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Venezia rimane sotto il controllo austriaco, lo Stato Pontificio, amputato delle
• Romagne, sotto il governo del Papa e il Regno delle due Sicilie sotto la
monarchia assoluta dei Borbone. Intanto, nel 1859, era morto Ferdinando II,
re delle Due Sicilie, ed era salito al trono il figlio Francesco II; nel regno
sabaudo fu richiamato al governo Cavour.
Il 5 maggio 1860, Giuseppe Garibaldi, contro il parere di Cavour, che temeva
• una risposta francese, salpò con i Mille da Quarto, nei pressi di Genova,
dando avvio alla famosa Spedizione. Con l'appoggio di Vittorio Emanuele II,
avanzò rapidamente risalendo lo stivale. Nel frattempo l'esercito sardo
batteva quello pontificio nella Battaglia di Castelfidardo, che permise
l'annessione delle Marche e dell'Umbria al Regno di Sardegna. In seguito
all'incontro tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II, avvenuto nella città
di Teano, anche tutte le regioni del sud entrarono nel regno sabaudo. Con
un'Italia oramai unificata dalle Alpi alla Sicilia (ma ancora mancante del
Triveneto e del Lazio), il 17 marzo 1861, il parlamento nazionale riunito a
Torino (capitale del nuovo Stato) proclamò la trasformazione del Regno di
Sardegna in Regno d'Italia di cui quindi Vittorio Emanuele II fu il primo re. Alla
completa riunificazione dell'Italia mancavano ancora la conquista
del Veneto annesso nel 1866, di Roma annessa nel 1870, di Trento con
il Trentino e di Trieste con la Venezia Giulia, annessi tra il 1915-1918 (prima
guerra mondiale). Il nuovo Stato italiano era poco incline a iniziare una nuova
guerra, mentre i rivoluzionari italiani puntavano ad azioni come la Spedizione
dei Mille che sfruttando l'appoggio della popolazione locale permettesse la
liberazione dei territori. Una spedizione di Garibaldi contro lo Stato
Pontificio fu fermata dallo stesso esercito italiano, che temeva una guerra con
la Francia, allora protettrice dello Stato Pontificio. Nel 1866 il regno d'Italia si
alleò con la Prussia contro l'Austria. La guerra sul fronte italiano fu segnata da
alterne vicende, ma la vittoria prussiana consentì al Regno d'Italia di
annettere il Veneto e parte del Friuli.
Si succedettero la destra storica, liberal-conservatrice, e la sinistra storica (1876-
1896), militarista ma anche leggermente riformista.
(Adua, 1896 → La battaglia di Adua, momento culminante e decisivo della guerra di
Abissinia, si combatté il 1º marzo 1896 nei dintorni della città etiope di Adua tra le
forze italiane comandate dal tenente generale Oreste Baratieri e
l'esercito abissino del negus Menelik II. Gli italiani subirono una pesante sconfitta,
che arrestò per molti anni le ambizioni coloniali sul corno d'Africa. )
L’Italia unita si trovò subito a dover affrontare i problemi relativi alle differenze
• tra le varie parti del paese. Gli uomini che composero la nuova classe di
governo (la Destra storica), subito dopo l’Unità d’Italia, si erano formati alla
scuola di Cavour ed erano per lo più di origine piemontese, per questo motivo
estranei alle diverse realtà che il territorio italiano presentava.
C’era inoltre una forte distanza tra il “paese legale” e il “paese reale”, le classi
dirigenti (compresa la Sinistra storica) erano molto ristrette e rappresentavano
solo una piccola parte della popolazione, soprattutto a causa della legge
elettorale piemontese, estesa a tutto il territorio, che dava il diritto di voto agli
uomini che avessero compiuto 25 anni, sapessero leggere e scrivere e
pagassero un’imposta annuale di almeno 40 lire. Non esistevano inoltre dei
veri e propri partiti, la politica era legata alla singola persona e alla sua
capacità di esercitare influenza. Il nuovo Stato che il nuovo governo era
chiamato a formare doveva essere liberale, laico, moderato e liberista,
secondo quella che era stata la politica di Cavour. Doveva essere dotato di un
apparato amministrativo e burocratico e doveva essere inserito in una
economia di mercato. Per ottenere questi risultati, i governi attuarono
una politica di accentramento, con una forte impronta statalista, deludendo le
aspettative di autonomia soprattutto del meridione. Tale politica fu dettata
anche dalla paura di spinte autonomistiche di stampo democratico, che
sfaldassero l’unità territoriale appena conquistata. La nuova organizzazione
dello Stato non fu quindi frutto di una riflessione sulle reali esigenze del
paese, ma venne attuata attraverso l’estensione dell’organizzazione dello Stato
sabaudo a tutto il resto d’Italia. L’unificazione politica e amministrativa
avvenne attraverso l’estensione dello Statuto Albertino a tutto il territorio. Un
altro passo nel percorso di unificazione del paese fu la Legge Casati, che
istituiva l’istruzione obbligatoria fino al primo biennio della scuola elementare
e regolamentava il sistema scolastico. Il nuovo Stato si mosse per ottenere il
Veneto (1866) e lo Stato Pontificio (1870) e trasferì la capitale da Firenze a
Roma. A causa di quest’ultima annessione territoriale, il nuovo governo
italiano entrò in conflitto con la Chiesa, la quale vietò ai cattolici di partecipare
alla vita politica del paese (Non expedit di Pio IX), nonostante lo Stato italiano
garantisse alla Chiesa una serie di libertà sancite dalla legge delle guarentigie
(1871): libero svolgimento delle funzioni spirituali, libertà di avere delle forze
armate, extraterritorialità, etc. In politica economica fu realizzata l’unificazione
monetaria e tributaria. Fu adottata una politica di stampo liberista, con
l’abbattimento delle barriere doganali per agevolare i commerci. Venne
avviato lo sviluppo industriale anche grazie alla costruzione di nuove
infrastrutture (strade, ponti, ferrovie). Uno degli obiettivi principali era anche
quello del pareggio del bilancio che si raggiunse nel 1875 attraverso una forte
politica fiscale che culminò con la tassa sul macinato, che andava a colpire
anche le fasce più povere della popolazione e che per questo provocò un
malessere diffuso contro la nuova classe di governo.
*La questione meridionale: fu il primo grande problema che il nuovo governo
dovette affrontare. Nell’ex Regno delle due Sicilie, la liberazione dal regime
borbonico era stata vista come liberazione dall’oppressione, dalla corruzione,
dai privilegi che le classi più deboli erano state costrette a subire da secoli. I
contadini speravano infatti in forme di autogoverno e di distribuzione delle
terre, ma videro rimanere la situazione uguale a quella di prima con la
differenza che adesso erano governati dai piemontesi. I grandi signori
rimasero al loro posto e in più venne aumentata la pressione fiscale e venne
imposto il servizio militare obbligatorio che sottraeva braccia al lavoro dei
campi. La conseguenza di questo malessere diffuso fu l’insurrezione dei
contadini e l’aggravarsi di un fenomeno già presente nel sud Italia: la presenza
di vere e proprie bande armate, al servizio dei baroni, che utilizzavano la forza
per il controllo del territorio in assenza di un forte potere centrale. Tali bande
di briganti divennero lo sfogo per tanti contadini impoveriti, determinando
l’ingrandimento e l’inasprimento di tale fenomeno che divenne una vera e
propria piaga del sud. Il nuovo governo, probabilmente non comprendendo le
reali cause del fenomeno e vedendovi solamente un rischio di ritorno del
regime borbonico, istituì lo stato di guerra (con la legge Pica del 1863) e inviò
l’esercito a reprimere il brigantaggio che come fenomeno venne debellato nel
giro di due anni. Il sud, sconfitto nella sua componente democratica, rimase
caratterizzato dalla presenza di una forte aristocrazia che ne controllava il
territorio.
L’ultimo governo della Destra fu messo in minoranza nel 1876 in seguito alla
• questione della nazionalizzazione dalle ferrovie. Il re affidò il nuovo governo
ad Agostino Depretis esponente dello schieramento di sinistra. Ebbe inizio così
il primo governo della Sinistra Storica. La nuova classe politica aveva una
composizione diversa dalla precedente, aveva una base sociale più ampia ed
era espressione di ceti medio-borghesi e comprendeva anche operai e
artigiani. Nei primi anni dell’Unità d’Italia portò avanti rivendicazioni
democratiche quali il suffragio universale e il decentramento amministrativo.
Riuscì a esprimere il desiderio di democratizzazione della società e a
soddisfare le esigenze di una borghesia in crescita. Ecco alcune riforme attuate
nei primi governi di sinistra di Depretis:
aumento dell’obbligo scolastico fino a nove anni (legge Coppino 1887);
• ampliamento della base elettorale: diritto di voto a 21 anni, pagamento
•
dell’imposta di 20 lire, alfabetizzazione minima (con questa legge poteva votare il 7%
della popolazione).
Dopo l’attuazione di queste riforme la politica della Sinistra prese una piega
•
più moderata, per paura del diffondersi di tendenze estremiste. Ha inizio una pratica
politica detta trasformismo attraverso accordi elettorali tra esponenti di sinistra
(Depretis) e di destra (Minghetti) che portarono alla creazione di un governo che non
era più né destra né sinistra ma si poneva al centro tra i due schieramenti.
In politica economica venne diminuita la pressione fiscale (abolizione della tassa sul
macinato) che insieme ad una spesa pubblica in aumento provocò un deficit nel
bilancio statale. Per favorire il decollo industriale e la ripresa dell’agricoltura venne
attuata una politica protezionistica mettendo al riparo l’economia dalla concorrenza
straniera.
In politica estera la Sinistra stipulò nel 1882 la Triplice Alleanza con la Germania e
con l’Austria-Ungheria per uscire da una situazione di isolazionismo, rinunciando
quindi alla conquista delle terre irredente, Trentino e Venezia Giulia. Nel frattempo si
inserisce nella politica imperialista che stava caratterizzando l’Europa e tenta
l’occupazione dell’Etiopia ma viene sconfitta a Dogali.
Nel 1892 veniva fondato il Partito Socialista italiano quale espressione della classe
operaia che si cominciava a presentare come soggetto politico. Nel frattempo si
andava formando anche un movimento cattolico, l’Opera dei congressi, il cui
programma rimaneva comunque ostile al nuovo governo.
Nell’ultimo ventennio dell’800 il governo venne affidato ad un uomo politico di
origine siciliana, Francesco Crispi che governò dal 1887 al 1896, con una interruzione
di un anno (primo governo Giolitti). Crispi attuò quella che venne definita
“democrazia autoritaria”: vennero emanati alcuni provvedimenti come l’eleggibilità
d