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CURVE DI BAIN

Le curve di Bain permettono di descrivere la microstruttura di un acciaio che si ottiene per trattamento termico quando la temperatura viene mantenuta costante. Cominciamo dai diagrammi di tipo isotermi TTT che vale per un acciaio eutettoidico. Supponiamo di avere un campione portato in fase austenitica e la microstruttura che abbiamo grani di austenite. So che sopra 723°C la fase austenitica è stabile. Raffreddo velocemente, al di sotto di 723°C nel punto S sono ancora grani di austenite, ma è instabile poiché ho raffreddato velocemente: γ instabile (γ metastabile). Vuol dire che in tutta la zona gialla è presente fase austenitica metastabile, perché siamo sotto 723°C, raffreddo velocemente e non do abbastanza tempo di formarsi la trasformazione eutettoidica. Rimango in isoterma per un po' di tempo e quando arrivo a T1 il dilatometro segna una variazione, l'austenite metastabile ha una trasformazione in α + cementite.Dopo il tempo T2 non si registrano variazioni poiché la trasformazione eutteoidica è avvenuta. Se sono tra 723°C e 540°C la microstruttura è la perlite: α + cementite come lamelle alternate. La perlite è grossolana perché si formano pochi nuclei. Man mano che mi avvicino ai 540°C succede che i moti termici sono minori, la trasformazione inizia prima quindi abbiamo molti nuclei cristallini, di conseguenza i grani saranno più piccoli e avrò quindi perlite fine. Se il trattamento lo faccio tra i 540°C e 250°C la diffusione è molto rallentata, quindi la trasformazione avviene improvvisamente e questo fa sì che le fasi che si formino siano sempre α+cementite ma non ho lamelle alternate come nella perlite, ma la diffusione atomica è tale che riesco a formare sul bordo di grano un ago di Fe – γ con struttura allungata e sul bordo di grano dell’ago si va a depositare la cementite.

La struttura della bainite è composta da due fasi: la ferrite-alfa e la cementite, disposte in aghi di ferro-alfa con cementite a placchette lungo i bordi di grano. Se la temperatura è particolarmente bassa, la struttura ottenuta sarà sempre bainitica, ma la cementite non riuscirà a raggiungere il bordo di grano e rimarrà intrappolata all'interno del grano feritico. Le due linee (MS e MF) rappresentano un'altra trasformazione: partendo dal punto P, raffreddando rapidamente l'austenite metastabile fino a 250°C, si ha la martensite start, dalla quale si trasforma nella martensite. Quando si supera la martensite finish, tutta l'austenite metastabile si è trasformata in martensite. Nel caso di un acciaio ipoeutettoidico, l'austenite si modifica in ferrite, mentre nel caso di un acciaio ipereutettoidico, l'austenite si trasforma in cementite secondaria. È quindi evidente che anche le curve TTT relative si modificheranno. Questa è la forma in cui le curve si presenteranno:

Due asintoti: uno in A3 e l'altro in A1. Le temperature Ms e Mf subiscono variazioni:

L'aggiunta di elementi di lega (ad eccezione del cobalto) spostano verso destra le curve di inizio e fine trasformazione e spostano verso il basso Mf e Ms. Se Mf risulta al di sotto della temperatura ambiente a fine raffreddamento il provino può contenere austenite residua. Non solo, il grafico verrà modificato anche da tutto ciò che influenza la diffusione come ad esempio il grano austenitico.

Spesso invece di fare un trattamento in condizioni di temperatura costante, a livello pratico si raffredda il pezzo con una certa quantità di raffreddamento continuo. Per avere informazioni approssimative sulla struttura ottenuta durante il raffreddamento continuo si può sovrapporre la curva di raffreddamento continuo con quella di Bain. Consideriamo un acciaio eutettoidico. Utilizzo la curva 4 e parto dal campo austenitico stabile e la temperatura diminuisce nel tempo seguendo l'andamento.

Quando arrivo su A1 inizia la trasformazione eutettoidica. Quando arrivo ad A2 la trasformazione si è conclusa e tutta γ si è trasformata in α+FeC.3 Se la velocità di raffreddamento è sempre più lenta (cioè immagina una curva sopra la 4) la microstruttura che ottengo sarà la perlite grossolana. Man mano che raffreddo con velocità sempre più grandi otterrò perlite sempre più fine, finché arrivato alla curva limite oltre la quale ho solo perlite. Se uso velocità di raffreddamento inferiore incontro l'inizio della trasformazione in perlite ma non incontro mai la fine di trasformazione (gialla), vado avanti e ho l'inizio della trasformazione bainitica (verde) ma non rimango e vado avanti, raffreddando ancora incontro la curva di inizio e fine della martensite, quindi ho una struttura mista perlite – martensite linea 2. Se la velocità di raffreddamento è sempre

più grande da tangere al ginocchio di Bain→per cui la trasformazione eutettoidica non avverrà e otterrò sempre martensitelinea 1. Per sapere come varia la microstruttura nel caso di unraffreddamento continuo è opportuno conoscere idiagrammi CCT. La figura mostra sovrapposti ildiagramma TTT (giallo) mentre la zona in verde e rosarappresenta CCT. Le curve di inizio e fine ditrasformazione nel diagramma CCT sono spostate versodestra rispetto a quelle di TTT perché richiedono tempipiù lunghi perché la trasformazione eutettoidicaavvenga. Sono inoltre spostate verso il basso perchédurante il raffreddamento continui tempi lunghi corrispondono a temperature piùbasse. Manca inoltre il blocco della bainite perché non si ottiene con ilraffreddamento continuo. TRATTAMENTI SUPERFICIALI

Lo scopo di questi trattamenti è ottenere starti superficiali dotati di particolariproprietà:

  • Elevata durezza
  • Resistenza

all'usura- Resistenza all'ossidazione- Resistenza alla corrosione

Questi trattamenti mantengono inalterati il cuore dei materiali.

Tra i trattamenti ci sono:

  • Cementazione gassosa arricchimento degli strati superficiali di carbonio al fine di aumentare la temprabilità. La sostanza usata è a base di carbonio (es. metano CH4)
  • Nitrurazione permette di raggiungere le durezze superficiali per materiali destinati a sopportare forti sollecitazioni. Le sostanze usate sono per esempio l'ammoniaca NH3
  • Calorizzazione promuovere la diffusione di alluminio nell'acciaio per migliorare la resistenza alle alte temperature, viene usata la polvere di alluminio
  • Berilliatura usata polvere di berillo per ottenere durezza.

GLI ELEMENTI NEGLI ACCIAI

Negli acciai oltre al carbonio sono normalmente presenti:

a. Impurezze

Possano essere:

  • Zolfo e fosforo derivati dal carbon coke dall'altoforno per la produzione della ghisa. Lo zolfo comporta

L'insorgere della "fragilità a caldo", infatti esso può formare eutettici del tipo Fe/FeS che possono determinare locali fusioni durante le lavorazioni a caldo. Il fosforo invece comporta problemi di "fragilità a freddo" perché tende ad accumularsi ai bordi di grano;

Idrogeno dannoso e deve essere eliminato, per farlo può essere desorbito per lento raffreddamento dei pezzi. Se è presente ed il raffreddamento non è lento si possono avere rotture;

Ossigeno presente sotto forma di ossidi sub-micrometrici che non danno problemi;

Azoto può creare problemi per la tenacità e duttilità soprattutto per gli acciai a basso contenuto di C perché può insidiarsi nelle dislocazioni creando impedimento al loro movimento.

Aggiunte standard possono essere:

- Magnanese per la sua capacità di formare solfuri di manganese che ha lo scopo di catturare lo

impedire la formazione di eutettici Fe/FeS;- Silicio e alluminio per eliminare l'ossigeno libero. Vanno a formare anche le inclusioni non metalliche inglobate nella matrice e determinano la formazione di micro - vuoti per scollamento dell'inclusione della matrice durante la strizione;

Microalliganti che sono Nb, Ti e V con concentrazioni piccole. Il loro effetto è importante perché hanno lo scopo di impedire la ricristallizzazione dei grani e quindi serve come regolatore della dimensione del grano. Questo perché hanno gran affinità con il carbonio che si formano carburi e sono stabili, si posizionano sul bordo di grano.

c. Elementi di lega

Esistono due categorie:

- Austenizzanti o gammageni che ampliano il campo di esistenza della fase austenitica (ferro gamma) tanto che è possibile avere una struttura CFC anche a temperatura ambiente. Essi sono nichel, magnanese, rame, cobalto, carbonio e azoto;

- Fertilizzanti o alfageni che ampliano il campo

esistenza della fase ferritica (ferro alfa), riducendo il campo di esistenza austenitico. Essi sono cromo, molibdeno, silicio, tungsteno, vanadio, stagno e titanio. La maggior parte sposta verso destra le curve di Bain. Ci sono acciai autotemprantiche contengono vanadio, tungsteno e molibdeno assumono una struttura martenstica anche se vengono raffreddati in aria calma.

CLASSIFICAZIONE ACCIAI

L'acciaio viene classificato in cinque grandi categorie:

  1. Acciaio al carbonio generalmente inferiore all'1,5% di carbonio. Secondo il tenore si dividono in: extradolci (elevata duttilità, resistenza meccanica bassa e facile saldabilità: lamiere), dolci, semiduri, duri, extraduri (resistenza a sollecitazioni meccaniche molto elevata, durezza: lame da taglio).
  2. Acciai legati caratterizzati dalla presenza di quantità variabili di uno o più elementi come silicio e rame, in percentuali inferiori al carbonio. Vengono usati nella produzione dei componenti
meccanici: alberi, bielle, sterzi ecc.→3. Acciai debolmente legati ad alta resistenza noti come HSLA. Contengono piccole quantità di altri elementi come il titanio, dunque sono in generale più economici dei normali acciai legati. Fra le applicazioni più importanti sono i ponti, le costruzioni civili, i carri ferroviari, le attrezzature di miniera ecc.→HSLA ottenuti utilizzando la laminazione in controllo. L'acciaio viene colato in stampi e si ottengono bramme. La bramma si è raffreddata e viene riscaldata ad una temperatura superiore a 723°C per portarla in fase austenitica, con grani gamma omogenei. La bramma viene sottoposta ad un laminatoio costituito da cilindri che ne riducono la sezione.
Dettagli
A.A. 2021-2022
27 pagine
SSD Scienze chimiche CHIM/09 Farmaceutico tecnologico applicativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giadalucchesi002 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Chimica applicata e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Filippi Sara.