vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Lucio Catilina
Lucio Catilina, nato da nobile famiglia, fu di grande forza sia d'animo che del corpo, ma di indole cattiva e perversa. Dall'adolescenza gli furono care le guerre civili, le stragi, i saccheggi, la discordia tra i cittadini, e ivi esercitò la sua gioventù. Un corpo resistente al digiuno, al freddo e alla veglia, più di quanto è credibile a qualcuno. Animo audace, furbo, vario, simulatore e dissimulatore di qualsiasi cosa; avido dell'estraneo, prodigo del suo; ardente nelle passioni; sufficiente di eloquenza, poco di sapienza. Lo smisurato animo desiderava cose eccessive, incredibili, sempre troppo alte. Dopo la sovranità di Silla un grandissimo desiderio di impossessarsi dello Stato lo aveva invaso, e purché si procurasse il regno, non si curava dei mali con cui avrebbe ottenuto ciò. Il suo feroce animo era stato agitato ogni giorno di più dalla scarsa del patrimonio familiare e dalla consapevolezza dei delitti, che
entrambe egli aveva accresciuto con i modi d'agire che ho menzionato prima. Inoltre i costumi corrotti della città (lo) stimolavano, i quali agitavano pessimi e tra loro diversi, lusso e avarizia. La stessa cosa sembra esortare, poiché ricordò il tempo dei costumi della città, a ritornare indietro ed esporre con poche parole le istituzioni dei più grandi in pace e in guerra, in che modo amministrarono lo Stato e quanto ne lasciarono, come, a poco a poco cambiato, sia divenuto da illustrissimo e buonissimo a cattivissimo e disonestissimo. Vi Così come io capii, i Troiani all'inizio fondarono e dominarono la città Roma, esuli sotto la guida di Enea, vagavano in incerte dimore, e con loro gli Aborigeni, popolo incolto di uomini, senza leggi, senza governo, libero e indipendente. Dopo che questi si riunirono nelle stesse mura, di diversa stirpe, differente lingua, viventi l'uno con un altro costume, è incredibile da raccontare.come facilmente si unirono: così in breve una moltitudine diversa e una vagabonda unione era diventata città. Ma dopo che accresciuta di cittadini, costumi, territori sembrava abbastanza prospera e abbastanza potente, come la maggior parte dei mortali sono stati dominati, dalla ricchezza nacque l'ostilità. Dunque i re e i popoli confinanti attaccarono con la guerra, pochi tra gli amici furono di aiuto; infatti altri, colpiti dalla paura, sono distanti dai pericoli. Ma i Romani, attenti ad affrettarsi in pace e in guerra, a prepararsi, l'uno a esortare l'altro, ad andare incontro ai nemici, a proteggere con le armi la libertà, la patria e i genitori. Dopo, quando allontanarono i pericoli con la virtù, portavano aiuto agli alleati e agli amici, e più con il dare che con il ricevere favori si procuravano le amicizie. Avevano un impero legittimo, il nome regale di impero. Eletti, i quali avevano il corpo debole dagli anni, l'ingegno.forte di sapienza, si prendevano cura dello Stato; quelli erano stati chiamati padri sia per l'età sia per la somiglianza all'amministrazione. Dopo, quando il regale impero, che all'inizio c'era stato per salvare la libertà e l'accrescere dello Stato, si rivolse verso la superbia e la tirannide, con il mutato costume si istituirono governi annuali e due capi; in questo modo stimavano che l'animo umano potesse diventare pochissimo superbo tramite permesso. VII Ma in quel tempo ciascuno cominciò a innalzarsi e a tenere più in evidenza l'ingegno. Infatti per i re i sospettati sono i buoni che i cattivi, e sempre la virtù estranea è spaventosa a quelli. Ma è incredibile a raccontare quanto in breve la città sia cresciuta ottenuta la libertà; tanto desiderio di gloria si era fatto strada. Già in primo luogo la gioventù, non appena era resistente alla guerra, imparava nei campi attraverso ilLavoro con l'esercizio il servizio militare, e avevano passione più nelle belle armi e nei cavalli militari che nelle sgualdrine e nei banchetti. Dunque tali uomini non avevano un lavoro insolito, non (avevano) alcun luogo violento o arduo, né un nemico armato pauroso; la virtù aveva vinto ogni cosa. Ma c'era tra loro una grandissima contesa di gloria; ciascuno si affrettava a colpire il nemico, a salire sul muro, a essere guardati mentre compiva tale azione; consideravano quelle ricchezze, quella buona fama e la grande nobiltà. Desiderosi di fama, erano generosi di denaro; desideravano una smisurata gloria, dignitose ricchezze. Se questa vicenda dall'inizio non ci trascinasse più lontano, potrei dire che in questi luoghi il popolo romano vinse la più grande truppa di nemici con una piccola mano, occupò combattendo queste città fortificate dalla natura.
Ma certamente la sorte domina su ogni cosa; essa celebra e oscura
tutte le cose per capriccio più che per verità. Le imprese degli Ateniesi, come io ritengo, furono abbastanza importanti e magnifiche, ma sono state pure proclamate alquanto più piccole tuttavia rispetto alla fama. Ma poiché là nacquero i grandi ingegni degli scrittori, le imprese degli Ateniesi sono state celebrate per tutto il cerchio delle terre come le più grandi. Così la virtù di quelli la compirono è stata considerata tanto grande, quanto gli illustri ingegni poterono celebrarla con le parole. Ma mai il popolo romano ebbe quest'abbondanza, poiché ciascuno prudentissimo era soprattutto operoso: nessuno esercitava l'ingegno senza il corpo: ciascuno migliore preferiva fare che dire, che le sue imprese venissero celebrate bene dagli altri che egli stesso raccontasse di altri. IX Dunque in pace e in guerra i buoni costumi erano stati praticati; la concordia era massima, l'avidità minima. Presso loro lagiustizia e il bene valevano più per la natura che non per le leggi. Esercitavano litigi, discordie e avversioni contro i nemici, i cittadini combattevano contro i cittadini per la virtù. Erano splendidi nelle offerte degli dei, parsimoniosi in casa, fedeli con gli amici. Con queste due qualità, l'audacia in guerra, la moderazione quando era seguita la pace, si prendevano cura di sé e dello Stato. Di queste cose io ho queste grandissime prove, che in guerra spesso ci si vendica contro quelli che si erano battuti sul nemico contro l'ordine e che richiamati più tardi si erano ritirati dalla battaglia, piuttosto che quelli che avevano osato abbandonare gli ordini o, colpiti, andarsene dal luogo; in pace in verità esercitavano il comando più con i benefici che con la paura, e ricevuta un'offesa preferivano perdonare che punire. Ma quando lo Stato crebbe con fatica e giustizia, i grandi re vinti in guerra, le nazioni crudeli e i popoli.ingenti sottomessi con la forza, e Cartagine, rivale dell'impero romano, andò in rovina dalle fondamenta, ed erano accessibili tutti i mari e le terre, la fortuna cominciò ad accanirsi e aturbare tutte cose.
Quelli che avevano facilmente tollerato le fatiche, i pericoli, i dubbi e le cose violente, ad essi furono di peso e di infelicità il riposo e le ricchezze, altre volte desiderabili.
Dunque dapprima crebbe il desiderio di denaro, poi (quello) di dominio; queste cose furono quasi l'origine di tutti i mali.
E infatti l'avidità annientò la fede, l'onestà e le restanti buone qualità; al posto di queste insegnò la superbia, la crudeltà, a disprezzare gli dei, ad avere ogni cosa in vendita. L'ambizione costrinse molti mortali a diventare bugiardi, ad avere una cosa chiusa nel cuore, un'altra evidente sulla lingua, a considerare le amicizie e le inimicizie non per un avvenimento, ma per il vantaggio, e ad
avere più un aspetto bello che l'ingegno. Queste cose dapprima crebbero apoco a poco, talvolta vennero punite; poi, quando il contagio invase come un'epidemia, la città(fu) cambiata, il governo da giustissimo e ottimo divenne crudele e insopportabile.
Catilina, quando quelli, che poco prima ho citato, vide riunirsi, sebbene spesso aveva discusso a2lungo con ciascuno, tuttavia pensando che sarebbe stato utile chiamarli ed esortarli tuttiinsieme, si appartò in una parte nascosta della casa e ivi, lontano da tutti i testimoni allontanati,tenne un discorso di tal maniera:
<< Se a me non fossero note abbastanza la virtù e la fedeltà vostra, inutilmente sarebbe4accaduto un fatto conveniente; la grande speranza, la sovranità inutilmente sarebbero nellemani, e io non avrei cercato di ottenere cose incerte al posto delle certe per la pigrizia o per gliinutili ingegni. Ma poiché vi ho conosciuto in molte e grandi circostanze
forti e a me fedeli, l'animo osò cominciare un'impresa grandissima e bellissima, poiché allo stesso tempo capii che per voi le cose buone e quelle cattive fossero le stesse che a me: infatti lo stesso volere e lo stesso non volere, essa soltanto è una solida amicizia. Ma io condussi con la mente queste cose che tutti ascoltaste differenti già prima. Ma a me l'animo è stato eccitato ogni giorno di più, ogni volta che considero quale sia la condizione futura della vita, se noi stessi non rivendichiamo nella libertà. Infatti dopo che lo Stato cadde nel potere e nel comando di pochi potenti, sempre a quelli i re, i principi sono tributari, popoli, nazioni, pagano le imposte; tutti gli altri, operosi, buoni, nobili e ignobili fummo massa senza ricompensa, senza potere, soggetti a coloro i quali, se lo Stato fosse forte, saremmo stati di paura. E così sono presso quelli ogni grazia, potenza, onore, ricchezze o dove quelli
vogliono; a noi lasciarono gli insuccessi, ipericoli, i processi, la povertà. Fino a quando dunque sopporterete queste cose, uominifortissimi? Non è forse meglio morire per la virtù che per una vita misera e disonesta, dove fostioggetto di scherno della superbia altrui, abbandonare per la vergogna? Ma in verità, in nome degli dei e della fede degli uomini, la vittoria è nelle nostre mani. Havigore la vita, è forte l'animo; al contrario a quelli tutte le cose invecchiarono per gli anni e lericchezze. Occorre almeno solo l'inizio, il resto si svilupperà. E infatti chi tra i mortali, il qualeha indole virile, può tollerare che le loro ricchezze sovrabbondino, che le usino nel costruire sul2 Futurum esse → infinito futuro da sum3 Essent4 Congiuntivo piuccheperfetto da cadomare e appianare i monti, che a noi manca anche il patrimonio familiare per le cose necessarie?5Che quelli congiungano due o più case, noi innessun luogo non abbiamo alcun Lare familiare? Ogni volta che comprano tavole, statue, vasi cesellati, demoliscono i nuovi, costruiscono altri,