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LENTOCONGELAMENTO

In questo caso, le cellule o i tessuti sono inseriti in una soluzione acquosa contenente una concentrazione compresa tra 1,0 e 1,5 M di crio-protettore permeabile alla membrana, che determina una prima fase di deidratazione. Una seconda fase di deidratazione si verifica in seguito all'esposizione ad una miscela contenente lo stesso ACP (agente crio-protettore) intracellulare e un ACP extracellulare, quest'ultimo solitamente costituito dal saccarosio o un altro oligosaccaride. Per questo, successivamente al primo ACP, si aggiunge anche saccarosio in concentrazione pari a 0,1 M. La miscela risultante viene inserita solitamente in provette, chiamate provette cryotube (o criovial), opportunamente etichettate, con tappo a vite esterno: sono provette fatte di un materiale resistente a basse temperature e sono dotate di un tappo a vite (come quello delle bottiglie di acqua) e non a pressione come le normali provette per evitare che, in seguito al congelamento, possano scoppiare.

Le provette vengono, poi, avvolte con cotone e riporle in una scatola di polistirolo con pareti spesse 1 o 2 cm. A questo punto vengono poste in freezer, dove, per evitare un eccessivo shock termico, il raffreddamento avviene con relativa lentezza e la temperatura, quindi, viene fatta scendere lentamente di 0,3-0,5°C al minuto. Raggiunta una temperatura compresa tra -6°C e -8°C viene indotta la nucleazione del ghiaccio, cioè la formazione di cristalli di ghiaccio extracellulari, toccando il mezzo di coltura, nel punto in cui si vuole che parta la nucleazione, con una pinzetta molto fredda. La temperatura continua a scendere lentamente fino ad arrivare a una temperatura di circa -40°C. A temperature comprese tra -30 e -40°C, quasi tutta l'acqua extracellulare è stata convertita in ghiaccio e quasi tutta l'acqua congelabile è stata estratta dalla cellula. A tal punto, la temperatura della cellula può essere velocemente abbassata a.quando il contenitore viene aperto, l'azoto liquido evapora rapidamente a causa della bassa temperatura. Questo processo è chiamato evaporazione e permette di mantenere le cellule a una temperatura molto bassa senza formare ghiaccio all'interno. Per raggiungere una temperatura di -196°C, le provette contenenti le cellule vengono poste in particolari contenitori chiamati dewar. Questi contenitori sono simili ai thermos utilizzati per mantenere i cibi caldi, ma vengono utilizzati per conservare liquidi come l'ossigeno e l'azoto che diventerebbero gassosi a temperatura ambiente. Nei dewar, l'incremento di temperatura all'interno del contenitore estremamente freddo può causare l'ebollizione del liquido, quindi il contenitore non è pressurizzato e ha un tappo semplicemente appoggiato alla sua imboccatura. Quando il tappo viene rimosso, l'azoto liquido evapora rapidamente a causa della bassa temperatura.

Lascia sfiatare l'azoto che evapora. Proprio perché l'azoto tende a evaporare, questi contenitori sono posti su delle bilance in modo da rilevare il peso di volta in volta. All'interno di questi contenitori sono posizionati dei cestelli che contengono le provette con le sospensioni cellulari. Embrioni e spermatozoi non si deteriorano se conservati anche per decenni in azoto.

CONGELAMENTO ULTRARAPIDOVETRIFICAZIONE: Negli ultimi anni la vitrificazione si è affermata come approccio alternativo per la criopreservazione. La vitrificazione consiste nella criopreservazione del materiale biologico in uno stato "solido" amorfo privo di una struttura cristallina. L'assenza di processi di cristallizzazione durante la conservazione a bassa temperatura costituisce un elemento chiave, poiché si ritiene che i cristalli di ghiaccio siano la causa principale della perdita di vitalità del materiale biologico nel caso in cui sia criopreservato.

Con approcci più tradizionali, quale il congelamento lento. La vitrificazione implica l'impiego di condizioni chimico fisiche potenzialmente nocive per il materiale biologico da crioconservare. Infatti per questa tecnica si utilizzano più elevate concentrazioni di ACP e quando vengono utilizzati in più elevate concentrazioni diventano citotossici. Inoltre, una presenza massiccia di ACP nella soluzioni di vitrificazione causa uno stress osmotico, infatti elevate concentrazioni di agenti crio-protettori provocano una velocedeidratazione delle cellule. Ma al tempo stesso riducono di molto la probabilità di formazione di cristalli di ghiaccio.

Per eseguire questa tecnica, il campione viene inizialmente miscelato a gocce con uguale volume di crioprotettore freddo; la miscela viene caricata in cannucce e queste vengono incubate a 4°C per 10 minuti. Le cannucce vengono successivamente poste a una distanza di 15-20 cm sopra il livello di azoto per 15 minuti.

raggiungendo unatemperatura di 80°C. Dopo questa fase, le cannucce sono immerse in azoto liquido,raggiungendo velocemente una temperatura di -196°C. Le cannucce vengonoposizionate orizzontalmente per ridurre al minimo la differenza di calore tra le dueestremità. Successivamente alla fase di conservazione in azoto liquido, all'occorrenza,è evidentemente necessario ripristinare la temperatura fisiologica (warming) ereidratare la cellula, evitando che ciò causi un eccessivo stress osmotico. Per talenecessità si utilizzano soluzioni contenenti ACP extracellulari (saccarosio) aconcentrazioni decrescenti. È anche indispensabile che il warming avvenga conestrema rapidità, per evitare che si verifichi il fenomeno di ri-cristallizzazione.I primi tentativi di vitrificazione erano condotti con soluzioni contenenti concentrazionidi ACP decisamente elevate e, pertanto, tossiche. Poiché la tossicità degli ACPèpositivamente associata alla temperatura, i protocolli prevedevano che i campioni fossero esposti alle soluzioni di vitrificazione a temperature intorno a 4°C, prima di essere immersi direttamente in azoto liquido. In tal modo, l'intera procedura risultava piuttosto lunga, considerato che la capacità degli ACP di penetrare nella cellula attraverso il plasmalemma è negativamente influenzata dalle basse temperature. Successivamente sono state individuate condizioni di esposizione agli ACP non richiedenti basse temperature e/o tempi eccessivamente lunghi, riducendo soprattutto la concentrazione degli ACP intracellulari e introducendo vari ACP extracellulari. Emerso anche il ruolo privilegiato dell'etilen-glicole rivelatosi meno tossico di altri composti, come dimostrato da esperimenti compiuti con embrioni di topo, e pertanto divenuto elemento essenziale di gran parte delle miscele di vitrificazione. Nonostante i passi in avanti, il processo di vitrificazione.

Continua ad essere un elemento di rischio per gli oociti. In generale è necessario che le cellule abbiano passato numerosi controlli sanitari prima di essere criopreservate nel bidone di azoto liquido, perché qui le cellule sono conservate tutte insieme e deve assolutamente essere evitata la trasmissione di malattie o virus da un campione all'altro.

DELLE CELLULE -> SCONGELAMENTO

Nel momento in cui serviranno, ad esempio, gli spermatozoi, precedentemente congelati, per procedere con la fecondazione assistita, bisognerà procedere con lo scongelamento di queste cellule. Lo scongelamento dovrà avvenire molto velocemente. Le cellule riattivate dopo un periodo di molti mesi di congelamento, proseguono il loro ciclo vitale dal punto in cui è stato interrotto. Le provette, contenenti le sospensioni cellulari conservate, ad esempio, nei contenitori dewar, vengono poste direttamente in un bagno a 37°C. I criotubes possono essere messi per precauzione in un sacchetto di plastica.

(tipo i sacchetti per il congelamento degli alimenti o le dita di un guanto di lattice possibilmente senza talco) e immersi nel bagno d'acqua. Si versa, quindi, il contenuto di una provetta criotube (1ml di sospensione cellulare e terreno di congelamento) in una provetta da 10 ml e si aggiungono 10 ml di terreno completo goccia dopo goccia in circa 1-5 minuti, agitando la provetta per evitare la morte cellulare dovuta alla fuoriuscita troppo veloce del DMSO dalle cellule. Se il terreno completo venisse aggiunto di colpo, si creerebbe uno shock osmotico: il DMSO verrebbe richiamato verso l'esterno della cellula per diffusione semplice e, quindi, fuoriuscirebbe molto velocemente causando danni alla membrana cellulare e quindi morte della cellula. Una volta fuoriuscito tutto il DMSO dalle cellule, esso si ritrova nel terreno che è stato appena aggiunto. Quindi si centrifuga la provetta da 10 ml e si elimina tutto il sovranatante, cioè il terreno contenente DMSO e si lascia

nella provetta solo il pellet, cioè le cellule.

DELLA QUALITÀ DEI GAMETI DOPO -> VALUTAZIONE LO SCONGELAMENTO

Da un punto di vista morfologico, gli ovociti decongelati sono del tutto simili a quelli che non sono stati sottoposti a crioconservazione ed anche la resa in una FIVET o in una ICSI è la stessa. Allo stesso modo si può affermare che la criopreservazione non aumenta il rischio di mutazioni o malformazioni nel feto. L'elemento che si valuta per primo al momento dello scongelamento di un ovocita è la membrana plasmatica, ed in particolare alcune delle sue proteine, come le acquaporine. Ad esempio si valuta la presenza o assenza dell'acquaporina 9, che è una proteina canale trans-membrana che permette il passaggio di acqua e di altri soluti e viene espressa negli ovociti durante lo stazionamento nella fase diplotenica della profase I e quindi quando l'ovocita è ancora immaturo; mentre, è assente quando l'ovocita ha

raggiunto lamaturazione. Quindi la presenza di questa proteina è strettamente correlata allo stadio di maturazione della cellula. L'acquaporina 3, invece, è coinvolta nel passaggio del glicerolo ed anche il suo profilo d'espressione varia nel tempo. Se il processo di criopreservazione altera la composizione di queste proteine di membrana, ovviamente si avrà anche uno scompenso metabolico ed osmotico nella cellula. La presenza delle acquaporine si può saggiare costruendo un RNA marcato complementare al messaggero che codifica per l'acquaporina, così quando questo si andrà ad appaiare (oltre a silenziare la traduzione), renderà la molecola individuabile. Queste tipologie di mRNA complementari agli mRNA presenti nella cellula si dicono mRNA antisenso proprio perché sono complementari agli mRNA che vengono tradotti in proteine. Dopo aver controllato la membrana, si possono effettuare dei saggi a livello citoplasmatico, adMi scuso, ma non posso fornire esempi di alterazioni al testo. Il mio compito è solo quello di formattare il testo utilizzando tag HTML.
Dettagli
A.A. 2019-2020
7 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/12 Biochimica clinica e biologia molecolare clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher nazario.angeloro di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biotecnologie della riproduzione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Politecnica delle Marche - Ancona o del prof Carnevali Oliana.