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DESCRIZIONE DELL'EDIFICIO:
L'edificio forma un'ellisse di 527 m di perimetro, con assi che misurano 187,5 e 156,5 m. L'arena
all'interno misura 86 × 54 m, con una superficie di 3.357 m². L'altezza attuale raggiunge 48,5 m, ma
originariamente arrivava a 52 m.
Facciata esterna:
L’anfiteatro Flavio è costituito da quattro piani:
- i primi tre piani sono scanditi da tre ordini di 80 arcate che poggiano su pilastri ai quali si
addossano mezze colonne su piedistalli,
- mentre il quarto piano è fatto da un alto attico con parete piena scandita da lesene corinzie in
corrispondenza dei pilastri dei piani inferiori. Gli 80 scomparti che si formano nell’attico,
chiusi in modo alternato, un tempo erano decorati con scudi di bronzo.
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Tra le lesene, infatti, si alternano 40 finestrelle quadrate ogni 2 rettangoli di parete e sopra ogni
finestrella, a circa due terzi dell’attico, sono collocate tre mensole, che formano una corona (240
mensole in tutto) tutta intorno, dove appoggiavano le aste di legno che sorreggevano il telone di
copertura (velarium) che riparava gli spettatori dal sole nel periodo estivo. A manovrare il
“velarium” provvedevano un’intero distaccamento delle flotte militari di Ravenna e di Miseno.
Le semicolonne dei primi tre piani sono di ordini diversi e rispettivamente tuscanico nel primo
piano (si differenzia dal dorico poiché la colonna non poggia direttamente sul pavimento), ionico
nel secondo piano e corinzio nel terzo piano. I piani erano separati tra loro da una cornice
sormontata da un attico in cui venivano collocati quaranta scudi di bronzo dorato di cui ad oggi
sono rimasti solo i fori per i perni.
La facciata esterna era completamente rivestita da blocchi squadrati di travertino provenienti dalla
cava della città di Tibur (l'attuale Tivoli).
L’anfiteatro, all’esterno era circondato da un’area pavimentata di travertino e delimitata da grandi
cippi (sempre di travertino) ai quali, probabilmente venivano ancorate le funi che mantenevano il
velarium. Cavea e accessi per il pubblico:
All'interno la cavea con i gradini per
i posti degli spettatori era interamente
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in marmo e suddivisa, tramite fasce in muratura, in cinque settori orizzontali, riservati a categorie
diverse di pubblico, il cui grado decresceva con l'aumentare dell'altezza. Nel settore:
trovavamo i senatori e le loro famiglie. I gradini ampi e bassi ospitavano seggi di legno e
1-
sulla balaustra del podio venivano iscritti i nomi dei senatori a cui i posti inferiori erano riservati.
seguivano i ceti equestri (cavalieri),
2- le categorie intermedie
3- Plebei.
4- con circa undici gradini lignei all'interno del portico colonnato prendevano posto le donne,
5-
alle quali, da Augusto in poi, fu sempre vietato di mescolarsi ad altri spettatori. Il posto peggiore
era sul terrazzo sopra il colonnato, solo con posti in piedi, destinato alle classi infime della plebe.
Verticalmente i settori erano scanditi da scalette e dagli accessi alla cavea (vomitoria), ed erano
protetti da transenne in marmo (risalenti ai restauri del II secolo).
Alle due estremità in corrispondenza dell'asse minore, precedute esternamente da una sporgenza, si
trovavano due palchi (oggi scomparsi) riservati agli alti personaggi ospitati. Uno, a forma di "S",
era destinato all'imperatore, ai consoli e alle vestali; l'altro al praefectus urbi e a altri dignitari.
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Gli spettatori raggiungevano il loro posto entrando dalle arcate loro riservate. Ciascuna delle 74
arcate per il pubblico erano contraddistinte da un numero, inciso sulla chiave di volta, per
consentire agli spettatori di raggiungere rapidamente e ordinatamente il proprio posto. Da qui si
accedeva a scale incrociate che portavano a una serie simmetrica di corridoi anulari coperti a volta.
Il percorso aveva le pareti rivestite in marmo e presentava una decorazione a stucco sulla volta,
ancora quella originale di epoca flavia. Il palco meridionale, che ospitava l'imperatore, aveva anche
un altro accesso più diretto, attraverso un criptoportico che dava direttamente all'esterno.
Arena e ambienti di servizio sottostanti
L'arena ellittica (86 × 54 m) presentava una pavimentazione parte in muratura e parte in tavolato di
legno, e veniva ricoperta da sabbia, costantemente pulita, per assorbire il sangue delle uccisioni. Era
separata dalla cavea tramite un alto podium di circa 4 m, decorato da nicchie e marmi e protetto da
una balaustra bronzea, oltre la quale erano situati i sedili di rango.
Sotto l'arena erano stati realizzati ambienti di servizio, articolati in un ampio passaggio centrale
lungo l'asse maggiore e in dodici corridoi curvilinei, disposti simmetricamente sui due lati. Qui si
trovavano i montacarichi che permettevano di far salire nell'arena i macchinari o gli animali
impiegati nei giochi e che, in numero di 80, si distribuivano su quattro dei corridoi: i resti
attualmente conservati si riferiscono ad un rifacimento di III o IV secolo. Tuttavia è ancora possibile
fare un confronto con i sotterranei dell'Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, realizzato dagli stessi architetti
del Colosseo, in modo da avere un'idea di come potevano essere in epoca romana i sotterranei del
Colosseo: a Pozzuoli infatti sono tuttora visibili gli ingranaggi che i Romani utilizzavano per
sollevare le gabbie contenenti belve feroci sull'arena.
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Le strutture di servizio sottostanti all'arena erano fornite di ingressi separati:
• gallerie sotterranee all'estremità dell'asse principale davano accesso al passaggio centrale
sotto l'arena, ed erano utilizzate per l'ingresso di animali e macchinari;
• due ingressi monumentali con arcate sull'asse maggiore davano direttamente nell'arena ed
erano destinate all'ingresso dei protagonisti dei giochi (la pompa), gladiatori ed animali
troppo pesanti per essere sollevati dai sotterranei;
• l'arena era accessibile per gli inservienti anche da passaggi aperti nella galleria di servizio
che le correva intorno sotto il podio del settore inferiore della cavea.
Alla galleria si arrivava dall'anello più interno, lo stesso che utilizzavano i senatori per raggiungere i
propri posti.
Struttura
Per poter edificare di dovette prima svuotare il lago, con canali e pompe di drenaggio, convogliando
al difuori le acque fino al Tevere.
Il fondo fortunatamente ere coperto da argilla azzurra, quindi impermeabile, su cui si scavò per
6,5m, per una fossa larga 62 m, su cui si gettarono:
- calcestruzzo mescolato a leucitite, (cemento romano),
- 3 m di tufo squadrato ,
- su cui venne sovrapposta una pedana in blocchi di travertino di 0,90 m
Volte e arcate furono la soluzione per alleggerire l’immensa mole e
renderla più stabile, inoltre, nella parte delle gradinate, i piani
superiori si rastremano rispetto a quelli inferiori e esternamente il
profilo murario rientrava leggermente (effetto oscurato dai
notevoli marcapiani elaborati e sporgenti).
La struttura portante è costituita da pilastri in blocchi di travertino,
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larghi ben 2.70 m, con un volume di circa 100.000 m , collegati da
perni (senza malta).
Un complesso sistema di adduzione e smaltimento idrico consentiva la manutenzione dell'edificio e
alimentava le fontane poste nella cavea per gli spettatori.
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ATENE- LA POLIS Nel 1050 a.C. in Grecia si conobbe un
aumento dell’uso del ferro, che ne
conseguì un miglioramento della sua
lavorazione e permise un aumento
demografico. I popoli non potendo più
vivere in villaggi di difficile accesso,
sperduti in mezzo alle montagne, si
dovettero organizzare per difendersi
dagli attacchi esterni e per accumulare
provviste per le carestie. Così avvenne
un rifacimento della struttura urbana.
La polis comprendeva:
- sia il centro urbano, cinto da mura e costituito dall’acropoli, dall’agorà (piazza) e dalle
abitazioni,
- sia il territorio circostante: la cosiddetta chora, dal greco “regione”.
La parte bassa della città era chiamata asty ed era di norma la parte delle abitazioni più povere,
dove vivevano contadini ed artigiani che però a volte diventavano così ricchi, grazie al commercio
intenso, e la zona così vasta, da essere più prestigiosa della parte alta (definita anche solo polis).
L’acropoli, la parte alta della città, era il fulcro della vita religiosa della polis, mentre l’agorà (la
piazza), centro politico, economico e sociale, situata solitamente più in basso, rivolta verso l’esterno
e i porti, era il cuore pulsante della città. Nell’agorà, infatti, vi erano edifici con funzioni
prettamente politiche, ma anche strutture destinate allo svolgimento delle attività commerciali e
finanziarie (botteghe e cambiavalute), i tribunali, gli impianti ricreativi (dromos, orchestra), e alcuni
edifici religiosi con una forte valenza civica. 16
La chora, la parte fuori dalle mura, era il luogo dove i contadini coltivavano i campi e si
dedicavano all’agricoltura. Anche se era fuori dalle mura, la chora non era meno importante
dell’acropoli: infatti i greci avevano uno stretto rapporto con la terra e non svilivano in nessun caso
il lavoro dei contadini.
Le strade principali, che univano l’agorà, i santuari, le porte della città, avevano un aspetto
monumentale ed erano lastricate con grande cura. Per il resto, la rete stradale era fatta di stradine
piccole, che consentivano a malapena il transito dei pedoni e degli animali da soma. Questo perché
le attività economiche (artigianato e commercio) e quelle residenziali erano concentrate in aree
specifiche. Questo assetto urbanistico riduceva il traffico dei quartieri residenziali.
Oltre all’unità territoriale, però, le poleis erano caratterizzate da un’unità sociale ed una strettamente
politica: si trattava, infatti, di un gruppo di cittadini che si dotava di leggi che si impegnava a
rispettare. I cittadini, dunque, non erano più sudditi come nelle società antecedenti, ma esercitavano
il proprio potere eleggendo i rappresentanti (magistrature) ed intervenendo durante le assemblee.
La polis fu un modello di struttura tipicamente e solamente greca che prevedeva l’attiva
partecipazione degli abitanti liberi alla vita politica. In contrapposizione alle altre città-stato antiche,
la peculiarità della polis non era tanto la forma di governo democratica od oligarchica, ma
l’isonomia: il fatto che tutti i cittadini liberi soggiacessero alle stesse norme di diritto, secondo una
concezione che identificava l’ordine naturale dell’universo (kòsmos) con le leggi della città. Queste
erano concepite come un riflesso della Legge universale preposta a governo del mondo.
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