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La lunghezza è l’estensione temporale con cui i foni sono prodotti (possono essere brevi o

lunghi cioè durare per un tempo più o meno rapido). La quantità delle vocali può avere

valore distintivo (latino), ma anche quella delle consonanti (italiano). La sillaba tonica ha

una lunghezza maggiore rispetto alle altre sillabe.

7. La morfologia studia la struttura interna della parola e le regole di formazione delle parole.

Un morfema è l’unità di prima articolazione del linguaggio umano (l’unità minima dotata di

significato), è un segno linguistico composto da significante e significato. Il morfema è

l’unità astratta della morfologia, il morfo è la realizzazione concreta di un morfema, gli

allomorfi sono le varie realizzazioni di uno stesso morfema in quanto ne condividono il

significato e la posizione all’interno della struttura morfemica della parola (in, il, im, ir).

L’allomorfia può riguardare sia i morfemi grammaticali (in il ir) che quelli lessicali (tenere

tieni tengono – il morfema è la variante più frequente ten). Le cause dei fenomeni di

allomorfia sono solitamente da cercare nella diacronia, cioè dovuti a mutamenti fonetici:

assimilazione (in + pronunciabile – impronunciabile), elisione (lungo + Arno – lungarno),

inserimento (gas + oso – gassoso), sostituzione della consonante finale non grafica ma

fonetica (sindaco sindaci), sostituzione della vocale finale del primo elemento di un

composto (dieta + logo – dietologo). Vi sono anche casi in cui un morfema lessicale viene

sostituito da un morfema dalla forma totalmente diversa ma con lo stesso significato: si

tratta del suppletivismo, che riguarda due morfemi uguali per significato ma diversi come

forma (acqua idrico) che vengono considerati due morfemi distinti. Il suppletivismo

comprende i casi di morfemi che non condividono la stessa radice etimologica (acqua latino

idrico greco) o che rappresentano esisti diacronici molto diversi della stessa radice

etimologica.

Esistono due tipi di classificazione dei morfemi: classificazione funzionale (in base alla

funzione svolta) e una classificazione posizionale (in base alla posizione che i morfemi

flessionali e derivazionali occupano ai morfemi lessicali. Nella classificazione funzionale

troviamo: morfema lessicale (che si riferisce alla realtà esterna), morfema grammaticale

(che ha valore interno al sistema grammaticale della lingua e si attaccano al morfema

lessicale per modificarne il significato (derivazionale) o reca informazioni grammaticali e

categoriali (flessionale). Vi sono però le cosiddette parole funzionali, cioè parole vuote

come gli articoli, i pronomi personali, preposizioni e congiunzioni, che difficilmente si

possono definire morfemi grammaticali a pieno titolo. Per ovviare a questi problemi, un’altra

distinzione può essere quella tra morfemi liberi (se non co-occorrono con altri morfemi, ma

costituiscono parole autonome – perché, ieri), legati (morfemi che obbligatoriamente co-

occorrono con altri morfemi per formare una parola (libri).

Nella classificazione posizionale i morfemi derivazionale e flessionale sono considerati

affissi (prefissi se precedono il morfema lessicale, suffissi se lo seguono, infissi se si

trovano al suo interno). I suffissi con valore flessionale che stanno sempre in ultima

posizione si chiamano desinenze. Un altro tipo di affissi sono i circonfissi che prevedono un

affisso prima del morfema lessicale e un affisso dopo; i transfissi prevedono affissi che si

inseriscono alternativamente all’interno della radice. I prefissoidi e suffissoidi sono

morfemi lessicali che si attaccano a un altro morfema lessicale per modificarne il significato

e che si comportano quindi come affissi; per lo più derivano da parole delle lingue

classiche. Come la derivazione, così la composizione, permette la formazione di parole

nuove a partire da una certa radice lessicale. La composizione è il procedimento

morfologico di formazione di nuove parole unendo due parole. La testa è il costituente che

conferisce le caratteristiche semantiche al composto (capotreno). Il composto endocentrico

possiede una testa, quello esocentrico no (portapenne). Per creare un composto spesso si

ricorre a semiparole, cioè parole ridotte morfologicamente e semanticamente, o parole

provenienti dalle lingue classiche, che apportano un significato analogo o molto vicino alle

parole piene da cui sono tratti (sociologia). I composti si possono classificare in

subordinativi (i suoi costituenti sono legati da una relazione di tipo modificato/modificatore)

e coordinativi (i suoi costituenti sono legati da una relazione di tipo modificatore/modificato).

I morfemi derivazionali mutano il significato della base cui si applicano aggiungendo una

nuova informazione. Tutte le parole derivate da una stessa radice lessicale danno vita alle

famiglie lessicali. Un tipo di morfologia derivazionale è quello della alterazione, con cui si

creano parole che aggiungono al significato un valore valutativo. Si possono creare verbi

con prefissi o suffissi chiamati parasintetici. Nei meccanismi della formazione di parola

rientra anche il fenomeno della cosiddetta conversione o derivazione zero, vale a dire la

presenza di coppie di parole aventi la stessa radice lessicale ed entrambi privi di suffisso

fra i quali quindi non è possibile stabilire qual è la parola primitiva e quale la derivata

(spesso la base è il verbo).

I morfemi flessionali non modificano il significato del morfema lessicale ma lo attualizzano

nel contesto di enunciazione. I morfemi flessionali realizzano un valore di una determinata

categoria grammaticale, che è la marca di quel valore. In generale le categorie

grammaticali si distinguono in due grandi classi: quelle che operano sui nomi (sostantivi,

aggettivi, pronomi) e quelle che operano sui verbi. La morfologia nominale codifica una

serie di caratteristiche semantiche del referente a cui si riferisce (in italiano genere e

numero). La categoria del genere indica il tratto semantico maschile o femminile, a cui si

aggiunge in alcune lingue il neutro. L’assegnazione del genere alle parole non è il riflesso

della categoria biologica del sesso ma è arbitraria e può variare interlinguisticamente.

L’accordo morfosintattico consiste nell’allineamento delle marche delle parole all’interno

di una frase: la flessione inerente riguarda la marca della parola selezionata in relazione

alla realtà extralinguistica; la flessione contestuale riguarda la marca della parola

selezionata in relazione alle altre parole nel contesto linguistico. La categoria del numero

indica la quantità di referenti a cui fa riferimento la parola. Il numero grammaticale ha un

rapporto indiretto con la realtà extralinguistica, infatti può variare interlinguisticamente. Il

caso codifica la funzione sintattica che la parola svolge nella frase. Il numero dei casi varia

di lingua in lingua, in italiano non esistono ma vi è una traccia nel sistema dei pronomi

tonici (io/me tu/te). Il processo attraverso il quale un verbo assegna il caso al suo

complemento viene chiamato reggenza.

La morfologia aggettivale codifica l’intensità della proprietà a cui si fa riferimento. Essi

possono essere marcati per grado: comparativo, superlativo.

La morfologia verbale codifica una serie di caratteristiche semantiche dell’evento a cui fa

riferimento (in italiano, persona diatesi modo tempo aspetto). La categoria della persona

codifica il collegamento tra il verbo e il soggetto, distinguendo i casi in cui il soggetto è:

colui che parla (prima persona), colui che ascolta (seconda persona), colui di cui si parla

(terza persona). In italiano, la persona codifica anche il numero e, nelle forme verbali

composte, il genere del soggetto.

La categoria della diatesi esprime il rapporto fra l’evento e i suoi partecipanti,

principalmente il soggetto: diatesi attiva (il soggetto esegue l’azione), diatesi passiva (il

soggetto è coinvolto in un evento causato da un agente che può essere espresso oppure

no), diatesi riflessiva o media (Il soggetto esegue e contemporaneamente subisce l’azione,

che ricade sul soggetto).

La categoria del modo esprime la modalità con cui il parlante si pone rispetto all’evento

descritto dal verbo: Modo indicativo: Asserzione (constatazione certa di un evento), Modo

congiuntivo: Desiderio/ ipotesi (presentazione incerta di un evento), Modo condizionale:

Desiderio/ Possibilità / irrealtà, Modo imperativo: Comando.

La categoria del tempo definisce il rapporto di anteriorità, contemporaneità e posteriorità

fra il momento dell’avvenimento dell’evento descritto dal verbo (MA), il momento

dell’enunciazione (ME), in cui il mittente produce l’enunciato, e il momento preso a

riferimento nel discorso (MR), di solito coincidente con ME: Tempo passato: MA anteriore a

ME, Tempo presente: MA contemporaneo a ME, Tempo futuro: MA posteriore a ME.

La categoria dell’aspetto esprime il punto di vista del mittente sullo svolgimento

dell’evento: Aspetto Perfettivo: azione compiuta e conclusa (Presentazione dell’evento

dall’esterno: si vede l’evento nella sua interezza, dopo la sua conclusione), Aspetto

Imperfettivo: azione non conclusa, presentata nel corso del suo svolgimento

(Presentazione dell’evento dall’interno: si vede l’evento nel corso del suo svolgimento e

non si può indicarne la conclusione). L’aspetto imperfettivo può essere continuo (Un evento

è presentato nella sua durata), progressivo (Un evento è colto in un singolo momento del

suo svolgimento, l’istante di focalizzazione) o abituale (Un evento è presentato come una

consuetudine che si ripete).

8. La sintassi studia la struttura della frase, la funzione e la disposizione delle parole

all’interno della frase e delle frasi all’interno del periodo. La sua unità di misura è la frase,

l’unità comunicativa che veicola in modo autosufficiente un messaggio, rappresentato da

una predicazione, cioè un’affermazione riguardo qualcosa. La predicazione è espressa da

un verbo, nelle frasi nominali la predicazione è espressa non da un verbo, ma da un

predicato nominale. Le parole non si combinano in frasi per semplice giustapposizione

casuale ma secondo rapporti e leggi strutturali a volto anche molto complessi. L’analisi dei

costituenti è il modello di descrizione dell’organizzazione delle parole e delle combinazioni

di parole (sintagmi) che compongono una frase. Il metodo di rappresentazione più diffuso è

quello degli alberi etichettati che meglio permette di rendere visivamente la struttura della

frase sia nel suo sviluppo lineare sia nei rapporti gerarchici che si instaurano tra i

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
15 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher katia.damb di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Salerno o del prof Rosi Fabiana.