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I risultati o i cambiamenti attesi: l’infermiere ricerca prima di tutto il potenziamento
dell’indipendenza relativa ai 14 bisogni fondamentali o ad una morte serena.
Secondo Virginia Henderson, il termine bisogno definisce “…una necessità, piuttosto che una
mancanza: esso ha dunque, un senso positivo…”. I 14 bisogni riguardano aspetti essenziali:
se uno di essi non viene soddisfatto, l’individuo non è completo e indipendente. Comunicare è
essenziale così come respirare, vestirsi o divertirsi. Questo concetto è particolarmente
importante, in quanto riguarda ciò che è indispensabile per l’esistenza, andrà quindi tenuto
presente per orientare gli atti infermieristici in modo da soddisfare i bisogni dell’individuo,
favorendone l’indipendenza.
Si può considerare l’essere umano sotto diverse angolature che corrispondono ad altrettante
dimensioni: biologica, fisiologica, psicologica, sociale e culturale.
La dimensione biologica riguarda il patrimonio genetico, il sesso e l’età.
La dimensione fisiologica riguarda il funzionamento degli organi.
La dimensione psicologica riguarda il carattere, le emozioni, i sentimenti e l’umore.
La dimensione sociale riguarda le interazioni ed i fenomeni sociali (famiglia, gruppi).
La dimensione culturale riguarda l’etnia, la nazionalità, le credenze e le leggi specifiche
di una società.
Queste sono prospettive da cui bisogna partire per valutare o giudicare se un bisogno viene
soddisfatto o meno. È dunque importante comprendere come ciascuna di queste dimensioni
può influenzare l’indipendenza. Nel corso del processo di valutazione del paziente, l’infermiere
raccoglie delle informazioni circa la soddisfazione dei bisogni dell’individuo, prendendo in
considerazione le prospettive, biologiche, psicologiche e socio-culturali, attraverso uno
strumento definito processo di risoluzione del problema. Si tratta di una procedura definita
scientifica perché utilizzata in modo sistematico, comporta delle tappe definite che
corrispondono a delle norme logiche comuni a tutti gli approcci scientifici. Il processo di
risoluzione dei problemi può essere definito come un processo metodico e dinamico che
permette di studiare un fatto, una situazione o un problema, allo scopo di trovare una
soluzione.
Il processo di risoluzione del problema comporta cinque fasi; non sono necessariamente in
quest’ordine. Si può modificarne la sequenza, in quanto possono esistere due modi per
affrontare il processo di risoluzione del problema: Il primo consiste nel raccogliere più
informazioni possibili (raccolta dei dati) mirando ad individuare il problema e ad identificarne
le cause (interpretazione); Il secondo consiste nel fare prima un’ipotesi (interpretazione), per
poi convalidarla tramite l’osservazione, individuando cosi le cause (raccolta dei dati). Le fasi
della raccolta dei dati, della loro analisi e dell’interpretazione possono essere invertite o
realizzate simultaneamente a seconda del punto di partenza de processo. Un infermiere
esperto non avrà difficoltà a partire da un’ipotesi. Si è a lungo criticato questo metodo perché
lo si considerava intuitivo. In realtà non c’è nulla di male ad utilizzare l’intuizione, purché
questa sia rigorosamente convalidata.
Registrazione dei dati: Usando un modello di sintesi, i dati dell’accertamento sono
registrati in modo sistematico e diventano una parte permanente della documentazione
clinica. Di solito, le strutture sanitarie hanno un modello specifico per registrare i dati e
facilitarne l’uso da parte degli altri infermieri che assistono il paziente. In questo CdL
useremo uno strumento chiamato PAI. I dati dell’accertamento di base sono rivisti
periodicamente, per confermare i risultati dell’accertamento e confrontare lo stato del
paziente con le sue condizioni iniziali. Si possono usare due metodi: la tradizionale
documentazione scritta dell’accertamento e la documentazione computerizzata.
Validazione dei dati: La validazione dei dati, comunemente chiamata doppio controllo
delle informazioni ottenute, è il processo di conferma dell’accuratezza dei dati raccolti
nell’accertamento. I metodi di validazione dei dati comprendono: La comparazione
delle informazioni con le funzioni normali, fare riferimento a libri di testo, riviste e
rapporti di ricerca, Controllare la consistenza delle informazioni, Chiarire le affermazioni
del paziente, Cercare il consenso dei colleghi sulle inferenze.
Il processo diagnostico: I dati si possono interpretare in due modi: induttivamente e
deduttivamente. Nell’induzione si parte dai fatti per arrivare ad una conclusione. Nella
deduzione si parte da un’intuizione per giungere a verificare concretamente se questa
si presenta nella situazione o nel paziente.
I fattori eziologici individuano la diagnosi infermieristica: In effetti, due pazienti possono
presentare un’alterazione della mobilità, e il fattore eziologico, permette di descrivere
ciò che è proprio a ciascuno.
Nell’esempio “ alterazione della cute (problema) collegata all’immobilità”, l’infermiere
può intervenire sull’immobilità. Se invece noi avessimo indicato “collegata ad una
frattura”, sarebbe stato difficile identificare gli interventi infermieristici che avrebbero
contribuito alla sua comparsa. Infatti è il medico che tratta la frattura. È importante
formulare in modo preciso la natura del problema di cui soffre l’individuo. Se la DI è
troppo vaga o generica, sarà difficile formulare l’obiettivo assistenziale e gli interventi
necessari.
La diagnosi infermieristica: È orientata all’individuo. Descrive le reazioni della persona
difronte alla malattia. Guida agli interventi propri delle funzioni autonome
dell’infermiere. Viene modificata a seconda delle informazioni del paziente. È un
completamento della diagnosi clinica.
Esistono delle liste di diagnosi infermieristiche che l’infermiere può consultare quando
vuole formulare il problema del paziente. L’espressione «diagnosi infermieristica» iniziò a
fare la sua prima comparsa in letteratura negli anni ‘50. Virginia Fry fu la prima ad invertire
questa convinzione parlando in un articolo scientifico di Diagnosi Infermieristica, nel 1953.
Nel 1973, gli Standard of Nursing Practice dell’ l’ American Nurse Association (ANA)
approvò l’adozione delle diagnosi infermieristiche. Nel marzo del 1990, nel corso della
nona conferenza della North American Nursing Diagnosis Association -NANDA1,
l’assemblea generale ha approvato una definizione ufficiale di Diagnosi Infermieristica:
“Un giudizio clinico sulle risposte dell’individuo, della famiglia o della comunità ai problemi
di salute/processi della vita, reali o potenziali. Le diagnosi infermieristiche costituiscono il
fondamento per selezionare gli interventi infermieristici atti a realizzare gli obiettivi dei cui
risultati è responsabile l’infermiere”.
La pianificazione assistenziale passa attraverso cinque fasi:
L’ identificazione delle priorità,
La formulazione degli obiettivi,
L’identificazione dei modi di supplenza (Sono i mezzi di cui dispone l’infermiere per
intervenire. Queste espressioni indicano il modo di agire, non l’atto in sé. È collegato
alla causa di difficoltà, ovvero, mancanza di forza fisica, di conoscenze o di volontà. I
modi di intervento identificati da Virginia Henderson sono: aggiungere, aumentare,
completare, rimpiazzare, rinforzare e sostituire.),
L’identificazione degli atti infermieristici (In questa fase, l’infermiere deve identificare
come intende aiutare il paziente a raggiungere l’obiettivo prefissato. A seconda della
mancanza di cui l’individuo soffre (mancanza di forza fisica, di conoscenze e di volontà)
ed a seconda del modo di supplenza adottato (aggiungere, aumentare, completare,
rimpiazzare, rinforzare, sostituire) si definiscono gli atti da compiere per supplire o
aiutare a risolvere il problema identificato dalla diagnosi. Gli atti sono di tre tipi:
indipendenti, dipendenti e interdipendenti.),
La redazione del piano di assistenza (Il piano di assistenza è un metodo di
comunicazione scritta. L’efficacia del processo deriva dalla cooperazione fra gli
operatori. Il piano di assistenza opera in questo senso, poiché esso assicura una
comunicazione costante fra gli operatori e garantisce la continuità. Inoltre, il piano di
assistenza deve essere aggiornato se si vogliono raggiungere gli obiettivi per i quali è
stato redatto. Gli infermieri annotano le informazioni relative al paziente durante le fasi
decisive del processo: al momento dell’analisi e dell’interpretazione, della
pianificazione e della valutazione. Il piano di assistenza viene solitamente redatto
all'amissione del paziente e deve poter essere consultato da tutti che sono coinvolti nel
percorso di cura del paziente. Il piano di assistenza è la sintesi del processo. Permette
di accedere rapidamente alla pianificazione che è stata decisa per e con il paziente. In
questo senso garantisce la continuità delle cure.)
Per delegare è necessario: Delegare adeguatamente (attività giusta alla persona giusta),
Adeguata comunicazione (affinché la delega sia efficace è necessario che non ci siano
malintesi, Adeguata supervisione (l’infermiere DEVE verificare che i compiti delegati siano
svolti adeguatamente).
Il bisogno di respirare, è il più importante di tutti bisogni. L’apporto di ossigeno è assicurato se
il sistema respiratorio è integro. A livello bio-fisiologico bisogna verificare la pervietà delle vie
aeree e l’integrità dei sistemi biologici coinvolti nella respirazione: l’apparato cardio-
circolatorio e respiratorio. A livello psicologico, l’infermiere raccoglie delle informazioni che
riguardano l’influenza delle emozioni sulla respirazione: frequenza, ritmo, ampiezza. A livello
socio-culturale devono essere raccolti dei dati che riguardano l’ambiente dell’individuo o le
sue abitudini di vita: tabagismo, qualità dell’aria di casa e a lavoro.
Il bisogno di bere e mangiare è definito come l’ingestione degli elementi essenziali alla vita
dell’organismo. A livello bio-fisiologico, la soddisfazione di questo bisogno è condizionata dalla
quantità e dalla qualità degli elementi ingeriti. I bisogni dell’organismo variano in funzione
dell’età e della crescita, inoltre alcuni stati fisi