vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
X. LE FONTI DELLE AUTONOMIE
1. STATUTI REGIONALI
Definizioni
Sono fonti dell’ordinamento regionale: lo Statuto, la legge regionale e il regolamento regionale.
Per statuto regionale si intende quel tipo di fonte del diritto che, in virtù del principio di autonomia, disciplina
l’organizzazione interna delle Regioni, indica i fini che l’ente intende perseguire e detta le regole fondamentali a cui
essa dovrà attenersi nell’esercizio della sua attività. Tutte le Regioni hanno uno Statuto, ma gli statuti sono di tipo
diverso: proprio per questa diversità si distinguono le Regioni “a statuto speciale” da quelle “a statuto ordinario”
(VI). La diversità riguarda soprattutto la funzione che gli Statuti svolgono.
- Gli Statuti delle Regioni speciali servono a disciplinare i loro “poteri”, oltre alla loro organizzazione. Infatti, mentre
le Regioni ordinarie sono sottoposte ad una disciplina comune, dettata dal titolo V della Costituzione, e in particolare
dall’art. 117 che ne definisce la potestà legislativa, le cinque regioni speciali (e le due Province autonome di Trento e
Bolzano) hanno ciascuna una propria disciplina, derogatoria rispetto a quella comune dettata dalla Costituzione.
Secondo l’art. 116 Cost. gli Statuti delle Regioni speciali sono adottati con legge costituzionale, che rinvia allo
Statuto speciale la definizione di “forme e condizioni particolari di autonomia”.
- Diversa è la funzione degli Statuti delle Regioni ordinarie. Per esse le “forme e condizioni di autonomia” sono già
definite dalla Costituzione. Però, dopo la riforma costituzionale del 1999 (legge cost. 1/1999), gli statuti delle Regioni
ordinarie hanno acquisito una funzione molto importante. Mentre in precedenza era la stessa Costituzione a
disciplinare i tratti fondamentali della “forma di governo” delle Regioni, lasciando agli Statuti uno spazio normativo
molto ridotto, ora è assegnato agli Statuti di ridefinire integralmente la “forma di governo” della Regione (art. 123.1
Cost.)
In seguito, la legge cost. 2/2001, ha concesso anche alle Regioni speciali una certa autonomia, prevedendo che la
Regione (o la Provincia autonoma) possa dotarsi di una propria “legge statuaria” che ridisegni la forma di governo e
il sistema elettorale. Si tratta di una legge regionale “rinforzata”, perché deve essere approvata a maggioranza
assoluta e può essere poi sottoposta ad un referendum approvativo se lo richiede una frazione del corpo elettorale o
dell’assemblea regionale: significative differenze ci sono però per la Valle d’Aosta e le Province Autonome di Trento
e Bolzano.
Procedimento di formazione
A) Lo Statuto delle Regioni speciali è una legge costituzionale un po’ particolare, per due ragioni:
- Innanzitutto, come si è appena detto, parte delle sue disposizioni sono derogabili attraverso una legge regionale
“rinforzata”: quindi lo Statuto subisce un “depotenziamento” di alcune sue parti (quelle sulla forma di governo), nel
senso che la disciplina in essa dettata può essere modificata con legge regionale, subendo un processo di
“decostituzionalizzazione”, ossia di declassamento dal livello della Costituzione a quello della legislazione ordinaria;
- anche il procedimento di revisione degli Statuti è semplificato: infatti la legge cost. 2/2001 prevede che le future
modifiche degli Statuti speciali non siano sottoposti a referendum costituzionale.
B) Lo Statuto delle regioni ordinarie ha subito una radicale riforma per ciò che riguarda il processo di formazione.
Il “nuovo” art. 123 Cost. dispone che lo Statuto sia approvato (e modificato) “dal Consiglio regionale con legge
approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non
minore di due mesi”. Il Governo può impugnarlo direttamente dinanzi la Corte costituzionale entro 30 giorni dalla
sua pubblicazione. Entro 3 mesi può essere chiesto di sottoporlo a referendum approvativo a sospensivo, perché,
secondo l’art. 123, “lo Statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei
voti validi”. La pubblicazione dello Statuto è meramente notiziale, cui seguirà la promulgazione da parte del
Presidente della Regione e la pubblicazione sul Bollettino ufficiale regionale (B.U.R.).
Dunque gli Statuti Regionali ordinarie sono leggi regionali rinforzate. Il “nuovo” art. 123 Cost. riserva ad essi la
disciplina di alcuni importanti aspetti: la forma di governo regionale, i principi fondamentali di organizzazione e di
funzionamento, il diritto di iniziativa legislativa, ecc. Insomma, mentre prima della riforma lo Statuto doveva restare
nell’ambito dei principi fissati dalla legislazione statale, ora gli unici limiti sono quelli derivanti dal “puntuale rispetto
di ogni disposizione della Costituzione” e del “suo spirito”. 1
Lo Statuto funge quindi da limite sia per le leggi ordinarie dello Stato, sia per le leggi regionali.
2. LEGGI REGIONALI
La legge regionale è una legge ordinaria formale ed ha la sua stessa posizione nella gerarchia delle fonti del diritto.
La collocazione tra le fonti primarie è giustificata sia perché la competenza della legge regionale è garantita dalla
stessa Costituzione, sia perché la Costituzione la pone su un piano di concorrenza e di separazione di competenza
con la legge statale (X.2.3.), sia infine perché è parificata alla legge statale per quanto riguarda il controllo di
legittimità, riservato alla Corte costituzionale (XII.3.1).
Alle leggi regionali sono tutto e per tutto equiparate le leggi provinciali emanate dalle Province di Trento e Bolzano,
per la particolare autonomia loro riconosciuta dallo Statuto della Regione Trentino-Alto Adige.
Procedimento
Il procedimento di formazione della legge regionale è disciplinato in minima parte dalla Costituzione, in parte dallo
Statuto (soprattutto per quanto riguarda l’iniziativa e la promulgazione) e per il resto (essenzialmente per quanto
riguarda i lavori nella fase deliberativa) dal regolamento del Consiglio regionale.
Il procedimento si svolge in queste fasi essenziali:
- Iniziativa: oltre alla Giunta e ai consiglieri regionali, l’iniziativa spetta agli altri soggetti individuati dagli statuti (i
quali, in genere, la estendono al corpo elettorale e agli enti locali);
- Approvazione in Consiglio regionale: è generalmente previsto il ruolo delle commissioni consiliari in sede referente,
ma alcuni statuti prevedono anche la commissione redigente; comunque in assemblea sono previste le classiche 3
letture (IX.3.3). La legge è approvata a maggioranza relativa, ma gli Statuti possono prevedere maggioranze
rinforzate.
- Promulgazione: da parte del Presidente della Regione e successivamente viene pubblicata sul BUR (bollettino
ufficiale regionale).
Allo Stato è consentito soltanto di impugnare le leggi regionali successivamente alla loro pubblicazione, cioè quando
esse già sono in vigore, senza poter esercitare un veto preventivo. Solo in Sicilia (e in Trentino-Alto Adige) le
procedure si svolgono diversamente: infatti è sopravvissuta (come ha confermato la Corte costituzionale nella sent.
314/2003) la peculiare forma di controllo preventivo sulle leggi regionali esercitata entro un termine molto breve dal
Commissario del Governo, scaduto il quale la legge può essere promulgata anche se la Corte costituzionale non si è
ancora pronunciata.
L’estensione della potestà legislativa regionale
La nuova formulazione dell’art. 117 ribalta completamente l’impostazione precedente, secondo cui erano indicate
tassativamente le materie nelle quali le Regioni potevano legiferare. Ora, invece, il nuovo art. 117 stabilisce:
a) un elenco di “materie” su cui c’è la potestà legislativa esclusiva dello Stato (per esempio, affari esteri,
immigrazione, ordine pubblico, difesa, cittadinanza, giurisdizione, moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari:
art. 117.2);
b) un elenco di “materie” su cui le Regioni hanno potestà legislativa concorrente (per esempio, tutela e sicurezza sul
lavoro, professioni, tutela della salute, protezione civile: art. 117.3). La “concorrenza” consisteste sostanzialmente in
questo: la legislazione dello Stato determina “i principi fondamentali della materia”, mentre il resto della disciplina
compete alle Regioni che, ovviamente, devono rispettare i “principi” fissati dallo Stato;
c) una clausola residuale per cui tutte le materie non comprese nei due elenchi precedenti, spetta alle Regioni la
potestà legislativa (potestà legislativa residuale delle Regioni).
Questo è lo schema generale, ma bisogna tenere presenti alcuni fattori:
1. Gli obblighi internazionali: in precedenza era solo la legislazione regionale ad essere tenuta al rispetto degli
obblighi internazionali contratti dallo stato, sia nel senso del divieto di assumere impegni giuridici con ordinamenti
internazionali (il c.d. potere estero), sia nel senso del divieto di legiferare in contrasto con gli impegni assunti dallo
Stato in sede internazionale. 2
Il nuovo art 117 parifica la posizione del legislatore regionale a quella del legislatore statale vincolando entrambi al
rispetto degli obblighi internazionali, inoltre per la prima volta viene consentito alle regioni di stipulare accordi con
stati o con enti territoriali interni ad un altro stato.
2. Le interferenze statali nelle materie regionali: Fin dall’approvazione nel 2001 della riforma del titolo V della parte
II della Costituzione, il problema principale posto dalla nuova ripartizione di attribuzioni legislative tra Stato e regioni
è stato quello di una chiara individuazione del contenuto delle materie, al fine di determinare una netta linea di
demarcazione tra competenza statale e competenza regionale.
Un primo elemento di difficoltà consiste nel fatto che, tra le materie attribuite alla competenza esclusiva statale, ve
ne sono alcune di carattere trasversale, che fanno riferimento non ad oggetti precisi, ma a finalità che devono essere
perseguite e che pertanto si intrecciano con una pluralità di altri interessi, incidendo in tal modo su ambiti di
competenza concorrente o residuale delle regioni (ex multis: sentenza n. 171/2012, n. 235 del 2011, n. 225/2009, n.
12 del 2009, n. 345/2004, n. 272/2004). Con riferimento a tali materie sono stati coniati in dottrina i termini
di materie- funzioni o materie-valori.
Le principali materie trasversali sono state individuate in:
- tutela della concorrenza¸ cui è sotteso “l'intendimento del legislatore costituzionale del 2001 di unificare in capo
allo Stato strumenti di politica economica che attengono allo sviluppo dell'intero Paese” (