c’era alcun timore nel guardare in
macchina. Nel film viene mostrato il ciclo produttivo delle officine;
”Quel primo giorno in fabbrica”: l’immagine è terribile ed infatti la Fiat non usa questo film
- in quanto sembrava di entrare in un girone infernale in grado di spersonalizzare;
”Sotto i tuoi occhi” pubblicità della 532, siamo qui a cavallo tra il muto ed il sonoro;
-
Pubblicità
Il carosello era una forma narrativa tipicamente italiana che nacque per un certo tipo di televisione.
La pubblicità però poneva un problema, ovvero il fatto che la merce pubblicizzata doveva essere
trattata con cautela. Ma come? Nei 3 minuti a disposizione bisognava cercare di costruire una storia
che non aggiungesse fascino al prodotto in sé ma che parlasse d’altro e solamente alla fine venisse
proiettato uno slogan in grado di dire qual era il prodotto (es. Rigatoni Barilla, regia di Federico
Fellini). I film più industriali erano quelli riguardanti la formazione professionale e la descrizione
dei prodotti finiti. La legge Andreotti dal ’49 prevedeva che venissero introdotti i cosiddetti premi di
qualit&agra