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OSSERVATORIO SCIENTIFICO ETNO-ANTROPOLOGICO "EDWARD C. BANFIELD"

… e ancor più recentemente: da: Basilicata.it, 12 settembre 2017

Chiaromonte investe su Banfield e capovolge la teoria del familismo amorale

Con il programma “Residenza per artisti ed antropologi”, che si terrà dal 14 al 23 settembre

“L’Osservatorio scientifico, istituito con la legge regionale n. 8 del 29 gennaio 2010 per la salvaguardia del patrimonio

etno-antropologico della Basilicata - spiega la sindaca di Chiaromonte Valentina Viola - è stato intitolato al sociologo

americano Edward C. Banfield, per riconoscimenti acquisiti sul campo.

Se fino ad oggi Banfield e la sua teoria sul “familismo amorale” evocavano un concetto negativo per il nostro paese,

grazie a queste attività sarà invece possibile un’inversione di tendenza, investendo quindi sulle ricadute positive legate

.

al nome del sociologo statunitense”

24/10/2018

LEZIONE 12

Una diversa interpretazione del familismo come fonte di sicurezza sociale: risorse materiali e

simboliche nelle relazioni familiari e parentali in contesti diversi nel Mediterraneo, l’Italia ma

anche la Palestina e l’Egitto ad esempio. Possibili connessioni mediterranee.

Negli ultimi due decenni etnografie di contesti diversi sulle sponde del Mediterraneo, a nord come a

sud, hanno proposto una rilettura del familismo, liberandolo dalle implicazioni negative

dell’aggettivo amorale, e hanno in questo modo inteso fare riferimento alla forza dei legami

familiari e parentali, alla rete di sostegno che questi legami forniscono agli individui e a gruppi

domestici variamente costituiti e all’interno di realtà molto diverse tra loro.

Queste etnografie sottolineano come il familismo non sia la causa ma piuttosto la conseguenza di

condizioni sociali, economiche e politiche incerte e precarie. Esso non significa la chiusura della

famiglia nucleare su se stessa a discapito delle altre relazioni parentali e sociali, al contrario, i

legami forti implicano un flusso e uno scambio continui di beni e servizi tra familiari e parenti e

costituiscono quindi un sistema di ridistribuzione delle risorse.

A proposito di Sud Italia: reti familiari e sostegno

A proposito della famiglia e del familismo nel Sud Italia, Amalia Signorelli (2000), un’antropologa

con una lunga esperienza di ricerca nel Mezzogiorno, sostiene infatti che “l’istituzione sociale

caratteristica del familismo […] non è la famiglia nucleare. Ciò che è davvero caratteristico, la rete di relazioni che

supporta e rende possibile il familismo come ethos, è l’insieme dei legami che connettono la famiglia nucleare a tre

.

altre reti di relazioni: la parentela, il vicinato e la parentela spirituale”

In una serie di studi storici e antropologici che mirano ad andare oltre la dicotomia tra famiglia

nucleare e famiglie complesse1, la famiglia viene inserita in una rete più ampia di relazioni di

parentela, affinità e vicinato, è incastonata in reticoli di relazioni sociali più estesi. Questa rete di

“legami forti”, al cui centro ritroviamo la famiglia, può assumere forme diverse in contesti diversi

(nel contesto del Sud Italia talvolta è stata privilegiata la discendenza e l’organizzazione in lignaggi,

talaltra le relazioni di affinità).

Un’interpretazione condivisa da Carlo Capello, che analizza il sistema del cagnaiuto a

Tramonti, un paese in provincia di Salerno, dove una decina di anni fa ha svolto la sua ricerca.

Questo modo, assai diffuso in passato, di scambiarsi giornate di lavoro in occasione del raccolto e

della vendemmia tra parenti, vicini e amici, è un’ottima illustrazione dell’importanza della famiglia

e della rete di relazioni in cui è inserita. Capello utilizza l’espressione famiglia-entourage per

46

indicarne la natura composita, che si estende oltre i legami bilaterali e che rimane al centro di un

intenso flusso di scambio di beni e di sostegno.

A Tramonti rimane infatti traccia di una passata organizzazione in quartieri di lignaggio nella

prossimità residenziale tra parenti, che tuttavia oggi non sono solo gli agnati (membri di un gruppo

di discendenza patrilineare) ma un raggruppamento più ampio di parenti consanguinei e affini. Si

sovrappongono così legami di parentela e di vicinato, moltiplicando le possibilità di aiuto e di

sostegno reciproco nelle situazioni quotidiane.

“Il familismo non è dunque chiusura monadica su di sé delle famiglie, né tanto meno può essere visto come la causa

della presunta mancanza di spirito civico del Meridione, o della sua arretratezza economica; piuttosto la famiglia e gli

altri legami forti come la parentela e il vicinato costituiscono un sistema di protezione collaudato, radicato nel tempo,

di fronte all’insicurezza sociale, economica e politica. In altre parole, come ha sottolineato Gabriella Gribaudi nella sua

critica alla riproposizione delle tesi banfieldiane, la famiglia nel Sud non fa che riempire spazi lasciati scoperti dalle

istituzioni e dalla stessa società civile. […] Ciò che accomuna le diverse forme assunte dai legami forti, nei contesti

rurali come in quelli urbani, è il loro ruolo di protezione e di sicurezza, che si fonda sui principi di reciprocità,

solidarietà e rispetto cui i rapporti tra familiari, parenti, vicini e amici dovrebbero conformarsi. […] Le tesi di Banfield

sul familismo amorale non sembrano trovare forte riscontro. E’ vero che la famiglia ha una posizione cardine nel

sistema dei valori del Sud, e che i legami forti tra familiari e parenti strutturano lo spazio sociale locale, ma questo è

piuttosto una conseguenza delle difficoltà economiche e politiche. In una realtà segnata da insicurezza economica,

sottooccupazione e disoccupazione, e in cui lo stato si limita a fornire sussidi per la famiglia e poco altro, le famiglie si

pongono come le sole redistributrici di reddito e fornitrici di sostegno.” Se di familismo, nel senso della centralità dei

legami familiari, si può parlare in riferimento all’intera realtà italiana, come diversi autori hanno proposto di fare, ciò

che distingue il Meridione è semmai “l’indispensabilità delle funzioni di sostegno e di sicurezza fornite dalle reti

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(Capello 2008) .

familiari, per via dell’assenza o della scarsa efficacia delle istituzioni statali”

Sulla sponda meridionale: il familismo in Egitto

Le considerazioni che Diane Singerman (1995) fa sull’ethos familiare nei quartieri popolari del

Cairo a fine anni Ottanta sono utili per continuare l’esplorazione degli universi parentali sulla

sponda meridionale del Mediterraneo e per provare a riflettere sul familismo nella più ampia

cornice mediterranea. La scelta di Singerman di intraprendere una ricerca etnografica richiama il

precedente di un altro politologo americano, Edward Banfield.

L’esito interpretativo è però assai diverso: Singerman infatti è piuttosto critica nei confronti di altri

scienziati politici che si sono occupati di società patriarcale e di familismo nel mondo arabo:

costoro, come altri studiosi, hanno trattato la famiglia e il gruppo domestico come una “scatola

nera” indifferenziata, dove i comandi del padre sono eseguiti senza obiezione, la famiglia ha poche

dinamiche interne, non cambia, ed è poco influenzata dalle forze politiche e socioeconomiche

esterne. La loro è una spiegazione culturalista astorica che produce un quadro distorto della famiglia

patriarcale: la tesi di Diane Singerman è che l’ethos familiare sia piuttosto un’etica di cooperazione,

risoluzione del conflitto, convivenza e reciproca dipendenza tra individui fidati, che promuove un

codice della moralità e della convenienza sociale, un ethos potente nelle comunità popolari ma

anche molto contestato, che tiene unita la famiglia tanto con la solidarietà quanto con la discordia,

con la cooperazione come con la competizione.

Il familismo arabo, secondo Singerman, deve essere considerato “non come un tratto culturale ma come

(1995); la coesione di gruppo è importante per la

una risposta adattiva molto antica all’insicurezza”

sopravvivenza sotto uno stato oppressivo quanto lo è in assenza dello stato. In regimi autoritari

come quello egiziano, in cui le élite al potere in modo intenzionale e sistematico escludono gli strati

popolari e altri segmenti della popolazione dalla partecipazione politica formale, ecco che la

famiglia, le reti e istituzioni a cui essa dà accesso e l’etica che le governa, diventano una via

informale alla partecipazione politica e alla condivisione delle risorse economiche. L’ethos

67 C. Capello, “Nella terra dei legami forti. Famiglia e parentela a Tramonti e nel Sud d’Italia” in A. Rosina e P.P.

Viazzo (a cura di), Famiglia e relazioni intergenerazionali, Forum Editore, Udine, 2008.

47

incoraggia a formare reti di relazioni per soddisfare bisogni e interessi materiali e perseguire fini

(mezzi di sopravvivenza, istruzione dei figli, matrimonio e riproduzione della famiglia)” (Sacchi

2010). Come avviene nella costituzione delle associazioni di credito rotatorio, molto diffuse in

questi quartieri, e che riuniscono, spesso sotto la guida di una donna, uomini e donne tra loro

parenti, amici, colleghi di lavoro o vicini di casa, al fine del risparmio collettivo di somme di denaro

che poi vengono fornite in credito, a rotazione, a tutti i membri: quasi ogni festa di nozze era, ai

tempi della ricerca, finanziata in questo modo.

Il caso palestinese: il matrimonio tra parenti e la solidarietà

“Mentre le solidarietà parentali sono state spesso contrapposte alla lealtà nazionale, alla cittadinanza e al senso civico, il

caso palestinese offre un modello più complesso. La logica dello “sposarsi vicino”, per esempio, può essere allo stesso

tempo una risposta implicita al senso di insicurezza e al rischio della disintegrazione familiare e sociale e l’affermazione

di un’identità palestinese oppositiva, così come il risultato di particolari dinamiche familiari e scelte matrimoniali”.

(Johnson in Taraki 2006)

Il riferimento è agli esiti di una survey sui matrimoni in Cisgiordania e a Gaza nei primi anni

Duemila e ai dati del primo censimento dell’Autorità Nazionale Palestinese nel 1997. Da queste

indagini risulta che il matrimonio tra parenti sembra persistere nella società palestinese: circa 1

donna su 4 era sposata a un cugino primo e più di metà della popolazione femminile era sposata a

un parente, un segno manifesto dell’importanza dei legami parentali.

La tesi di Penny Johnson è che le pratiche matrimoniali e l’importanza dei legami parentali

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
67 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher itscay di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia del mediterraneo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Sacchi Paola.