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10) LA FILOSOFIA DELL’INFORMAZIONE SECONDO FLORIDI
Floridi ha ideato una teoria filosofica denominata “filosofia dell’informazione” che non si riferisce
esclusivamente ai processi informazionali che avvengono al mondo ma addirittura ipotizza che il
mondo e l’informazione coincidano, che la realtà sia la totalità dell’informazione e che l’intero
universo possa essere considerato una “infosfera” e che gli esseri umani siano degli organismi
informazionali.
11) LE STRUTTURE CHE REGOLANO L’INFORMAZIONE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA
Esistono varie strutture che regolano l’informazione nella società contemporanea, fra cui quella
etica, quella politica e quella legale.
Dal punto di vista politico esistono numerose istituzioni (governative e non, nazionali e
internazionali) che con le loro scelte possono modificare profondamente il modo in cui le
informazioni possono risultare più o meno accessibili, diffondibili, manipolabili e utilizzabili, ad
esempio attraverso l’emanazione di leggi e regolamenti, lo stanziamento di risorse finanziarie e
umane in un settore piuttosto che un altro, la maggiore o minore importanza attribuita
all’istruzione, ecc. Dal punto di vista legale (che è molto più legato di quello etico e di quello politico
alle specificità dei singoli paesi) ci sono almeno quattro importanti ambiti in cui le leggi possono
modificare radicalmente lo scenario informazionale di una società:
1) la maggiore o minore tutela riservata alla proprietà intellettuale dalla normativa sul copyright e il
diritto d’autore, soprattutto nel controverso settore del digitale;
2) la maggiori o minori garanzie fornite ai cittadini relativamente alla libertà intellettuale (che
comprende da una parte il libero accesso alle informazioni e dall’altra il diritto di esprimersi
liberamente), alla privacy e all’assenza di censure;
3) la normativa su particolari tipologie di documenti, come ad esempio il “deposito legale”, che
obbliga in quasi tutti i paesi del mondo gli editori a depositare almeno una copia di tutto ciò che
pubblicano presso determinate istituzioni pubbliche (che spesso sono le cosiddette “biblioteche
nazionali”) che hanno il compito di conservarle e renderle consultabili a tempo indeterminato;
4) la maggiore o minore attenzione con cui vengono individuati e perseguiti i cosiddetti “crimini
informatici” (cybercrimes) resi possibili dai computer e soprattutto da internet.
12) CONCETTI E ISTITUZIONI CONNESSI ALLA POLITICA DELL’INFORMAZIONE
Alcuni importanti concetti e istituzioni connessi con la politica dell’informazione sono:
A) l’informatica sociale, termine che si riferisce sia allo studio degli aspetti sociali
dell’informatizzazione che allo sviluppo di politiche che diffondano negli strati più deboli della
popolazione le nuove “tecnologie dell’informazione e della comunicazione” (ICT) e le competenze
per un loro uso consapevole;
B) l’e-government, ovvero l’uso delle ICT digitali per fornire ai cittadini l’accesso alle informazioni e
ai servizi offerti dagli enti pubblici, oltre che per favorire il dialogo fra governati e governanti;
C) l’e-commerce, ovvero l’uso delle ICT digitali nelle transazioni commerciali sia fra clienti e aziende
che fra le aziende stesse;
D) le biblioteche pubbliche, che soprattutto nei paesi anglosassoni e scandinavi (dove sono più
sviluppate, finanziate, diffuse, conosciute e utilizzate che in Italia) costituiscono sia un importante
punto di accesso all’informazione (tradizionale e digitale) che un supporto allo sviluppo, da parte
dei cittadini, delle competenze necessarie per trovare, valutare e utilizzare al meglio ogni genere di
informazione.
13) I PROBLEMI DELL’ALFABETISMO INFORMATIVO
Divario digitale (digital divide) e sovraccarico informativo (information overload) sono due problemi,
paradossalmente opposti fra loro ma entrambi strettamente connessi all’alfabetismo informativo
(ovvero alla capacità di uso critico delle informazioni), di cui ultimamente si discute parecchio. Il
primo consiste nella diseguaglianza, da parte dei cittadini, nelle possibilità di uso delle tecnologie
digitali per l’informazione e la comunicazione, in particolare relativamente a internet, il secondo
nella crescente quantità di informazioni che quotidianamente ci raggiunge e che rischia di
travolgerci, perché non abbiamo il tempo e le competenze per gestirla.
14) L’ETICA DELL’INFORMAZIONE
L’etica dell’informazione consiste nelle norme morali che riguardano non solo i professionisti
dell’informazione (le cui associazioni professionali hanno promulgato una vasta gamma di specifici
“codici deontologici”) ma anche tutti coloro che, per qualsiasi motivo, debbano cercare, diffondere
o usare informazioni, quindi sostanzialmente ogni persona, qualsiasi lavoro o funzione essa svolga.
Alcune delle tematiche tipiche dell’etica dell’informazione sono: la libertà di espressione delle
proprie idee, la censura, la privacy, l’uso delle informazioni personali comunicate o acquisite
durante le transazioni commerciali, l’uso commerciale di informazioni pubbliche, il diritto di accesso
alle informazioni necessarie per esercitare in modo consapevole i propri diritti politici, il divario
digitale, la proprietà intellettuale e le sue eccezioni per motivi culturali, educativi o scientifici.
Molte di tali tematiche sono spesso anche oggetto di leggi e regolamenti, che non eliminano però la
necessità di affrontarle anche dal punto di vista etico, anche per poter giudicare se consideriamo le
leggi vigenti in materia giuste o ingiuste, cercando magari (nel secondo caso) di cambiarle.
Sia nell’etica generale che nell’etica dell’informazione esistono numerose teorie relative a quali tipi
di principi occorra seguire:
A) le teorie basate sulle conseguenze (fra cui l’utilitarismo di John Stuart Mill) ritengono che
l’azione da scegliere sia quella che produce il massimo beneficio per il maggior numero di persone
(il fine, quindi, giustificherebbe i mezzi);
B) le teorie basate sui doveri (fra cui quella dell’“imperativo categorico” kantiano) ritengono invece
che esistano doveri assoluti, che vanno rispettati indipendentemente dalle loro conseguenze (il fine,
in tal caso, non giustificherebbe i mezzi);
C) le teorie basate sui diritti (come quelle di John Locke e di John Rawls), per le quali i nostri
comportamenti devono essere tali da non infrangere o danneggiare i diritti altrui (ma, ovviamente,
vale anche l’inverso);
D) le teorie basate sulle virtù (come quella di Aristotele), secondo le quali la scelta migliore in
ciascuna situazione concreta non può essere prescritta in anticipo e in astratto, ma è quella che
prenderebbe una persona virtuosa.
15) L’INFOMETRICA
L’informetrica è la disciplina che studia la misura degli aspetti quantitativi relativi alla creazione,
comunicazione e uso dell’informazione. Di essa fanno parte:
A) la bibliometria, ovvero la misurazione relativa a libri, periodici e altri documenti raccolti dalle
biblioteche;
B) la webmetrica (o cybermetrica) ovvero la misurazione relativa a pagine web e altri documenti
digitali;
C) la scientometria, ovvero la misurazione del progresso scientifico e tecnologico e dell’attività di
ricerca scientifica come prodotto sociale e culturale, condotta prevalentemente attraverso la
misurazione delle pubblicazioni di ambito scientifico.
16) LE LEGGI BIBLIOMETRICHE
Le principali leggi bibliometriche finora enunciate sono:
• la legge di Lotka (1926), che mette in relazione le pubblicazioni effettuate in un determinato
ambito scientifico con i rispettivi autori, mostrando come un relativamente piccolo gruppo di
scienziati è responsabile della maggioranza delle pubblicazioni stesse;
• la legge di Bradford (1934), secondo la quale circa un terzo degli articoli scientifici su 2 un
determinato argomento vengono pubblicati dai pochi periodici interamente dedicati all'argomento
stesso, un altro terzo da altri periodici dedicati ad argomenti affini ed il terzo restante sui periodici
più svariati, rendendo esponenzialmente più faticosa la ricerca della copertura bibliografica totale
man mano che ci si allontana dal nucleo delle riviste più specializzate;
• la legge di Zipf (1936), secondo la quale in qualsiasi testo sono presenti da una parte una
minoranza di parole con numerose occorrenze, e dall'altra una maggioranza di parole con poche
occorrenze;
• la regola di Trueswell (1969), per cui, in biblioteca, circa quattro quinti delle richieste di
consultazione vengono soddisfatte da circa un quinto della collezione
17) GLI USI DELLA BIBLIOMETRIA
L’attuale dibattito sull’applicazione della bibliometria alla valutazione della ricerca scientifica rischia
di oscurare altri interessanti usi della bibliometria stessa e delle relative banche dati di citazioni,
fra cui:
A) lo sviluppo delle collezioni delle biblioteche universitarie, che per ridurre l’impatto negativo della
crisi economica (che le costringe a chiudere molti abbonamenti) possono cercare di abbonarsi
soprattutto alle riviste i cui articoli vengono più spesso citati dai propri ricercatori;
B) la messa a punto di “mappe della scienza” per individuarne le mutevoli articolazioni e le zone e i
tassi di crescita e decrescita attraverso l’analisi delle citazioni, delle cocitazioni (che si verificano
quando due documenti o autori vengono citati contemporaneamente da un terzo documento) e
degli accoppiamenti bibliografici (che si verificano quando due documenti hanno in comune una
parte della bibliografia, ovvero citano, in maniera più o meno estesa, gli stessi documenti);
C) l’uso di Web of Science, Scopus, Google Scholar e altre banche dati dello stesso tipo per
effettuare ricerche bibliografiche non convenzionali, particolarmente utili in ambiti di studio recenti
o interdisciplinari.
18) L’USO CONTROVERSO DELLA BIBLIOMETRIA
L’uso dell’analisi delle citazioni fra articoli per valutare la ricerca scientifica è attualmente in grande
crescita, perché sembra costituire un metodo economico e neutrale per individuare i singoli
scienziati, i gruppi di ricerca, i dipartimenti, le università e le riviste “migliori” e quindi più meritevoli
di finanziamenti e promozioni. Tale uso è però assai controverso per molti motivi, fra i quali:
1) i metodi statistici sono per definizione applicabili solo a grandi quantità di dati, quindi le
valutazioni e le comparazioni bibliometriche sono sensate se applicate ad atenei con centinaia di
ricercatori o a riviste con decine di annate e migliaia di articoli, ma non se applicate a singoli
scienziat