Analisi economica del diritto
Anteprima
ESTRATTO DOCUMENTO
Un'ultima serie di disposizioni è quella relativa alle facoltà esclusive di comunicazione al
pubblico: la facoltà esclusiva di esecuzione, rappresentazione o recitazione al pubblico
comunque effettuate, sia gratuitamente, sia a pagamento, dell'opera musicale, drammatica,
cinematografica e di qualsiasi altra opera di pubblico spettacolo e dell'opera orale, solo se tali
attività avvengono in pubblico; e la facoltà esclusiva di comunicare l'opera al pubblico
attraverso l'impiego di uno dei mezzi di diffusione a distanza.
La normativa italiana contiene una distinzione tra comunicazione diretta al pubblico
presente e comunicazione a distanza ad un pubblico indifferenziato.
Non sono considerate pubbliche l'esecuzione, la rappresentazione o la recitazione dell'opera
entro la cerchia ordinaria della famiglia, del convitto, della scuola o dell'istituto di ricovero,
purchè effettuate senza scopo di lucro diretto o indiretto (commercializzazione di prodotti
durante lo spettacolo).
La normativa statunitense contiene un concetto simile facendo ricorso ai concetti di “cerchia
ordinaria della famiglia” , si “scuola” e di “scopo di lucro”.
La giurisprudenza ritiene che il concetto di “cerchia ordinaria della famiglia” non si riferisce al
rapporto di parentela tra gli utenti, ma alla circostanza che l'utilizzo avvenga nei locali della
dimora privata.
In un ottica comparatistica le norme sul copyright statunitensi definiscono il concetto di
“esecuzione al pubblico” attraverso 2 ipotesi:
1.esecuzione o esposizione di un'opera in un luogo aperto al pubblico o in un luogo dove è
presente un numero significativo di persone estranee alla cerchi ordinaria della famiglia e alla
social acquaintance;
2. trasmissione o qualsiasi forma di comunicazione che avvenga in un luogo di cui al punto 1 o
al pubblico, se i soggetti possono ricevere l'esecuzione o l'esposizione dell'opera nello stesso
luogo o in luoghi diversi nello stesso momento o in momenti diversi.
Quindi la disciplina statunitense affianca al concetto di “cerchia ordinaria della famiglia”
quello di social acquaintance, e al concetto di “comunicazione al pubblico” quello di “luogo
aperto al pubblico”.
-SGAE c. RAFAEL HOTELES: La SGAE gestisce i diritti di proprietà intellettuale in Spagna e
lamenta che la catena di Hotel Rafael abbia dato luogo a comunicazione al pubblico
attraverso l'utilizzo di apparecchi televisivi nelle proprie camere. I giudici incaricati di
esprimersi in merito chiedono delucidazioni alla Corte di giustizia in merito a tre punti:
1. se l'installazione nelle stanze di un albergo di apparecchi televisivi ai fini della
distribuzione via cavo del segnale televisivo captato, costituisca un atto di
comunicazione al pubblico;
2. se intendere la stanza d'albergo ambito strettamente domestico, escludendo che la
fattispecie possa considerarsi comunicazione al pubblico;
3. se la comunicazione realizzata a mezzo TV collocato in una stanza in albergo possa
considerarsi atto di comunicazione al pubblico.
La Corte risponde affermando che, anche se la mera fornitura di attrezzature fisiche non
costituisce una comunicazione al pubblico, la distribuzione di un segnale mediante
apparecchi televisivi da parte di un albergo ai clienti alloggiati nelle camere costituisce un atto
di comunicazione al pubblico, anche visto che la prestazione in oggetto può considerarsi
come un servizio aggiuntivo e quindi presupporre uno scopo di lucro indiretto e che il gran
numero delle persone che si susseguono nelle camere smussa il carattere meramente privato
di tali camere.
Si evince che la trasmissione di musica radiodiffusa da parte dei pubblici esercizi configura un
atto di sfruttamento economico ulteriore rispetto a quello originario dell'emittente
radiotelevisiva per il quale occorre una distinta autorizzazione e che la diffusione di musica
all'interno di un esercizio commerciale rientra nell'ambito di “comunicazione al pubblico” in
quanto rappresenta una utilizzazione a scopo di lucro (indiretto).
Questa conclusione, seppure con maggiori difficoltà, si estende anche agli studi professionali
quali ad esempio gli studi odontoiatrici.
4.1. NORME PARTICOLARI PER ALCUNE CATEGORIE DI OPERE
La disciplina italiana dedica norme particolari ai diritti di utilizzazione economica per alcune
categorie di opere.
Per quelle drammatico-musicali, seppure il profitto dell'utilizzazione economica debba essere
ripartito in proporzione al relativo contributo ( letterario o musicale), il potere di
amministrazione viene riconosciuto all'autore della parte musicale e l'autore di ciascuna delle
parti ha il diritto di utilizzare separatamente la propria opera, ma l'autore della parte
letteraria non può disporne in concorrenza con l'opera originale ad esempio avvalendosi di un
altra base musicale.
Per quanto riguarda le opere collettive, i diritti di utilizzazione economica spettano all'editore,
soggetto che si fa carico degli investimenti per pubblicare l'opera, senza pregiudicare il fatto
che comunque l'autore dell'opera resta il direttore, ossia colui che si è incaricato di
organizzare e dirigere la creazione. I singoli collaboratori conservano, oltre al diritto morale, il
diritto di utilizzare la propria opera separatamente, nel rispetto di quanto convenuto dalle
parti.
Per le opere cinematografiche, l'esercizio del diritto spetta al produttore, agli autori, ossia
l'autore del soggetto, l'autore della sceneggiatura, il regista ecc, spettano i diritti morali e le
compensazioni patrimoniali derivanti dalle proiezioni pubbliche e le comunicazioni al pubblico
via etere, cavo e satellite dell'opera.
Ai proprietari di tali diritti spetta anche il diritto di modificare in tutto o in parte l'opera
dell'autore per riadattarla al contesto in cui la si inserisce, salvo non rechino pregiudizio alla
reputazione dell'autore, a ogni altra elaborazione, trasformazione o traduzione richiedono il
consenso dell'autore.
4.2. I LIMITI ALL'ESCLUSIVA: COPIA PRIVATA ED ESAURIMENTO DEL DIRITTO
Mentre il diritto morale non ha limiti di tempo, i diritti di utilizzazione economica durano tutta
la vita dell'autore e sino al termine del settantesimo anno solare dalla sua morte. Per le
seguenti categorie speciali si applicano diversi parametri:
* Opere cinematografiche: la durata decorre dalla morte di dell'ultimo sopravvissuto tra
alcuni soggetti (regista, sceneggiatore, autore delle musiche);
* Opere collettive: la durata dei diritti spettante a ciascun coautore si determina sulla vita di
ciascun collaboratore;
* Opere collettive intese come unità: la durata dei diritti è di 70 anni e decorre dalla prima
pubblicazione.
Tutti gli ordinamenti prevedono però una serie di utilizzazioni libere, fondate su interessi
costituzionalmente garantiti come pubblica informazione, diffusione della cultura, studio,
ricerca ecc, che sottraggono al controllo del titolare l'esclusiva sullo sfruttamento dell'opera.
Queste opere devono comunque riportare il titolo dell'opera e il nome dell'autore.
Un'altra eccezione è prevista per l'<<uso personale>>, ossia la produzione di singole opere o
brani di esse per uso personale con mezzi non idonei allo spaccio o alla diffusione al pubblico.
Il concetto di <<uso personale>> non va confuso con quello di <<uso individuale>> ma è
sinonimo di <<uso in ambito privato>> che non deve essere a scopo di lucro e si discute se ciò
si identifichi solo la cerchia familiare o anche quella relativa a scuola ed attività ricreative.
Sempre per uso personale è consentita la fotocopia delle opere letterarie nelle biblioteche e
nei musei pubblici nei limiti del 15% di ciascun volume.
Per i fonogrammi ed i videogrammi è consentita la c.d. “copia privata”, ossia la riproduzione
privata per uso personale. Essa dev'essere:
1. effettuata da persona fisica;
2. per uso esclusivamente personale;
3. senza scopo di lucro e finalità commerciali;
4. nel rispetto delle misure tecnologiche di protezione.
In relazione alla copia privata, è riconosciuto un compenso (equo compenso) per gli autori ed
i produttori di fonogrammi, per gli interpreti, gli esecutori e i produttori di videogrammi, pari
ad una quota del prezzo pagato dall'acquirente per gli apparecchi destinati alla registrazione.
- PADAWAN c. SGAE: La Corte di giustizia impone alla Padawan, produttrice di CD-R, CD-RW,
DVD-R e apparecchi MP3 di versare l'equo compenso per il pregiudizio che tali copie private,
seppur minimo, arrecano agli autori delle opere riprodotte, affermando che tale quota di
prezzo dev'essere addebitata all'acquirente al momento dell'acquisto delle
apparecchiature e dei supporti fisici destinati alla copia.
Negli Stati Uniti il limite principale ai diritti esclusivi è rappresentato dalla clausola generale
del fair use, che include la riproduzione per finalità di critica, commento, cronaca,
insegnamento o ricerca. Per determinare se uno specifico di un opera coperta da diritto
d'autore sia qualificabile come fair use è necessario considerare alcuni fattori, tra i quali:
*Le finalità e la natura dell'utilizzo, ovvero la rilevanza della finalità non commerciale
dell'utilizzo, e della natura dell'utilizzo in senso di trasformazione dell'opera protetta e non di
mera riproduzione;
*la natura del lavoro coperto dal diritto d'autore;
*l'ammontare della parte del lavoro coperto dal diritto esclusivo utilizzata, anche se l'utilizzo
dell'intera opera non esclude di per se il fair use;
*gli effetti derivanti dall'utilizzo relativamente al mercato potenziale ed al valore del lavoro
coperto dal diritto d'autore.
ESAURIMENTO DEL DIRITTO:
Il principale limite all'esclusiva conferita dai diritti di proprietà intellettuale è rappresentato
dal principio dell'esaurimento del diritto, una regola comune a tutto il diritto della proprietà
intellettuale ed una forma di bilanciamento tra la tutela degli incentivi alla creazione della
proprietà intellettuale, ,rappresentata dal diritto di esclusiva, e l'interesse pubblico alla
diffusione e circolazione dei prodotti.
Perchè vi sia esaurimento del diritto occorre che che il suo titolare o almeno con il suo
consenso, destini l'opera ad un commercio tipizzato dal legislatore.
La proprietà intellettuale è ispirata al principio della territorialità, ossia è caratterizzata dal
fatto di conferire agli aventi diritto un diritto esclusivo sul territorio di competenza, con la
facoltà di ostacolare l'importazione, nel Paese che gli ha riconosciuto il diritto, di beni
provenienti da altri Stati recanti il medesimo diritto di proprietà intellettuale.
Gli accordi internazionali (TRIPs) hanno sancito una posizione di neutralità riguardo la
questione dell'esaurimento internazionale, lasciando alle discipline nazionali la
regolamentazione delle importazioni parallele, facendo così affermare tre approcci:
1. La regola dell'esaurimento nazionale permette al titolare del diritto di proprietà
intellettuale di impedire la circolazione dei prodotti provenienti da altri paesi;
2. Principio di esaurimento regionale: diritto di esclusiva concesso da uno Stato aderente a un
accordo commerciale regionale si estingue se il prodotto è stato messo in commercio in
uno dei Paesi aderenti all'accordo (Quello comunitario risponde a questo principio);
3.Esaurimento internazionale del diritto: massima libertà di circolazione dei prodotti.
La Corte di giustizia ha stabilito che le deroghe alle restrizioni della libera circolazione dei
prodotti sono ammesse “solo nella misura in cui appaiano indispensabili per la tutela dei
diritti che costituiscano oggetto specifico di detta proprietà”.
Per quanto concerne l'ambito territoriale di applicazione del principio di esaurimento,
stabilisce che il diritto di distribuzione dell'originale o di copie dell'opera non si esaurisce,
tranne nel caso in cui la prima vendita o il primo altro trasferimento di proprietà nella
Comunità europea o nello Spazio economico europeo di detto oggetto sia effettuato dal
proprietario del diritto o con il suo consenso.
-LASERDISKEN c. KULTURMINISTERIET: La Corte stabilisce, in questa fattispecie, che la prima
vendita nell'Unione dell'originale o di una copia dell'opera con il consenso del titolare
esaurisce il contenuto del diritto di controllare la vendita nella stessa Unione, ma non al di
fuori di essa, rispondendo comunque al principio di esaurimento regionale adottato dalla
Comunità europea.
Nello US copyright Act una regola simile a quella dell'esaurimento del diritto è rappresentata
dalla first sale doctrine ai sensi del quale “il proprietario di una particolare copia legalmente
ottenuta, o un'altra persona autorizzata dal titolare, ha il diritto, senza il consenso del
proprietario della proprietà intellettuale su quel determinato bene, di vendere o di disporre
diversamente del possesso di quella copia”.
La Corte suprema estende tale dottrina anche al campo di applicazione di importazioni
parallele affermando che una volta che il proprietario del diritto immette il bene nel flusso
commerciale perde il diritto di controllarne la distribuzione.
Data la natura territoriale dei diritti di proprietà intellettuale, i principi contenuti nella
normativa americana non si applicano ai beni prodotti in altri paesi sicchè il first sale straniero
non determina l'esaurimento del copyright statunitense (Caso Omega).
4.4. CONTRIBUTORY INFRINGEMENT (VIOLAZIONE CONTRIBUTIVA)
Dall'analisi sin qui svolta, si può essere portati a pensare che la violazione del diritto d'autore
sia necessariamente quella diretta, consistente nell'utilizzo dell'opera non autorizzato da
parte di un soggetto diverso dal legittimo titolare.
La giurisprudenza nordamericana riconosce anche un meccanismo d'imputazione per fatto
altrui, nella duplice forma di contributory infingement e vicarious liability, la cui rilevanza di
applicazione è cresciuta con l'emergere di dispositivi capaci di mettere in crisi gli strumenti
tradizionali di protezione del diritto d'autore.
Per dar vita all'ipotesi di vicarious liability (responsabilità per fatto altrui) è necessario
dimostrare sia la concreta possibilità di controllo dell'attività illecita del terzo (the right and
ability to supervise) sia il profitto economico derivato dalla violazione diretta (direct financial
benefit).
Per dar vita, invece, all'ipotesi di contributory infringement è necessario dimostrare che il
soggetto, essendo a conoscenza dell'attività illecita del terzo o potendo prevederla, ha
indotto, causato o contribuito materialmente all'infrazione del terzo.
In quello che è noto come il caso Betamax (SONY c. UNIVERSAL CITY STUDIOS), un gruppo di
produttori cinematografici ritiene che Sony contribuisce alla violazione del proprio copyright
sui film ogniqualvolta gli acquirenti di questo dispositivo registrano un programma televisivo
protetto da copyright. I giudici della corte suprema afferma che, al fine di valutare la
sussistenza di una responsabilità secondaria del produttore di videoregistratori per le
violazioni commesse dagli utenti, è necessario valutare i possibili usi leciti del prodotto, che in
questo caso sono l'utilizzazione della funzione di registrazione per usi che non implicano
affatto la violazione del diritto d'autore e la funzione del time-shifting che rientrano nel fair
use.
- NAPSTER c. A&M RECORDS: Numerose case discografiche ed alcuni artisti promuovono
un'azione legale contro Napster, Internet Service Provider (ISP) contenente link che
permettono ai propri utenti di scaricare gratuitamente materiali protetti da copyright,
accusandola di contributory infringement. Napster viene giudicata responsabile in quanto
non solo è a conoscenza della violazione dei diritti d'autore da parte dei propri ma
contribuisce favorendo tale violazione. Qundi risponde sia in termini di vicarious liability in
quanto ha il diritto, il dovere e la responsabilità di supervisionare ed eventualmente
impedire le attività illecite e ha un diretto interesse economico in tale attività, costituito dai
proventi pubblicitari legati alle proprie pagine, sia in termini di contributory infringement dal
momento che ha favorito materialmente la violazione mettendo a disposizione un
sistema che fornisce gli strumenti per il compimento della violazione dei diritti esclusivi altrui.
- METRO-GOLDWYN-MAYER STUDIOS c. GROKSTER: ciò che si evince da questo caso è che
colui che distribuisce un dispositivo con l'obiettivo di promuovere il suo uso in violazione
del diritto d'autore, è responsabile per le seguenti violazioni commesse dai terzi nell'uso del
dispositivo. La differenza con il caso Sony è che in questa fattispecie il dispositivo è stato
distribuito con l'obiettivo principale di promuovere l'uso in violazione del copyright.
4.5. LA TUTELA DEL <<DIGITAL COPYRIGHT>>
Il Congresso nordamericano ha varato una specifica legislazione per il copyriht digitale
introducendo le seguenti modifiche all'impianto normativo:
* in deroga al principio dell'esaurimento del diritto, previsione del divieto di noleggio per le
registrazioni audio e il software, resta lecito soltanto il noleggio di libri e video;
* introduzione del divieto di importazione, produzione e distribuzione di dispositivi e supporti
di registrazione audio digitale che non prevedono un sistema di controllo tecnologico che
impedisca la second-generation digital copiyng. Per compensare i titolari del diritto della
perdita economica attribuibile alle copie eventualmente effettuate da tali dispositivi, i
produttori e distributori di esse devono versare una percentuale del prezzo di vendita in
un pool gestito dal Register of Copyrights che distribuirà gli introiti sulla base di quote
determinate in relazione alle vendite registrate nell'anno precedente agli aventi diritto;
* Introduzione con il Digital Millennium Copyright Act (1998) di norme tese ad assicurare
l'efficacia delle misure tese a limitare la violazione del copyright digitale distinguendole tra:
1. Quelle che hanno la funzione di controllare l'accesso, attraverso il login, ai lavori protetti
dal diritto d'autore;
2. Quelle che pongono limiti alla riproduzione di queste opere, ad esempio introducendo un
tetto di ore a disposizione;
* Previsione con il DMCA di una serie di safe harbours (immunità) in favore degli ISP, per ogni
violazione diretta o indiretta del diritto d'autore derivante dai contenuti ospitati e trasmessi
dai siti di loro proprietà, in presenza dei seguenti requisiti:
1. adottare una policy di interruzione del servizio (takedown) contro gli utenti colpevoli di
reiterate violazioni al diritto d'autore;
2. adottare le misure tecniche standard predisposte dai titolari dei diritti d'autore per
identificare e salvaguardare i lavori protetti;
3. nominare un soggetto deputato a ricevere le denunce di violazioni da parte dei titolari dei
diritti d'autore.
Vengono così individuate diverse categorie di Service Provider:
* quelli di trasmission e routing che semplicemente ricevono materiale illecito in transito
tramite il funzionamento di un sistema di ricezione automatizzato, senza che di tale
materiale il provider faccia alcuna selezione;
* quelli di catching (presa) che forniscono un sistema di cattura di materiale altrui tramite un
sistema automatizzato che consente agli utenti di ricevere il materiale facendo richiesta
direttamente all'utente che ha inviato al sito il materiale;
* quelli di storage (conservazione) e linking (collegamento) che rispettivamente ospitano nel
proprio sito materiale presente sul sito stesso su disposizione dei propri utenti o presentano
un linking ad un sito online che ospita materiale illecito.
Per le prime 2 categorie il DMCA recepisce la teoria del “mero conduttore”, ai sensi della
quale non sussiste alcuna responsabilità per il provider che semplicemente provveda alla
riproduzione di copie temporanee quale fase necessaria del processo di trasmissione dei
messaggi tra gli utenti.
Per la terza categoria di provider è previsto il cd. Red flag test in base al quale un ISP sarà
esente da copyright infringement per aver conservato tramite l'operazione di un utente sul
proprio sistema materiali se ricorrono i seguenti presupposti:
1.non essere a conoscenza della presenza, sulle pagine del proprio sito, di materiale illecito;
2.non ricevere alcun vantaggio finanziario diretto dalla condotta illecita laddove abbia il diritto
e la possibilità di controllare tale attività;
3.agire prontamente, a seguito di una denuncia della violazione, per rimuovere o impedire
l'accesso al materiale.
Sul versante Comunitario, gli Stati membri devono assicurarsi che i titolari dei diritti possano
chiedere un provvedimento inibitorio nei confronti degli intermediari i cui servizi siano
utilizzati dai terzi per violare un diritto d'autore o diritti ad esso connessi, salvo che questi
ultimi svolgano attività di mero trasporto, memorizzazione temporanea (catching) e hosting
beneficiando di un'esenzione dalla responsabilità limitandosi a inibire la violazione e
adottando misure che consentano la rimozione delle informazioni e disabilitando l'accesso
alle medesime.
In particolare, i provider di semplice trasporto non sono responsabili delle informazioni
trasmesse a condizione:
1. non dia origine alla trasmissione;
2. non selezioni il destinatario della trasmissione;
3. non selezioni ne modifichi le informazioni trasmesse.
Allo stesso tempo per le attività di memorizzazione temporanea (catching), si prevede che il
prestatore non sia responsabile della memorizzazione automatica, intermedia e temporanea
delle informazioni effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri
destinatari a loro richiesta, a condizione che egli:
1. non modifichi le informazioni;
2. si conformi alle condizioni di accesso alle informazioni;
3. si conformi alle norme di aggiornamento delle informazioni, indicate in un modo
ampiamente riconosciuto e utilizzato dalle imprese del settore.
4. non interferisca con l'uso lecito di tecnologia ampiamente riconosciuta d utilizzata nel
settore per ottenere dati sull'impiego delle informazioni;
5. agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato, non appena venga
a conoscenza del fatto che tali informazioni sono state dichiarate illecite e l'autorità ha
stabilito la loro rimozione.
Si esenta dalla responsabilità un sito server di hosting condizione che detto prestatore:
1. non sia effettivamente al corrente del fatto che l'attività o l'informazione sia illecita;
2. non appena ne venga a conoscenza, rimuova le informazioni o disabilita l'accesso ad esse.
Gli Stati membri non impongono ai provider di sorvegliare sulle informazioni ma possono
stabilire che i prestatori di servizi della società dell'informazione siano tenuti ad informare
senza indugio la pubblica autorità competente di presunte attività o informazioni illecite dei
destinatari dei loro servizi con cui hanno accordi di memorizzazione.
Per quanto riguarda il versante nostrano, l'Agcom ritiene che la misura della rimozione
selettiva sia appropriata nei casi in cui non tutti i contenuti del sito web violino il diritto
d'autore e siano collocati sul territorio nazionale, mentre per i siti che hanno il solo scopo
delle diffusione di contenuti illeciti sotto il profilo del diritto d'autore o i cui server siano
localizzati al di fuori dei confini nazionali, si ipotizzano due alternative:
1. predisposizione di una lista di siti illegali da mettere a disposizione degli ISPs;
2. possibilità di inibizione del nome di dominio del sito web ovvero dell'indirizzo IP.
- PRODUCTORES DE MUSICA DE ESPANA c. TELEFONICA DE ESPANA: in questa fattispecie si
evidenzia il fatto che la società per mezzo del quale alcuni utenti hanno violato il diritto
d'autore non ha l'obbligo di comunicare i dati personali di tali utenti.
Al contrario di quanto visto nel precedente caso, lo US Copyright Act, prevede l'obbligo degli
ISPs di fornire i dati relativi all'identità degli utenti ai titolari del diritto violato.
Per quanto concerne le misure tecnologiche di protezione, ossia le tecnologie, i dispositivi o le
componenti che sono destinati ad impedire o limitare atti non autorizzati dai titolari dei diritti,
si definiscono sanzioni penali per chi fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, o
detiene per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti che abbiano la finalità o
l'uso commerciale di eludere tali efficaci misure tecnologiche di protezione:
Cosi come nella disposizione comunitaria, gli elementi chiave sono rappresentati dai concetti
di <<prevalente>> o <<principale>> finalità elusiva.
5. DIRITTI CONNESSI ALL'ESERCIZIO DEL DIRITTO D'AUTORE
Si definiscono “connessi” quei diritti che la normativa riconosce non all'autore dell'opera, ma
ad altri soggetti collegati o affini. Si tratta innanzitutto di diritti riconosciuti a soggetti operanti
nell'industria culturale ed artistica che svolgono attività strumentali alla divulgazione e
utilizzazione delle opere tutelate dal diritto d'autore, e agli autori o agli editori in relazione a
creazioni che non costituiscono vere e proprie opere dell'ingegno.
La tutela dei diritti connessi trova una comune giustificazione nelle utilità derivanti dalla
promozione della cultura ed è il risultato di diversi interventi comunitari che ne hanno
progressivamente accresciuto la rilevanza e rafforzato gli ambiti di protezione.
La normativa stabilisce che, ai fini dell'applicazione dei diritti connessi, si considerano
fotografie le immagini di persone o di aspetti elementi o fatti della vita naturale e sociale,
nonché i fotogrammi delle opere cinematografiche. Non sono considerate fotografie quelle
relativi a documenti.
Laddove si tratti di fotografie “semplici”, si potrà invocare la tutela dei diritti connessi che
attribuirà all'autore della stessa 20 anni di diritto esclusivo riguardo a riproduzione, diffusione
e spaccio della fotografia.
Per le fotografie ritraenti una persona la riproduzione e diffusione è subordinata al consenso
del soggetto ritratto, salvo si tratti di una persona nota o quando è collegata a fatti, cerimonie
di interesse pubblico o svoltisi in pubblico.
Il diritto del publicy value della propria immagine riguarda lo sfruttamento della propria
notorietà per legare propri slogan o caratteristiche del proprio personaggio ad altri ambiti
commerciali e avere l'esclusiva su tale utilizzazione, come si evince dalla controversia
CARLSON c. HERE'S JHONNY PORTABLE TOILETS.
Quindi la tutela del right of publicy non è circoscritta alla riproduzione della persona nota, ma
comprende anche la riproduzione di caratteristiche proprie del personaggio potendo cosi
integrare la violazione del diritto all'immagine anche all'utilizzo non autorizzato in una
campagna pubblicitaria di oggetti riconducibili ad un personaggio noto.
Nel caso di violazione di detto principio, il risarcimento è calcolato sulla base di quanto
avrebbe dovuto conseguire la persona nota in caso di consenso e quindi autorizzazione a
sfruttare la propria immagine. 6. RIMEDI CIVILI
La prime misure cui si fa riferimento per la tutela dei diritti patrimoniali d'autore sono
l'accertamento e l'inibitoria: chi ha ragione di temere la violazione di un diritto di utilizzazione
economica può agire in giudizio per ottenere che il suo diritto sia accertato e sia vietato il
proseguimento della violazione.
Chi viene leso nell'esercizio di un diritto di utilizzazione economica può chiedere, oltre al
risarcimento del danno, che sia ripristinata la situazione preesistente a carico dell'autore del
danno.
Riguardo alla quantificazione del danno la formulazione prevede che:
1. Il risarcimento dovuto sia pari a: DANNO EMERGENTE+LUCRO CESSANTE;
2. Il lucro cessante sia valutato anche tenendo conto degli utili conseguiti in violazione del
diritto;
3. Il giudice può anche liquidare il danno sulla base delle royalty che si sarebbero conseguite
in caso di autorizzazione da parte del titolare del diritto;
4. Sono altresì dovuti i danni non patrimoniali.
Riguardo ai presupposti per la messa in atto dell'azione risarcitoria si deve tener conto se
l'autore della violazione sia implicato consapevolmente o con ragionevoli motivi per essere a
conoscenza che le sue azioni fossero illecite.
Nel danno emergente rientrano le spese per le attività vanificate dall'illecito (es. spese di
pubblicità).
Il lucro cessante, invece, è quantificabile in due modi:
1. Liquidazione equitativa tenendo conto degli utili realizzati dal contraffattore;
2. Liquidazione forfettaria il cui minimo importo è rappresentato dal prezzo di un eventuale
consenso.
La normativa statunitense prevede che il risarcimento del danno includa sia i danni effettivi,
sia il disgorgement dei profitti del contraffattore, che rappresenta un rimedio di equity che
conferisce alla vittima dell'illecito l'opportunità di ottenere un risarcimento anche in virtù dei
profitti realizzati dal contraffattore.
L'istituto ha quindi una doppia finalità, punitivo/sanzionatoria e preventiva. Vi sono tre tipi di
quantificazione del disgorgement:
1. condotta illecita del convenuto che realizza solo un actual profit (profitto ottenuto);
2. rilevanza della sola expense saved (risparmio di spesa in virtù della condotta illecita);
3. cumulo di entrambe le voci.
Nel caso in cui non venga provata una violazione intenzionale del diritto d'autore la Corte può
quantificare tali danni in una cifra compresa tra 750 e 30mila dollari e laddove la parte
accusata riesce a dimostrare di non essere a conoscenza che la propria condotta sia illecita e
di non aver avuto motivo di credere che la sua condotta costituisse una violazione di diritto
d'autore altrui, la corte può ridurre l'ammontare di tali danni ad una somma non inferiore a
200 dollari. CAP 2. - MARCHI E ALTRI SEGNI DISTINTIVI
1.OGGETTO E REQUISITI DELLA TUTELA
I marchi perseguono una funzione distintiva, ossia di identificazione della fonte di
provenienza del prodotto scongiurando il pericolo di confusione, avente carattere sia di
associazione del prodotto ad una certa aspettativa qualitativa, sia una funzione suggestiva o
pubblicitaria.
Le normative nazionali, comunitarie e statunitensi, tutelano espressamente il marchio sia per
la sua funzione distintiva, sia per la sua funzione di indicazione di provenienza.
Abbiamo due tipi di marchi che servono a dare un messaggio sulla provenienza aziendale:
* Generale:comunicano essenzialmente un messaggio sull'origine del prodotto;
* Speciale: attiene alle specifiche caratteristiche del singolo prodotto e figurano solo su singoli
prodotti.
Perchè un marchio possa essere validamente registrato occorrono i seguenti requisiti:
*rappresentazione grafica;
*capacità distintiva (per gli USA tale requisito si acquista con l'uso continuativo ed esclusivo
nel tempo, e non con la registrazione);
*novità;
*liceità.
Negli USA i diritti di marchio non sorgono con la registrazione, e il simbolo diventa marchio
quando la clientela lo considera tale.
1.1. RAPPRESENTAZIONE GRAFICA
Per la normativa nazionale e comunitaria, nonché simili quella statunitense e internazionale,
possono costituire marchio registrato tutti i segni suscettibili di essere rappresentati
graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persona, i disegni, le lettere, le cifre,
i suoni, la forma del prodotto o della sua confezione, le combinazioni e le tonalità cromatiche,
purchè atti a distinguere i prodotti o servizi di un'impresa da quelli di un'altra.
Oltre a quelli di fabbrica e di commercio sono registrabili anche i marchi di servizi destinati a
distinguere ad esempio servizi finanziari, e il Lanham Act consente altresì la registrazione del
trade dress, tutelando il design, la confezione e la forma, qualora queste svolgano, al pari dei
marchi, la funzione di identificarne la provenienza.
La giurisprudenza comunitaria, nel tentativo di contenere lo spettro di risorse che possono
essere oggetto di marchio, ha precisato che la rappresentazione grafica dev'essere: -chiara,
-precisa, -completa, -facilmente accessibile, -inteleggibile, -durevole, -oggettiva.
- UAMI c. BORCO-MARKEN-IMPORT MATTHIESEN: All'impresa Borco viene respinta la
domanda di registrazione della lettera “a” dell'alfabeto greco come segno distintivo perchè
tale segno non risponde a tale requisito. La Corte di giustizia afferma, però, che le lettere
possono costituire un marchio sicchè non si può negare loro per principio un carattere
distintivo, ma si deve procedere a verificare caso per caso se il segno sia idoneo a
distinguere, agli occhi del consumatore medio, i prodotti di una determinata impresa da quelli
di diversa provenienza. Quindi , in conclusione, la registrazione di un segno come marchio
non è subordinata alla constatazione di un certo livello di creatività.
Sul tema della registrabilità delle lettere dell'alfabeto come marchi, esse sono valide, a
prescindere da una stilizzazione di esse per rendere diverso il segno dalla lettera pura,
quando sia dimostrata la loro capacità di stabilire un collegamento con i prodotti dell'impresa
titolare di tale segno.
- LIBERTEL GROEP c. BENELUX-MERKENBUREAU: L'impresa Libertel chiede che la
registrazione del colore arancione in qualità di marchio. I giudici comunitari, chiamati
ad esprimersi sulla questione, affermano che un colore specifico non può presumersi come
segno, ma può avere carattere distintivo se, tale marchio sia idoneo ad identificare il
prodotto o il servizio per il quale si chiede la registrazione attribuendolo a quella determinata
impresa e distinguendo cosi i suoi prodotti, da quelli di altra provenienza.
- QUALITEX c. JACOBSON PRODUCTS: A seguito della controversia in cui viene citata l'impresa
Jacobson per violazione d un marchio, detenuto dalla Qualitex, rappresentato dal colore
verde-oro, la Corte d'appello per il Nono Circuito non accorda la suddetta tutela alla Qualitex,
in quanto si ritiene che il Lanham Act non consente di registrare come marchio un colore.
La Corte suprema però afferma che “nessuna norma speciale impedisce ad un colore di
servire come un marchio di fabbrica”, cui si aggiunge il fatto che la Qualitex, utilizzando tali
colori distintivi per anni, abbia acquisito gli stessi come un elemento identificativo
(secondary meaning). Tale possibilità viene negata, invece, solo nel caso in cui sia utilizzato
come marchio una caratteristica del prodotto dove ciò sia in grado di porre un concorrente in
una posizione di significativo svantaggio in termini di costo o qualità.
- SIECKMAN c. DEUTSCHES PATENT- UND MARKENAMT: Il sig. Sieckman presenta domanda
per la registrazione di un marchio come “marchio olfattivo relativo ad una sostanza
chimica” ma la registrazione gli viene negata. I giudici comunitari affermano che la
rappresentazione grafica di un marchio olfattivo, per poter essere ammessa, deve
rappresentare l'odore di cui viene chiesta la registrazione e non il prodotto che lo
emette. Si ritiene che un segno olfattivo non risponda ai requisiti a cui sono sottoposti i
marchi per poter essere registrati.
Per quanto riguarda i marchi sonori, la tutela va limitata ai soli suoni che sono traducibili in
forma grafica convenzionalmente accettata, presentando carattere distintivo e sono
percepibili come marchi e non come meri suoni.
1.2. MARCHI DI FORMA
Ci si pone il problema se un marchio di forma sia o meno registrabile. La normativa nazionale
e comunitaria stabilisce che sono esclusi dalla registrazione, o se registrati possono essere
dichiarati nulli i segni costituiti esclusivamente dalla:
1.forma imposta dalla natura stessa del prodotto;
2.forma del prodotto necessaria per ottenere il risultato tecnico;
3.forma che da valore sostanziale al prodotto ed è idonea ad incidere significativamente sulla
decisione di acquisto del consumatore.
La motivazione è che in questo modo la tutela di un marchio si estende oltre la sua mera
funzione distintiva del prodotto ma diventi un vero e proprio ostacolo per i concorrenti
qualora non possano utilizzare determinate forme o caratteristiche nel commercializzare i
propri prodotti. Quindi, la tutela temporalmente illimitata va riconosciuta solo alle forme
meramente distintive che non apportano al prodotto valore funzionale o pregi estetici che lo
renderebbero tutelabile con la normativa brevettuale.
Nell'ordinamento statunitense un luogo analogo è svolto dalla functionality doctrine che
impedisce la possibilità di utilizzare come marchio una caratteristica di un prodotto laddove
ciò sia in grado di porre un concorrente in una posizione di svantaggio poiché la caratteristica
in questione è funzionale per l'uso o lo scopo del prodotto o incide sul costo o sulla qualità.
- PHILIPS c. REMINGTON: La Philips, che ha inventato il rasoio elettrico a tre testine con lame
rotanti, cita in giudizio la Remington che inizia a commercializzare rasoi con le stesse
caratteristiche. Quest'ultima afferma che questo tipo di forma sia essenziale per ottenere le
stesse performance della concorrenza. La Corte in questo caso afferma che un segno
costituito esclusivamente dalla forma di un prodotto non possa essere registrato qualora
risulti provato che le caratteristiche funzionali essenziali di tale forma sono attribuibili
esclusivamente al risultato tecnico.
- TRAFFIX DEVICES c. MARKETING DISPLAYS: La MDI cita in giudizio la Traffix per aver
prodotto segnali stradali usando il suo brevetto, ormai scaduto, che permette a tali segnali
di resistere alla forza del vento ritenendo che tale meccanismo è ormai ricollegabile alla MDI,
tanto da essere diventato un trade dress e principale elemento del suo marchio. La Corte
afferma che il design dei cartelli rappresenta un meccanismo unico e funzionale per resistere
alla forza del vento e rigetta la richiesta della MDI.
Sul versante italiano viene evidenziato come una forma, anche se distintiva, non sia
registrabile come marchio se presenta pregi estetici o di utilità funzionale, tali da incidere in
maniera significativa sulla scelta di acquisto dei consumatori. Questi pregi sono comunque
brevettabili se sono semplicemente idonei a differenziare il proprio prodotto.
Un'altra fattispecie che assume un'interesse rilevante per lo studio dei marchi di forma è
rappresentata dal divieto di concorrenza sleale per imitazione servile. Ciò che caratterizza
l'imitazione servile è la confondibilità, ovvero l'equivoco sull'origine del prodotto che si
immette nel mercato attraverso l'imitazione degli elementi formali di un altro prodotto dotati
di efficacia distintiva, come ad esempio nella controversia che vede un'azienda
commercializzare capi d'abbigliamento con un disegno interno molto simile alla fantasia
“scozzese” di quelli commercializzati dal Burberry. Nello specifico, costituisce concorrenza
sleale, sotto il profilo dell'imitazione servile e della confusione dei prodotti, la fabbricazione di
prodotti identici nella forma a quelli realizzati dall'impresa concorrente, allorquando non
dipendano da caratteristiche strettamente necessarie per la funzionalità del prodotto, ma si
spinga su profili del tutto superflui alla funzione, come ad esempio l'uso di particolari colori o
altri particolari, del
tutto ininfluenti alla dimensione funzionale del prodotto, al solo scopo di rendere il proprio
prodotto simile a quello di un concorrente che beneficia di una buona reputazione, cercando
di beneficiare di parte della sua clientela, creando confusione nella stessa.
1.3. CAPACITA' DISTINTIVA
Sono suscettibili di registrazione come marchi solo i segni atti a distinguere prodotti e servizi
di un'impresa da quelli di altri.
Secondo la normativa comunitaria e nazionale sono privi di capacità distintiva i:
1. segni divenuti comuni nel linguaggio comune o negli usi in commercio;
2. segni costituiti da denominazioni geografiche dei prodotti o ai segni che si limitano alla
descrizione, come ad esempio quelli che possono servire a designare, specie, qualità,
quantità, destinazione, valore, provenienza e altre caratteristiche del prodotto o servizio.
Per quanto concerne le denominazioni geografiche, esse vengono escluse dalla normativa
nazionale per la loro portata meramente descrittiva, fatta eccezione se si trattano di nomi di
luoghi geografici che non corrispondono alla provenienza dei prodotti ma sono di pura
fantasia (es. Brooklyn).
Per quanto riguarda i marchi espressiva, ossia quelli che descrivono le caratteristiche di un
prodotto o servizio, il legislatore li ammette nei casi in cui essi apportano una modifica, anche
minima alla denominazione generica, offrendo comunque a tali segni la tutela limitata del
marchio debole, come ad es. <<Ciao Ristorante>>.
Distinzione tra marchio forte e marchio debole:
- MARCHIO FORTE: risultano concettualmente distaccati dalle caratteristiche del prodotto, si
basano su nomi di pura fantasia che li rendono unici, presentando un diritto esclusivo che li
rendono meritevoli della massima protezione;
- MARCHIO DEBOLE: la fantasia che li ha concepiti non è andata oltre il rilievo di un carattere
o di un elemento del prodotto essendo quindi formati da parole di comune diffusione, non
possono essere oggetto di un diritto esclusivo, godendo di una più bassa tutela.
La tutela contro la confondibilità per un marchio forte si caratterizza per una maggiore
incisività, in quanto, rispetto a quella per i marchi deboli, rende illegittime le variazioni, anche
se rilevanti ed originali, che lascino sussistere il carattere distintivo di cui beneficia quel
marchio, mentre per quanto riguarda il marchio debole sono sufficienti ad escluderne
l'individualità anche lievi modifiche. Quindi, la qualificazione di marchio debole, non
pregiudica la sua attitudine ad essere registrato, ma soltanto l'intensità della tutela.
Ciò non toglie che la capacità distintiva, inizialmente debole, possa essere acquisita con l'uso
commerciale di tale segno, poiché la normativa prevede che un segno possa acquistare, in
seguito all'uso fatto dal titolare, un significato distintivo che si aggiunge al suo significato
originario, per effetto del secondary meaning.
- CHANEL c. FODERMEC: Chanel cita in giudizio un'impresa produttrice di prodotti che utilizza
come marchio due “C” di schiena, che però non si toccano. Il marchio Chanel che presenta 2
“C” di schiena ma che si intersecano, inizialmente era un marchio debole poiché
rappresentato con lettere dell'alfabeto, ma a seguito del suo utilizzo vincente, per
effetto del secondary meaning conseguito, è divenuto un marchio forte. Nel caso di specie
i giudici di merito hanno errato nell'individuare come marchio debole del marchio Chanel,
nell'aver aver affermato che non sussisteva confondibilità per la netta differenza di
prezzo che intercorre tra i prodotti delle due imprese, e ancora anche se le 2 “C” non si
toccano per la Corte di cassazione comunque sussiste confondibilità poiché la somiglianza
a tra i due marchi riguarda il nucleo ideologico individualizzante il segno.
- AUDI c. UAMI: Viene contestato dall'UAMI, al marchio Audi, l'uso dello slogan
<<all'avanguardia della tecnica>> come marchio per i suoi prodotti, riconoscendoglielo
solo per quello relativo ai veicoli, in quanto l'uso di questo slogan elogiativo per le altre classi
merceologico non risulterebbe radicato presso il pubblico. Tale affermazione viene ribadita
dal Tribunale di primo grado, ma ribaltata dalla Corte di giustizia, in quanto, ritiene che un
marchio sia valido quando permette di identificare un prodotto quale proveniente da
un'impresa determinata. Quindi il carattere distintivo dev'essere valutato, da un lato in
funzione dei prodotti o servizi per la quale è richiesto, dall'altro della percezione che ne ha il
pubblico di riferimento. La Corte ribadisce anche che nella valutazione del carattere
distintivo dei marchi composti da segni o indicazioni che siano utilizzati quali slogan
commerciali non vanno applicati criteri più restrittivi di quelli utilizzati per alti tipi di segni.
- HENKEL c. UAMI: La società Henkel presenta al UAMI domanda per la registrazione come
marchi, di due pasticche bicolore, la quale viene rigettata dall'ente che ritiene che i segni in
questione sono privi di carattere distintivo. Secondo la commissione, una forma
tridimensionale, deve avere un aspetto sufficientemente originale per imprimersi
facilmente nella memoria e distinguersi dalle ordinarie offerte del mercato. La
Commissione prima, il Tribunale poi e infine la Corte di giustizia respingono tali domanda e
affermano, che se pure una forma tridimensionale risponda dei requisiti per essere
registrata come marchio, non è abitudine del consumatore medio presumere l'origine dei
prodotti sulla base della loro forma. Per questo, per assolvere alla sua funzione di essenziale
di indicatore d'origine, il marchio deve discostarsi significativamente dalle norme o dagli usi
del settore .
- SAIWA c. BARILLA ALIMENTARE:La Saiwa sostiene che la parola <<oro>>, abbia acquistato
capacità distintiva per l'uso che ne ha fatto nel tempo per la sua linea di biscotti e quindi
agisce contro Barilla per il lancio della gamma <<Selezione Oro Barilla>>. La documentazione
prodotta conferma la rinomanza di detto marchio attraverso un'intervista ai consumatori,
ma la Barilla risponde affermando che la parola <<Oro>> si riferisce d un termine comune
ed è atto a descrivere la speciale qualità del prodotto. Il Tribunale di Milano è chiamato ad
esprimersi se la rinomanza di un marchio complesso(<<Oro Saiwa>>) possa determinare il
conseguimento della capacità distintiva autonoma anche per il singolo temine (<<Oro>>),
la cui risposta è negativa. I giudici affermano, quindi, che i marchi <<Oro Saiwa>> e
<<Selezione Oro Barilla>> non sono tra loro confondibili, escludendo ogni rischio di
confusione per il consumatore.
- NESTLE' c. MARS: si contesta alla Nestlè la registrazione del marchio “have a break”
utilizzato nel marchio completo “have a break, have a kitkat”. Si chiede alla Corte di giustizia
europea, se il carattere distintivo di un marchio possa essere acquisito a seguito dell'uso di
tale marchio come parte di un altro marchio, che risponde che è sufficiente che il
marchio di cui si chiede la registrazione abbia carattere distintivo, a prescindere dal fatto che
esso sia stato acquisito con l'uso autonomo o con l'uso come parte o in combinazione di un
marchio registrato.
Nell'ambito statunitense, il Lanham Act distingue tra marchi, fantasiosi e suggestivi, che
hanno immediatamente la capacità di identificare il prodotto, e marchi per i quali è richiesta
la prova ulteriore di dimostrare l'acquisizione di un secondary meaning.
- TWO PEPOS c. TACO CABANA: Taco Cabana cita in giudizio Two Pepos per aver imitato il
design adottato nella sua celebre catena di fast food e quindi del suo trade dress, al quale
si applica lo stesso grado di tutela dei marchi generici e descrittivi. Ma per i giudici, l'aspetto
di un locale di ristorazione non costituisce un trade dress in quanto non vi è una
propensione del consumatore ad equiparare l'aspetto con la provenienza del prodotto.
1.4. NOVITA'
Per poter essere registrati, i marchi devono rispondere anche al requisito della novità, ossia
diversi da quelli utilizzati precedentemente da altri.
La normativa italiana e comunitaria prevede una serie di ipotesi in cui detto requisito non
viene soddisfatto:
1.DATO SOSTANZIALE: preesistenza di fatto nel linguaggio del mercato di parole, figure o
segni gia noti per i consumatori;
2.DATO FORMALE: preesistenza di domande altrui di registrazione di marchio dello stesso
genere andate a buon fine;
Nel caso in cui i marchi siano notori o rinomati la loro tutela è ultra merceologica, e quindi si
estende anche ai prodotti non affini, senza che sia richiesto il rischio di confusione. I
presupposti di tale tutela rinforzata sono costituiti da:
* identità o somiglianza dei marchi interessati ;
* rinomanza o notorietà del marchio registrato anteriormente ;
* rischio che dall'uso del marchio si tragga vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà
del marchio anteriore o si rechi ad esso un pregiudizio in termini di reputazione.
- GENERAL MOTORS c. YPLON: La GM, titolare del marchio di impresa “Benelux Chevy”
utilizzato per la produzione di automobili, chiede venga impedito alla Yplon proprietaria dello
stesso marchio per il commercio di detersivi, di usare il segno distintivo “Chevy” in quanto ciò
diluirebbe il suo marchio pregiudicando la sua funzione pubblicitaria. Secondo la Yplon però,
detto marchio non gode di notorietà sul territorio. La Corte di giustizia è chiamata ad
esprimersi sul significato dell'espressione “gode di notorietà, presupposto essenziale affinchè
un marchio registrato possa beneficiare di una tutela estesa anche a prodotti merceologici
non affini a quelli prodotti dal titolare di tale marchio. Si esprime dettando le condizioni
per la tutela allargata:
* un certo grado di conoscenza nel pubblico del marchio di impresa precedente;
* si prende in considerazione per la valutazione, la quota di mercato coperta dal marchio,
l'intensità, l'ambito geografico e la durata del suo uso , investimenti effettuati dall'impresa
per promuoverlo;
I giudici comunitari, pertanto risolvono la questione stabilendo che un marchio di impresa
registrato dev'essere conosciuto da una parte significativa del pubblico interessati ai
prodotti o servizi da esso contraddistinti.
- ADIDAS-SALOMON e ADIDAS-BENELUX c. FITNESS WORLD TRADING: Secondo l'adidas la
Fitnessworld commercializza i suoi capi d'abbigliamento utilizzando un marchio non
uguale, ma simile al suo, generando confusione nei consumatori. Si chiede alla Corte di
giustizia se possa essere utilizzato un marchio simile al marchio registrato, ma non uguale.
Essa risponde che si, le normative nazionali, possono prevedere il divieto di utilizzare
marchi simili ad un marchio che gode di notorietà se esso provochi un pregiudizio o indebito
approfittamento del carattere distintivo del marchio anteriore, allargando tale decisione
anche all'utilizzo di tali marchi simili per prodotti non affini. Non è nemmeno necessario
che la somiglianza tra i due marchi sia tale da generare confusione nei consumatori, ma è
sufficiente che il pubblico interessato stabilisca un nesso tra il segno, anche se
meramente decorativo, ed il marchio noto.
- ADIDAS E ADIDAS BENELUX c. MARCA MODE e altri: In questa fattispecie la questione di
fondo è l'entità della misura di cui tener conto nel valutare l'interesse generale nel tener
disponibili alcuni segni a discapito del diritto esclusivo dell'impresa che ha registrato e
promosso tali segni. Le imprese che hanno utilizzato segni simili a quello adidas per
decorare i propri capi non chiedono la decadenza della registrazione di tale marchio, ma
invocano la necessità di disporre di motivi a bande diverso da quello registrato dall'adidas, a
fine di far valere il proprio diritto di utilizzare questi motivi senza aver bisogno del suo
consenso. La Corte si esprime affermando che il criterio di imperativo di disponibilità si
impone su quello della tutela del marchio noto solo nel caso in cui la disponibilità di tali segni
sia essenziale per indicare le caratteristiche dei prodotti contrassegnati dai segni simili, e
se, come in questo caso, sono meramente decorativi, la domanda non può essere accolta.
La Corte di giustizia, ha altresì precisato che il fatto che il marchio posteriore evochi quello
anteriore notorio non è sufficiente a provare l'indebito vantaggio o il pericolo al pregiudizio
perchè la prova richiede che siano dimostrati una modifica del comportamento economico
del consumatore medio dei prodotti/servizio per i quali il marchio anteriore è registrato
dovuto all'uso del marchio posteriore o un serio rischio che tale modifica si produca in futuro.
1.5. LICEITA' DEI MARCHI
Non possono essere registrati come marchi i segni contrari alla legge, al buon costume e
all'ordine pubblico, quelli decettivi, idonei ad ingannare il pubblico particolarmente sulla
provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi, oppure l'uso di segni
il cui utilizzo violerebbe un diritto esclusivo altrui. Non possono essere registrati stemmi che
abbiano ad oggetto segni considerati nelle convenzioni internazionali e quelli che rivestono
un'interesse pubblico.
L'illiceità del marchio rileva non solo se originaria, ma anche quando è sopravvenuta, ossia
quando il marchio è divenuto idoneo ad ingannare il pubblico.
Altre cause di decadenza sono previste per la volgarizzazione, ossia quando il marchio diviene
nel commercio, denominazione generica del prodotto perdendo la caratteristica originaria di
denominazione specifica; e per non uso che si verifica quando il marchio non viene utilizzato
entro 5 anni dalla data di registrazione o il suo utilizzo resta sospeso per un periodo
ininterrotto di 5 anni. Non si può dichiarare decaduto quel marchio che viene usato, con un
uso effettivo e non simbolico, dal suo titolare, prima che sia presentata domanda di
decadenza, dopo il decorso dei suddetti 5 anni.
E' legittimato a chiedere la decadenza del marchio inutilizzato chiunque ne abbia interesse,
oppure l'azione può essere promossa d'ufficio da parte del pubblico ministero.
Nell'ambito statunitense, il Lanham Act afferma che un marchio possa dirsi abbandonato
quando se ne cessa l'utilizzo con l'intento di non ricominciarlo o la volgarizzazione del
marchio. Così com'è da considerarsi invalida l'attribuzione di un marchio a cui non
corrisponda un prodotto, un asset o un'attività benefica.
-SIRBELQUELLE c. MASELLI-STRICKMODE: Per verificare se un marchio decada o no, in questa
fattispecie ci si chiede se un marchio risponde al requisito di “uso effettivo” qualora venga
utilizzato su prodotti offerti gratuitamente e quindi non in commercio. La Corte di giustizia,
chiamata ad esprimersi, afferma in linea di massima che il titolare di un marchio, qualora
apponga il medesimo su oggetti da lui offerti gratuitamente ad acquirenti dei suoi prodotti,
non fa uso effettivo di tale marchio per la classe nella quale rientrano gli oggetti stessi.
2. FORMALITA' E SOGGETTI DEL DIRITTO
E' legittimato a richiedere una registrazione per marchio di impresa chiunque lo utilizza o si
propone di utilizzarlo nella fabbricazione o commercio di prodotti o nella prestazione di
servizi della propria impresa o di imprese di cui abbia il controllo o che ne facciano uso con il
suo consenso.
Non è necessario essere un imprenditore, poiché sono legittimate a richiedere la
registrazione di un marchio le amministrazioni dello Stato, delle regioni, delle provincie e dei
comuni. L'istituto della registrazione non pregiudica una successiva revisione da parte dei
giudici per carenza dei requisiti di validità, ma conferisce comunque un diritto di esclusiva al
proprietario per il suo utilizzo della durata di 10 anni rinnovabile per un numero indefinito di
volte per successivi periodi decennali.
Per la giurisprudenza statunitense, a conferire la titolarità di un marchio è il suo utilizzo in
commercio; tuttavia la registrazione presso lo USPTO non è un prerequisito per la tutela, ma
comunque essa attribuisce alcuni vantaggi, tra i quali:
* il conseguimento di una constructive notice (comunicazione costruttiva) per la
rivendicazione della titolarità del diritto nei confronti di coloro che utilizzano marchi identici
o simili;
* la possibilità di ottenere lo status di incontestabilità del diritto dopo 5 anni consecutivi;
* la previsione di treble demages nei procedimenti di infrazione;
* il diritto di richiedere il blocco dell'importazione dei prodotti che costituiscono violazione
del marchio.
-PARK'N FLY c. DOLLAR PARK AND FLY: La controversia si svolge tra 2 attività di parcheggio
presso un determinato aeroporto, in cui l'impresa operante precedentemente con il marchio
“Park'n fly” cita in giudizio la seconda impresa utilizzante un marchio molto simile. L'impresa
contestata afferma che il marchio, seppur registrato e godente dell'incontestabilità, è
comunque un marchio meramente descrittivo e l'impresa che lo utilizza non ha dimostrato in
alcun modo di aver acquisito un secondary meaning, fattispecie per la quale il Lanham Act
vieta la registrazione. Sicchè la registrazione del marchio è avvenuta in violazione della legge.
3. DIRITTI CONFERITI DAL MARCHIO
La registrazione di un marchio conferisce al titolare una serie di diritti che consistono nella
facoltà di utilizzo esclusivo del marchio nel commercio, potendo vietare quindi ai terzi che
non godono del suo consenso, di usare nell'attività economica:
1. un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui è
stato registrato;
2. un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti identici o affini, se a causa
dell'identità o della somiglianza fra i segni e dell'identità o somiglianza dei prodotti o
servizi contraddistinti dal marchio, possa determinarsi un rischio di associazione tra i due
segni;
3. un segno identico o simile al marchio di impresa per i prodotti o servizi che non sono simili
a quelli per cui esso è stato registrato, se il marchio di impresa gode nel territorio di
riferimento di notorietà o se l'uso immotivato del segno consente di trarre beneficio dal
carattere distintivo o della notorietà del marchio di impresa o reca pregiudizio agli stessi.
Al fine di assicurare la tutela contro la confondibilità possono essere anche depositati marchi
difensivi, ossia marchi simili a quello utilizzato ma che si discostano di qualche elemento
impedendo cosi di poter essere usati da terzi, e non sono soggetti a decadenza a condizione
che sia utilizzato il marchio principale.
La confondibilità è oggetto di una valutazione globale, effettuata al termine di un confronto
sia tra i prodotti o servizi, sia tra i segni:
- Confronto tra prodotti: si tiene conto della loro natura, destinazione, impiego,
concorrenzialità o complementarità, finalità d'uso, il fatto che possano presumersi fabbricati,
commercializzati o forniti dalla stessa impresa o da imprese tra loro economicamente
collegate, nonché i loro canali di distribuzione e i punti vendita;
- Confronto tra i segni: si tiene conto dei profili visivo, fonetico e concettuale per verificare se
siano tali le somiglianze da renderli confondibili.
In seguito si passa ad un confronto globale che si basa su una visione complessiva in cui un
tenue grado di somiglianza tra prodotti può essere compensato da un elevato grado di
somiglianza tra i segni e viceversa.
Il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più è rilevante il carattere distintivo del
marchio anteriore.
- FERRERO c. UAMI: La Ferrero contesta ad un'impresa di aver inserito la parola “kinder”, suo
marchio registrato, nella denominazione “TiMi KiNDERJOGHURT”, chiedendo che tale
denominazione sia dichiarata invalida. Per via di alcuni fattori differenzianti dal punto di vista
visivo, fonetico e concettuale, il Tribunale ha dichiarato l'elemento “kinder” trascurabile
nell'impressione globale prodotta dal marchio in questione, rigettando la richiesta.
3.1. CONTRIBUTORY INFRINGEMENT
Come avviene per il diritto d'autore e i brevetti, la giurisprudenza statunitense prevede la
responsabilità da concorso nella violazione di marchio.
- INWOOD LABORATORIES c. IVES LABORATORIES: Un produttore che cede ad un distributore
un prodotto e quest'ultimo lo vende a sua volta con un marchio che viola erroneamente un
marchio altrui può essere ritenuto responsabile se:
*un soggetto intenzionalmente induce altri a violare un marchio;
*continua a vendere i propri prodotti a coloro che lui sa, o ha ragione di sapere che sta
violando un marchio, anch'egli è da considerarsi “contributorily responsible” per ogni
danno arrecato.
Nel caso di specie per incappare in questo tipo di responsabilità contributiva è necessario
dimostrare concretamente che essi abbiano intenzionalmente indotto i farmacisti ad
indicare erroneamente i farmaci venduti pur sapendo che questi ultimi avrebbero agito
violando il marchio altrui.
- GOOGLE FRANCE c. LOIUS VUITTON MALETTIER e altri: Alcune società di abbigliamento
citano google in giudizio poiché essa, in caso di ricerca dei loro brand da parte degli utenti,
mostra nei primi risultati di detta ricerca link a siti in cui vengono vendute imitazioni di tali
brand.
Il principio proposto dai titolari dei marchi è il seguente: poiché gli usi fatti da Google
potrebbero contribuire potenzialmente a violazioni commesse da terzi, si deve ritenere
che tali usi costituiscano violazioni, richiamando il principio del Contributory infringement
adottato negli Stati uniti. L'avvocato generale ritiene, però, che le pretese dei titolari dei
marchi, seppure legittime, porrebbero un grave ostacolo a qualsiasi sistema di fornitura
di informazioni. Secondo i giudici, il prestatore del servizio di posizionamento consente ai
propri clienti di usare segni identici o simili a marchi, senza fare egli stesso uso di questi
marchi, ma svolgendo esclusivamente un'attività di intermediazione. La Corte conclude che il
prestatore di un servizio di posizionamento su internet che memorizza come parola chiave
un segno identico ad un marchio, e organizza, a partire da questa parola chiave, la
visualizzazione di annunci non fa uso di tale segno che il titolare ha il diritto di vietare. Come
si evince, il motore di ricerca viene qualificato come un ISP che offre un servizio di hosting,
beneficiando così dell'esenzione di responsabilità sul commercio elettronico, qualora non
abbia svolto un ruolo attivo atto a conferirgli la conoscenza o il controllo dei dati memorizzati.
- L'OREAL c. eBAY: L'oréal ritiene che ebay sia responsabile delle violazioni di marchio
commesse dai rivenditori nel suo mercato avendo indirizzato i suoi utenti verso prodotti
oggetto di violazione del marchio. Ebay in questo caso, se non risulta fuorviante circa la
natura dell'attività del gestore, non incorre in contributory infringement, ma viene
considerato responsabile per il contenuto dei dati che comunica come inserzionista
all'operatore di un motore di ricerca e l'esonero di responsabilità non si applica nei casi in cui
al gestore del mercato elettronico sia stato segnalato l'uso illecito del marchio e lo stesso
utente continui o ripeta la stessa violazione.
Si evince, quindi, che gli elementi per il quale si incorre in contributory infringement sono:
1.si induce volontariamente altri a violare un marchio;
2.si continui ad offrire i propri servizi a coloro che si sa o si ha ragione di sapere che stanno
violando un marchio.
3.2. LIMITI AL DIRITTO ESCLUSIVO
La normativa nazionale ed europea prevedono limitazioni al diritto di esclusiva conferita dal
marchio che trova le loro ragioni nel fatto che la privativa riguarda soltanto l'utilizzo del segno
in funzione distintiva di prodotti o servizi perciò tale privativa non è invocabile quando il suo
uso non autorizzato si verifichi per finalità diverse.
- GILLETTE COMPANY c LA-LABORATORIES: La-laboratorie produce e commercializza rasoi e
lamette intercambiabili, e riguardo a queste ultime esse sono compatibili con i rasoi
Gillette e ciò è indicato anche sulla confezione senza il consenso di Gillette la quale lamenta
un pregiudizio causatogli. In questo caso La-laboratories non può nemmeno all'Art 6 della
direttiva comunitaria che consente ai produttori terzi al marchio di utilizzarlo per
commercializzare parti di ricambio compatibili in quanto il Tribunale di Helsinki ritiene che le
lamette sono considerate parti essenziali del rasoio e non ricambi. Di diverso avviso è la
Corte di appello che assimila le lamette ad un pezzo di ricambio e inoltre indica che
l'etichetta mostrante la compatibilità per le impugnature Gillette, può presentare un'utilità
per il consumatore abilitando la-laboratories a tale indicazione. Per di più, la menzione
dei marchi Gillette posta in caratteri standard e di piccole dimensioni apposte sulla parte
esterna non può far pensare che esista un nesso commerciale tra le due società.
La Gillette impugna la sentenza di fronte alla Corte suprema, la quale è chiamata ad
esprimersi soprattutto per quanto riguarda l'assimilabilità di tali lamette a pezzi di ricambio
o ad accessori e quest'ultima pone la questione alla Corte di giustizia che afferma violati i
principi di correttezza professionale quando l'uso del marchio altrui:
1. avvenga in modo tale da far pensare che esista un legame commerciale tra i terzi e il
titolare del marchio;
2. pregiudichi il valore del marchio traendo indebitamente vantaggio dal suo carattere
distintivo o dalla sua notorietà;
3. arrechi discredito o denigrazione a tale marchio;
4. quando il terzo presenti il suo prodotto come un'imitazione o una contraffazione del
prodotto recante il marchio di cui non è titolare.
Il fatto che un terzo usi un marchio di cui non è il titolare per indicare a destinazione del
prodotto che mette in commercio non significa che egli presenti tale prodotto come avente
pari qualità, ma tale circostanza sarà il giudice a valutarla caso per caso.
Quindi, in conclusione, si può godere del marchio altrui come da ART 6 se questo sia
necessario per indicare la destinazione del prodotto messo in commercio da detto terzo e
avvenga conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.
- BMW c. Ronald Karel Deenik: la BMW lamenta che un soggetto titolare di un'autofficina,
utilizza il proprio marchio, in alcuni ambiti pubblicitari. La Corte di giustizia ha però
affermato che il titolare di un marchio non può vietarne l'uso ad un terzo al fine di annunciare
al pubblico che egli effettua la riparazione e la manutenzione dei prodotti contrassegnati
da tale marchio a meno che il marchio sia usato in modo tale da poter dare
l'impressione che sussista un legame commerciale fra l'impresa terza ed il titolare del
marchio.
- 02 c. HUTCHINSON 3G: La 02 cita in giudizio H3G per l'uso del proprio marchio in una
campagna pubblicitaria comparativa in cui afferma che i propri prezzi praticati siano
inferiori a quelli praticati dalla 02 che opera nel suo stesso settore (telefonia). In questa
controversia, si chiede alla Corte di giustizia se sia lecito usa un altrui marchio in una
campagna pubblicitaria comparativa. Essa risponde che il titolare di un marchio non può
vietare l'uso, ad un terzo, di un segno identico o simile al proprio marchio in una pubblicità
comparativa che soddisfa tutte le condizioni di liceità richieste per quest'ultima. Quindi, il
proprietario del marchio, per vedere condannata l'attività del terzo che utilizza il proprio
marchio in una campagna pubblicitaria comparativa, deve provare l'esistenza di un rischio
di confusione, e ciò a prescindere dal fatto che tale pubblicità comparativa soddisfi tutte le
condizioni di liceità.
Negli Stati Uniti, la possibilità di usare un marchio altrui senza incorrere in contraffazione è
ammessa nei limiti dei fair use defense. Il fair use è invocabile qualora l'utilizzo di un nome o
di un termine che si sospetta essere oggetto di violazione serve soltanto a descrivere i
prodotti o per indicare la loro provenienza geografica.
Alla categoria del fair use si aggiunge quella della nominative use che riguarda le ipotesi in cui
un soggetto utilizza un marchio altrui proprio per descrivere il segno altrui per ragioni di
pubblicità comparativa, parodia, critica o come punto di riferimento.
Per configurare questa fattispecie è necessario che:
1. il prodotto non possa essere facilmente identificato senza utilizzare il marchio;
2. l'utilizzo del segno sia limitato a quanto strettamente necessario per l'identificazione;
3. l'utilizzo avvenga in modo da non suggerire la sussistenza di un legame commerciale con il
titolare del marchio.
- KP PERMANENT MAKE c. LASTING IMPRESSION: Le 2 aziende operano nel settore cosmetico
ed in particolare si occupano di micro- pigmentazione. Nel 1993 la LI registra come suo
marchio “micro color” e la KP che inizia ad utilizzare lo stesso termine qualche anno dopo
contesta che il marchio in questione sia generico, rientra nel fair use e la LI non ha
dimostrato a probabilità di confusione per i consumatori. L'onere di dimostrare che
esiste una probabilità di confusione spetta all'impresa proprietaria del marchio. Il fair use non
è di per se precluso se sussiste un certo grado di confondibilità, che però può essere preso
in considerazione dai giudici per valutare se il marchio altrui sia fair.
3.3. ESAURIMENTO DEL DIRITTO
Come avviene per i diritti d'autore, l'esaurimento del diritto rappresenta il principale limite
all'esclusiva, e si verifica con l'immissione dei propri propri prodotti nel commercio
comunitario, e non in quello internazionale come previsto dalla normativa statunitense.
Come previsto dalla normativa nazionale e comunitaria. Le facoltà esclusive attribuite al
titolare di un diritto di proprietà industriale, si esauriscono una volta che i prodotti siano stati
immessi sul mercato nel territorio della Comunità europea, dal titolare o con il suo consenso,
a meno che il titolare non si opponga all'ulteriore commercializzazione qualora i suoi prodotti
siano stati modificati o alterati dopo la loro immissione in commercio.
Il principio dell'esaurimento non si applica se i prodotti sino stati immessi nel commercio
estraneo ai confini comunitari.
Se un prodotto anteriormente commercializzato al di fuori della Comunità rientra in essa a
causa di importazioni, avviene l'esaurimento con un consenso tacito del proprietario del
marchio qualora risulta che il titolare, con le sue condotte, rinuncia al proprio diritto di
opporsi ad un'immissione in commercio nella Comunità europea.
Tale consenso tacito non può risultare :
*da una mancata comunicazione, da parte del titolare del marchio, a tutti gli acquirenti
successivi dei prodotti immessi in commercio al di fuori dello SEE, della sua opposizione ad
una messa in commercio all'interno dello SEE;
*da una mancata indicazione, sui prodotti, di un divieto di messa in commercio all'interno
dello SEE;
*dalla circostanza che il titolare abbia ceduto la proprietà dei prodotti contrassegnati con il
proprio marchio senza imporre restrizioni contrattuali che imponessero agli acquirenti di
rivenderli all'interno dello SEE.
- COPAD c CHRISTIAN DIOR e SIL: Dior da il consenso ad un'altra impresa (SIL) di fabbricare
capi di lingerie ma precisa che il licenziatario è obbligato a non vendere i suoi prodotti ad
una serie di operatori commerciali senza il proprio consenso. La SIL, in difficoltà economica,
chiede a Dior di poter vendere i propri prodotti alla COPAD recanti il marchio “CHRISTIAN
DIOR”, consenso che gli viene negato.
La SID, noncurante del divieto, procede comunque alla vendita e Dior cita in giudizio per
contraffazione la SIL e anche la COPAD. Per il Tribunale la condotta della SID non ricade
nell'ambito di applicazione della fattispecie di contraffazione, ma in quella per responsabilità
contrattuale. Secondo la COPAD, i diritti di marchio della Dior, sono esauriti a causa della
commercializzazione dei prodotti di cui trattasi da parte della SIL.
La Corte di giustizia dichiara che la vendita da parte del licenziatario di prodotti di prestigio a
rivenditori di partite in saldo, come la COPAD, che non fanno parte della rete di
distribuzione selettiva istituita con il contratto di licenza può costituire un danno all'aura di
lusso dei prodotti di prestigio. Per queste ragioni, il titolare del marchio può far valere i
diritti conferiti dal marchio nei confronti di un licenziatario che viola una clausola del
contratto con cui si vieti la vendita a rivenditori non aventi i requisiti adatti, di prodotti di
lusso, purchè venga accertato che tale violazione leda all'immagine di prestigio attribuita
a detti prodotti di lusso. La commercializzazione dei prodotti da parte del licenziatario,
tuttavia, è considerata come effettuata dal licenziante per il collegamento che sussiste
tramite il contratto di licenza. Solo la violazione da parte del licenziatario di una clausola
ostacola l'esaurimento del diritto conferito dal marchio al suo titolare.
Il pregiudizio arrecato all'immagine del marchio può costituire un motivo legittimo per
impedire a terzi una nuova commercializzazione.
Quindi, date queste premesse, il licenziante può impedire al licenziatario di vendere i
prodotti con il proprio marchio a terzi, solo quando si dimostri che detta vendita nuoce alla
reputazione del marchio di prestigio.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeria.quartarone di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Analisi economica del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Basilicata - Unibas o del prof Colangelo Giuseppe.
Acquista con carta o conto PayPal
Scarica il file tutte le volte che vuoi
Paga con un conto PayPal per usufruire della garanzia Soddisfatto o rimborsato