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Amore che tiene Beatrice (probabilmente nuda) fra le braccia. Amore strappa il
cuore dal petto di Dante per darlo da mangiare a Beatrice, poi ascende al cielo.
Questo episodio ha dato origine a numerosi studi psicoanalitici.
La prima poesia di Dante diventa quindi un complemento di questa storia,
segno di un’intenzione di rivisitazione: la poesia è scritta prima del sogno, ma
successivamente diviene il completamento di quel sogno. Dante aveva già
inviato la sua poesia ai suoi amici.
In seguito, Dante aggiunge un altro elemento nella Vita Nova: la donna dello
schermo. A questo punto non parla più direttamente di Beatrice e ricorre a una
figura tradizionale e provenzale, il Senhal (ovvero la “donna dello schermo”).
Simbolicamente, questo passaggio indica che si sta lasciando andare; parla di
questa donna in modo meno nobile, e Beatrice, indignata, gli priva del saluto.
La privazione del saluto è significativa: quel gesto infondeva in Dante umiltà e,
come diremmo oggi, gli dava un senso di vita, trasmettendogli una beatitudine
insopportabile.
Dante è sconvolto da questa privazione, poiché chiedeva in qualche modo un
contraccambio: scriveva poesie in cambio del saluto. Si ritira nella sua stanza
come un “pargoletto battuto”, e qui sogna nuovamente Amore, che gli spiega
perché Beatrice gli ha tolto il saluto. A questo punto si ha la svolta: dopo essere
stato deriso da alcune donne per aver perso Beatrice, capisce che non deve
aspettarsi nulla in cambio. La lode deve essere gratuita.
Da questo momento, Dante si distacca dalla logica della seduzione reciproca.
Ora che ha compreso questa verità, scrive sonetti ma non li indirizza più a
Beatrice, bensì alla “poesia della lode”.
In questo contesto troviamo il sonetto “Tanto gentile e tanto onesta pare”: non
parla mai di Beatrice per nome, ma la descrive come una figura cristologica,
metà Madonna e metà Cristo. Qui si richiede uno sforzo interpretativo: non vi è
una realtà concreta, bensì una divinizzazione umana che suggerisce un nuovo
modello di rapporto tra uomo e donna, basato sull’eccellenza morale e
spirituale. Per Dante, quindi, la lode diventa fine a sé stessa, un puro canto
poetico.
Dante scrive una serie di opere per meglio comprendere la Commedia, perché
vuole dimostrare che la dottrina e la filosofia non sono separate dalla vita:
infatti, sono scienze umane, ossia saperi e arti legati direttamente all’esistenza.
Tra queste opere spicca il Convivio, un trattato filosofico in forma di prosimetro
(prosa e poesia), sebbene incompleto. Il titolo, che significa “banchetto” o
“pranzo in comune”, richiama il concetto di simposio greco, un convivio di
discussione e conoscenza (dal greco simposio = “bere insieme”). Dante lo
scrive per divulgare e, probabilmente, chiarire a sé stesso temi fondamentali
che svilupperà più ampiamente nella Commedia.
Il Convivio è un’opera filosofica e didattica incompleta: inizialmente Dante
aveva progettato di commentare 14 canzoni dottrinali, ma ne scrisse solo 4,
perché tutte le sue energie si concentrarono poi sulla Commedia. Ad esempio,
una delle canzoni, Voi che ’ntendendo il terzo ciel movete, affronta il tema
dell’amore e della cosmologia, e si rivolge agli angeli, visti come forze
cosmiche. Dante trae ispirazione da autori come Guido Guinizzelli e utilizza
questo testo per spiegare l’universo tolemaico, unendo la cosmologia con il
pensiero di Tommaso d’Aquino, il grande filosofo medievale che classificò il
sapere in modo sistematico nelle sue Summe.
Nella seconda parte del Convivio, Dante parla della psicologia umana, dei vizi e
delle virtù, creando un trattato che analizza i comportamenti umani con grande
acutezza. Inoltre, rielabora la visione tolemaica, affermando che la Terra è al
centro e ogni cielo presiede a una tendenza dell’animo umano. Gli antichi,
secondo lui, si interessavano molto ai talenti delle persone, e il terzo cielo,
quello di Venere, influenza specificamente le inclinazioni umane. Da qui, Dante
procede spiegando l’universo in modo chiaro, rendendo accessibili questi saperi
medievali.
Dante inserisce le sue canzoni nel Convivio, commentandole in prosa per
trattare di vari temi, come amore e politica, sempre con un intento divulgativo.
L’opera è scritta in volgare, proprio per avvicinare al sapere anche la gente
comune, rompendo il monopolio del sapere riservato ai chierici e ai notai. In
questo senso, il Convivio ha un forte carattere emancipatorio. Il
carattere è dottrinale e si apre con la famosa citazione che è la prima riga della
Metafisica di Aristotele: “tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere”: nel
novero dei laici, destinatari del suo trattato filosofico, include, oltre ai nobili
d’animo e di stirpe, anche le donne a cui era, e per secoli sarà, precluso il
mondo dei litterati universitari. Egli si adopera affinché il diritto alla conoscenza
filosofica sia alla portata di tutti perché la posta in gioco è decisiva: essere
felici. Soltanto la filosofia può portare l’uomo a conoscere il proprio fine ultimo,
nel cui raggiungimento consiste la vera felicità.