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SECONDO CONCETTO GHIANDA. DEFINIZIONE DI TECNICA DEL
CORPO.
TECNICA DEL CORPO: “Con l’espressione tecnica del corpo intendo i modi in cui
gli uomini, nelle diverse società, si servono, uniformandosi alla tradizione, del loro
corpo” Marcel Mauss, 1936. Le tecniche del corpo sono azioni specifiche che
vengono compiute per arrivare ad un certo fine, corrispondono quindi al modo che ho
di utilizzare il corpo per un certo risultato.
Si distingue tra SAPERE RAPPRESENTAZIONALE, ossia “risolvere un problema
sapendo come fare”, e SAPERE CORPOREO, ossia “imparare per imitazione”. Ad
esempio, per suonare si segue lo spartito, bisogna quindi eseguire delle operazioni:
attraverso la pratica, la tecnica si acquisisce in modo corporeo ossia si esegue
l’azione senza passare per pensieri astratti. Anche parlare una lingua è un sapere
incorporato, in quanto parlo senza pensare alle singole informazioni.
INCORPORAZIONE: definizione del 1988 di Andrew Strathern e Pamela Steward:
“Nel suo senso più ampio, consideriamo il termine incorporazione per riferirci alla
fissazione di certi valori e disposizioni sociali nel corpo e per mezzo del corpo”.
COGNIZIONE
Il concetto di modello è distinto in “modelli per” e “modelli di” (vedi spiegazione dal
libro di testo).
Lev Vygotskij, “Pensiero e linguaggio”, 1934. Il pensiero umano non deriva soltanto
da fattori psichici ma anche da fattori sociali; è psico-sociale. Vi sono quattro processi
cognitivi elementari: ASTRAZIONE, CATEGORIZZAZIONE, INDUZIONE,
DEDUZIONE. Secondo Vygotskij, questi quattro processi cognitivi elementari
appartengono a tutte le civiltà. Parla poi di sistemi cognitivi funzionali: a seconda
della mia cultura, del contesto in cui vivo, i quattro processi vengono sviluppati più o
meno rispetto a chi vive in contesti sociali diversi.
STILE COGNITIVO: modo con cui comprendiamo, conosciamo la realtà secondo la
nostra cultura. Gli stili cognitivi possono essere GLOBALI oppure ARTICOLATI.
SCHEMA: griglia astratta fatta di una serie di elementi che possono individuare un
concetto più ampio.
PROTOTIPO: individuo concreto di una certa classe con cui identifico uno schema.
C. Fillmore studiò gli schemi.
Esempio: la parola “scrivere” indica un soggetto che tiene in mano uno strumento e
utilizzando un supporto compie un’azione. Nella cultura giapponese questa parola è
indicata col termine KAKU, che ha però uno schema più ampio rispetto al nostro:
posso “kaku” un romanzo, un ghirigoro, una poesia, una lettera, una casa…
PERCEZIONE
Marcel Mauss affermò che la nostra sensorialità è strettamente legata alla cognizione.
La facoltà di pensare è strettamente legata a quella di percepire. Il sensoreo è anche
un prodotto storico, non deriva solo dalla biologia neurologica. La cognizione della
realtà è possibile anche grazie alla sensorialità; le emozioni sono percezioni
incorporate.
Esempio: Madagascar, popolazione ZAFIMANIRY (orticoltori itineranti), studiata da
M. Bloch tramite etnografia (ricerca sul campo). Essi si spostano nelle foreste, che
per via delle frequenti piogge sono rigogliose, molto buie, fitte. Bloch seguiva le
famiglie Zafimaniry nei loro spostamenti, e si accorse che nei giorni di sole erano
soliti uscire dalle foreste per guardare il panorama, l’orizzonte. Emerse la parola
MALALAKA: essa indica una sensazione/esperienza fisica: proviene dai sensi e
consiste nella percezione dell’ambiente circostante nelle belle giornate. È anche un
sostantivo che significa “chiarità”. Indica quindi sia una sensazione atmosferica, sia
una percezione sensoriale. Da questa parola, malalaka, hanno origine vari aggettivi e
sostantivi ad esempio il termine per indicare un “galantuomo”, poiché egli è una
persona onesta, limpida. Il campo semantico della parola malalaka è molto ampio, ad
esempio per dire che una persona è nella fase di inizio della convalescenza, cioè che
sta guarendo, gli Zafimaniry dicono “sta schiarendo, sta tornando limpida”. Tutto
parte dalla percezione sensoriale (chiarità) che è anche un valore sociale (onestà,
onore): i termini astratti sono molto rari nella civiltà Zafimaniry, che quindi li lega
alla percezione. Malalaka: percezione sensoriale, valore sociale, emozione, concetto
astratto. Ciò si chiama packing culturale.
ANTROPOLOGIA DELL’ARTE
1941: Matisse ha 72 anni ed è reduce da un’operazione chirurgica. Durante la lunga
convalescenza, rilascia un’intervista: rileggendo, mesi dopo, le bozze di essa, decide
di non far pubblicare il libro in quanto troppo intimo. Settant’anni dopo gli eredi
trovano l’intervista e la fanno pubblicare, sotto il titolo “L’intervista perduta”.
È in essa contenuta una frase che definisce l’approccio fondamentale
dell’antropologia all’arte: “Non sono capace di distinguere tra il sentimento che
provo per la vita e il mio modo di esprimerlo”.
Esempio: STORYBOARD DI KAMBOT, Nuova Guinea, popolazione PAPUA. A
partire dalla seconda metà dell’800, i Papua subiscono una fortissima colonizzazione,
tanto che vengono quasi completamente deculturalizzati. Negli anni Settanta
cominciano a rivitalizzarsi e iniziano a produrre queste storyboards che rappresentano
scene di vita quotidiana papua, le quali hanno immediatamente avuto successo
turistico per la loro essenza di cultura nativa: comprare le storyboards significava
appropriarsi di questa cultura. In realtà, la vita quotidiana papua si svolge in tutt’altro
modo, ma le storyboards rappresentano per loro non solo una fonte di guadagno ma
anche una possibilità di far circolare qualcosa di loro in questo mondo vastissimo. Gli
storyboards sono allo stesso autentici (in quanto prodotti dai Papua) e falsi (i Papua
non vivono più così da almeno cento anni, e parte delle scene sono inventate per
compiacere il turista).
Esempio: Africa Occidentale, arte YORUBA: è tutta basata sulla linea e sulla
celebrazione di essa. È presente in ogni oggetto della produzione artistica, dipinti,
sculture, vestiti: gli Yoruba tracciano linee anche sul loro viso e sul loro corpo. La
linea in questa cultura è associata alla civilizzazione: ad esempio, la frase “questa
terra è civilizzata” si traduce “questa terra ha linee sulla faccia”. Le linee sono
associate alle strade, si dice infatti “aprire una linea” invece di “tracciare una strada”.
Esempio: Nigeria, sculture KALABARI. Queste sculture sono dimore di spiriti,
vengono create a questo scopo. Ogni scultura rappresenta uno specifico nome dello
spirito destinato ad abitarla. Se l’immagine è ben rappresentata, lo spirito vi riconosce
il suo nome e abita la scultura. Non è possibile per un Kalabari dire se una statua è
bella o brutta: essa può invece essere buona o cattiva. È buona quando rappresenta
correttamente il nome dello spirito a cui è riferita, mentre è cattiva se è disabitata o
abitata dallo spirito sbagliato.
Clifford Geertz fu il più importante antropologo della seconda metà del ‘900. Le sue
idee innovative cambiarono radicalmente l’antropologia culturale. Tutta la storia
dell’antropologia si configura in due poli: quello dell’esperienza e quello della teoria.
Nel primo abbiamo l’osservazione partecipata e la ricerca sul campo. Nel secondo vi
è la ricerca di legge, le ipotesi che vanno a delinearsi. Il passaggio dall’esperienza
alla teoria avviene in vari livelli:
1. DESCRIZIONE (Esempio: i BORORO dicono spesso la frase “Noi siamo
Harara rossi”: ci si appunta questo dettaglio)
2. COMPRENSIONE/TRADUZIONE (Scopro che gli Harara sono pappagallini
amazzonici, capisco il significato diretto della frase)
3. COMPARAZIONE (Tornati a casa si partecipa a convegni e si discute con altri
studiosi)
4. GENERALIZZAZIONE (Si giunge ad una teoria: i Bororo operano uno
scambio tra umanità e animalità, si credono pappagallini).
Geertz teorizza il fatto che l’antropologia culturale NON POSSA FUNZIONARE IN
QUESTO MODO, che questo processo conoscitivo sia sbagliato.
Nessuna popolazione in nessuna epoca ha mai pensato di essere davvero un uccello:
gli esseri umani sono estremamente più complessi. Le teorie evoluzionistiche
antropologiche si basano sul fatto che le popolazioni primitive siano meno sviluppate.
Geertz dice che bisogna soffermarsi di più nella pratica della descrizione etnografica.
CRITICA DI GEERTZ ALLA DESCRIZIONE ETNOGRAFICA. La descrizione
della ricerca antropologica non è uguale a quella della ricerca nelle scienze naturali.
Per Geertz la descrizione etnografica è radicalmente diversa. Nelle scienze naturali, la
descrizione è del tipo: “i rapporti di dominanza nel branco possono avere rilevanza in
momenti delicati della vita delle renne (…)”, “durante inverni particolarmente rigidi
la competizione per il cibo si fa pressante (…)”. Compaiono parole come
competizione pressante, rapporti di dominanza; ciò fa parte del FRAME
DESCRITTIVO. Nelle scienze naturali il frame descrittivo ha tre caratteristiche: è
stabile, condiviso, neutrale. Ciò significa che non cambia per lunghi periodi di tempo,
è accettato da tutti, non ha rapporto diretto con gli oggetti descritti. Per Geertz, nella
descrizione etnografica bisogna servirsi di altri frame descrittivi, perché ciò che si
studia sono soggetti e non si può non tener conto della loro opinione: nel momento in
cui si studia un soggetto, si è a nostra volta studiati da esso (vincolo intersoggetivo).
THIN DESCRIPTION: descrizione oggettiva, corretta ma rada. È la descrizione
fisica dell’azione.
THICK DESCRIPTION: descrizione soggettiva, densa. È il significato che un’azione
ha per chi la compie in quel momento.
Per Geertz, l’antropologia culturale è un’impresa conoscitiva che oscilla
infinitamente tra questi due livelli: thin e thick description.
TERZO CONCETTO GHIANDA. DEFINIZIONE DI THICK DESCRIPTION. Il
concetto di thick description cambia completamente l’antropologia, che da questo
momento non è più una scienza sperimentale in cerca di leggi ma una disciplina
interpretativa in cerca di significati. È più importante la percezione della cosa rispetto
alla cosa in sé.
Si deve partire dalla categoria nativa per giungere alla propria: nella thick description
il processo utilizzato è: DESCRIVERE= TRADURRE + COMPARARE +
COMPRENDERE.
La descrizione è la pratica più