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Mycobacterium Tubercolosis, che sono potentissimi induttori di infiammazione (i componenti della

parete dei Mycobatteri sono usati nell’adiuvante di Freund, uno degli adiuvanti più potenti usato

nelle sperimentazioni animali), altri prodotti batterici come i derivati dell’LPS (nel tanto discusso

vaccino anti influenzale Fluad viene usato come adiuvante l’MF-59, che è un’emulsione olio-acqua

contenente squalene, un lipide derivato dal fegato dello squalo, in associazione a dei polimeri che

hanno una potente azione pro infiammatoria), oppure il monofosforil lipide A, derivato dell’LPS; si

può poi pensare di accompagnare l’antigene a vaccinale con citochine pro infiammatorie (IL1,

IL12, IFNγ).

• VACCINI A SUBUNITA’

Hanno una serie importante di vantaggi come il fatto di essere molto più puliti (solo l’antigene) e

non ci sono reazioni avverse legate agli altri antigeni, non inducono una risposta immunitaria con

gli altri antigeni che copre l’efficacia della risposta verso l’antigene d’interesse, sono solitamente

proteine stabili (no refrigerazione), ma hanno come problema la difficoltà nell’allestimento, perché

spesso l’antigene giusto non è fortemente immunizzante e perciò bisogna ricorrere a degli

espedienti come il suo legame ad una molecola carrier che ne favorisca il processamento (vaccini

polisaccaridici contro il pneumococco, o l’hemofilus influenza B etc); si possono anche associare a

tossine batteriche trattate (shigella o colerica). Sono vaccini che richiedono più somministrazioni e

l’aggiunta di adiuvanti; oltre ad essere antigeni capsulari, sono antigeni a subunità purificate il

vaccino antitetanica ed antidifterico, oppure la maggior parte dei vaccini anti influenzali (costituiti

da HA e NA purificate). Questi vaccini sono purificati, ma il processo di purificazione può non

essere tale da eliminare altre porzioni, e quindi oltre all’antigene ci possono essere residui di altro

materiale (usato per la coltivazione o frammenti di microrganismi); non sono quindi tanto “puliti”

come quelli clonati, dove si individua il gene dell’antigene e lo si clona in un vettore di espressione,

che lo produrrà in quantità più o meno elevate, e che potrà poi essere prelevato dal terreno di

coltura. I vaccini a subunità clonate hanno tutti i vantaggi dei vaccini a subunità purificate, ma con i

limiti derivanti sia dalla quantità di antigene, che dell’autenticità dell’antigene: un plasmide inserito

in un vettore di espressione genererà una proteina che non sarà necessariamente uguale a quella

che serve per immunizzare. Questo problema è cruciale nella produzione dell’antigene, che

funziona solo se ha una determinata conformazione spaziale, se è correttamente glicosilato etc. A

seconda del sistema di espressione che si usa, la proteina sarà più o meno uguale all’antigene

naturale; il sistema che dà origine ad una proteina molto meno simile a quella originale è quello

batterico, sebbene sia il più semplice e sia quello che permette una maggiore produzione di

proteina. Per produrre gli antigeni vaccinali non si usano i sistemi batterici, ma altri sistemi come i

lieviti, che danno una discreta serie di modificazioni post traduzionali fedeli. Ancora meglio il

sistema di Baculovirus nelle cellule di insetto, ma il sistema migliore di tutti è quello delle cellule di

mammifero, che pone però dei grossi problemi di sicurezza, per cui i vaccini approvati prodotti con

questo sistema sono molto pochi, in quanto si può avere il rischio di oncogenicità, perchè per

produrlo in grosse quantità si devono usare linee cellulari trasformanti. Due esempi di vaccini a

subunità clonate sono: il vaccino contro l’epatite B, sul cui envelope è presente l’antirecettore

antigene S e gli anticorpi anti-S sono quelli neutralizzanti; il gene viene clonato in Saccharomyces

Cerevisiae e purificato dal terreno di coltura. Altro vaccino è quello contro il Papillomavirus, un

virus nudo a simmetria icosaedrica con due proteine capsidiche L1 ed L2; su entrambe le proteine

ci sono i determinanti antigenici, sebbene siano più abbondanti sulla L1 e quindi gli anticorpi

neutralizzanti vengono prodotti contro questa. L1 è un antigene giusto ed ha anche la capacità di

auto aggregarsi formando delle particelle virus simili, ovvero un capside vuoto che viene

riconosciuto dalle cellule bersaglio e si comporta come particella virale senza dare ciclo replicativo,

dando però una risposta immunitaria simile a quella del virus intero. Esistono due tipi di vaccino

anti Papillomavirus, quello antigene-bivalente, che contiene la L1 dei tipi 16 e 18 (i più comuni

genotipi e ad alto rischio oncogeno), viene prodotto col sistema del Baculovirus in cellule di insetto,

ed ha come adiuvante il monofosforil lipide A, e quello quadrivalente, contenente la L1 anche del

tipo 6 ed 11, a basso rischio oncogeno ma a più ampia circolazione, che come adiuvante ha Sali di

alluminio, e viene prodotto in Saccharomyces Cerevisiae.

• VACCINI CON VIRUS RICOMBINANTE

Sfruttano dei virus nei quali, per delezione di un gene del virus stesso, è stato inserito il gene di un

antigene di qualche microrganismo; per il loro allestimento occorre prima individuare l’antigene

buono e giusto, clonare il suo gene in un vettore virale, e selezionare poi il virus ricombinante che

verrà poi usato per il vaccino. Un virus che deve essere utilizzato per tale scopo deve essere il più

innocuo possibile, perciò si usano o virus che sono di per sé poco patogeni, oppure virus attenuati,

in modo tale da evitare la ricombinazione con ceppi WT. La prima idea per l’allestimento di un

vaccino del genere è stata quella di sfruttare il virus VACCINIA, il ceppo virale utilizzato per la

vaccinazione contro il vaiolo: è un potente immunogeno, molto conosciuto, facilmente

manipolabile, ed i suoi effetti sono conosciuti; un vantaggio è inoltre dato dal fatto che ci sono dei

farmaci in grado di bloccare l’eventuale infezione patogena. Altri vantaggi, nell’uso del Poxvirus

Vaccinia, sono rappresentati dal fatto che il virus ha un grande genoma, di cui si conoscono tutte

le funzioni ed il modo di manipolarlo, ha numerosi geni, disposti in modo caratteristico (quelli

centrali sono indispensabili per la replicazione virale, mentre quelli ai lati sono quelli che

condizionano la virulenza o il tropismo del virus, quindi geni che possono essere sostituiti con il

vantaggio ad esempio di diminuire la virulenza), ha siti di clonazione multipla che permettono di

inserire numerosi geni clone nel genoma, e questo comporta di poter inserire anche geni

codificanti citochine che potenziano la risposta immunitaria nei confronti dell’antigene introdotto in

un’altra posizione. Il capside, inoltre, ha una notevole flessibilità di packaging, ovvero al suo

interno possono essere inseriti dei genomi con notevoli variazioni nelle dimensioni; questo virus è

facilmente coltivabile , è molto stabile, e può essere anche liofilizzato, consentendo di usare il

vaccino anche nelle condizioni più avverse. Essendo un virus vivo, induce una risposta umorale e

cellulo-mediata che simulano fedelmente la stimolazione da parte dell’antigene; viene

somministrato con diverse modalità (scarificazione, via orale, mucosale etc) dando origine a

processi infettivi, perché il suo tropismo cellulare è molto elevato. Nonostante questi vantaggi, ci

sono anche degli svantaggi: essendo un virus molto grosso, possiede molti antigeni, e quindi la

risposta immunitaria non è diretta solo verso l’antigene di nostro interesse, bensì contro tutti gli

altri, e questo potrebbe portare a far sì che la risposta immunitaria contro l’antigene d’interesse sia

minore rispetto alle altre; questo può essere ovviato con una strategia detta “PRIME-BOOST”, che

significa fare una prima inoculazione con il vettore contenente solo l’antigene, seguita dopo 15

giorni dal vettore virale completo. Questo perché il vettore, di per sé, funziona come vaccino a

DNA, ed il priming del sistema immunitario avviene solo con l’antigene dato alla prima

somministrazione, ed il secondo contatto darà una risposta più rapida solo nei confronti

dell’antigene vaccinale. Altro aspetto importante, che ha condizionato l’applicazione di questo virus

come vettore vaccinale, è che la maggior parte della popolazione, essendo stata vaccinata, ha una

risposta immunitaria che potrebbe bloccare il virus ricombinante, ma questo può essere ovviato

con l’uso di Poxvirus diversi o con la somministrazione in mucose diverse, isolate rispetto agli

anticorpi. I vaccini vivi attenuati non possono essere somministrati negli immunodepressi e nelle

donne in gravidanza, ed un vaccino così viene trasmesso dai vaccinati, rendendo difficile il suo

controllo. Può inoltre avere degli effetti avversi: eczema vaccinatum (pustole del vaiolo diffuse in

tutto il corpo) o encefaliti anche mortali. Per ridurre tali rischi esistono dei farmaci che possono

curare le complicanze o delle citochine pro infiammatorie che potenziano la risposta immunitaria

contro il virus. Inoltre, riducendo il più possibile l’azione del virus, questo diventa più replicativo,

perdendo la sua capacità di sostituire lo stipite selvaggio. Come si costruisce il vaccino? Si

inserisce una parte del genoma virale, contenente il gene della timidina chinasi (TK), nel vettore,

solitamente di E.Coli; questo gene viene sostituito con il transgene dell’antigene, che risulta così

fiancheggiato da due regioni contenenti le sequenze del gene della TK. Successivamente si

prendono delle cellule defettive per la timidina chinasi e si coinfettano con il virus WT: in alcune

avverrà ricombinazione omologa tra il plasmide e il gene della TK, così da ottenere una

popolazione di virus WT, ed una piccola percentuale di cellule infettata con il virus ricombinante.

Trattando le cellule con, ad esempio, la bromo desossiuridina (farmaco analogo nucleotidico che

richiede la TK per essere attivato), si avrà la fosforilazione nelle cellule infettate con il virus WT,

che quindi muoiono, e sopravvivenza delle cellule infettate con il virus ricombinante. Per

l’attenuazione del virus si ricorre a diverse DELEZIONI che riducono la virulenza e la patogenicità

del virus stesso: delezione del gene TK, di un gene analogo al VGF, delezioni nelle aree terminali o

creazione di mutanti che smettono di replicarsi ad alte temperature (effetto collaterale del vaccino).

Altri metodi per l’attenuazione sono: l’introduzione di geni pro infiammatori che limitano la

replicazione del virus, e la modificazione delle prot

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
9 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/19 Microbiologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Airaliz di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Virologia molecolare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Cermelli Claudio.