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METALINGUAGGIO La legge stabilisce una mediazione con il soggetto. La legge
deve sciogliersi dalla sua forma pura e univoca per entrare in contatto con un soggetto
meta – letterario. Il linguaggio ci appare pertanto come un modo di giungere
comprensibile alla Legge, come un filtro che converte l’inascoltabile in udibile,
l’intraducibile in traducibile, l’inapplicabile in obbligatorio.
La preferenza di Bartleby di fronte alla legge “ I would prefer not to” ci risulta prima
di tutto assurda, incomprensibile e intollerabile. Non è la sua negazione che ci
commuove ma la sua nonnegazione, ovvero la sua preferenza. Possiamo intravedere
qualcosa in comune tra la risposta di Bartleby e la legge pura, inaudibile. La
preferenza di Bartleby è l’incarnazione della mediazione della legge. La legge ci
risulta udibile proprio grazie alla sua mediazione. Anche il comportamento di
Bartleby lo possiamo percepire attraverso la narrazione in prima persona
dell’avvocato che cerca di raccontarci l’irraccontabile, ma purtroppo non traspare mai
la pura immagine di Bartleby.
FILTRO NARRATIVO > la mediazione della legge – imprecisione circa l’identità di
Bartleby.
Se scaviamo in profondità il significato del verbo preferire, possiamo fin da subito
notare che esso viene dal latino praefero. Il termine prae significa davanti a, mentre
fero significa mostrare, presentare ma anche sopportare/soffrire. In questo modo
capiamo che la preferenza è qualcosa che si verifica prima del determinarsi di
un’azione, prima del suo manifestarsi in maniera definitiva ai nostri occhi. Inoltre la
preferenza è un’azione che appare prima di soffrire o della sofferenza. Proprio per
questo, “il preferirei di no” di Bartleby si presenta prima che la legge ricada con tutta
la sua forza, per dimostrare l’inevitabilità della legge o meglio la sua impossibilità di
essere ascoltata. In un primo momento la Legge si presenta all’essere umano come
qualcosa di inaccessibile, indicibile, con una forza talmente assoluta e immensa che si
estranea da qualsiasi comprensione possibile.
L’unica alternativa e possibilità che dispone il soggetto è la preferenza dinnanzi alla
legge, la sua unica difesa. La rappresentazione a mio avviso è sempre un intento di
comprensione, di identificazione con l’oggetto rappresentato. Non a caso una norma
giuridica quando viene emessa è irriproducibile. Il mezzo preferito e utilizzato dalla
legge nelle sue forme scritte e orali è senza dubbio la lingua. Il linguaggio risulta
quindi un preferenza e la lingua una delle sue sottoarticolazioni, o meglio
ramificazioni. L’avvocato che cerca di interagire con Bartleby utilizza le sue parole
per farci capire l’incomprensibile. Il linguaggio pertanto è una maniera di ridurre e
deformare la forza intollerabile della legge. Esso funziona non solo come una
rappresentazione incompleta della realtà, ma anche come forma di preferenza del
soggetto. Bartleby distrugge ogni possibilità di comunicazione e di linguaggio, la
stessa esistenza del Soggetto, l’idea rappresentativa della soggettività. La negazione
di questa sua soggettiva mette in luce il carattere profondamente nichilistico dello
scrivano, è una “vita senza vita”, una forma di preferire la morte dichiarando prima di
tutto che lui stesso è vivo. Bartleby infatti a un certo punto del racconto dice: So dove
mi trovo.