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Il diario
Il titolo del libro ha due significati: “Trincee” perché prodotto nel
periodo in trincea e “confidenze” perché la sua intenzione era quella di
riportare come testimonianza gli stati d’animo dei fanti e dei soldati,
raccogliendo quelle confidenze che tra compagni si facevano in momenti
di sconforto.
Salsa quindi è riuscito perfettamente a riportare nel romanzo le parole
dei suoi compagni.
Decide di scrivere questo romanzo per poter “restituire verità della
disillusione patita” ai fanti vittime della disastrosa guerra, vittime di un
enorme malessere che si porteranno dietro per tutta la vita.
Ma cosa significa questo? Significa che tramite il suo capolavoro, Salsa
vuole far sentire la voce dei suoi compagni, vuole far capire cosa è
successo realmente in guerra e la sofferenza che hanno dovuto
sopportare.
In tutto il romanzo Salsa descrive dettagliatamente ogni momento:
momenti di disorganizzazione, di ordini sbagliati, di uomini che non
erano in grado di combattere, quegli stessi uomini che sono stati gettati
in pasto alle armi e alla guerra e che ovviamente non erano in grado di
affrontare.
Il suo romanzo dunque si può definire un tributo alla giovinezza, una
giovinezza rovinata portata al fronte.
Un tributo a quei giovani che partivano spavaldi, con una certa
presunzione ma che poi una volta giunti in trincea perdono perché si
catapultano in un mondo completamente diverso.
Salsa nella prefazione del suo romanzo annuncia direttamente al lettore
cosa sta per leggere, quindi già svela che all’interno troverà un esame di
coscienza, la coscienza di chi è entrato in guerra con la voglia di
combattere, di difendere la patria ma che poi alla fine ne esce distrutto e
cambiato.
Trincee è una straordinaria testimonianza sulla prima Guerra Mondiale ,
è un libro non di eroi ma di uomini, non di generali ma di fanti che
descrive le loro glorie oscure, i loro momenti di ribellione e le loro paure.
Nel diario sono spesso presenti i loro momenti di solitudine che
diventano motivi di riflessione contro una guerra che sembra riguardare
un corpo estraneo da espellere al più presto.
Salsa vive la guerra più infame, nel fango, nella melma, nella morte, con i
cadaveri dei suoi compagni che spariscono a poco a poco.
Scopre che si può restare umani, che si può restare amici e a volte scopre
che si perde il senso dell’umanità: il tradimento, la fame, la paura che ti
sconvolgono la testa.
Salsa racconta tutto ciò con la verità di chi ci è stato.
Il libro viene pubblicato subito dopo la guerra, nel 1924 ed è stato
chiamato “libretto”.
É stato l’unico libro che i fanti combattenti hanno sentito autentico e
vero e lo hanno continuato a leggere per anni.
Negli anni del fascismo, la verità così cruda di questa storia è stata fatta
scomparire. Benito Mussolini
Benito Mussolini dopo un’infanzia abbastanza travagliata, all’età di
vent'anni si trasferisce in Svizzera per sfuggire al servizio militare
obbligatorio italiano.
Qui inizia a collaborare con il giornale dei socialisti svizzeri L’Avvenire
del lavoratore.
Nel 1904 inizia la sua vera e propria attività giornalistica.
Alla dichiarazione di guerra all’Austria, decide di fare domanda per
arruolarsi nell’esercito e viene assegnato come soldato semplice per poi
essere promosso caporale per meriti di guerra.
Il diario
La sua intenzione, una volta giunto al fronte, era quella di scrivere,
giorno per giorno, cosa accadeva in trincea, sotto forma di articolo di
giornale che veniva poi spedito al giornale per cui lui lavorava in quel
periodo, “Il Popolo d’Italia”.
Raccontava le vicende che si susseguivano durante la lunga permanenza
in trincea e anche dei lunghi viaggi per arrivare ai fronti, dei feriti, dei
morti.
Successivamente negli anni a venire sono stati raccolti tutti questi
articoli e messi sotto forma di diario.
Ad oggi il suo diario può essere considerato una documentazione
interessante da poter interpretare perché racconta della vita al fronte
senza intenzione di letteratura ma semplicemente per fare una cronaca
veritiera, un resoconto di guerra legato ad un giornalismo nobile.
Il libro viene pubblicato nel 1923, dopo circa 5 anni alla fine della guerra.
Gli autori a confronto
Entrambi gli autori hanno adottato delle particolari strategie di scrittura
per agevolare l’intervento del lettore e soprattutto erano coscienti del
fatto di dover produrre un testo per ottenere più interpretazioni
possibili, interpretazioni che poi saranno date a chi non ha vissuto
realmente queste condizioni.
I due testi hanno un valore connotativo, ciò significa che la maggior
parte delle parole richiama l’atmosfera macabra e paurosa della trincea,
accompagnando così il lettore nello sviluppo di un valore emotivo o
affettivo.
Infatti, gli intellettuali che non fanno altro se non rappresentare il loro
cuore e le loro emozioni attraverso la scrittura, dovranno trovare delle
forme diverse per raccontare quello che è stato l’orrore e la distruzione
della guerra.
Ed ecco che per questo possiamo parlare di estetica dell’orrore,
caratteristica che troviamo in molte produzioni di scrittori e artisti che
combatterono al fronte e che avevano il compito di riportare e
rappresentare il cuore e le emozioni vissute.
Si nota in entrambi la presenza di un narratore onnisciente e
omodiegetico, ovvero entrambi sono personaggi all’interno della storia
che raccontano in prima persona quello che sta accadendo.
Entrambe le storie iniziano dal momento in cui i ragazzi arrivano alla
stazione dei treni per lasciarsi tutto alle spalle per intraprendere questo
viaggio che aveva un inizio ma di cui non si conosceva la fine, non si
sapeva quando ci sarebbe stato il ritorno, se ce ne sarebbe stato uno.
Mussolini e Salsa raccontano attentamente l’atmosfera che si respirava
in quel momento: alcuni cantavano per l’entusiasmo, altri invece erano
in uno stato d’ansia perchè incontrando i soldati che tornavano dal
fronte chiedevano, facevano domande sulla situazione che veniva quindi
descritta come tragica.
Continuando ad analizzare i due romanzi, possiamo notare come,
entrambi gli autori, tendono ad esprimere le loro emozioni: paura, noia,
ansia, terrore, tristezza.
A volte queste emozioni vengono sovrastate da attimi di felicità quali per
esempio quando cantano.
Salsa racconta quando un suo compagno per distrarsi “canticchia
sommessamente le sue cantilene selvagge e tristi” ed è evidente come
con un pizzico di ironia spiega come il cantare potesse liberare per un
attimo le menti dei soldati.
Stessa cosa fa Mussolini quando scrive di inni bersagliereschi, o di
canzoni dedicate alle donne amate lasciate per partire.
Questo spirito, questi inni, permettono di osservare come, tramite una
semplice canzone, si possa unire un plotone.
Si definivano camarades, dal francese “compagni” nel senso di
compagno e commilitone, con il significato preciso di colui che condivide
lo stesso spazio del riposo e quindi dell’intimità in amicizia, proprio
perché l’esercito diventava una seconda famiglia.
I soldati si affidavano l’uno all’altro poiché l’unica cosa che gli poteva
rimanere tra le mani era questo forte senso di unione.
Nasceva uno spirito di fratellanza che li spingeva a combattere per
difendersi a vicenda dal nemico.
Nonostante le difficoltà come per esempio afferma Mussolini “La nostra
guerra, come tutte le altre, è una guerra di posizione, di logoramento.
Guerra grigia. Guerra di rassegnazione, di pazienza, di tenacia” i
soldati andavano avanti.
Ciò che spingeva quindi i bersaglieri ad andare avanti era anche la voglia,
il desiderio di vendicare i compagni caduti a tradimento.
La perdita di un compagno era, ogni volta, un momento molto difficile
per tutti quanti che però non poteva durare a lungo altrimenti si
indeboliva il gruppo.
Momenti di difficoltà come questi, molto spesso, venivano superati con
l’unico rimedio possibile in quelle circostanze, ovvero l’alcool.
Vivendo giorno dopo giorno una vita sempre più faticosa, più rude,
l’alcol era l’unica soluzione per potersi allontanare da quella che ormai
per loro era la realtà ma che rappresentava semplicemente un
distaccamento da un mondo per loro ormai “normale”.
Mussolini, nel suo diario fa un’attenta riflessione per quanto riguarda
l’uso dell’alcol.
Molte volte i suoi compagni facevano girare un po di grappa, per
risollevarsi il morale ma spesso era molto contrario perché credeva che
quel poco uso di alcol avrebbe poi portato ad un’esagerazione e quindi ad
un qualcosa di abitudinario che avrebbe potuto portare i soldati a
perdere la testa o comunque avrebbero rischiato di essere retrocessi per
il troppo uso.
Ciò che permetteva ai soldati di allontanarsi invece da questi momenti di
debolezza era la posta perchè ci si allontanava dalla realtà struggente
della guerra.
Tutti non vedevano l’ora di poter leggere quello che succedeva nelle vite
che loro avevano lasciato.
Mussolini ce lo descrive come un momento molto eccitante: i soldati
aspettavano impazienti e ansiosi quell’ora della giornata.
C’era il postino che arrivava gridando “posta” e in quel momento tutti si
dimenticavano dei possibili attacchi del nemico.
L’entusiasmo in entrambi i racconti è molto evidente.
Per quanto riguarda il tema della morte entrambi lo affrontano ma con
un tono differente.
Salsa cita un suo compagno che dice “Bisogna farci lo stomaco ai morti”,
e tramite questa citazione si capisce come la morte degli uomini non
importava agli altri.
Se invece moriva un compagno, in entrambi i casi si nota come il tono
diventa solenne e rispettoso.
Mussolini invece, essendo un diario giornalistico, fa qualcosa che nessun
altro intellettuale, scrittore del tempo ha fatto, ossia riportare il nome
della vittima e annessa la posizione in cui il corpo è stato seppellito in
modo da poter permettere poi ai cari, ai parenti della vittima di poter
tornare nel luogo una volta finita la guerra.
Nel descrivere queste scene, si sofferma spesso sui cimiteri, annota
quanti morti ci sono stati a Caporetto a distanza di mesi: morti sia
italiani che austriaci.
Contrariamente a Salsa, Mussolini descrive molto attentamente il
paesaggio in cui si trova, le condizioni metereologiche, le città, i territori,
addirittura i profumi, gli odori che sente e il tutto lo lega al suo sta