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GENETICA VIRALE

Per lo studio della genetica virale è importante tenere in considerazione il fenomeno delle

MUTAZIONI, spontanee o indotte, perché nei virus sono altissime in quanto i virus si replicano ad

una notevole velocità e ad ogni ciclo replicativo si forma un numero elevatissimo di particelle. La

frequenza di mutazioni è diversa tra genomi a RNA e a DNA, infatti quelli a DNA utilizzano le

strategie replicative della cellula (stessi enzimi cellulari o enzimi virali ad essi simili) e seguono le

regole della replicazione del DNA cellulare, con conseguente frequenza di mutazioni nel genoma

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virale simile a quella del genoma cellulare (1 nucleotide mutato ogni 10 -10 nucleotidi inseriti),

mentre quelli a RNA per trascrivere il loro genoma sfruttano una polimerasi diversa che, come tutte

le polimerasi, non ha attività di proof-reading ed è molto più imprecisa della DNA polimerasi, con

conseguente maggiore frequenza di mutazioni (1 nucleotide mutato ogni 10-100000 nucleotidi

inseriti). Le dimensioni dei genomi dei virus a RNA sono sempre inferiori di quelle dei virus a DNA,

perché esiste un valore soglia di mutazioni accettate nel genoma affinchè un virus mantenga la

capacità di replicare: tanto più lungo è il genoma tanto più è alto il rischio di inserire delle mutazioni

e prima si raggiunge il valore soglia. Nei genomi segmentati il rischio è ancora minore. L’alta

frequenza di mutazioni è associata alla capacità evolutiva dei virus, infatti sono gli organismi più

adattati all’ambiente e con la più alta capacità di adattarsi ai cambiamenti ambientali: il Polioviorus

è in grado di modificare del 2% il suo genoma in 4-5 giorni, mentre una stessa modificazione è

stata raggiunta tra uomo e scimmia in milioni di anni. Un RNA virale di 10 kb può generare un

numero enorme di mutanti, la maggior parte dei quali si perde perché il virus supera la soglia di

mutazioni e non è in grado di replicarsi.

Il fenomeno dello SPILLOVER è la capacità dei virus di passare da una specie ad un’altra,

passando dall’ospite naturale (serbatoio di infezione nel quale è apatogeno o causa malattie

blande) ad organismi di specie diverse: gli Herpesvirus sono talmente adattati all’uomo che in

quasi il 100% della popolazione albergano dando delle infezioni asintomatiche. Lo spillover è

spesso associato al fatto che quando il virus infetta il nuovo ospite dà delle malattie anche mortali.

In cosa consiste lo spillover? Per fitness, in virologia, si intende quanto un virus è adattato a un

determinato ospite, replicandosi efficacemente in esso e trasmettendo l’infezione; se il virus ha una

fitness alta si replica facilmente nell’ospite, viceversa se la sua fitness è bassa può anche

estinguersi con il tempo. La barriera di specie è indicata

dalla “valle della fitness”: un virus che si trova nel suo

ospite naturale per poter infettare un’altra specie deve

andare incontro ad un numero di mutazioni tali per cui, ad

esempio, i suoi antirecettori siano in grado di riconoscere i

recettori delle cellule di una nuova specie, ma ci possono

essere mutazioni che interessano altri caratteri: capacità

di sintetizzare nuovi enzimi etc. Possono esserci delle

barriere di specie molto profonde, e che richiedono molte mutazioni prima che il virus riesca a

passare alla nuova specie, mentre ci sono situazioni in cui la valle della fitness è meno profonda e

servono quindi meno mutazioni affinchè il virus passi da una specie all’altra, come accade nel caso

dei virus influenzali aviari.

Altro meccanismo che può aiutare il virus a compiere il salto di specie fino all’uomo, partendo da

un ospite che rispetto all’uomo ha una valle della fitness molto profonda, è la creazione di un

ospite intermedio.

Il fenomeno dello spillover è uno dei problemi infettivologici più grandi, infatti tutte le nuove

infezioni comparse sono dovute a questo, facilitato da una serie di fattori: HIV è passato dalle

scimmie all’uomo, i virus influenzali possono passare dagli uccelli all’uomo o dagli uccelli ai maiali,

o ancora dai maiali all’uomo (le cose possono andare anche in senso opposto); Coronavirus

passano dai pipistrelli all’uomo dando delle infezioni molto gravi e la valle della fitness è molto

profonda, infatti spesso si è venuto a creare un ospite intermedio (zibetto nel caso della Sars,

cammelli nel caso della Mers). Caratteristica comune dei virus che compiono spillover è quella di

possedere un genoma a RNA. 3 4

HIV è il virus con più alta frequenza di mutazioni in assoluto, che va da 1:10 a 1:10 , e questo

significa che ogni 10mila nucleotidi inseriti ci possono essere da 1 a 10 mutazioni, con una rapida

evoluzione del virus stesso. Questo fa sì che l’evoluzione sia estremamente rapida anche

all’interno dell’ospite: sequenziando il virus sia al momento dell’infezione che dopo sei mesi o un

anno, si osserva una quantità di mutazioni molto elevata, diversa nei diversi distretti anatomici; per

HIV si parla infatti di “quasi-specie” perché hanno una quantità di mutazioni talmente elevata da

considerarle quasi delle specie diverse. Una così alta frequenza di mutazioni in HIV si ha perché la

retrotrascrittasi non ha attività di proof-reading, ma anche perché è un enzima che si comporta in

maniera particolare, compiendo dei salti da un filamento all’altro durante la trascrizione; questo

salto può essere compiuto anche da un filamento all’altro del genoma (i Retrovirus hanno un

genoma costituito da due filamenti di RNA non appaiati), formando un nuovo filamento denso di

mutazioni sia nuove che derivate dai due filamenti appunto. Questo ha come conseguenza il fatto

che se in un individuo si ha tanta quantità di “quasi-specie” (alcune prevalenti che costituiscono il

98% della popolazione), basta mettere una barriera selettiva per cambiare la distribuzione delle

quasi-specie nel paziente: una barriera selettiva è ad esempio la risposta immunitaria, e se HIV

non fosse così bravo nel mutare, non diventerebbe un’infezione cronica. Per questo motivo è molto

difficile mettere a punto un vaccino contro l’HIV, e perciò si stanno cercando dei vaccini formulati

con proteine di HIV non sottoposte a pressione selettiva. Altra importante conseguenza è che

un’alta pressione selettiva è la terapia farmacologica, che però non è più efficace nel momento in

cui il virus modifica il bersaglio del farmaco e si ha infatti farmaco resistenza. Le mutazioni

possono anche avere effetti negativi sul virus: se ce ne sono troppe il virus può perdere la capacità

di infettare, oppure possono esserci mutazioni che determinano una variazione della fitness dello

stesso, e questo implica che se una delle tante “quasi-specie” presenti anche solo all’interno di uno

stesso paziente và incontro a mutazione che determina aumento della fitness, questa diventa

preponderante rispetto alle altre. La variazione della fitness associata a mutazioni è importante

anche per il destino delle mutazioni stesse: se una mutazione che determina resistenza ad un

farmaco genera anche aumento della fitness, si fisserà nella popolazione e si trasmetterà alla

progenie, mentre se determina una diminuzione della fitness, non si fissa nella popolazione e

viene persa, in quanto la popolazione mutata è svantaggiata rispetto alle altre. Questo ha un

risvolto pratico nel trattamento in clinica delle infezioni da HIV: un farmaco molto utilizzato nella

terapia, LAMITIDINA, è un inibitore della trascrittasi inversa, e seleziona con estrema facilità una

mutazione che rende il virus resistente a questo stesso farmaco; il farmaco viene però mantenuto

(nonostante il virus sviluppi resistenza ad esso) perché porta anche ad una riduzione della fitness,

e questo implica che pur mantenendo la barriera selettiva nei confronti della mutazione, il virus si

replica molto meno velocemente rispetto al normale, e si ha comunque un certo vantaggio

terapeutico. Se la mutazione non determina variazione della fitness, la fissazione della mutazione

è inferiore.

Anche i CORONAVIRUS hanno un’elevatissima frequenza di mutazioni; sono i virus ad RNA con il

genoma più grosso (circa 30 kb) e questo fa sì che ad ogni ciclo replicativo si formino 2-3

mutazioni. Grazie a questa frequenza di mutazioni i Coronavirus vanno facilmente incontro a

spillover.

Le mutazioni non sono importanti solo per l’evoluzione virale, ma anche per lo studio dei genomi

stessi, in quanto ci permettono di capire la funzione di determinati geni: mutazioni che funzionano

come marker biochimici modificano ad esempio la sensibilità ai farmaci o a determinati enzimi. Si

hanno poi delle mutazioni (delezioni) importanti nel determinare la formazione di virus defettivi, non

in grado di replicarsi autonomamente ma che richiedono la presenza di un virus helper che

fornisca loro la funzione deleta (un gruppo di Retrovirus oncogeni hanno nel loro genoma un

oncogene animale che ha però sostituito qualche altro gene virale che li ha resi defettivi). Altre

mutazioni molto importanti sono quelle che generano i mutanti termosensibili, e che alterano la

capacità di moltiplicazione di un virus a determinate condizioni di temperatura (il virus non si

replica ad esempio a 37° ma solo a temperature inferiori o superiori).

Un fenomeno genetico importante nei virus è la RICOMBINAZIONE, appaiamento in regioni di

omologia e scambio di materiale genetico, che si presenta quasi esclusivamente nei virus a DNA e

nei Retrovirus (perché hanno un intermedio a DNA). Le ricombinazioni vengono sfruttate per

studiare e mappare un genoma (tanto più due geni sono lontani tanto maggiore sarà la frequenza

di ricombinazione) e per stabilire la funzione di determinati geni mediante ricombinazione tra due

virus diversi. Anche il virus di Epstein-Barr codifica per numerose proteine con un analogo cellulare

acquisite con eventi di ricombinazione (ad esempio le citochine pro infiammatorie).

Il RIASSORTIMENTO genico è invece un fenomeno che si attua nei virus con genoma segmentato

(Virus Influenzali e Reovirus) e si verifica quando una stessa cellula è infettata da due virus

diversi; i virus influenzali hanno 8 segmenti, ed il processo dell’incapsidamento avviene in maniera

casuale, dando origine a virus nuovi sempre diversi. Gli 8 segmenti codificano per 10 proteine: 6

sono monocistronici e 2 sono policistronici; di tutte queste proteine, i segmenti importanti sono

quelli codificanti per le proteine dell’envelope. Nell’envelope dei virus influenzali sono presenti due

proteine

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
8 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/19 Microbiologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Airaliz di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Virologia molecolare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Cermelli Claudio.