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L’elettricità è spettacolo, l’uomo non ne percepisce ancora l’utilità e l’importanza,
l’elettricità è magia e fantascienza. Mentre la costruzione della macchina a vapore è
evoluzione tecnologica perché l’uomo ne sente il bisogno. Con la tecnologia nasce
quindi anche la dimensione magica/artistica/multimediale, i mezzi da qui nascono
per intrattenere l’uomo, dargli uno svago. Mentre prima nascevano per dare
informazioni e spiegare. Steve Jobs: noi siamo all’incrocio tra tecnologia e arte. I
mezzi di comunicazione non sono mezzi di informazione ma esperienze che l’uomo
prova e vive con tutti i suoi sensi.
1920: radio
1930: tv, nasce la concezione di ordinarietà della comunicazione. Tv e radio
ereditano tutte le caratteristiche inventate prima tranne l’interattività perché infatti
non sono interattivi. Sono mezzi one to many ma non many to many o many to one.
1990: nasce la circolarità con i mezzi informatici, il computer e lo smarthphone. La
comunicazione non è più one to many ma many to many.
2000: tablet e smartphone
Simbiosi di mito, rito e simbolo. Sono 3 concetti indivisibili tramandati attraverso:
Arte come cinema, fotografia, pubblicità ovvero quei tipi di comunicazione che
richiamano la tua preattenzione e non l’attenzione. Ti richiamano prima che tu ti
metta d’impegno a volerli capire.
Virtualità: piccole comunità vivono solo grazie ad un numero limitato di elementi
(numero di Dumbar, 150 relazioni) e percezione globale del sistema.
Platone è il filosofo che si oppone alla scrittura, è un migrante alfabetico come noi
oggi siamo migranti digitali. Nel mito di Fedro, parla dell’alfabeto definendola una
scoperta medicina per la sapienza e la memoria dell’uomo. La scrittura è negazione
della memoria.
Memoria intesa come mito, come esperienza che genera sapienza attraverso la
dialettica. Mentre l’alfabeto è già il risultato, non c’è percorso. La scrittura estrapola
la conoscenza e te la rivende come dato di fatto. Oggi la rete, ma prima l’alfabeto,
ragiona al mio posto. Non sono io che ragiono, ma ricevo già la risposta ai miei
bisogni senza nessun processo ragionato.
Mito: memoria orale, ricordare ma soprattutto rivivere questa esperienza
Simbolo: il racconto del mito avviene attraverso simboli, concetti, esperienze di
vita che l’uomo decidere di simbolificare. Simbolo significa mettere insieme tutta
una serie di concetti. Tutti i simboli collegati insieme danno origine ad un mito,
che non è storia reale ma un racconto che la comunica crea per educare gli altri
alla cultura della propria comunità.
Rito: rappresentazione teatrale del mito. Attraverso il rito, le persone si
purificano identificandosi nel mito.
In termini di mobilità si identificano 4 fasi.
Zero mobility: Alle origini gli uomini comunicavano attraverso un linguaggio
sensoriale. La memoria data dall’unione di miti, riti e simboli che appartenevano
alle diverse culture. Era sufficiete una comunicazione faccia-a-faccia. Non c’era
la necessità di uscire dalla propria regione, dalle proprie tribù.
Phisical mobility: l’uomo ha bisogno di un linguaggio universale per poter
comunicare, astratto dalla propria cultura e aperto verso il mondo. I simboli
diventano lettere e numeri, me memoria orale viene estroflessa e diventa scritta.
La ritualità di una comunità diventa esperienza individuale. Alfabeto universale
per tanti tempi e tanti spazi diversi. Cavalli carri auto. Questo fenomeno porta
l’uomo ad allontanarsi dalla sua sfera individuale. Inizia ad estendersi. La
memoria ora diventa una memoria scritta. Platone recita: essi cesseranno di
esercitarsi la memoria perché fidandosi dello scritto richiameranno le cose alla
mente non più dall’interno di sè stessi, ma dal di fuori, attraverso segni estranei.
Virtual mobility: switch. Bivio. Quando l’uomo arriva a toccare l’universo,
scopre che c’è uno spazio e un tempo dove la materia si muove più
velocemente: lo spazio elettrico. Non c’è più bisogno di muoversi nuovamente
fuori dal proprio territori, basta rimanere connessi. Tutto il digitale è dettato da
ciò. Se succede questo allora poi succederà quell’altro. Il linguaggio digitale ha
prodotto questo nuovo metodo di pensiero e ha portato l’alfabeto ad essere
ipertestuale, prima invece era lineare. Il linguaggio 2.0 ti da la possibilità di
crearti il tuo mito collegando i puntini, senza seguire nessun tipo di linearità. La
scrittura era estremamente legata al suo supporto fisico, ora non più. Addirittura
con gli RSS la stessa informazione può essere codificata collegata scambiata e
riproposta in veste diversa, anche se l’informazione è sempre la stessa. Inoltre il
linguaggio di oggi è ristrutturabile, grazie all’invenzione dei tag. Il web non è
connessione di pagine ma di persone. Tutto il digitale è basato sulla divisione, la
parcellizzazione. È un tutt’uno ma tutto diviso.
Network mobilty: dall’uomo con le ruote, all’uomo con lo schermo, all’uomo
che si muove con le ruote e la schermo. Siamo mobilità. I media siamo noi.
Abbiamo esteso la mobilità del nostro corpo e della nostra mente. Siamo dei
cyborg. I nostri dati e la nostra vita sono tutte le informazioni che trasmettiamo
agli altri. Noi siamo diventati neuroni di un sistema nervoso centrale esteso. Se
prima la tv era l’estensione di noi, adesso noi stessi siamo parte del sistema.
Abbiamo globalizzato tutto, il commercio e l’economia ma non le relazioni.
Adesso con la network mobiliti abbiamo globalizzato anche le relazioni umane.
Siamo tutti vicini perché potenzialmente raggiungibili con i social network. Siamo
diventati un villaggio globale. Comunichiamo in maniera sensoriale, senza filtri
tra noi e la comunicazione.
Tv: dal 1930 al 1939 per studiarla, e moltissimi milioni di dollari per crearla. Inventata da
Sarnoff, un grande visionario e manager ma non inventore. Sarnoff capisce che il limite
della creazione di Marconi era …. La funzione che ha generato uno strumento, a lungo
andare ha una ricaduta sul comportamento dell’uomo, perché le tecnologie sono
estensioni del copro umano. Determinismo tecnologico: la tecnologia determina l’uomo.
Se è vero questo, quando la Cina ha inventato la stampa, avrebbe dovuto cambiare il
mondo, invece il mondo cambierà con la stampa di Gutemberg. Perché? Perché c’è un
momento culturale molto importante. È l’uomo giusto al momento giusto, perché fa una
rivoluzione culturale, sdogana la lettura e la scrittura dalle abazie. Se il determinismo
tecnologico fosse vero, c sarebbero stati tanti fallimenti nel mondo dell’uomo come nella
tecnologia. quindi è la cultura che muove la tecnologia, ma non il contrario . Bisogna
pensare che le tecnologie siano solo oggetti per inquadrare, ritagliare e descrivere la
realtà, ma in quando espressione del corpo umano, sono un modo di vedere la realtà
soggettiva e oggettivarla. Mito della trasparenza: Dekarickof dice che viviamo ina una
società trasparente, ognuno vede ed è contemporaneamente visto. Bentham inventa il
carcere Panopticom, ovvero un carcere dove tutti ci si osserva. Tutte le celle sono in un
cilindro e le guardie stanno al centro del cerchio: le guardie possono guardare tutti i
prigionieri contemporaneamente tutti i prigionieri ma anche viceversa. Così i carcerati si
sentono sempre osservati anche se probabilmente le guardie non li stanno guardando.
Tutto è visibile e inverificabile. La tv oggi gioca su una tecnica di comunicazione
particolare: ti danno un testo, senza il contesto e questo fa si che l’uomo creda a tutto
quello che venga detto. Quando viene detta una cosa in tv, poi automaticamente sparisce,
e rimane solo nella mia tesa.
La percezione di cosa può fare la tv avviene nel 1969. La tv è una finestra che esplode il
tuo mondo normale verso mondi remoti. Si possono vivere esperienze lontanissime
dall’uomo senza nemmeno muoversi. Basta solo connettersi. La tv globalizza e
oggettivizza i rituali e i simboli della società estesa. Ma tutto però è cambiato.
Mito: la tv è un mezzo senza memoria. Non ricorda le cose che trasmette, è compito
dell’uomo ricordarle, non della tv. L’esperienza della tv si consuma nel momento in cui
viene vista. Il mito va quindi assimilato velocemente, nell’istante, poi sparisce.
La rete siamo noi, non la tecnologia
L’uomo pensa di controlla la tecnologia e ne parla come se la dominasse ma invece non la
controlliamo perché è dentro di noi. Lo spazio della rete non è il pc o il web, la rete è dove
ci muoviamo, quello che stiamo facendo e come lo facciamo. Non è importante il
dispositivo, ma l’ambiente digitale in cui siamo calati. Importante non è il dispositivo ma il
contesto d’uso, come l’uomo si approccia con il contesto digitale e non con il dispositivo
digitale.
La rete è on-desk: Il computer non è più solo uno strumento lavorativo ma anche di
svago. Nel momento che nasce il notebook e quindi si libera il computer dalla sua grappa
di immobilità, diventa finalmente mobile e nascono contesti d’uso diversi: non solo in
ufficio sulla scrivania, ma anche a letto sulle gambe, in mano camminando. Quindi diventa
di nuovo una gabbia.
La rete è on the go. Non solo sulla scrivania perché si cammina con la rete affianco a noi.
Con gli smartphone portiamo la rete nelle nostre tasche. Lo smartphone è impugnabile e
fruibile con una sola mano ed è possibile fare molte microazioni con un unico dispositivo.
La rete è anche in-between: il trend evolutivo dei media digitali. La rete è un’attività
digitale (estroflessione delle nostre pratiche intellettive), che si inserisce negli spazi della
nostra vita originaria sono necessariamente l’utilizzo di contesti d’uso on-dest e on-the-go
come l’iPad
Ipad: sistema prototipale. È veramente scomodo. Adesso si sta andando verso i computer
sempre più invisibili. Perché ipad ebbe tutto questo successo? Perché è il dispositivo che
libera il computer dalla sua immobilità. Si posiziona nell’equilibrio tra mobilità e
funzionalità. Serve a tutto ed è agile da usare.
Il social è la nostra esperienza
Non siamo più nell’era della condivisone di informazioni ma di pratiche intellettive
Negli anni novanta si parlava di intelligenza artificiale, per i