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Dato che ogni struttura organica tende alla conservazione della propria forma
generale, molte mutazioni sono silenti, ovvero non producono nessun amminoacido
differente. La maggior parte delle mutazioni è neutrale rispetto alla capacità di
sopravvivenza e La selezione eliminando le mutazioni svantaggiose a favore di quelle
vantaggiose induce il compattarsi di alcuni tipi di caratteri all'interno delle
popolazioni.
É il contesto a selezionare i caratteri vantaggiosi. Se le variazioni hanno una
componente ereditaria tenderanno a diffondersi nella popolazione di generazione in
generazione, ferma restando la pressione selettiva. La variazione della discendenza,
che deriva dalla somma delle differenze individuali tramandate, costituisce
l'evoluzione per selezione naturale.
Neodarwinismo e puntuazionismo
Per poter affermare che una nuova caratteristica si è fissata è necessario che sia
presente su un'intera popolazione e che la renda in qualche modo più adeguata al
proprio ambiente.
Rimane tuttavia estremamente difficile capire come l'evoluzione di un carattere
influenzi la struttura intera del vivente. La selezione naturale tende infatti a operare su
più geni simultaneamente, geni che si influenzano a vicenda in modi e tempi
differenti.
Il punto è: tali caratteristiche si presentano in forme discrete (o una forma o l'altra) o
sono il prodotto dell'accumulo costante di una tendenza? Ovvero, l'evoluzione è un
evento lento e costante (Darwin) oppure un fenomeno a salti da una forma all'altra?
di riproduzione del soggetto portatore.
La teoria di Darwin implica un’evoluzione lineare da un’unico ceppo( ad albero),
le successive interpretazioni vedono una evoluzione a cespuglio non lineare e
molto più veloce.
Teoria dell'equilibrio puntiforme:
Niles Eldredge e Stephen Jay Gould hanno ipotizzato agli inizi degli anni 70 che
l'azione dell'evoluzione non sia un percorso lento, ma che le strutture viventi
collassino improvvisamente verso nuove forme in cui i nuovi adattamenti si
presentano organicamente disposti in una altrettanto nuova struttura. (strategia
puntiforme a salti – corroborata dal fato che nello studio dei fossili non si trovano mai
forme intermedie).
La complessità degli adattamenti riguarda non solo i tempi, ma anche le forme e la
diffusione di taluni adattamenti.
• É estremamente probabile che diverse forme di adattamento siano presenti
contemporaneamente
• oppure che un adattamento sia vantaggioso solo se non compare troppo spesso
• oppure che pressioni selettive analoghe portino a risposte analoghe in organismi non
strettamente imparentati.
Speciazione:
Oggi è sempre più complesso approdare ad una definizione univoca del concetto di
specie. L'evoluzione darwiniana rompendo con l'essenzialismo linneano ha mostrato
come non sia possibile catalogare i viventi in categorie rigide se non per comodità
tecnica.
Darwin adottò un approccio storico in cui la potenzialità di una specie di
trasformarsi nel tempo è almeno tanto importante quanto la somma delle
caratteristiche che essa presenta ora.
La separazione tra specie differenti avverrebbe, secondo Darwin, attraverso
meccanismi diversificati:
• dalla competizione di forme differenti nello stesso territorio
• alla separazione di popolazioni in ambienti diversi.
Nel 900 invece fu subito chiara l'importanza della diversità geografica nella
determinazione di una specie e in genere è la fecondità tra due individui una
condizione essenziale per valutare l'appartenenza ad una medesima specie.
Theodosius Dobzansky e Ernst Mayr introdussero la nozione biologica di specie:
una specie è una comunità riproduttivamente chiusa.
L'approccio basato sulla riproduzione conferma il ruolo determinante dell'isolamento
geografico:
• Nei gruppi piccoli è maggiore la deriva genica: diminuzione della variabilità
all'interno di una popolazione attraverso un meccanismo casuale di perdita delle
varianti, il numero limitato di individui non permette di mantenere tutta la variabilità
del bacino genetico
originale.
• In gruppi ampi dove il flusso genico è costante l'effetto della deriva è minimo e
consente la
formazione di un'unica specie rappresentata da individui molto diversi, ma
interfecondi.
La coesione genetica di una specie dipende certamente dal suo isolamento geografico,
ma anche dalla sua età filogenetica e dalla presenza o meno di flussi migratori o flussi
genici (che aumentano la variabilità).
Speciazione: insieme di meccanismi che consentono la generazione di una nuova
specie. (dinamiche che portano due individui di una stessa specie a non essere più
interfecondi).
• Speciazione allopatrica (Mayr): avviene quando una stessa popolazione viene
isolata geograficamente in due o più gruppi per un prolungato periodo di tempo, a
causa della forza della deriva genica e dell'interazione di ciascun gruppo con
l'ambiente si viene a formare una nuova specie. La barriera geografica diventa
barriera riproduttiva. Il fenomeno però non comporta necessariamente una
differenziazione fenotipica.
• Speciazione simpatrica: in cui un gruppo di “coloni” occupa un territorio senza
tuttavia separarsi dal gruppo madre.
• Speciazione parapatrica: popolazione figlia distribuita intorno a popolazione
madre, intrattenendo con questa legami labili.
• Speciazione centripeta: il gruppo più evoluto (quello con più caratteri nuovi) si
trova al centro della distribuzione di una specie.
Sono metodi validi per le specie a riproduzione sessuata, i meccanismi di
speciazione di specie a riproduzione non sessuata o mista non sono ancora chiari.
Nessun modello è esaustivo.
Scena 2 – il processo di umanizzazione – processo di ominazione
Caratteristiche peculiari dell'uomo sono la postura eretta e il linguaggio doppiamente
articolato.
Per molto tempo si è creduto in un'evoluzione lineare dell'uomo, si tratta di un falso
mito anche per noi valgono le regole generali comuni a tutti i viventi.
Pare che l'intera famiglia ominide possa essersi separata dalle scimmie antropomorfe
tra i 6,5 e i 7 milioni di anni fa.
Alberi e cespugli
Un tempo l'evoluzione umana veniva rappresentata secondo una struttura ad albero
con una sola grande biforcazione
Homo abilis > Homo erectus (esce dall'Africa) > Homo sapiens arcaico > Homo
(sapiens) neanderthalensis > Homo sapiens
Nuove scoperte hanno fatto cadere lo schema; nella paleoantropologia attuale non
esiste uno schema filogenetico sicuro.
Oggetto di dibattito tuttavia non è solo lo schema in sé, ma anche il modo di intendere
l'evoluzione che lo schema porta con sé.
Un presupposto insito nella struttura ad albero che oggi pare dubbio è quello che
riguarda l'unicità del portatore dell'evoluzione. Non è infatti mai presente una sola
specie che porta avanti la linea evolutiva ma vi sono diverse forme affini che
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condividono un areale evolutivo.
L'idea di una sola specie portatrice comporta anche l'unicità del luogo della storia
evolutiva (l'evoluzione avviene dove risiede la specie portatrice). In passato si
pensava all'Africa come unica culla evolutiva, ma dopotutto la maggior parte delle
ricerche di paleoantropologia è stata condotta in Africa.
Sembra migliore la metafora dell'arbusto per cogliere i tratti dell'evoluzione.
Evoluzione a cespuglio: la vita è nata in diversi luoghi contemporaneamente. Vs
unicità del portatore e vs unicità geografica
Evoluzione liineare ad albero: la specie nasce in un luogo preciso(unicità geografica)
e dopodichè tramite un unica linea di ascendenza e discendenza si da origine al
proliferare della specie.
L’evoluzione umana- così come quella di ogni altra linea filogenetica- è un
quadro complesso, una sequenza non lineare di eventi, senza scopo finale, senza
direzioni preordinate, che ha vissuto di transizioni brusche, di un proliferare
continuo di specie parallele che esplorano nicchie adattive differenti, di
adattamenti sempre locali e parziali. Poco a che vedere con un corsus honorum
preordinato, in cui la specie prescelta sale la scala evolutiva fino a raggiungere la
definitive nobiltà, ma un continuo aggiustamento.
Gli antenati Schelantropus tchadensis
Piu antica specie di ominide conosciuta (6-7 milioni di anni fa)
Ritrovato a 2500 km dalla rift valley
Capacità cranica:350 cc
Statura 115-125 cm
Orroris tugenensis
6 milioni di anni fa
femore sviluppato indicherebbe il bipedismo
Oggetto di polemiche, se fosse collocato
lunga la linea filogenetica dell'uomo le australopitecine verrebbero declassate a un
ramo laterale estinto
Ardipithecus ramidus
Scoperto nel 1992 In Etiopia Aramis
datato circa 5,8 milioni di anni
• statura 120 cm
• arti superiori possenti
• alluce e foro occipitale suggeriscono un
•
bipedismo obbligato (la cosa è di interesse perché questo viveva nella foresta e non
nella savanna
Australopitecus anamensis:
Scoperto nel 1965
• In Kenya
• datato tra i 4,2 e i 3,9 milioni di anni fa
• morfologia cranica e facciale di tipo
•
scimmiesco, scheletro di forma più
Australopitecus afarensis:
Scoperto nel 1978
• Nella regione keniota di Afar (Lucy)
• Ha popolato l'Africa orientale
• datato tra i 3,9 e i 3 milioni di anni fa
• ha dato origine ad altre specie diffuse in
•
Africa orientale tra i 3 e i 2 milioni di
anni fa
disponiamo di 400 fossili appartenenti a
•
100 individui
Capacità cranica tra i 375 e i 550 cc
• faccia prognata, fronte bassa, naso piatto,
•
mento quasi assente
Forma della mandibola a U intermedia
•
tra quella rettangolare delle grandi
antropomorfe e quella parabolica umana
ossa e arti inferiori rinviano all'uomo,
•
articolazioni del bacino e ginocchio
gettano dubbi sulla postura eretta
statura e peso
•
◦ maschi: 152 cm – 45 kg
◦ femmine: 107 cm – 29 kg
vita arboricola
• attribuzione alla linea filogenetica umana
•
dibattuta
moderna
probabilmente bipede
•
Australopitecus africanus:
2,9- 2,4 milionii di anni fa
volume cranico: 420-500 cc
statute 110-140 cm
peso 30 40 kg
L'estinzione delle A. robuste, con dieta su base vegetale, sia dovuta
all'iperspecializzazione della loro dieta, evolutasi in un ambiente t