FASI DI LANCIO DI UN PRODOTTO
• RICERCA: pura (di base) e applicata (teorica, sperimentale)
- SUL PRODOTTO: nuovi impieghi di prodotti e ricerca di nuovi prodotti
- SUL PROCESSO: miglioramento del processo e riduzione dei costi
- SUI MATERIALI: nuovi materiali e miglioramento di quelli esistenti
- DI MERCATO: accertamenti preventivi dei desideri e la propensione all’acquisto
- GESTIONE OPERATIVA: problemi organizzativi, gestione, produzione, scorte…
• SVILUPPO: si effettuano prove su impianti pilota producendo piccole quantità di prodotto per studiare il comportamento del processo,
le sue inefficienze, eventuali difetti indotti dal processo sul prodotto
- SVILUPPO DEL PRODOTTO: prove su prototipi per verificare le prestazioni di diverse configurazioni progettuali
- SVILUPPO DEL PROCESSO: prove di produzione su macchine singole
• INGEGNERIZZAZIONE
- DEL PRODOTTO: consiste nel progetto esecutivo del prodotto da realizzare, compresi progetto componenti, disegni,
specifiche, prescrizioni e modalità di collaudo. Particolare attenzione andrà fatta in merito alla standardizzazione dei
componenti e alla modularità dei medesimi
- DEL PROCESSO: consiste nel progetto esecutivo del processo, compresa la scelta degli utensili, delle attrezzature di
produzione, dei tempi e metodi di lavoro. Con progetto del processo si intende la sequenza delle operazioni e delle macchine
- DEL SISTEMA DI PRODUZIONE: consiste nel progetto esecutivo dell’impianto di produzione compreso il layout generale e
l’installazione delle macchine, degli impianti di servizio
FASE β - STUDIO DEL PROCESSO
Questa fase dello studio di fattibilità può essere articolata in due stadi successivi e generalmente viene
affidata ad esperti di tecnologie industriali, che eseguono quello che viene detto Process Design ovvero la
progettazione del processo. La scelta del ciclo produttivo riguarda la definizione del ciclo di
produzione per l’ottenimento del prodotto allo studio.
1. La verifica dell’esistenza di tecnologie idonee alla fabbricazione del prodotto si prescinde
dall’aspetto economico, valutando la fattibilità effettiva del manufatto.
2. Generalmente il ciclo più adatto è quello tecnologicamente più avanzato, in grado di garantire la
produzione, ai minori costi, nelle migliori condizioni di sicurezza e funzionamento.
Il ciclo produttivo è fortemente condizionato dalla quantità di produzione richiesta.
Il GRADO DI FLESSIBILITÀ ED ELASTICITÀ DEL PROCESSO è la misura con la quale si ritiene che il processo produttivo debba
rispondere prontamente, sia alle variazioni qualitative, che a quelle quantitative del prodotto senza sensibili aumenti dei costi di
produzione.
Nei diagrammi qualitativi si mettono in evidenza le varie fasi del ciclo produttivo prescelto. Con questi diagrammi è possibile rendersi conto
della successione dele suddette fasi o operazioni e delle connesse esigenze. Sui diagrammi non vengono indicate le quantità in gioco,
possono essere indicate con riferimento all’unità di prodotto o ad una quantità standard di prodotto.
FASE γ - DEFINIZIONE DEI COMPONENTI NECESSARI ALLA PRODUZIONE
Una volta definito lo schema dell’impianto tecnologico, vanno analizzate le caratteristiche delle singole macchine del
processo
1. Analisi delle caratteristiche delle singole macchine
2. Schemi di impianto, tipologia e numero di componenti, progettazione degli impianti
3. I costi di impianto devono essere estrapolati a diversi valori della potenzialità produttiva, con l’utilizzo di
parametri impiantistici di tipo pratico empirico
FASE δ - STUDIO ECONOMICO DELL’INIZIATIVA
I costi di produzione si classificano in base a:
• NATURA DI ORIGINE
• CAPITALI: costi o oneri finanziari
• MACCHINE: costi di ammortamento
• MATERIALI: costi di acquisto
• PERSONALE: costi di manodopera, retribuzioni e oneri sociali
• SERVIZI: costi che normalmente confluiscono nelle spese generali
• MODALITÀ DI ATTRIBUZIONE ALL’OGGETTO (prodotto)
• DIRETTI O SPECIFICI
• INDIRETTI O COMUNI
• VOLUME DI PRODUZIONE DELL’IMPIANTO
• VARIABILI
• FISSI: acquisto e mantenimento degli impianti e dei macchinari, spese generali di amministrazione
• PERIODO DI RIFERIMENTO
• COSTO DI IMPIANTO costituito dalla somma di tutti i costi e quindi del capitale di cui si deve disporre per dare inizio all’attività:
- Costo dell’ingegneria: spese per studio preliminare di fattibilità e per il progetto esecutivo
- Costo per l’acquisto del terreno
- Costo per l’edilizia
- Costo dei materiali, delle macchine e attrezzature e costo del montaggio
- Costo dei beni immateriali
- Costi vari
- Costo degli interessi passivi: si tratta di costi proporzionali al tempo intercorrente tra l’erogazione delle quote di capitale e
l’istante in cui l’impianto inizia a funzionare.
- Costo del capitale circolante: capitale necessario per avviare la produzione e indispensabile per consentire la normale
gestione dell’impianto. Non è immobilizzato ed è tutto recuperabile. È dato dalla somma del valore monetario di materie
prime ed accessorie esistenti come scorte, material in lavorazione, prodotti finiti non ancora venduti, crediti i clienti e
capitale in cassa per minute spese
- Costo di esercizio: somma di tutti i costi da affrontare in un dato periodo per far funzionare e gestire l’impianto e possono
essere ulteriormente classificati in:
• COSTO DI PRODUZIONE dato dalla somma dei costi variabili e costi fissi
• COSTO DELL’INEFFICIENZA DI SERVIZIO che non corrisponde ad un effettivo esborso di denaro ma ad un
mancato introito dovuto a rotture e malfunzionamenti. Di fatto il costo dell’inefficienza è rappresentato dalla quota
di mancato ricavo a cui vanno detratti i costi variabili non sostenuti. Questo è vero se il prodotto non è di fatto stato
realizzato. Se invece il prodotto è stato realizzato ma è “venuto male” non è possibile detrarre i cost variabili.
• COSTO MARGINALE: per un assegnato volume di produzione, rappresenta l’incremento subito dal costo quando la
produzione aumenta di unità.
ANALISI DEI COSTI DI PRODUZIONE
I costi fissi rimangono tali solo all’interno di un certo intervallo di potenzialità produttiva Dq mentre i costi variabili
sono lineari solo se l’efficienza produttiva rimane inalterata.
Con riferimento ai COSTI FISSI, oltre un certo valore di potenzialità
produttiva, simbolicamente indicato con q , sarà necessario potenziare
I
l’impianto rendendolo idoneo fino a produrre q . Questo richiede nuovi
2
investimenti e di conseguenza un incremento dei costi fissi.
Man mano che ci si avvicina ai limiti di potenzialità produttiva dell’impianto, le condizioni
operative delle macchine, della manodopera etc… diventano sempre più gravose comportando
una maggiore possibilità di ottenere pezzi non buoni, macchine che si rompono…
Tutto questo si ripercuote su un incremento, più che lineare, dei costi variabili, ovvero i costi variabili dei pezzi non buoni si scaricano su
quelli buoni. A questo è dovuta la non linearità della curva.
Se si considera la manodopera un costo diretto, il grafico precedente si trasforma in quello riportato a sinistra.
L’incidenza della manodopera è molto alta per piccole quantità prodotte (tratto a), il
sistema si stabilizza con costi variabili linearmente proporzionali alla quantità
prodotta (tratto b).
Per i valori limite della capacità produttiva del sistema i costi variabili aumentano
nuovamente in maniera più che lineare (tratto c).
Laddove la produzione avvenga per quantità discrete, assumendo Dq = 1 è possibile definire il
COSTO MARGINALE come l’incremento subito dal costo, per assegnato valore di produzione,
quando la produzione aumenta di una unità.
Il costo marginale è prima decrescente, causa l’imputazione della
manodopera come costo diretto, può rimanere costante fino a che i costi variabili sono lineari, e diventa quindi
decrescente al crescere di q e per q = q* uguaglia ĉ(min).
I diagrammi rappresentano gli andamenti qualitativi dei costi di produzione totali e
unitari di tre differenti tipologie produttive. In questo caso sono state trascurate le considerazioni fatte prima
e sui reali andamenti dei costi variabili in quanto l’obiettivo è mettere in evidenza solo la
reale influenza della tipologia produttiva.
Per q > q’ l’attività meccanizzata conviene rispetto a quella artigianale mentre per q >
q’’ è conveniente su tutto l’attività automatizzata.
=
DIAGRAMMI DI REDDITIVITÀ
Nel diagramma di redditività vengono riportati gli andamenti dei ricavi e dei costi totali al variare
della quantità prodotta.
q rappresenta la quantità di pareggio in corrispondenza della quale si hanno utili nulli e con q = q*
P
si hanno i costi unitari minimi. Infatti la tangente della retta η assume valore minimo in
corrispondenza di q = q*. In questo caso, essendo per ipotesi il prezzo di vendita assunto costante, risulta massimo l’utile unitario.
Per q = q risulta massimo l’utile complessivo, ovvero la differenza tra ricavo e costo totale ed è la situazione da perseguire.
Opt Il punto di produzione ottimale, in cui risulta U si ha per q = q dove la differenza tra ricavi
Max opt
e costi totali risulta massima.
Nel caso di una produzione articolata su più prodotti, in ascissa si pone il volume di produzione, anziché la quantità.
Si definisce MARGINE DI CONTRIBUZIONE TOTALE la differenza tra ricavo (o fatturato) e costi variabili e indica il contributo di ogni unità
monetaria di fatturato alla copertura dei costi fissi ed alla generazione di utili.
8. RICHIAMI DI MATEMATICA FINANZIARIA
POSTULATO DELLA PREFERENZA TEMPORALE DEL CONSUMO un soggetto economico attribuisce normalmente a un bene presente un
valore maggiore che allo stesso bene reso disponibile nel futuro. Negli
scambi tra beni presenti e beni futuri si ricorre al saggio o tasso di
interesse.
INTERESSE: compenso pagato per l’uso di un bene (moneta)
TASSO DI INTERESSE: rapporto tra la somma pagata per l’uso e la quantità presa in prestito in un certo periodo di tempo.
• Si parla di interesse attivo o passivo a seconda che si tratti di un credito o di un debito monetario.
• Si definisce interesse composto quando anche gli interessi maturati vengono fatti capitalizzare.
V : valore attuale all’anno zero di una certa quota
⑧
V : valore futuro all’anno n
H
S : annualità (rata posticipata costante)
• I
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