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PAROLA CHIAVE: TOTALITARISMO

Il termine "totalitarismo" fu inventato dagli antifascisti italiani già nella prima metà degli anni '20. Successivamente,

furono gli stessi fascisti a usarlo "in positivo" per definire la loro aspirazione a una identificazione totale fra Stato e

società. Nel secondo dopoguerra, il termine fu adottato dalla scienza politica e dalla pubblicistica dei paesi occidentali

per designare quella particolare forma di potere assoluto, tipica della società di massa, che non si accontenta di

controllare la società, ma pretende di trasformarla in nome di un'ideologia onnicomprensiva, di pervaderla attraverso

l'uso del terrore e della propaganda: quel potere che non solo è in grado di reprimere, grazie a un onnipotente

apparato poliziesco, ogni forma di dissenso, ma cerca anche di mobilitare i cittadini attraverso proprie organizzazioni,

di imporre la propria ideologia attraverso il monopolio dell'educazione e dei mezzi di comunicazione di massa.

Il concetto di totalitarismo è modellato sulla concreta esperienza del nazismo tedesco e del comunismo staliniano.

Più discutibile e discussa è la sua applicabilità al caso del fascismo italiano o a quella dei regimi comunisti imposti

all'Europa dell'Est nel secondo dopoguerra. Per molto tempo la categoria del totalitarismo è stata rifiutata dalla cultura

di sinistra perché accomunava fenomeni giudicati incomparabili come il nazismo e lo stalinismo. Tuttavia, soprattutto

negli ultimi anni, il termine si è largamente affermato nel linguaggio politico corrente. Oggi il termine "totalitarismo"

rischia di essere addirittura "inflazionato". Lo si usa infatti comunemente come sinonimo di "autoritarismo" o di

"dittatura" o di "tirannia".

Il consolidamento del potere di Hitler

Per trasformare lo Stato liberale italiano in una dittatura monopartitica Mussolini aveva impiegato circa quattro anni. A

Hitler bastarono pochi mesi per imporre un potere molto più totalitario di quello che Mussolini aveva mai esercitato in

Italia. L'occasione per una prima stretta repressiva fu offerta da un episodio drammatico: l'incendio appiccato al

Reichstag, il Parlamento nazionale, nella notte del 27 febbraio 1933, una settimana prima della data fissata per una

nuova consultazione elettorale. L'arresto di un comunista olandese, indicato come l'autore dell'incendio, fornì al

governo il pretesto per un'imponente operazione di polizia contro i comunisti e per una serie di misure eccezionali che

limitavano o annullavano le libertà di stampa e di riunione. Nelle successive elezioni del 5 marzo i nazisti mancarono

però l'obiettivo della maggioranza assoluta. Ottennero comunque un numero di voti (il 44%) che, uniti a quelli dei

gruppi di destra, sarebbero bastati ad assicurare al governo un'ampia base parlamentare. Ma Hitler mirava ormai

all'abolizione del Parlamento. E il Reichstag appena eletto lo assecondò approvando una legge suicida che conferiva al

governo i pieni poteri, compreso quello di legiferare e quello di modificare la costituzione.

Nel giugno 1933 la Spd, accusata di "alto tradimento", fu sciolta. Quello che era stato il partito operaio più forte

d'Europa veniva così annientato senza nemmeno riuscire a esprimere una qualsiasi resistenza organizzata. Una sorte

non molto migliore toccò a quelle forze politiche che avevano favorito o assecondato l'avvento del nazismo. Alla fine di

giugno il Partito tedesco nazionale si autosciolse su pressione dei nazisti. La stessa cosa fece il Centro cattolico. In luglio

Hitler poteva varare una legge in cui si proclamava che il Partito nazionalsocialista era l'unico consentito in Germania.

Hitler aveva così realizzato la prima parte del suo programma di politica interna. Di fronte a lui restavano ancora due

ostacoli: da una parte l'ala estremista del nazismo, rappresentata soprattutto dalle SA di Rohm; dall'altra la vecchia

destra, impersonata dal presidente Hindenburg e dai capi dell'esercito.Hitler, che temeva anche lui l'autonomia delle

SA, decise di risolvere il problema nel modo più drastico, con un massacro. Preparato in quella che sarà ricordata come

la "notte dei lunghi coltelli", il colpo di mano contro le SA fu guidato da Hitler che provvide ad arrestare Rohm. Il capo

delle SA, insieme a tutto il suo stato maggiore, fu poi assassinato dalle SS. Hitler profittò inoltre dell'occasione per

eliminare altri elementi sgraditi, come l'ex cancelliere von Schleicher. Quando Hinderburg morì, nell'agosto del '34,

Hitler si trovò così a cumulare le cariche di cancelliere e capo dello Stato.

Il Terzo Reich

Con l'assunzione della presidenza da parte di Hitler scomparivano anche le ultime tracce del sistema repubblicano.

Nasceva il Terzo Reich, il terzo Impero (dopo il Sacro Romano Impero medioevale e quello nato nel 1871). Nel nuovo

regime si realizzava quel "principio del capo" che costituiva un punto cardine della dottrina nazista. Il capo (Führer) non

era soltanto colui al quale spettavano le decisioni più importanti, ma anche la fonte suprema del diritto, la guida del

popoloi. L'unico tramite con le masse era costituito dal partito unico e da tutti gli organismi ad esso collegati: come il

Fronte del lavoro, che sostituiva i disciolti sindacati, o come le organizzazioni giovanili che facevano capo alla

Hitlerjugend (gioventù hitleriana). Dalla "comunità di popolo" erano esclusi gli elementi "antinazionali", i cittadini di

origine straniera o di discendenza non "ariana"e soprattutto gli ebrei. Gli ebrei erano allora in Germania una ristretta

minoranza. Ma erano concentrati in prevalenza nelle grandi città e occupavano le zone medio-alte della scala sociale:

erano per lo più commercianti, liberi professionisti, intellettuali e artisti; parecchi avevano posizioni di prestigio

nell'industria e nell'alta finanza. Nei confronti di questa minoranza la propaganda nazista riuscì a risvegliare quei

sentimenti di ostilità che erano diffusi, soprattutto fra le classi popolari, in tutta l'Europa centro-orientale.

La discriminazione fu ufficialmente sancita, nel settembre 1935, dalle leggi di Norimberga che tolsero agli ebrei la

parità dei diritti conquistata nel 1848 e proibirono i matrimoni fra ebrei e non ebrei. Alla discriminazione "legale" si

accompagnava una emarginazione dalla vita sociale: il che spinse molti ebrei ad abbandonare la Germania. La

persecuzione antisemita subì un’accelerazione a partire dal novembre 1938, quando, traendo pretesto dall'uccisione di

un diplomatico tedesco a Parigi per mano di un ebreo, i nazisti organizzarono un gigantesco pogrom in tutta la

Germania. Quella fra l'8 e il 9 novembre '38 fu chiamata "notte dei cristalli" per via delle molte vetrine di negozi

appartenenti a ebrei che furono infrante dalla furia dei dimostranti.

Da allora in poi per gli ebrei rimasti in Germania la vita divenne impossibile: taglieggiati nei loro beni, privati del

lavoro, accusati di cospirare contro il Reich e minacciati di nuove violenze e di nuove misure repressive. Finché, a guerra

mondiale già iniziata, Hitler no concepì il progetto mostruoso di una soluzione finale del problema: la deportazione in

massa e lo sterminio del popolo ebraico. Il mito della razza occupò un posto centrale nella teoria e nella prassi del

nazismo.

Repressione e consenso nel regime nazista

Fino a quando non fu distrutta dalla sconfitta in guerra, la macchina del regime nazista poté funzionare senza

incontrare ostacoli. L'opposizione comunista, quasi annientata dopo l'incendio del Reichstag, riuscì a mantenere in

piedi solo pochi e isolati nuclei clandestini. La socialdemocrazia, per nulla preparata alla lotta illegale, fece sentire la

propria voce solo attraverso gli esuli. I cattolici, dopo lo scioglimento del Centro, finirono con l'adattarsi al regime;

incoraggiati anche dall'atteggiamento della Chiesa di Roma che, nel luglio del '33, stipulò un concordato col governo

nazista, assicurandosi la libertà di culto e la non interferenza dello Stato negli affari interni del clero. Solo nel marzo

1937, di fronte agli eccessi della politica razziale nazista, il papa Pio XI intervenne con un'enciclica per condannare

dottrine e pratiche. Se pochi furono i problemi creati al regime dalla minoranza cattolica, deboli furono anche le

resistenze offerte dalla maggioranza protestante. Le chiese luterane si piegarono alle imposizioni del regime,

compreso il giuramento di fedeltà dei pastori al Führer.

Paradossalmente, l'opposizione più pericolosa per Hitler sarebbe venuta, negli ultimi anni del regime, da esponenti

di quei gruppi conservatori e militari che avevano avuto responsabilità nell'avvento del nazismo. In buona parte

conservatori erano quegli ufficiali e quei politici che, nel luglio 1944, cercarono di attentare alla vita di Hitler, fallendo

l'obiettivo per un soffio e finendo sterminati con tutte le loro famiglie.

Per spiegare la debolezza dell'opposizione al nazismo è necessario mettere in conto la vastità e l'efficienza

dell'apparato repressivo e terroristico: le molte polizie che controllavano con ogni mezzo la vita pubblica e privata dei

cittadini; i campi di concentramento (lager) dove gli oppositori venivano rinchiusi e sottoposti ad annientamento.

Per capire invece il consenso al regime, una prima spiegazione sta nei successi di Hitler in politica estera.

Riportando la Germania al ruolo di protagonista della politica europea, Hitler stimolò l'orgoglio patriottico dei

tedeschi.

Un altro importante fattore di consenso fu la ripresa economica. Superato, già nel '33, il momento più acuto della crisi,

l'economia tedesca, liberata dal peso delle riparazioni, riprese slancio. Il piano di preparazione alla guerra approntato

da Hitler ebbe l'effetto di rendere più rapida la ripresa. Analogo effetto ebbe il programma di lavori pubblici che

consentì alla Germania di dotarsi di una vasta rete di autostrade. Grazie al riarmo e ai lavori pubblici la disoccupazione

diminuì rapidamente. Usando la spesa pubblica per favorire la ripresa e accrescere l'occupazione, il regime cercò di

incoraggiare in ogni modo l'iniziativa privata In questo quadro il potere nazista poté agire in accordo con la grande

industria e con la grande proprietà terriera. In campo agricolo, il regime si limitò a imporre una serie di norme che

tutelavano la piccola e media proprietà terriera, senza intaccare i latifondi. Anche gli operai parteciparono in qualche

misura al ritrovato benessere: fruirono di migliori servizi sociali e videro allontanarsi l'incubo della disoccupazione.

Ci fu inoltre un altro fattore essenziale: la capacità del nazismo d

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A.A. 2024-2025
171 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giuliacuccia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Gatti Gian Luigi.