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LA CREATIVITÀ CULTURALE DELL’UOMO VIENE INCALANATA

E CIRCOSCRITTA DAI VINCOLI POLITICI ED ECONOMICI

9. IL POTERE

L’antropologia politica si occupa dello studio del potere sociale nella società umana,

ossia della capacità di trasformare una situazione data, con scelte che condizionano

un intero gruppo sociale. Eric Wolf individua tre diverse modalità di potere sociale:

il potere interpersonale che si basa sulla capacità di un individuo di imporre la

propria volontà ad un altro; il potere organizzativo che chiarisce come individui o

unità sociali possono limitare le azioni di altri individui in particolari contesti sociali;

e il potere strutturale che organizza gli stessi assetti sociali e controlla la divisione

sociale del lavoro. Lo studio antropologico si concentra sugli aspetti dinamici del

confronto politico, considerando quegli “attori” che, partecipando alla contesa per il

potere, sono interessati al controllo delle risorse materiali e simboliche. Nell’ambito

della società il potere opera in base a principi che sono creazioni culturali

fondamentalmente arbitrari e possibilmente diversi da una società all’altra:

l’esercizio del potere nelle società dotate di istituzioni statali tradizionali si basa

sulla coercizione fisica ed è incarnato da figure socialmente autorevoli per eredità,

elezione o consenso esplicito (come il re, il primo ministro, il sacerdote, ecc.) e nelle

società prive di stato, invece, si basa sull’autorità derivata dalla parentela, dall’età o

dalla discendenza, che assicura la coesione del gruppo e il rispetto delle regole.

Recentemente, gli antropologi interessati all’esercizio del potere negli stati sono

stati influenzati dal pensiero di intellettuali come Antonio Gramsci e Michel

Foucault: il primo sosteneva che per consolidare l’organizzazione sociale e il

controllo politico non fosse sufficiente il dominio coercitivo (ossia il governo basato

sulla forza coercitiva fisica) del gruppo dominante su individui che cooperano per il

timore di essere puniti , ma fosse necessaria l’egemonia, cioè il governo basato sulla

persuasione dei subordinati (da parte di personalità carismatiche che possiedono

abilità verbali) ad accettare l’ideologia del gruppo dominante grazie ad accordi

reciproci (come reali benefici materiali), che però lasciano immutata la posizione

privilegiata dei governanti; e il secondo, invece, sosteneva che il potere fosse

un’entità pervasiva di ogni aspetto della vita quotidiana e che l’arte di governare

adeguata alla “biopolitica” (o “biopotere”), ovvero idonea a promuovere il benessere

delle popolazioni nell’ambito dello stato, definita governamentalità, affrontasse le

pratiche sviluppatesi negli stati nazionali durante il XIX secolo e miranti a creare e a

sostenere una vita sociale pacifica e prospera, esercitando il potere sulle persone che

si potevano contare (ad esempio, attraverso il censimento), i cui attributi fisici erano

statisticamente misurabili e i cui comportamenti sessuali e riproduttivi potevano

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essere foggiati dall’esercizio del potere. Una concezione diversa fu espressa all’inizio

del XX secolo dal sociologo Max Weber, per cui il potere consisteva nella facoltà di

imporre la propria volontà ad altri, esercitando coercizione attraverso autorità e

carisma: l’elemento fondamentale era il libero ruolo attivo dell’agente, cioè la libertà

degli individui autonomi di perseguire i propri interessi sopra ogni altra cosa e di

contendersi l’accesso all’esercizio del dominio. L’antropologia politica ha dimostrato

che nelle società prive di stato o di tradizionali istituzioni statali il potere è

considerato un’entità indipendente (ossia che esiste nell’universo

indipendentemente dagli esseri umani), alla quale è possibile accedere mediante la

supplica e la preghiera, ma non con mezzi di coercizione fisica, bensì coloro che

detengono l’autorità o il carisma e che sono considerati idonei dagli altri membri ad

indirizzare l’azione del gruppo (definiti “leadership”) devono ricorrere al consenso,

cioè all’accordo al quale danno collettivamente il loro assenso tutte le parti, e alla

persuasione, che è il potere basato sull’abilità verbale di argomentazione, che induce

gli altri componenti del gruppo a sostenere la causa e a cooperare. Gli individui di

tali società, anche se non sono dotati di un ruolo attivo libero da vincoli e

responsabilità di ordine sociale, esercitano il potere della resistenza all’imposizione

forzata delle volontà altrui. A prescindere dalla complessità del proprio sistema

sociale, tutti gli esseri umani hanno il potere di conferire il proprio significato

all’esperienza (detto potere dell’immaginazione umana), ossia la capacità di alcuni

individui e gruppi di affermare la propria visione del mondo e di agire di fronte, per

esempio, ad un’oppressione tremenda, all’anomia (che è la sensazione pervasiva di

sradicamento e di assenza di norme in seno ad una società), all’alienazione

(espressione usata da Karl Marx per descrivere il profondo distacco che i lavoratori

sembrano sperimentare fra il senso interiore di identità e il lavoro che sono costretti

a compiere per guadagnare abbastanza da poter vivere), alle influenze esterne e alle

scelte alternative che altri vogliono imporre. La contrattazione della realtà attinge ad

elementi della cultura e della storia condivise per persuadere gli altri della validità

della propria posizione, scegliendo tra i concetti essenzialmente negoziabili, che

sono i concetti riconosciuti culturalmente che evocano un ampio arco di significati e

dei quali si deve negoziare la rilevanza in qualsiasi particolare contesto (ad esempio,

in Marocco tali concetti possono essere l’intelligenza, l’autocontrollo e la generosità).

10. LA SUSSISTENZA (PROCURARSI DA VIVERE)

L’antropologia economica studia le varie forme di vita economica determinate

culturalmente a seconda delle epoche e delle situazioni che permettono la

sopravvivenza fisica degli individui attraverso l’uso (o gestione) adeguato delle

risorse materiali dell’ambiente. I vari modelli di produzione, distribuzione e

consumo che i membri di una società applicano per assicurarsi il soddisfacimento

dei fondamentali bisogni materiali di sopravvivenza (cibo, abiti, riparo) sono definiti

strategie di sussistenza, che si suddividono in due tipologie: i raccoglitori di cibo,

ossia coloro che raccolgono, pescano e cacciano risorse spontanee dell’ambiente di

natura animale e vegetale, i quali possono essere raccoglitori su piccola scala o

raccoglitori complessi; e i produttori di cibo, ovvero coloro che coltivano la terra

(agricoltori) e/o allevano il bestiame (pastori) a fini alimentari. I coltivatori possono

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praticare l’agricoltura estensiva (che è una forma di coltivazione basata sul

disboscamento e dissodamento di terre non coltivate, sulla combustione della

sterpaglia e sulla semina nelle terre arricchite dalla cenere, e che esige dopo pochi

anni di cambiare i lotti da coltivare a causa dell’esaurimento del terreno),

l’agricoltura intensiva (che è una forma di coltivazione che ricorre ad aratri, animali

da tiro, irrigazione, fertilizzanti e simili per mettere a coltura più terra

contemporaneamente, sfruttarla anno dopo anno e produrre surplus di raccolto

apprezzabili) e l’agricoltura industriale meccanizzata (che consiste nella coltivazione

e nell’allevamento su vasta scala basati su metodi industriali di tecnologia e

produzione).

L’attività economica dipende da pratiche culturali stabili e durevoli che organizzano

la vita sociale (o strutture sociali), dette istituzioni, al cui interno si compiono tutte

le operazioni economiche: la produzione, che è la trasformazione di materie prime

naturali in prodotti o forme utilizzabili dall’uomo, la distribuzione, che è

l’allocazione di beni e di servizi, ossia provvede a far pervenire quei prodotti alle

persone, e il consumo, che è l’utilizzazione di quei beni materiali necessari alla

sopravvivenza (ad esempio, mangiare cibi o indossare abiti).

Secondo l’economista ungherese Karl Polanyi i modelli sui quali si basa la

distribuzione dei beni nelle diverse società, detti modalità di scambio, sono

fondamentalmente tre: il più recente e sviluppatosi nell’ambito delle società

capitalistiche (anche grazie all’apporto dato dalla teoria economica neoclassica che

tenta di spiegare il funzionamento del capitalismo) è lo scambio di mercato, che è la

pratica di scambio di beni (commercio) che si avvale ai fini della quantificazione di

un mezzo multifunzionale di scambio e standard di valore (denaro) e che si basa su

un meccanismo di domanda e offerta; nelle società non occidentali o non

capitalistiche, invece, sono presenti la reciprocità, che è lo scambio di beni e servizi

di uguale valore, di tipo paritario e simmetrico tra gruppi di parentela (la reciprocità

può essere “generalizzata”, quando non si specificano né il tempo né il valore del

ritorno; “equilibrata”, quando si attende un ritorno di uguale valore entro un tempo

specificato; “negativa”, quando le parti sperano di ricavare qualche cosa per niente e

senza patire penalità), e la ridistribuzione, che è la modalità di scambio che richiede

una forma di organizzazione sociale centralizzata atta a ricevere contributi da tutti i

membri del gruppo e a ridistribuirli in maniera da provvedere tutti i membri del

gruppo.

Diversamente, Karl Marx individua il fattore determinante dei modelli di vita

economica nelle società nel modo di produzione dei beni, che è un insieme specifico

di rapporti sociali storicamente ricorrente (rapporti di produzione) tramite il quale

si impegna il lavoro (o la manodopera) per estrarre energia dalla natura, utilizzando

strumenti, abilità, organizzazione e conoscenza (mezzi di produzione), il quale è in

grado di denotare varie forme storiche di esistenza sociale (ad esempio, la relazione

sociale del modo di produzione feudale è quella signore-servo oppure la relazione

sociale del capitalismo è quella del lavoro salariato, cioè pagato) e il derivante

conflitto potenziale per interessi differenti tra i lavoratori e i proprietari dei mezzi di

produzione, detti “classi”.

Gli antropologi che si dedicano allo studio delle modalità di consumo, ossia di

utilizzazione di beni materiali necessari per sopravvivere, respingono le spiegazioni

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Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
32 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mafrabe di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Ca' Foscari di Venezia o del prof Tamisari Franca.