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I MODELLI ATOMICI
Il modello atomico di Bohr descrive l’atomo come un nucleo centrale positivo intorno al quale ruotano gli elettroni, distribuiti in
livelli energetici precisi, che si rappresentano come cerchi
concentrici attorno al nucleo. Ogni livello energetico è
caratterizzato da una quantità di energia crescente man
mano che ci si allontana dal nucleo: gli elettroni nei livelli
più vicini al nucleo sono trattenuti con una forza maggiore
rispetto a quelli più lontani. L’ultimo livello energetico si
chiama guscio di valenza, e gli elettroni in esso contenuti
sono chiamati elettroni di valenza. Questi sono
fondamentali per la formazione delle molecole. In seguito,
il modello di Bohr è stato superato dal modello degli
orbitali, dove gli elettroni non sono più considerati in
orbite fisse, ma in regioni probabilistiche chiamate orbitali.
Un orbitale è uno spazio in cui è più probabile trovare un elettrone in un dato momento. Gli orbitali sono di vari tipi e forme:
L’orbitale S ha una forma sferica e può contenere un massimo di 2 elettroni.
Gli orbitali P hanno una forma a goccia e sono orientati lungo i tre assi cartesiani (X, Y, Z); insieme, possono contenere
fino a 6 elettroni.
Gli elettroni di valenza si trovano solo negli orbitali di tipo S e P. La tavola periodica fornisce indicazioni sul numero di elettroni
di valenza degli elementi:
Gli elementi del primo gruppo hanno un elettrone di valenza.
Nel secondo gruppo ci sono due elettroni di valenza, e così via fino agli otto elettroni di valenza dell’ottavo gruppo,
ossia i gas nobili (che sono particolarmente stabili e non tendono a reagire con altri elementi).
Un altro concetto fondamentale è l’elettronegatività, che indica la capacità di un atomo di attrarre a sé gli elettroni di valenza.
Nella tavola periodica, l’elettronegatività aumenta da sinistra a destra e dal basso verso l’alto. L’obiettivo di ogni atomo è
raggiungere una configurazione stabile, che avviene solitamente quando ha 8 elettroni nel guscio di valenza, la cosiddetta regola
dell’ottetto. Tuttavia, alcuni atomi come l’idrogeno e l’elio raggiungono la stabilità con soli due elettroni nel loro unico orbitale di
tipo S. Per rappresentare in chimica gli elettroni di valenza, cioè quelli che si trovano nel livello energetico più esterno, si
utilizzano le strutture di Lewis. Queste consistono nello scrivere il simbolo chimico dell’elemento e aggiungere puntini attorno a
esso, corrispondenti agli elettroni di valenza.
Ad esempio, il carbonio appartiene al quarto gruppo della tavola periodica e ha quindi 4 elettroni di valenza. Nella struttura di
Lewis, questi si rappresentano come 4 puntini attorno al simbolo del carbonio.
IL LEGAME COVALENTE
Per rendere un atomo stabile, e quindi raggiungere l’ottetto (8 elettroni nel livello esterno), l’atomo può perdere, acquisire o
condividere elettroni. Gli atomi tendono a legarsi tra loro per condividere elettroni di valenza e raggiungere la stabilità, formando
così legami covalenti, che rappresentano la condivisione degli elettroni tra atomi. I legami covalenti si formano tra atomi con
capacità simile di attrarre elettroni (elettronegatività simile) o tra atomi con diversa elettronegatività.
5
Esempio con l’idrogeno. L’idrogeno ha un solo elettrone e si lega con un altro atomo di idrogeno per ottenere due elettroni,
raggiungendo così la stabilità. I due idrogeni formano un legame covalente perfettamente condiviso, poiché nessuno dei due
atomi attira gli elettroni più dell’altro. Questo legame è rappresentato da una linea che unisce i due simboli di idrogeno.
Le molecole formate da atomi dello stesso tipo, come quelle di idrogeno, sono apolari (non presentano una separazione di carica).
Altri esempi di legami covalenti:
• Ossigeno: appartiene al sesto gruppo, quindi ha 6 elettroni di valenza e ne richiede 2 per completare l’ottetto. Due atomi
₂
di ossigeno condividono 2 elettroni ciascuno, formando così una molecola di ossigeno (O ) con un doppio legame.
• Azoto: appartenendo al quinto gruppo, ha 5 elettroni di valenza e ne richiede 3. Due atomi di azoto condividono 3
₂
elettroni ciascuno, formando così una molecola di azoto (N ) con un triplo legame.
Gli atomi diversi, se hanno un’elettronegatività simile, possono formare molecole apolari. Ad esempio, il carbonio, che ha una
bassa elettronegatività, può condividere i suoi 4 elettroni di valenza con 4 atomi di idrogeno, ciascuno con un elettrone. Così si
₄
forma il metano (CH ) , una molecola apolare.
Le molecole possono essere rappresentate in vari modi: ₄
Come formula chimica, ad esempio, il metano è CH .
Con modelli a sfere e bastoncini (“ball and stick”), dove le sfere rappresentano gli atomi e i bastoncini i legami.
Con il modello Space Filled, che mostra la sovrapposizione degli orbitali degli atomi legati.
Le molecole polari si formano quando gli elettroni condivisi tra atomi di diversa elettronegatività si sbilanciano verso l’atomo più
elettronegativo, come accade tra idrogeno e cloro (Cl). Il cloro, con un’elettronegatività molto alta, tende ad attirare verso di sé
⁻ ⁺
l’elettrone dell’idrogeno, portando alla formazione di ioni (Cl e H ).
₂
L’acqua (H O) è un esempio di molecola polare, dove l’ossigeno attira con forza gli elettroni condivisi, generando una carica
parziale negativa sull’ossigeno e cariche parziali positive sugli idrogeni. L’acqua è un dipolo e presenta legami chimici tra
molecole, poiché le cariche parziali permettono alle molecole di attrarsi tra loro.
IL LEGAME IDROGENO
Il legame idrogeno, noto anche come ponte idrogeno, è un’interazione che si verifica tra l’idrogeno con carica parziale positiva di
una molecola d’acqua e l’ossigeno con carica parziale negativa di un’altra molecola d’acqua. Non si tratta di un legame covalente,
ma di un’interazione debole che permette a ciascuna molecola d’acqua di formare fino a quattro legami idrogeno: ciascun
idrogeno può interagire con altre due molecole d’acqua, mentre l’ossigeno, avendo due cariche parziali negative, può legarsi con
due molecole aggiuntive.
La formazione e la forza dei legami idrogeno sono fondamentali per comprendere i tre stati dell’acqua: solido, liquido e gassoso.
Stato gassoso (vapore): in questa fase, le molecole d’acqua possiedono un’energia cinetica sufficientemente elevata da
impedire la formazione dei legami idrogeno, poiché le molecole si muovono troppo velocemente per interagire.
Stato liquido: in questa fase, i legami idrogeno si formano e si rompono continuamente, creando una dinamica di
interazione che permette alle molecole di scivolare l’una sull’altra.
Stato solido (ghiaccio): qui i legami idrogeno sono stabili e ciascuna molecola d’acqua si lega con altre quattro,
formando un reticolo cristallino. Questa struttura regolare e stabile è ciò che caratterizza il ghiaccio.
I legami idrogeno possono formarsi non solo tra ossigeno e idrogeno, ma anche tra idrogeno e altri atomi fortemente
elettronegativi, come azoto e fluoro. Questi legami possono avvenire sia tra molecole diverse (intermolecolari) sia all’interno della
stessa molecola (intramolecolari).
IL LEGAME IONICO
Quando due atomi con elettronegatività molto diversa si legano, si può formare un legame ionico. Ad esempio, nel caso del sodio
e del cloro, l’atomo di sodio, appartenendo al primo gruppo della tavola periodica, preferisce perdere il suo unico elettrone di
valenza per raggiungere la configurazione stabile di un gas nobile. Il cloro, invece, acquisisce questo elettrone, diventando
6 ⁺ ⁻
rispettivamente uno ione positivo (Na ) e uno ione negativo (Cl ). La differenza di carica attira i due ioni, formando un legame
ionico.
Che cosa succede se mettiamo l’NaCl (sale da cucina) in acqua? Il sale si scioglie perché in acqua trova molecole con natura
dipolare che stabilizzano il legame ionico in maniera precisa. Le cariche negative delle molecole d’acqua circondano e isolano gli
ioni positivi di sodio.
INTERAZIONE APOLARE O IDROFOBICA
Le molecole apolari, che non hanno cariche, non interagiscono bene con l’acqua. Ad esempio, se aggiungiamo dell’olio in acqua,
le goccioline di olio tendono ad unirsi. Non lo fanno spontaneamente; l’acqua, essendo in continuo movimento e cercando di
instaurare legami idrogeno, spinge le goccioline di olio a unirsi. Le molecole apolari nelle cellule sono, ad esempio, i lipidi. La
parte apolare del fosfolipide è forzata a rimanere insieme in quanto immersa in un ambiente acquoso, non per affinità, ma perché
l’acqua spinge queste molecole a stare unite.
INTERAZIONE O FORZA DI VAN DER WAALS
Le forze di Van der Waals sono interazioni intermolecolari di natura elettrostatica tra atomi che hanno cariche parziali opposte,
generate dalla formazione di dipoli istantanei. Un dipolo istantaneo è una molecola non polare che, in determinati momenti,
acquisisce polarità a causa del movimento casuale degli elettroni, diventando un dipolo. In questo istante le cariche positive si
trovano da una parte e le cariche negative dall’altra. Questo stato potrebbe stabilizzarsi, ma se accanto a un dipolo istantaneo è
presente un altro atomo o molecola, esso può indurre un dipolo anche nell’atomo vicino, creando una temporanea interazione tra
due molecole con cariche parziali, non nette, opposte. Le interazioni di Van der Waals si verificano solo quando le molecole sono
molto vicine tra loro, a una distanza minore del raggio di Van der Waals, che varia in base agli atomi e alle molecole.
Un esempio di queste interazioni è osservabile nei gechi: la capacità di aderire a superfici verticali e soffitti deriva da proiezioni
microscopiche sui loro piedini, che li avvicinano al substrato oltre il raggio di Van der Waals. A quel punto, si generano dipoli
istantanei tra il piede del geco e la parete, creando interazioni sufficientemente forti da consentirgli di rimanere attaccato.
Le interazioni di Van der Waals sono di tre tipi:
1. interazione dipolo-dipolo (come accade nel legame idrogeno);
2. interazione dipolo permanente-dipolo indotto;
3. interazione dipolo spontaneo-dipolo indotto (forze di London).
LE FORZE DI LEGAME
Le forze di legame si differenziano per intensità:
Un legame covalente richiede circa 100 kcal/mol per essere rotto, risultando tra i più forti.
Un legame idrogeno è più debole, richiedendo tra 1 e 5 kcal/mol.
Le interazioni di Van der Waals sono ancor più deboli, richiedendo solo 0,3 kcal/mol.
Nonostante siano deboli singol