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A SPETTI IMPORTANTI NEL COLLOQUIO DI ORIENTAMENTO
Criticità, elementi da evitare: durante il colloquio il consulente deve evitare di:
- svolgere un interrogatorio, porre domande chiuse. Inteso come evitare un atteggiamento di tipo rigido, usare domande abbastanza strette, che inciterebbero il proprio interlocutore a rispondere in modo sintetico e abbastanza secco. Questo non aiuta l'espressione spontanea, naturale, che sta alla base della narrazione personale della propria storia formativa e lavorativa.
- esprimere qualsiasi opinione personale o peggio un giudizio morale su quanto viene detto dal proprio interlocutore. Il professionista tiene per sé i propri valori di riferimento e si controlla lasciando il massimo spazio alla libera espressione del proprio interlocutore e quindi non interviene nel merito rispetto a ciò che dice il proprio cliente.
- difendere ad oltranza il proprio punto di vista. Il professionista che mette in gioco propri punti di vista a proposito
È importante rimettere in gioco questa idea progettuale iniziale e lavorarci su. Mostrare curiosità verso aspetti privati, che non riguardano la storia formativa e lavorativa della persona, potrebbe essere utile nella relazione con il cliente, specialmente se si sente a suo agio e si apre con elementi non centrali al nostro obiettivo. Dobbiamo evitare di mostrare una curiosità eccessiva verso dettagli specifici di questi aspetti.
Non possiamo prendere a cuore tutti i problemi dei nostri clienti allo stesso modo, quindi potremmo farlo solo con alcuni con cui abbiamo un feeling particolare, altrimenti penalizzeremmo gli altri.
La capacità di tenere unequilibrio fra una forte empatia relazionale e un distacco professionale dal problema portato dal cliente in consulenza costituisce la base di una competenza di gestione di un intervento consulenziale specialistico molto importante. Questo tipo di competenza che si acquisisce e non è un prerequisito innato nel professionista. Elementi da portare: - Riconoscere il valore dell’altro come persona. Può sembrare un’affermazione banale, quasi scontata ma non è automatica, soprattutto quando davanti a noi ci troviamo gruppi sociali, categorie di interlocutori molto differenziati. Dobbiamo ricordarci che al di là delle loro scelte, al di là delle loro esperienze, dei loro valori, il nostro punto di forza nella relazione è il fatto che l’altro ha una dignità innanzitutto come persona. - Sapere ascoltare il proprio interlocutore. L’ascolto è un ascolto attivo, non è detto che ascoltareCon "leorecchie" voglia effettivamente dire ascoltare interagendo e comprendendo ciò che l'interlocutore mi sta suggerendo, ma soprattutto ascoltare rispettando i tempi di verbalizzazione e di interazione da parte del nostro cliente. Uno dei rischi che vediamo spesso durante le attività di supervisione è aspettare che la persona prenda il suo turno di comunicazione durante il colloquio. Saper gestire, senza andare in tilt, i momenti anche di silenzio nella relazione, senza intervenire coprendo questo silenzio con un intervento per lasciare spazio all'altra persona di poter intervenire quando si sente.
Sollecitare l'attivazione dell'altro nella relazione. Un cliente che nel percorso di consulenza ascolta soltanto l'esperto, il punto di vista del professionista, non potrà progredire verso questo obiettivo di progettualità maturata a livello autonomo. È importante una partecipazione, un coinvolgimento attivo durante tutto il percorso.
La consulenza di orientamento è una modalità consulenziale in cui ci vuole una partecipazione molto attiva nel percorso e si differenzia, ad esempio, da una consulenza con altri tipi di professionisti (es. avvocato) rispetto al quale possiamo chiedere un parere e attendiamo una risposta che concerne il suo punto di vista competente rispetto alla soluzione di quel problema. Nel nostro caso, il punto di vista competente del professionista di orientamento è quello di far maturare autonomamente un punto di vista competente nell'altro. Questo è uno degli elementi di maggiore caratterizzazione del processo consulenziale orientativo, per cui il termine consulenza non è forse totalmente calzante. - Porre domande aperte che non inducano la risposta. Se non fosse così, non ci sarebbe per l'interlocutore tutto quel processo basato sulla riformulazione (a cui si è fatto riferimento prima) che è fondamentale per poter elaborare inautonomia progettualità.- Usare un linguaggio chiaro e comprensibile. Soprattutto importante quando abbiamo di fronte degli interlocutori che hanno meno risorse (meno scolarizzati o meno risorse linguistiche, una persona che non parla bene la nostra lingua). Parlare in modo facile, è sinonimo di grande competenza professionale anche da parte del consulente perché vuol dire tradurre in un linguaggio facile, accessibile all'interlocutore dei processi a monte del proprio lavoro che sono assai complessi.
Riuscire a gestire la relazione mantenendo il proprio ruolo professionale. Posso essere molto empatico nella relazione di aiuto che sto mettendo in atto soprattutto, qualora la persona incontri delle difficoltà, ma devo comunque restare il professionista. Non posso essere scambiato ad esempio per l'amica perché questo vorrebbe dire inquinare il tipo di relazione professionale che sta alla base del processo consulenziale.
Mantenere la riservatezza
sulle informazioni acquisite. Può sembrare una considerazione quasi scontata, perché è implicita in un certo tipo di professionalità, ma poiché oggi si sono molto allargati gli ambiti di intervento cosiddetti di consulenza ci sono molte professionalità che hanno storie e percorsi formativi diversi per questo è utile ricordare questo dettaglio. Siamo in un campo in cui la delicatezza degli elementi messi in gioco deve essere tutelata e il rispetto per la persona deve essere alla base di qualsiasi considerazione.LE LEZIONI E LE AZIONI DI CONSULENZA, IL COUNSELING E IL BILANCIO DI COMPETENZE
La parola consulenza è in qualche modo la meno adatta o non del tutto adatta a dare conto no in fondo di questo tipo di intervento professionale che è legato ad un alto livello di professionalità da parte di chi eroga questo tipo di intervento. Utilizziamo questo termine per definire le attività di orientamento distinte dalleAttività di Guidance così come indicato nell'ambito dei suggerimenti forniti dal memorandum di Lisbona del 2000. Nell'area del counseling, troviamo interventi focalizzati sulla maturazione di processi di organizzazione o riorganizzazione del sé professionale e dell'esperienza formativo-lavorativa del soggetto. Si tratta sempre di partire da un compito di orientamento da affrontare ed è finalizzato a costruire lo sviluppo e l'evoluzione delle storie personali. Infatti, l'azione di counseling non si concentra solo sulla soluzione del problema orientativo ma fa riferimento ad aspetti più generali della vita della persona e cerca di integrare il problema stesso all'interno di un quadro identitario al fine di portare coerenza tra la progettualità professionale e l'entità personale e sociale, cioè globale, della persona. E questo lo fa avviando un processo di definizione o ridefinizione di tutti i fattori.
coinvolti.Il principale riferimento delle pratiche di counseling sono gli ambiti delle relazioni di aiuto signi ca chealla base di questo tipo di intervento c'è una relazione interpersonale fra il consulente e il cliente chegestisce e vive emotivamente la situazione nella quale è impegnato, o dal punto di vista formativo o dalpunto di vista lavorativo, e che è motivato a chiedere aiuto. La letteratura distingue fra due approcci allaconsulenza:
- Approccio vocazionale: considera l'esperienza formativa e lavorativa come una traiettoria e rispondealla domanda "Quale strada mi conviene di più?". Ritiene che la persona disponga o possa disporre dellecompetenze necessarie a far fronte ai momenti signi cativi di questo percorso. L'obbiettivo è quello direndere la persona in grado di gestire le transizioni, e la consulenza è centrata sulle strategie per farfronte alle criticità e per scegliere un determinato