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IL CONTRIBUTO DI JANET
Per Pierre Janet: molto importante è il progressivo ampliamento dei sintomi che diventano
interpretabili psicologicamente.
Janet svolgendo un lavoro sull’isteria fa 2 constatazioni:
“Le definizioni dell’isteria si sono trasformate e sono divenute psicologiche”;
La chiave di questa trasformazione è il progressivo riconoscimento delle
“rappresentazioni mentali” nella produzione dei sintomi isterici, e la prospettiva che
ha consentito questo riconoscimento è soprattutto quella del trauma psichico.
Janet contribuisce ad estendere la spiegazione psicologica dei sintomi, ma ritiene anche che
vi siano dei limiti, e che non tutti i sintomi dell’isteria siano spiegabili dalla psicologia.
IL CONTRIBUTO DI FREUD E BREUER
Freud e breuer: si concentrano sulla persistenza dell’idea patogena e sul fatto che questi
pazienti, nonostante tutti i loro sforzi, non riescono a dimenticare certe vicende.
I vari sintomi dell’isteria sono in stretta connessione con il trauma provocatore.
I caratteri accidentali dell’isteria devono essere interpretati nello stesso modo dei sintomi
dell’isteria traumatica con la persistenza di un’idea.
Questo però porta ad una crisi del concetto di “isteria traumatica” che impone di ridefinire i
confini tra l’isteria comune i sintomi post-traumatici.
Se tutti i sintomi dell’isteria comune erano interpretabili secondo il meccanismo psichico
dell’isteria traumatica, allora tutti i sintomi dell’isteria erano psicogeni.
Ma questo poneva davanti a un bivio:
il quadro dell’isteria traumatica si dissolveva nell’isteria comune;
- si cercava di preservare la specificità del quadro post-traumatico ponendo dei limiti alla
- interpretazione psicogena.
Scegliendo la prima opzione, l’isteria diventava sì un disturbo interamente psicogeno, ma il
trauma finiva per perdere ogni specificità.
La seconda opzione può essere illustrata attraverso due autori eccellenti che, pur avendo
visioni diverse, credevano entrambi che i pazienti che mostravano sintomi riconducibili a
traumi psichici non facessero “la commedia”: Janet e Oppenheim
IL CONTRIBUTO DI PIERRE JANET E HERMANN OPPENHEIM
Janet: non tutti i sintomi erano causati da rappresentazioni mentali ma esistono dei sintomi
che non erano riconducibili a idee, i quali erano invariabili, obiettivi, conformi a leggi di
natura.
Questi sintomi, che egli chiama stigmate, non sono costruiti con la mediazione del pensiero,
non dipendono dalla suggestione e non sono costruiti con la mediazione del prnsiero; privano
la mente di qualcosa e sono l’espressione diretta della malattia cerebrale.
Non si tratta di una “commedia” inscenata dai pazienti, ma di una malattia che priva la mente
di certe sue funzioni e in modo tale da condizionare quel particolare modo di reagire al
trauma.
Oppenheim: si deve la categoria diagnostica di “nevrosi traumatica” introdotta per
indicare un disturbo nervoso conseguente a un incidente.
Con questa categoria il quadro post-traumatico veniva mantenuto nell’ambito della
neurologia.
Si sostiene che la base organica non consista di modificazioni anatomiche, ma di disturbi
funzionali cerebrali causati dall’urto meccanico nella corteccia cerebrale, oltre alla scossa
meccanica ipotizzache uno spavento può provocare una commozione psichica o
commozione affettiva con una conseguente alterazione psichica duratura. Quel fattore che
poteva trasformare uno spavento passeggero in sintomi persistenti era l’urto meccanico, al
punto che la sua teoria era anche chiamata teoria dell’urto.
Molta è stata l’importanza assunta dalle idee di Oppenheim in particolar modo al contesto
sociale della legislazione e questo evento scatenò varie polemiche
Questo contesto fu favorevole all’emergere e all’imporsi della dottrina psicologica delle
nevrosi traumatiche a cui contribuirono diversi autori come:
Möbius: ha introdotto una concezione ideogena dell’isteria, propose di chiamare “isteriche
tutte quelle modificazioni morbose del corpo causate da rappresentazioni”. Trovava
interessante il contributo di Charcot, però Möbius riteneva che l’isteria fosse
l’intensificazione patologica di una disposizione esistente in ogni persona: l’ideodinamismo,
cioè la tendenza del pensiero a trasformarsi in movimento senza la volontà del soggetto.
Questa impostazione riscosse un grande successo espandendosi rapidamente.
Strümpell: annovera il “trauma psichico” come possibile causa della nevrosi traumatica.
Propone di considerare la nevrosi traumatica come una isteria, e la concepiva come una
“psicosi” nel senso di una malattia puramente psichica.
Il cambiamento di nome riassumeva rifletteva la trasformazione nel modo di pensare al
disturbo e la patogenesi ha luogo nella psiche .
Il termine “isteria” aveva continuato ad ancorare la patogenesi allo stato degli organi genitali
femminili; ora invece il luogo della patogenesi era stata riconosciuta nella psiche: Sommer
definiva infatti come psicogeni tutti quei disturbi che erano stati prodotti da
“rappresentazioni e potevano essere guariti con rappresentazioni”.
Gaupp:si ha nel concetto di trauma una grave crisi nel passaggio da un modello medico ad
uno psicologico. Perché?
Charcot pur abbracciando un modello psicologico viene preso in considerazione la sede
anatomopatologica, mentre per Möbius e Strümpell credono che l’ordine della
rappresentazione viene separata dall’anatomia del sistema nervoso.
Isteria sinonimo di eccesso
Isteria: malattia senza una sede anatomopatologica, quindi si comporta secondo delle leggi
psicologiche, però il problema sta nel fatto che ciò che è comprensibile psicologicamente,
quindi non può essere considerata una malattia vera e propria.
Questo problema in una prima fase del processo di psicologizzazione viene risolto un 3
modi: chiamare in causa l’urto meccanico, rappresentazioni mentali con uno statuto quasi-
fisico, o con le idee come non-conscie o sub-conscie. Si parla infatti di meccanismi psichici
e non di motivi psicologici.
In una seconda fase questa strada è stata abbandonata da Möbius proponendo di imboccare
un’altra direzione e proponendo di considerare l’isteria come una esagerazione di processi
normali.
Questa scelta viene rafforzata con Strümpell, il quale - si concentra sulla volontà
(psicoterapia)successivamente con le rappresentazioni di desiderio nelle nevrosi traumatiche,
si insediano nella coscienza del ferito alle rappresentazioni ipocondriache.
Quindi le idee patogene per la loro funzione nella coscienza.
Mentre per Charcot le idee sono patogene perché dissociate dalla coscienza.
A partire da queste ipotesi di Strümpell nasce l’idea di una responsabilità del ferito rispetto
alle permanere delle rappresentazioni post traumatiche.
SINTOMI OBIETTIVI E SIMULAZIONE
All’interno del precedente paradigma scientifico-naturale, la questione della responsabilità
era risolta distinguendo tra sintomi obiettivi e simulazione.
Sia Charcot che Oppenheim avevano elaborato test in grado di distinguere il carattere
obiettivo o simulato di determinati sintomi post-traumatici, in particolare tremori e paralisi.
Era diventato tuttavia sempre più evidente che l’isteria non si manteneva uguale nel corso
del tempo.
E come viene sottolineato da Strümpell nel 1893, soltanto la prospettiva psicogenetica
poteva chiarire il paradosso del trasformarsi dei sintomi, evidenziando la loro dipendenza
dagli stati di coscienza dei malati e dalle teorie sulla malattia.
MALATTIA O SIMULAZIONE?
Per il paradigma psicologico, non solo non esistevano sintomi obiettivi, ma le idee dei
medici e il modo in cui essi visitavano il paziente esercitavano un sottile effetto suggestivo
sulla forma dei sintomi.
Insomma, per il paradigma psicologico non aveva senso utilizzare un test in grado di
distinguere tra sintomi obiettivi e simulati, dato che anche quelli apparentemente obiettivi
erano costruiti attorno alla suggestione di una teoria medica o di una legge sociale, e quindi
in definitiva era un frutto dell’immaginazione e dei suoi condizionamenti. Ma questo doveva
rovesciare l’eterna questione del rapporto tra isteria e simulazione.
FRIEDREICH JOLLY
Friedreich Jolly sarebbe stato un errore trarre da ciò la conclusione che la paziente non era
per questo ammalata, infatti questa situazione era il prodotto della aumentata forza
dell’immaginazione, che era alla base dei vari fenomeni morbosi.
Per un certo periodo, dunque, l’idea di imbroglio riuscì a convivere con quella di malattia,
senza far perdere a quest’ultima un suo statuto autonomo rispetto alla persona
dell’ammalato.
Ma anche qui la nozione di “rappresentazioni di desiderio” modificò il modo di vedere le
cose.
Alcuni anni dopo, nel 1900, Rudolf Wagner, dirà semplicemente che la “tendenza a
mentire” apparteneva all’essenza della malattia isterica.
Se all’interno del paradigma scientifico-naturale era fondamentale distinguere tra malattia e
simulazione, nella nuova prospettiva psicologica questa distinzione viene a cadere, dato che
la tendenza alla simulazione viene riconosciuta come un sintomo dell’isteria, anzi come la
caratteristica fondamentale di quella che sarà la “personalità” isterica.
Vi è qui uno slittamento sottile del luogo di attribuzione della causalità che va dagli eventi
esterni accidentali alle disposizioni interne durature della vittima.
L’interpretazione psicogenetica era inizialmente limitata a certi sintomi, come la paralisi, che
apparivano motivati da idee sorte al momento dell’incidente nell’ambito di una precisa
cornice.
KARL BONHÖFFER
L’interprete principale di questi sviluppi fu Karl Bonhöffer, il quale nel 1911 introdusse il
concetto di “volontà di malattia”.
Per Bonhöffer ciò che caratterizzava l’isteria non era l’emotività, né la suggestionabilità,
quanto una direzione artefatta della volontà che prendeva più spesso la forma della
“volontà di malattia”.
In particolare l’isteria accidentale era una reazione all’incidente, spiegabile a partire dal
desiderio del danno. Con ciò la nevrosi traumatica veniva compresa a partire dalla volontà di
realizzare uno scopo desiderato.
Ma essendo spiegabile a partire da motivi essa non diverge più dal comportamento normale
se non per la scelta di perseguire uno scopo che non è “normale”, nel senso di socialmente
condiviso.
Spiegare perché