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CAP 2: IL PASSATO, COME VENNE FILMATO

Il cinema ha cambiato la nostra relazione con il passato, è l’era delle immagini in movimento, una ripresa non è più veridica di

una descrizione scritta. Ciò che li differenzia è il miraggio della presenza. Chi è nato prima del cinema ci apparirà sempre

nell’immobilità della fotografia. I film sottolineano la diversità invece che la generalità. Il cinema rivolge domande come cosa

impariamo dall’uomo moderno guardando lo schermo? Fonti cinematografiche: questioni di metodologia. Senza titolo e

indicazioni cartacee, un film è pari a un cadavere anonimo. Il passaggio dal film al verbale e viceversa si rivela indispensabile,

senza il testo scritto non sapremmo in quali circostanze il film fu girato. Un operatore che manipola l’immagine dà a richiesta

una visione positiva o negativa di una cosa. Quando il materiale è originale occorre chiedersi se il cameraman poté riprendere

tutte le vedute o se intervennero difficoltà. La questione dell’origine è rilevante quando si tratta di cinegiornali. L’informazione

cinematografica sparì mano a mano che venne sostituita dai telegiornali. Mandare un cameraman all’estero era costoso, così i

produttori comprarono altrove i documenti, immagini provenienti dall’estero, vecchie di qualche settimana. I documenti girati

nel paese presentano informazioni che completano le fonti scritte. I primi cinegiornali erano muti, quando si impose il parlante i

microfoni captavano tutto l’ambiente. Il suono sincrono fu rimpiazzato con il commento fuori campo. Il discorso non deve mai

essere separato dall’immagine. L’operatore e il giornalista non si erano messi d’accordo, c'è discrepanza tra registro visuale e

registro sonoro. Nello studio critico delle fonti audiovisive occorre preoccuparsi dell’influenza che le prime immagini

esercitarono sul successivo comportamento delle persone e sull’imitazione incosciente dei modelli visti al cinema. La gente non

si rende conto di tale cambiamento perché sono inseriti nel movimento. I documentari costituiscono un’altra fonte insostituibile

e purtroppo poco usata. Si distingue dai cinegiornali, questi ultimi escono regolarmente mentre i primi non hanno periodicità.

Fiction e documentario varcano spesso i loro limiti. La fiction ricorre ad attori ma a volte anche il documentario. Due nozioni

teoriche per precisare la differenza tra i due. La prima è quella dello sguardo documentario: il film si rivolge allo spettatore-

osservatore attento al contenuto. Troppi documentari non riferiscono nulla, mentre l’obiettivo dovrebbe essere quello di istruire

gli spettatori. Seconda nozione è l’enunciazione, l’insieme dei processi orali e visuali che informano il destinatario

sull’orientamento e il tono di un messaggio. I primi minuti della proiezione bastano per creare un ambiente e far capire a

pubblico se l’opera aspira a divertire o informare. L’analisi scritta non sostituirà mai la visione del film. I titoli non permettono

di conoscere il genere del film. La ricerca sarà più facile quando disporremo, per ogni film, di schede indicanti le loro

caratteristiche principali e riassunto. Per decenni i film amatoriali furono disprezzati, considerati ripetitivi, centrati sulla famiglia

e di qualità scadente. L’opinione cambiò quando le reti televisive cominciarono ad usarli. Le autorità si misero a raccogliere e

restaurare vecchie bobine e risultò che i dilettanti non erano maldestri, padroneggiavano bene la tecnica cinematografica. C’è

differenza tra un dilettante provetto e un amatore esperto. Il primo anticipa i film che farà, ne ha una nozione generale ancor

prima di cominciare. Si preoccupa di luce, inquadratura, montaggio e concatena le riprese in modo armonioso e comprensibile

per lo spettatore. Il dilettante invece si tuffa nel momento che vive, vuole afferrare tutti gli aspetti di quel che lo circonda. La

persona competente filma più del necessario per preparare varie possibilità di transizione. Il dilettante si fida della sua

emozione. Le persone poco preparate non si preoccupano né del pubblico, come farebbe un operatore esperto, né di una

possibile vendita come farebbe un professionista. Proiettare le loro immagini consente di restituire la loro visione soggettiva e di

scoprire la loro concezione del mondo nel quale vivevano. Il lavoro, gli uomini, il secolo. Il mondo nelle fotografie è statico. La

caratteristica dell’immagine in movimento è che lo strappa all’immobilità. Il cinema gioca con il tempo e imbroglia lo

spettatore, accorcia le ore sullo schermo e nasconde la durata del proprio lavoro. Nel 1934 fu introdotta nella fabbrica la catena

di montaggio, che costituì il simbolo della modernizzazione dopo la grande guerra. Per far lavorare meglio gli operai, la catena

di montaggio procedeva lentamente. Sullo schermo questo ritmo avrebbe dato l’idea di immobilità così il regista fece una rapida

carrellata nel senso opposto a quello della produzione, creando l’immagine falsa di catena veloce. Poi ci sono le visioni

dell’attività industriale. Spesso i documentari sono dedicati ai paesaggi, al turismo, all’esplorazione di luoghi lontani.

L’industria ha sempre predominato, perché le grandi aziende volevano promuovere le loro merci. Il cinema informativo ha

stabilito una relazione con acciaio, manifatture, attrezzi, aerei. I documentari hanno una doppia relazione con la loro epoca:

riferiscono un metodo, un sistema, una tecnica e testimoniano la posizione dei non professionisti avvertiti che si sono

confrontati con l’evoluzione industriale. Possiamo seguire le trasformazioni della tecnologia e l’evoluzione del rapporto tra

uomo e meccanica. Gli operai di solito al cinema sono invisibili. Si comparano film per seguire l’evoluzione delle tecniche e per

osservare i cambiamenti nel modo di filmare sia operai che le difficoltà che dovevano affrontare. C’è attenzione verso la

meccanizzazione per mostrare che il progresso attenua la fatica corporale. I film dovevano mostrare l’evoluzione del mestiere,

non il rapporto tra gli uomini e le macchine, tuttavia mettono in luce i problemi umani del lavoro. Il cinema documentario ha

sempre trascurato l’agricoltura. Coltivazione dei campi e allevamento hanno suscitato meno curiosità dell’industria perché il

cinema era interessato ai mezzi meccanici. Fine 800 la trebbiatrice aveva un difetto: a differenza del trattore, lei non creava

movimento. L’obiettivo della presentazione era di fare impressione sul pubblico per promuovere un’agricoltura meccanizzata.

L’aggettivo produttivistico illustra la pretesa di produrre tanto e in fretta. Il pretesto era di nutrire una popolazione numerosa.

L’Europa si infatuava per una agricoltura intensiva mentre gli americani si chiedevano i possibili danni che poteva fare. I

documentari mettono sotto gli occhi del ricercatore le opposizion. Poi l’immagine dà indicazioni che la scrittura non comunica.

In tutti i paesi europei si incontrava l’ignoranza del lavoro femminile. Dei documentari LUCE insistono sulla politica di aiuto

alle madri operaie. Fascismo invitava le donne a stare in casa, mostrando però che potevano lavorare a condizioni vantaggiose.

Il materiale LUCE spinge a interrogarsi sulle motivazioni dell’emigrazione rurale. Forse era la ricerca di occupazione, ma il

cinema fa vedere un’altra ipotesi: la splendida vita in città non poteva non attirare i contadini. Gli oggetti svolgono un ruolo

fondamentale nell’esistenza individuale e collettiva. Dall’era industriale oggetti e utensili si sono evoluti in fretta e la loro vita è

sempre più breve: senza il cinema non potremmo essere a conoscenza della loro utilità né della modalità di servirsene. La

separazione tra fiction e documentario: se si parla di struttura narrativa il divario tra fiction e documentario è ridotto, i due

sistemi comportano la presentazione di un problema, tappe, una conclusione. I film fattuali si interessano poco alle persone

riprese, si concentrano su attività regolari (“Berlino sinfonia di una grande città”). Certi film non necessitano di commenti,

lunghi passaggi sono muti, basta vedere mani che modellano la cera, per capire che pensano quello che stanno facendo. Vita

privata. Per quanto riguarda l’abitazione, le statistiche ignorano la maniera di occupare lo spazio domestico. Un film tedesco

“La nuova dimora” osserva i luoghi e analizza la presenza degli abitanti e la disposizione dell’arredamento per riflettere sulle

possibili modifiche. I film informativi, cinegiornali e documentari, centrati su un oggetto preciso eliminano i dettagli superflui o

esterni al loro tema. Per completarli, il ricorso ai film amatoriali è indispensabile. La cinepresa era un oggetto poco comune, il

fatto di usarla era un segno di appartenenza sociale. Tra le due guerre venne adottata dalle famiglie piccolo borghesi che, ricche

o povere, cominciarono a scrivere la propria autobiografia. Per molto tempo i film amatoriali furono girati all’esterno perché la

luce era migliore. A partire dagli anni 60 vengono ripresi i beni materiali nelle campagne, chi aveva elettrodomestici non vedeva

l’ora di esibirli per dimostrare il proprio benessere. Nelle pellicole amatoriali manca il lavoro: quando veniva rappresentato

sembrava una messa in scena. Il terreno favorito era il tempo libero. Gli operai rivendicavano il diritto ad un riposo periodico

che i datori non volevano concedere. La questione aveva un posto nei film dei primi del 900. A partire anni 30 ferie retribuite ai

lavoratori. Il tempo libero ha acquistato un’importanza notevole nel corso del 900, all’origine serviva ad alleviare la fatica del

lavoro. La storia, tra astrazioni ed empirismo. Il 23 ottobre una folla scese nelle vie di Budapest per manifestare contro il

comunismo. Folla è un’astrazione, queste espressioni astratte semplificano le situazioni, però non rendono conto della loro

complessità che appare bene nei film. Nel 1956 gli abitanti di Budapest vissero in piazza. Il cinema è una cronaca vivente di un

momento collettivo. Prima di quel 23 ottobre gli operatori della tv si erano impadroniti dei materiali della rete da cui

dipendevano e filmarono ogni giorno. La polizia era assente, non era stato fatto nulla per contenere la protesta. Le persone

passando davanti all’obiettivo ci guardavano dentro, non si trattava di una mossa spontanea ma preparata. I film non spiegano né

come le informazioni siano circolate né perché le autorità non abbiano reagito. L’immagine fa vedere i comportamenti,

distingue tra una folla in preda al panico e una che si mette al riparo ma che reagisce. Gli ungheresi non se la presero con il

potere nazionale, il bersaglio era l’occupante sovietico

Dettagli
A.A. 2014-2015
9 pagine
5 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elisa.bruno.50 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teoria e metodi di analisi del film e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Carluccio Giulia.