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Tecniche di allevamento dei bovini
Appello scritto a fine corso. Gli appelli dopo sono orali. Esame di molte domande di diverso tipo, risposta multipla, esercizi, definizioni, integrazione di frasi collage che copre tutta la didattica. 09.03.2020
L'allevamento dei bovini nello scenario economico nazionale
I bovini sono un importante comparto, l'Italia non è un paese agricolo. Nel pil, l'intero comparto agricolo rappresenta il 2% del pil, a questo posso aggiungere un 1,8 Arrivo al 4%. Questo dato è un dato fondamentale, ci aiuta a capire molto. Prima cosa che l'Italia fa altro, eroga servizi, anche l'industria si è limitata. Il nostro settore dal punto di vista del peso economico ha un valore contenuto. Un politico che deve cercare il consenso ha ben chiaro il peso dei diversi settori economici e quanto sono gli addetti dietro a questi settori. All'interno del 2% la zootecnia rappresenta il 30%, cioè lo 0,7 del pil. Questo
Significa contare poco. L'Italia era un paese agricolo, dal secondo dopo guerra scendiamo al di sotto del 40%, ad oggi siamo nel 5%. Dietro le decisioni di polita economica sono ben chiari questi numeri.
Il patrimonio dei bovini totali sono più o meno 6 milioni, il comparto latte è circa il 60%, mentre il 40% i bovini da carne. Il comparto latte comprende le vacche da latte che dietro di sé hanno dei giovani animali, cioè la rimonta, cioè le manze, manzette e vitelle che l'allevatore cresce per poi sostituire le vacche. 1/3 sono la parte produttiva e 2/3 sono tutti gli altri animali giovani che devono essere allevati un paio d'anni per diventare produttivi.
Nel comparto carne trovo i vitelli da macello a carne bianca, nati nel nostro paese, figli maschi di vacche da latte. Poi ci sono quelli per carne rossa, quindi i vitelloni, che per buona parte non sono nati in Italia. In Italia si completa il ciclo ma sono nati in altri paesi, per l'80%.
sono di origine francese. Arrivano intorno ai 12 mesi dalla Francia e completano qui l'allevamento e la macellazione. Dove troviamo questi animali? Siamo molto concentrati nell'unica pianura importante, la pianura padana. Ci sono anche altri allevamenti e quindi un carico animale un po' preoccupante. Per quanto riguarda la ripartizione altimetrica è abbastanza bilanciata. La pianura ha un allevamento piuttosto intensivo in Italia ha delle superfici limitate, ma su questa stessa superficie ci sta la maggior parte del patrimonio bovino. C'è un'evidente concentrazione dei bovini e degli allevamenti nelle aree di pianura. Diventa preoccupante in un concetto di sostenibilità ambientale. Per quanto riguarda il numero di aziende, ci sarà sicuramente un ulteriore calo rispetto al 2010. La diminuzione aveva colpito soprattutto le aziende più piccole con meno di 50 capi. Dietro questa dinamica ci sta l'economia. Sono aziende cheNon riescono a fornire un reddito. All'aumentare delle dimensioni aziendali il problema è minore. Quello che non si realizza è il fatto che il momento in cui le aziende chiudono non vengono riaccorpate in più grandi e quindi si ha un abbandono delle superfici agricole. Le aziende che crescono dimensionalmente crescono con il limite della terra. Ho poca terra ma voglio ingrandirmi, ma è un problema sulla sostenibilità ambientale. Dinamica che fa paura perché si sta creando un problema di accumulo di azoto e fosforo nel terreno.
Il comparto latte. L'Europa è il principale produttore mondiale di latte bovino. Probabilmente rimarrà tale. Si cerca di migliorare la qualità, nutrizione e di etica. L'unione europea è un produttore in eccesso e quindi esporta. Ci sono dei paesi che sono esportatori e aree del pianeta che hanno estrema domanda. In medio
Orientale, una parte della Russia è deficitaria. In Europa, il primato spetta alla Germania, sono paesi del centro. La Francia è al secondo posto, l'Italia era al quarto, nel nord Europa. L'Italia è un importante punto di consumo del latte. Se analizziamo lo stato di approvvigionamento, è il rapporto tra la produzione del bene e la somma tra la produzione e le importazioni al netto delle esportazioni per 100. Se è maggiore di 100, allora è un bene eccedentario, mentre se è minore è un bene deficitario. L'Italia, come tutti i paesi mediterranei, è un paese deficitario. In Europa, il latte si muove dal nord al sud. Nel centro Europa ho un'eccedenza, diventa carenza nei paesi mediterranei. L'Italia è un paese importatore di latte, infatti. Ad oggi, il tasso di approvvigionamento nel nostro paese è dell'80%, negli ultimi anni c'è un trend di crescita, ma perché sono aumentate le esportazioni.
Aumentano le esportazioni perché il prodotto è gradito nei mercati internazionali. Andiamo a fare la spesa in Germania, in Francia e in Slovenia.10.03.2020
L'Europa è il principale produttore di latte mondiale. All'interno dell'unione europea esiste un gradiente che va da nord a sud, nel nord Europa estremamente autosufficienti. Noi dobbiamo importare del latte, scopriamo che per quanto riguarda le importazioni non è il latte alimentare ma i formaggi. L'Italia paese leader nei DOP è un grande importatore di formaggi. Per quanto riguarda le esportazioni esporta principalmente formaggi. Importiamo molti formaggi a basso costo, come il sottilette il philadelphia. Che fine fa il latte nazionale? Nel nostro paese il latte munto per il 75% viene destinato a una trasformazione casearia, quello alimentare rappresenta il 20% del totale latte. Circa il 50% di quel 75% viene usato per la produzione di formaggi DOP, esistono delle percentuali che nonriguardano formaggi DOP.
Evoluzione del comparto nazionale del latte vaccino
Se una lattazione dura 305 giorni, noi consideriamo che in anno solare la vacca produca per 305 giorni, poi interrompe la sua lattazione per prepararsi al nuovo parto che è la fase di asciutta. Ben lontana da una realtà biologica, dipende dal management dell'azienda. Comunque 305 giorni è la lattazione standard.
La razza frisona, mediamente poco meno di 50 anni fa produceva 4500 Kg di latte, cioè diviso 305 giorni 15 Kg di latte al giorno. Nell'arco di 48 anni si è raddoppiato questo lato, nel 2018 una vacca frisona produceva mediamente nel corso della lattazione 10136 Kg di latte, cioè 33,2 Kg al giorno. Siamo di fronte a una formidabile macchina produttiva. È il risultato di un straordinario lavoro che coinvolge la genetica.
La genetica è stata importante. Ma performa bene solo se è messa nelle condizioni giuste. È stato fatto un altro importante lavoro nella
Gestione di questi animali, per esempio stanno scomparendo le stalle di piccole dimensioni. Le stalle sono disegnate per soddisfare i fabbisogni alimentari e di salute, progressivamente la stabulazione libera ha preso piede rispetto a quella fissa. Gli animali sono liberi di muoversi liberamente. Sono fondamentali anche interventi sul microclima, il caldo è il grande avversario della zootecnia. Oggi di fronte al riscaldamento noi dobbiamo invertire rotta, nelle stalle non ci sono più pareti, hanno lasciato spazio a delle reti antivento. Sono stalle molto alte, per favorire la massima circolazione dell'aria. Si inseriscono anche sistemi per favorire l'aria, come ventilatori. Abbiamo delle temperature critiche per lo stress da caldo, ci sono dei valori che tengono conto della temperatura e dell'umidità. I bovini percepiscono il calore ben prima dell'uomo. Noi dobbiamo cercare di limitare lo stress che comporta negli animali e quindi poi nella produzione.
Sono stati fatti anche interventi sul sistema di alimentazione, ci sono dei metodi automatici con un solo operatore, tipo con il carro trinciamiscelatore. Ci sono stati anche interventi sulle sale di mungitura, con un numero elevato di animali la mungitura alla posta è impossibile. Ci sono dei locali dedicati solo a questo. Per l'uomo è un risparmio di tempo e manodopera, per gli animali è effettuato in condizioni di massima igiene e tranquillità. In Italia negli ultimi anni la produzione di latte è quasi stabile, è calato invece il numero di stalle. Annualmente perdiamo mille stalle, oggi già siamo intorno alle 25mila stalle. Possiamo dedurre che le stalle sono sempre meno ma sempre più grandi e allevano animali sempre più produttivi. Nel momento in cui l'azienda ha dei numeri importanti ci possono essere anche dei rischi. Abbiamo una centralizzazione della produzione, il 75% delle vacche da latte sono in pianura padana.
Le quattro regioni padane nel 2018 producono il 78% del latte nazionale; c'è una centralizzazione della produzione sempre più importante. Per poter fare questa concentrazione abbiamo modificato il sistema di allevamento. Per sostenere questi allevamenti necessariamente le stalle hanno dovuto abbracciare un metodo di allevamento intensivo cioè tanti animali su poca superficie agricola. Da ciò è emerso il primo problema, ma la terra non cresce in maniera esponenziale. Succede che la quantità di reflui verrà ad essere distribuita sempre sulla stessa superficie e questo crea un problema di accumulo e di impatto ambientale. Ma è il problema di tutte le specie zootecniche, non si supera la capacità del terreno, l'impatto ambientale è un problema. Sono delle vacche da latte. Un secondo problema è lo spopolamento di alcune aree geografiche come la montagna. In quelle che sono le aree meno vocate abbiamo visto un
progressivo spopolamento che riguarda le regioni alpine. In vent'anni noi abbiamo perso circa ¼ di quella che era la superficie censita a prati e pascoli.
In montagna non si hanno vacche da carne. Abbiamo abbandonato questa area, è qualcosa di grave? Il problema è che visto che noi abbiamo uno spopolamento la montagna recupera la sua naturalità e quindi il bosco riprende queste superfici. Ci vogliono decine e decine di anni per riavere la conversione. Per quanto riguarda l'uso di territorio ci sono 2-3 milioni di ettari a conversione in bosco. Perdiamo il controllo che l'uomo pastore faceva su queste superfici, si mettono in moto processi naturali. Aumento smottamenti e valanghe, aumento di rettili e perdita del valore paesaggistico. La montagna cambia.
In Italia il bene terra lo stiamo perdendo, progressivamente pascoli e prati sono calati ma anche le superfici arabili. Le superfici vengono confiscate per fare infrastrutture ecc.