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Che cos'è la politica pubblica?

La politica pubblica è l'insieme delle decisioni che coinvolgono la collettività e che tende a regolare il sistema pubblico. Le politiche pubbliche hanno diverse sfaccettature:

  • Ha a che vedere con cosa si fa, ad esempio la legge 328/00 sulla riforma dell'assistenza.
  • Ha a che fare con il come si fa, come i processi decisionali.
  • Ha a che fare con il chi, come gli attori statuali o privati.
  • Ha a che fare con il perché, come le politiche servono a modificare o a preservare, o a "puntellare" attività di pungolo. Questa dimensione è sottesa ad attori che perseguono interessi di parte.

Secondo Wildawski, la politica pubblica è sia un processo che un prodotto, mentre secondo Easton consiste in una serie di decisioni e azioni che distribuiscono imperativamente i valori in una data società.

In questo senso la politica pubblica è una rete di molteplici micro-decisori (per es. il consiglio comunale che vara un regolamento). Secondo Meny e Thoenig le politiche pubbliche sono il prodotto di un'autorità provvista di potere pubblico e di legittimità istituzionale. Una politica pubblica si presenta come un programma di azione di governo ossia un insieme di decisioni prese nell'ambito di una determinata scala spaziale; l'attore pubblico è tale se esercita funzioni di governo su soggetti e spazi definiti (inteso non solo come campo d'interesse ma anche di competenze). Secondo questi autori la politica pubblica è un organo che si occupa della gestione di beni comuni dove l'attore principale è lo Stato.

Domanda. Chi sono gli attori del policy making?

Risposta. Se pensiamo che a che fare con la politica c'è un solo attore pubblico, ma c'è una seconda scuola di pensiero per cui non c'è

Un solo attore perché al processo decisionale partecipano in molti (per es. i comitati di quartiere), sembra più convincente la scuola policentrica ma si può giungere a una sintesi in cui nella miscellanea di interessi sia lo Stato ad avere un ruolo imperativo, non coercitivo bensì autoritativo.

Punto di vista monocentrico: C'è un solo attore che decide.

Punto di vista policentrico: Tutti gli attori sono sullo stesso piano.

Nel 1971 non si parlava ancora di globalizzazione, invece nel 1995 ce n'erano più di mille titoli in letteratura. La globalizzazione, per Amartya Sen, è un modo diverso per definire il capitalismo perché implica lo sconfinamento di ogni forma di confine (per es. Marx già parlava di mondializzazione per indicare l'aspetto capitalistico della produzione a livello mondiale). Secondo Immanuel Wollestein l'economia mondiale è il progressivo sconfinamento dell'economia.

Capitolo 2.

Globalizzazione e interdipendenza

Non c'è intesa sulla globalizzazione anche se è maggiore l'accezione economica intesa sia come economia materiale (produzione) sia come culturale e valoriale. Le 3 domande di Reinecke sono:

  1. Domanda. La globalizzazione è un fenomeno reale cioè osservabile oppure una retorica cioè un uso di un linguaggio "ad hoc" per un oggetto semplice?
  2. Risposta. Si, è reale (per es. il condono fiscale è stato criticato nel Polo ma è stato utilizzato anche dall'Ulivo come ravvedimento operoso)

  3. Domanda. È davvero un fenomeno nuovo?
  4. Risposta. No, perché non nasce nel 1989 bensì nel 1979 in seguito alla politica congiunta Reagan-Tatcher (per es. un fenomeno congiunturale si sviluppa in seguito ad un altro fenomeno)

Appunti di analisi delle politiche pubbliche 7 contingente). In questo senso si parla di visione determinista per indicare che la globalizzazione

vadatata prima del 1979 quando i mutamenti tecnologici avevano influito di più (per es. la crescente influenza dei mercati finanziari, l'esplosione demografica e la scala globale del crimine organizzato)

3ª Domanda. La globalizzazione è reversibile o irreversibile?

Risposta. Per Reinecke è reversibile perché è inserito in un contesto culturale e politico che è intriso di freni e ostacoli che sono:

  • interni: che tendono al protezionismo economico da non confondere col protezionismo Kolbertiano del 1600 (per es. gli interventi pubblici a favore delle piccole aziende contro la concorrenza cinese)
  • internazionali: sottende alla tesi di Huntington di apertura a forbice delle religioni e allo scontro tra modelli cosmologici opposti fino a giungere al mondo caotico; accanto a Huntington si schiera Barber che in "Jihad vs McWorld" descrive la guerra fra ideologie contrapposte.

Per Reinecke non bisogna confondere la globalizzazione con

L'interdipendenza può essere intesa da due punti di vista:

  1. Governance: gli stati nazionali prendono le decisioni per allocare le risorse ed operano in modo congiunto, cioè cooperando tra di loro.
  2. Government: le decisioni sono prese da un attore sovraordinato che non è scontato possa essere lo Stato, ma potrebbe essere l'Unione Europea o l'ONU.

Domanda: Che differenza c'è tra governance e government?

Risposta: Nella governance ci sono più attori che lavorano di concerto per raggiungere scopi comuni (l'output è internazionale), invece nel government il processo politico è articolato in tutte le sue funzioni alla fine del quale scaturiscono decisioni valide in maniera imperativa per tutti i partecipanti (l'output è infranazionale). Per esempio, i vari G7-G8 non servono a decidere un bel niente se non altro per riconoscere la supremazia del G1 = USA.

Le interdipendenze possono essere:

  • Simmetriche: B e A

dipendono reciprocamente- asimmetriche: B dipende da A in misura superiore che non viceversa

Reinecke dice che è possibile produrre politiche globali con sistemi di government tramite lastimolazione dei governi nazionali. L'autore rifiuta il modello dell'interdipendenza in quanto cadenella contraddizione interdipendenza/sopranazionalità ma evidenzia la velocità e la pervasività deisistemi di diffusione e interdipendenza

Domanda. La globalizzazione cresce sempre più secondo un unico τηλοσ?

Risposta. No, ha fasi di alternanza levante e ponente (per es. negli anni '70 l'integrazioneeconomica era maggiore). Capitolo 3. Il sistema internazionale

Susan Strange, politologa, è vicina alla scuola dell'International Economy ed è stata negli ultimianni presidente dell'International Association of Polit Studies. I punti principali della sua tesi sono:

  1. concezione del sistema
internazionalizzazione dei problemi non ha intaccato la centralità dello Stato, ma ha solo ampliato il suo campo d'azione; b) tesi trasformativa: che sostiene che la centralità dello Stato è stata erosa dall'internazionalizzazione dei problemi e dalla crescita di attori non statali che hanno acquisito sempre più potere e autorità. L'autrice sottolinea che entrambe le concezioni hanno dei limiti e che la realtà è più complessa. Infatti, la centralità dello Stato può essere influenzata da diversi fattori, come la globalizzazione, l'interdipendenza economica, la diffusione di organizzazioni internazionali e la crescita di attori non statali. Inoltre, l'autrice evidenzia che il concetto di autorità va oltre il concetto di potere. Mentre il potere si basa sulla capacità di imporre la propria volontà sugli altri, l'autorità si basa sulla legittimità e sul consenso degli altri attori. Pertanto, l'autorità può essere esercitata anche da attori non statali, come organizzazioni internazionali, gruppi di interesse o movimenti sociali. Infine, l'autrice conclude che la centralità dello Stato non è scomparsa, ma è stata trasformata. Oggi, lo Stato deve confrontarsi con nuove sfide e deve trovare nuove forme di autorità per affrontare i problemi globali.continuità vale a decorrere dal 1648 (Pace di Westfalia): sebbene alla fine del mutamento geopolitica lo Stato assume una forma multipolare o bipolare, nulla cambia per quanto riguarda l'identità dell'attore centrale che è sempre lo Stato; nel sistema internazionale si è consumata una cesura verso la fine del modello bipolare (1989): lo Stato-nazione non muore ma gli Stati non sono le uniche autorità ergo l'allocazione delle risorse non passa esclusivamente attraverso le decisioni degli Stati perché nel corso degli ultimi venti anni si sono affiancati in modo autoritativo. La scuola realista rientra nel modello continuista, uno degli argomenti per dimostrare la base della centralità dello Stato è la lealtà cioè ancora oggi (post bipolare) la lealtà dei cittadini va verso lo Stato perché la lealtà politica è un prodotto del processo di legittimazione del potere che a suavoltadipende da sentimenti di identità collettiva.

Identità collettiva
Stato-nazione
Sistema politico
Autorità

Domanda. Perché si legittima la decisione di qualcun altro?
Risposta. La maggioranza politica soggiace perché la collettività che si identifica con lo Stato-nazione coincide con il gruppo che delega le decisioni ai rappresentanti politici tramite la campagna elettorale. La legittimità produce, eccetto manifestazioni antagonistiche, una lealtà verso il sistema politico.

b) Strange contesta questa visione (catena concettuale) nei seguenti modi:
- contrasta con l'identità collettiva: il senso identitario è qualcosa di artificiale perché ogni cittadino percepisce altre identità verso sé stesso e gli altri
Appunti di analisi delle politiche pubbliche 9- lo Stato non è così forte perché essere leali significa anche obbedire perché i cittadini percepiscono la

La lealtà non verso il potere dello Stato bensì nella sola partecipazione. Quindi la legittimità è il riflesso di comportamenti coatti (per es. per indolenza o paura) inoltre conformismo, acquiescenza e paura rendono legittimi i provvedimenti verso i cittadini.

La priorità va verso lo Stato (per es. in Giappone è vincolante la lealtà aziendale, mentre in Italia c'era l'adesione ai partiti e al clientelismo); la lealtà emerge da circostanze che mettono a rischio la comunità politica nel qual caso emerge il conflitto; altri es. sono Cecenia e Bosnia dove c'è una precarietà dell'esistenza stessa della comunità, laddove invece l'esistenza è garantita i cittadini si interessano di altre identità quali interessi personali.

Domanda. La catena concettuale è quella che si realizza dopo l'analisi di Susan Strange?

Risposta. Si, in particolare dopo il 2001

ue nazionale si rafforza. Questo avviene attraverso la valorizzazione delle tradizioni, della cultura e della storia del paese. Inoltre, si osserva un aumento del patriottismo e dell'orgoglio nazionale. Le bandiere italiane sono esposte più frequentemente e si organizzano eventi e manifestazioni per celebrare l'identità nazionale. Questo fenomeno può essere interpretato come una risposta alla percezione di minaccia esterna, che spinge le persone a cercare un senso di appartenenza e sicurezza nella propria identità nazionale.
Dettagli
Publisher
A.A. 2007-2008
18 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/04 Scienza politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher summerit di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Analisi delle politiche pubbliche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Nevola Gaspare.