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Ritornando alla libertà contrattuale, è bene precisare che la libertà e quindi l’autonomia
riconosciuta per il contratto non è così ampia per altri atti, si pensi all’ambito negoziale del
matrimonio, i due coniugi non possono più di tanto incidere sul contenuto del negozio così come
sono inderogabili molti degli effetti del matrimonio; si pensi anche al testamento, la legge non
definisce a priori il contenuto, quindi ho una grande libertà di disporre dei miei interessi le legge
però mi detta in modo molto rigido il tipo di negozio cioè io non posso regolare i miei interessi per il
tempo in cui avrò cessato di vivere attraverso una forma diversa dal testamento, non lo posso fare
per es., con un contratto in cui decido di lasciare il mio patrimonio alla persona che in quel
momento m assiste, infatti c’è un divieto di patti successori che, prevede che la posizione di
erede non possa essere oggetto di un contratto.
Nell’ambito del contratto quindi, l’autonomia privata è abbastanza ampia.
Ma con quali limiti??
L’oggetto del contratto deve essere lecito e commerciabile; per parlare di situazioni
recenti si può pensare al c.d. “contratto di affitto dell’utero” con cui una signora si offre di
ospitare nel proprio grembo l’ovulo fecondato di una coppia committente che non riesce ad
avere figli; anche qui come nel caso per es del commercio di droga, gli interessi ci sono
poiché c’è l’interesse economico della coppia committente (chiaro che qui c’è anche un
interesse non patrimoniale che è dato dal desiderio di diventare genitori) e della persona
che si rende disponibile a ospitare l’ovulo. Il contratto è quindi di tipo oneroso e con
prestazioni corrispettive ma sarebbe illecito perché viola una norma imperativa di divieto
dell’affitto di utero e più in generale, un contratto di questo tipo, violerebbe un principio di
ordine pubblico che è quello per cui non si può utilizzare il corpo umano a scopo di profitto;
in particolare per quanto riguarda l’affitto di utero, il nostro ordinamento lo vieta sia che sia
fatta a titolo gratuito o oneroso, questo sicuramente da dopo il 2004 perché prima di questa
data si discuteva se questa prestazione, fatta a scopo di solidarietà, fosse o meno lecita ;
es: una signora affetta da patologie che le impediscono una gravidanza ma che è in grado
di produrre ovuli, chiede alla sorella di offrirsi per portare a termine la gravidanza. La sorella
accetta ovviamente non a scopo di profitto ma per affetto, in un caso di questo tipo il
Tribunale di Roma, di una quindicina di anni fa, ritenne che l’accordo fosse valido. Oggi,
una pratica di questo tipo è comunque vietata perché la l.40/2004 vieta questa pratica a
360° sia che sia a titolo gratuito o oneroso. Questo es, che ovviamente è un contratto
atipico, fa capire che non sempre la legge dà tutela ad accordi che rispondano a interessi
patrimoniali delle parti, ma usa dei filtri che sono innanzitutto rappresentati da una serie di
principi che sono quelli dell’ordine pubblico e del buon costume nonché da norme
imperative (quindi che si impongono nei confronti della volontà delle parti).
L’art 1322 effettivamente dice che appunto, le parti sono libere di stipulare contratti atipici
purché siano meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Si tratta di una formula che
ci si è chiesti se coincida con l’arco delle cause di nullità del contratto oppure faccia riferimento ad
altro; questa norma fu emanata nel periodo fascista ed è quindi assai probabile che facesse
riferimento ad altro cioè ad una sorta di controllo da parte anche del potere centrale sul merito dei
contratti. Tale legge è rimasta con questa formulazione anche dopo che il regime fascista è caduto.
Che significato può avere oggi? Molti la fanno coincidere con il limite delle cause di nullità mentre,
qualcun altro cerca un senso trovandolo però sostanzialmente nei limiti della stessa autonomia
contrattuale. La norma quindi direbbe che l’ordinamento non può offrire tutela a quei
contratti che rispondono a interessi irrisori, diciamo minimi per es., nell’ambito dei contratti di
vicinato, l’impegno a prendersi cura del canarino o dei fiori quando il proprietario della casa è in
vacanza, si tratta anche questo evidentemente di un accordo, c’è la confluenza di volontà
(l’interesse economico insomma) e ci si chiede cosa possa succedere se il vicino torna a casa
dopo un mese e le sue piante o il suo canarino sono morti, il proprietario può rivolgersi all’autorità
giudiziaria e chiedere il risarcimento del danno?! Probabilmente no, poiché la giustizia si attiva
quando ci sono in gioco interessi di un certo tenore di una certa importanza; caso diverso si
può avere se la situazione riguarda la cura degli animali domestici, viste le numerose recenti
normative di tutela verso questi animali di affezione, la giurisprudenza infatti ormai prevede il
risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita dell’animale d’affezione.
…CONTRATTO PIU’ IN DETTAGLIO
Il Cc all’ART. 1325 detta gli elementi essenziali del contratto ovvero quegli elementi che il
contratto deve avere, affinché abbia un senso giuridico, non sia insensato.
Questi elementi sono:
1) Accordo
2) Oggetto 3 ELEMENTI ESSENZIALI
3) Causa
4) Forma ELEMENTO EVENTUALE (è un elemento che la legge
prevede solo se la forma scritta è prevista a pena di nullità).
ACCORDO
Vuol dire confluenza di manifestazioni di volontà, che in molti casi non pongono problemi; se io
vado al mercato per es, non ci saranno dubbi sul momento in cui le due volontà confluiscono: mi
rivolgo al negoziante e chiedendogli di voler acquistare una certa merce, il negoziante me la
prende le volontà si sono incontrate; oppure, se io vendo la bici, c’è una piccola trattativa e si
arriva alla definizione dell’oggetto e del prezzo, nel momento in cui io accetto il prezzo, in quel
momento si sono incontrati i consensi e quindi si è concluso il contratto.
I problemi invece si pongono quando per es., il contratto è concluso tra persone lontane, per
es., metto in vendita un appartamento a Pisa, il potenziale acquirente che magari ha visionato
l’appartamento ma che non risiede a Pisa, tornando a casa si convince che la cosa lo convince,
che la cosa lo interessa e intende fare una proposta, trattandosi di un immobile, la proposta va
fatta per iscritto, deve, essendo lontano, inviarla per posta, la proposta arriva al venditore e questo
decide di accettarla, manderà quindi a sua volta l’accettazione scritta. Quando si conclude il
contratto? Quando l’acquirente riceve l’accettazione del compratore, cioè arriva a conoscenza del
destinatario (questo si farà coincidere con il momento dell’incontro delle volontà).
Che cosa succede se il venditore risponde che la proposta lo interessa ma fa un’altra proposta di
prezzo? Il Cc richiede che l’accettazione arrivi a conoscenza del proponente e quindi richiede un
elemento che è quello della conoscenza che, non è facile da provare; come fa il proponente a
sapere se l’accettazione è o meno conosciuta dal proponente? Un modo potrebbe essere dato
dalla ricevuta di ritorno ma, questa prova soltanto che è arrivata all’indirizzo NON che il proponente
l’ha conosciuta, infatti la lettera potrebbe essere arrivata all’indirizzo, letta da una persona diversa
dal destinatario e cestinata. La legge in questi casi usa un meccanismo che è quello della
presunzione cioè dice che la conoscenza si presume quando l’atto giunge all’indirizzo del
destinatario, quindi se io provo che l’atto è giunto all’indirizzo e lo provo magari con una
raccomandata con ricevuta di ritorno, ho la prova che l’atto è giunto e conosciuto, quindi io ho una
doppia forza, posso presumere che il destinatario l’ha anche conosciuto. A meno che il destinatario
provi di non averla conosciuta senza sua colpa, però scatta un onere di provare (onere della
prova) che non è facile da assolvere, quindi si può dire che la presunzione legale è tutta da parte
di chi ha mandato l’atto ed ha la prova che l’atto è giunto all’indirizzo del destinatario. Questo
rappresenta il meccanismo di conclusione del contratto che si fonda su proposta e accettazione
(che sono a loro volta atti, pre-contrattuali, e sono a loro volta degli atti negoziali cioè con cui si
manifesta una volontà anche se questa volontà non si possa definire ancora un atto contrattuale).
Dobbiamo definire cos’è una proposta affinché questa possa portare alla conclusione del contratto.
Es.: metto un annuncio online in cui io dichiaro la volontà di dare in locazione una stanza posta in
un appartamento con altri studenti (“affittasi posto letto nel centro di Pisa, per info rivolgersi al num
di tel o mail…”), supponiamo che qualcuno risponda alla mail dicendo di essere interessato ma di
volerla vedere. Siamo in una fase pre-contrattuale, in quanto quella “proposta” (che in realtà non è
tale ma è piuttosto una manifestazione di volontà contrattuale) è semplicemente un invito a
proporre perché non contiene ancora gli elem essenziali del contratto, è ancora molto vaga.
Per farla essere una proposta, occorrerebbe che io pubblicassi il seguente annuncio: “affittasi
posto letto in un appartamento di 100mtq in via Cavour a Pisa per il canone mensile di 400€”, un
atto di questo tipo comincerebbe già ad essere una proposta quindi, chi risponde all’annuncio
dicendo: voglio prendere in affitto questa stanza, conclude già il contratto. Cosa succede se ho un
ripensamento: poniamo che chi, dopo aver visto la stanza, una volta tornato nella sua città di
origine decide di accettare inviando l’accettazione con data e sottoscrizione, dopodiché
l’accettante però ci ripensa, si pente dell’accettazione perché magari ha visto un appartamento
migliore. Si può revocare l’accettazione? l’acquirente può revocare l’accettazione ma deve fare in
modo che la revoca arrivi prima rispetto all’accettazione, per es. se oggi invio per posta
ordinaria l’accettazione, domani mi pento, e mando la revoca per corriere in modo tale che arrivi
prima dell’accettazione. Più complicato è il discorso della proposta, cioè io invio una proposta,
l’accettante accetta e invia l’accettazione, mi pento poco dopo però della mia prop