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GIORNATA 4: CRITICHE A BOCCACCIO
Boccaccio ha constatato che i lettori sono invidiosi e criticano le sue storie, dunque decide di fare un bilancio delle critiche: dice che l'accanimento contro le sue "novellette" fossero troppo esagerate. Lo si accusa di coltivare un diletto disonesto sempre nei confronti delle donne, lo si accusa di indecorosità di tante attenzioni verso la sensibilità femminile e che ciò viene fatto da parte di un uomo maturo.
Egli replica ricordando che tutti i grandi poeti erano uomini maturi che hanno ritenuto di dover cantare una vicenda degna di essere cantata.
Terzo capo di accusa nei suoi confronti è una presunta mancanza di saggezza nel preferire le "ciance" fra le donne, invece di preferire il mondo più alto delle Muse, per potersi elevare come poeta.
Il quarto capo d'accusa è la scelta poco saggia nel pensare a questa dimensione effimera invece di pensare a come guadagnare in modo più serio.
Infine lo si accusa anche di raccontare fatti poco verificabili. Per ciascuno di questi punti di accusa egli risponde allo stesso modo di Melchisedec: racconta una piccola storiella. C'è un ricco signore toscano, Filippo Balducci, che dopo essere diventato vedovo decide di dedicarsi completamente a Dio abbandonando il mondo civile vivendo su un monte. Porta con sé suo figlio. Passano gli anni e questo figlio crescerà in totale solitudine e in modo selvaggio. Il padre ogni tanto torna a Firenze per fare approvvigionamento. Un giorno è il figlio ad accompagnarlo: là scopre le meraviglie della città e in particolare un gruppo di donne bellissime; il padre cerca di distrarre il figlio, ma quest'ultimo, molto curioso, chiede al padre come si chiamassero quegli esseri. Il padre risponde che si chiamano Papere. Il figlio dice di volerne una e a quel punto Filippo realizza che non si può nulla contro il naturale desiderio che vede manifestarsi in.suo figlio. Con questo Boccaccio ha voluto dire che come per il figlio di Filippo la forza naturale del desiderio si dimostra irreprimibile, allo stesso modo lo è il piacere verso l'altro genere che egli coltiva. C'è dunque una sorta di principio naturale che porta alla creazione di quelle opere. Quanto al consiglio di ispirarsi alle Muse (quelle astratte del Parnaso) egli dice che sono state loro ad ispirarlo, le donne vere, in carne ed ossa. Perché le vere muse per Boccaccio sono le donne della realtà che gli permettono di raggiungere il loro consenso. A proposito dell'accusa di dire cose non vere egli risponde che dire cose vere risponde ad un principio astratto, poiché il mondo è governato da una moltitudine di visioni e opinioni, dunque ognuno è libero di vedere le opere come vuole. Questa accusa non ha fondamento. GHISMUNDA E TANCREDI: GIORNATA 4 NOVELLA 1 La novella 1 della 4 giornata si classifica in un racconto chechiude l'orizzonte di ciò che la storia aveva prefigurato e intende replicare così all'accusa di superficialità da parte degli studiosi del '900 che hanno ricondotto il suo operato alla chiave comica ma superficiale. Il re Filostrato sceglie un tema cupo, ben più di quanto non siano stati quelli precedenti, come annota Fiammetta, la prima narratrice. Si parlerà infatti di amori dall'esito tragico, in perfetta coerenza con il nome stesso di Filostrato, cioè "vinto d'amore". In questa novella scopriremo tra l'altro un Boccaccio che tratta da una storia reale, un indirizzo di ordine etico e di giudizio. Entriamo nel mondo più feudale con i personaggi Tancredi e Ghismunda. È una novella di tipo alto che porta a un grado di riflessione altrettanto alto nei riguardi della feudalità. Siamo in un feudo di antica tradizione dove prevalgono leggi di nobiltà di sangue e onore e dobbiamo immaginare il
Principe di Salerno Tancredi, tutto sommato un buon uomo e generoso ma che ricalca molto bene la figura di un feudatario legato a vecchie ideologie. Nel corso della vicenda diventerà il grande responsabile di una tragedia straziante.
La vicenda si apre con un ménage che coltiva per sua figlia Ghismunda per la quale prova un amore particolare tanto che dapprima ne ritarda il matrimonio e poi, quando ella è rimasta vedova e tornata sotto il suo tetto, ne prolunga lo stato di solitudine, pur di averla vicina a sé.
La ragazza, affezionata al padre ma infelice per l'isolamento, comincia a maturare il desiderio di innamorarsi, disposta anche ad avere un amante e lo deduciamo nel paragrafo 4. Un giorno si imbatte in Guiscardo, un giovane umile e nobile (per le qualità) di cui ella si sta innamorando ma dotato di grande personalità; a sua volta, essendosi accorto anche lui della bellezza interiore ed esteriore di Ghismunda, nasce un grande amore tra loro.
Si aprì dunque una relazione sentimentale e segreta tra la ragazza e il valletto del padre. Ghismunda ingegna un piano per incontrare in modo discreto e privato il suo amato e lo avverte facendogli avere con l'astuzia un messaggio nascosto in una canna di bambù. La camera della giovane è collegata, mediante una scala segreta che tutti hanno dimenticato da tempo, ad una grotta scavata nel monte a ridosso del palazzo. In tal modo, Guiscardo può calarsi con una corda per poi raggiungere la camera dell'amata. Si susseguiranno vari incontri in cui consumeranno il loro amore. Un giorno però il padre di Ghismunda sale nella sua stanza: non trovandola, decide di attenderla su una poltrona dietro un tendaggio su cui si addormenta. Proprio quel giorno nella stanza entra Guiscardo e poco dopo aver incontrato Gismonda, consuma la sua preziosa ora d'amore. A un certo punto ciò che accade nella stanza sveglia Tancredi (e passa inosservato agli occhi dei)due amanti) e assiste con enorme turbamento alle effusioni dei due giovani. La scena si sposta in seguito nella notte seguente, nella quale lui ordina ai suoi servi di prelevare Guiscardo e portarlo davanti al padrone di casa. Si apre un dialogo molto severo introdotto dal padre (paragrafo 22) nel quale Guiscardo si sta cercando di giustificare con scarsi risultati, al che il principe decide di arrestare Guiscardo e rinchiuderlo in una stanza con delle guardie che lo sorvegliano giorno e notte. Il giorno seguente, il padre affronta la figlia con tanta tensione e lacrime agli occhi, comunicandole di aver scoperto la sua tresca con un uomo che, oltre a non essere suo marito, è soprattutto di condizione inferiore, il che costituisce un'onta inaccettabile per un uomo tanto nobile quanto Tancredi. Tuttavia, è molto interdetto e sembra aver deciso le sorti di Guiscardo ma non l'atteggiamento da adottare nei confronti della figlia. Ghismunda, pur temendo che Guiscardo siagià morto, mantiene un atteggiamento decoroso e controllato. In un lungo, complesso e accurato discorso (il più significativo di tutto il Decameron e di carattere morale ed etico) dimostra la sua nobiltà d'animo e la sua eloquenza, confessando al padre il suo amore per il valletto, esaltandone la virtù e la grandezza interiore, che nulla hanno a che fare con la classe sociale inferiore cui appartiene. Ghismunda per altro insiste sul fatto che tutti gli uomini nascono uguali e che spesso la sorte (la fortuna) ne cambia all'improvviso la condizione. Infine, ella lascia intendere al padre che ha intenzione di porre fine alla propria vita, qualora l'amante morisse. Tancredi, accecato dalla sua folle gelosia e incapace di credere alla minaccia della figlia, si rassegna di non potersi vendicare sulla figlia e decide quindi di sfogare la propria crudeltà sul giovane. Ordina perciò alle sue guardie di strangolare Guiscardo e portargliene ilCuore. Egli poi lo fa consegnare in una coppa d'oro alla figlia, accompagnato da una frase che chiarisce l'intento vendicativo del gesto. Ma Ghismunda, che temendo il peggio aveva già distillato delle radici velenose, dopo aver a lungo elogiato il suo amato e pianto la sua morte, versa la fiala di veleno sul cuore dell'amato e da lì la beve. Sul letto, accostando il cuore dell'amante al suo, aspetta di morire. Le ancelle di Ghismunda corrono quindi a informare dell'accaduto Tancredi, il quale corre al capezzale della figlia ma constata che sia ormai troppo tardi. Ghismunda, come suo ultimo desiderio, chiede al padre di seppellirla al fianco di Guiscardo e poi spira. Tancredi, pentitosi troppo tardi della propria crudeltà, fa seppellire i due amanti nella stessa tomba.
MECCANISMO DEL RISO
Il Decameron è un catalogo di storie e personaggi portatori di funzioni emblematiche legate alla sfera del riso, ovvero con la dimensione performativa del comico.
è nella natura complessa e mutevole del riso che possiamo percepire la direzione dell'opera, ovvero la visione della condizione umana e la sua rappresentazione. Il riso di Boccaccio non è destinato semplicemente ad un esito comico; può essere un riso inquietante e grottesco, o addirittura sentenzioso, che denuncia e punisce platealmente. In molte novelle boccacciane convivono due registri opposti: quello tragico e quello comico; è lo spettro della fine, dell'epidemia, che confonde riso e pianto. Il riso ristabilisce la propria primazia, come succede nella quarta giornata quando Pampinea trasgredisce la regola della coerenza tematica e narra la storia di Frate Alberto, per risollevare gli umori delle ascoltatrici dopo la tragedia di Ghismonda. Il riso è il rimedio all'angoscia, capace di passare da un'impostazione tematica segnata da un esito mortale ad un registro ibrido, a metà fra l'ironia e il polemico-satirico. Il riso quindinon s'incontra solo nelle novelle di beffa della settima e ottava giornata, ma è un elemento strutturale dell'opera che la attraversa completamente. Ricostruire il mondo informa di racconto mettendo in pausa la morte si può fare, a patto che il riso, simbolo di liberazione e rinascita, diventi la vita della parola narrante. Il riso è legato a come l'autore congegna le azioni nelle situazioni della storia. Il riso fa delle vittime. Ha sempre bisogno di un capro espiatorio su cui agire e inveire, da ridicolizzare. Ha bisogno di un'alleanza con altri che concordano sul bersaglio. Altra componente importante è che occorre una beffa a danno di qualcuno. FRATE ALBERTO: GIORNATA 4 NOVELLA 2 Racconta Pampinea. Qui il proverbio "chi è reo e buono è temuto" può applicarsi all'ipocrisia dei religiosi, che promettono il paradiso partendo da una virtù che essi per primi non hanno, poiché il perdono che loroassicurano è concesso in base ai soldi che possono dare quelli a cui lo promettono. Il protagonista di questa novella è