I trattati di pace frammentarono ulteriormente l’Europa, creando nuovi Stati con economie
deboli e mercati frammentati. L’ex impero austro-ungarico si divise in economie squilibrate,
mentre la Russia si isolò dopo la rivoluzione bolscevica. Il nazionalismo economico e
l’aumento delle tariffe doganali limitarono ulteriormente i mercati europei, incentivando ogni
Stato a promuovere la propria industria.
Per mitigare gli effetti negativi di questa frammentazione, si diffusero accordi bilaterali tra
paesi, che regolavano gli scambi commerciali e i relativi rapporti di credito e debito. Tuttavia,
queste misure non bastarono a risolvere i problemi strutturali dell’economia europea.
20 L’Unione Sovietica
20.1 La rivoluzione e il comunismo di guerra
La Prima guerra mondiale contribuì all’instaurazione del regime collettivistico in Russia. La
rivoluzione socialista, nonostante fosse prevista da Marx in un paese industrializzato,
avvenne in una Russia prevalentemente agricola.La rivoluzione e la presa del potere:
- Nel febbraio 1917, il malcontento popolare portò alla rivoluzione che costrinse lo zar
Nicola II ad abdicare.
- Si insediò un governo provvisorio liberale, guidato prima da L’vov e poi da Kerenskij,
che però fallì a causa della decisione di proseguire la guerra e della debolezza
interna.
- I bolscevichi, guidati da Lenin, si rafforzarono con un programma sintetizzato nello
slogan: «La terra ai contadini e le fabbriche agli operai».
- La rivoluzione d’ottobre (novembre per il calendario occidentale) portò al potere i
comunisti, che firmarono la pace di Brest-Litovsk con la Germania e si ritirarono dal
conflitto.
Il comunismo di guerra (1917-1921), durante la guerra civile tra l’Armata Rossa e le forze
controrivoluzionarie sostenute da potenze straniere:
1. Riforme agricole
• Abolita la proprietà privata delle terre, confiscate a nobili, Chiesa e Corona.
• Le terre furono statalizzate e distribuite ai contadini, che però non potevano venderle né
coltivarle con lavoratori salariati.
• Il sistema creò disagi: appezzamenti troppo piccoli, terre incolte e l’interruzione degli
scambi tra città e campagna.
2. Requisizioni forzate
• I contadini, demotivati, furono costretti a consegnare i raccolti per rifornire le città.
• La produzione agricola crollò, portando a una carestia (1920-21) che causò circa 5 milioni
di morti.
3. Industria e commercio
• Le fabbriche furono prima poste sotto il controllo operaio e poi nazionalizzate, ma la
produzione industriale si ridusse al 20% rispetto al 1913.
• Anche banche e commercio furono nazionalizzati; il commercio privato fu vietato e il
commercio estero divenne monopolio statale.
Conseguenze economiche e sociali
• La massiccia emissione di moneta cartacea causò l’iperinflazione e il crollo del rublo,
portando al ritorno al baratto e al caos economico.
• La Russia uscì dalla guerra civile affamata e devastata, ma con la possibilità di ricostruire
l’apparato industriale su basi moderne.
Questa fase rappresentò il tentativo radicale di realizzare il socialismo attraverso misure
estreme, che portarono a gravi crisi ma prepararono il terreno per successive riforme.
20.2: La Nuova politica economica
Nel 1921, Lenin introdusse la Nuova politica economica (Nep) per affrontare il fallimento del
comunismo di guerra e la crisi economica, rinunciando temporaneamente alla piena
realizzazione del socialismo. Questo modello combinava elementi di socialismo e
capitalismo: lo Stato manteneva il controllo delle grandi industrie, delle banche e del
commercio estero, mentre liberalizzava agricoltura, piccola industria e commercio interno.
1. Settore agricolo:
• Fu abolito l’obbligo di consegnare eccedenze agricole, sostituito con un’imposta in natura,
poi in denaro.
• I contadini poterono vendere i prodotti sul mercato libero. La produzione agricola tornò ai
livelli prebellici nel 1927, ma rimase inefficiente a causa della frammentazione dei poderi.
• Emerse una gerarchia sociale rurale: poveri senza terra, contadini medi e kulaki (ricchi
contadini), questi ultimi influenti nei Soviet.
2. Settore industriale
• Le piccole imprese private (<20 dipendenti) furono restituite ai proprietari, ma
rappresentavano solo il 5% della produzione.
• Le grandi imprese rimasero statali, con gestione decentralizzata. Si puntò sull’industria
pesante, trascurando i beni di consumo. La produzione industriale tornò ai livelli prebellici
nel 1927.
3. Commercio e finanza
• Il commercio interno fu liberalizzato, con il 90% dei punti vendita in mano ai privati, mentre
quello estero rimase statale.
• Il sistema bancario fu ricostruito: nacque la Gosbank, che emetteva il nuovo rublo e
guidava il sistema monobanca.
La Nep permise una parziale ripresa economica, ma l’Unione Sovietica rimase un paese
prevalentemente agricolo e sottoposto a difficoltà strutturali.
20.3 La pianificazione
Morte di Lenin> lotta per la successione> prevalse Stalin> voleva la realizzazione del
“socialismo in un solo paese” vs Trotzkij> voleva portare la rivoluzione in tutto il mondo. Nel
1928, superata la Nep, promosse l’economia pianificata (si contrappone all’economia di
mercato occidentale) che elaborava piani di 5 anni x guidare la prod. industriale e agricola.
Collettivizzazione dell’agricoltura
• Fu attuata una rapida collettivizzazione delle terre per creare grandi aziende agricole:
- Kolchoz: cooperative collettive con terre conferite dai contadini
- Sovchoz: aziende agricole statali gestite da lavoratori pubblici
• La proprietà privata era limitata e i contadini resistenti, come i kulaki, furono deportati o
eliminati.
• Entro il 1936, il 90% dei contadini faceva parte dei kolchoz. Nonostante le difficoltà,
l’agricoltura garantì l’approvvigionamento delle città e sostenne l’industrializzazione.
Pianificazione industriale
• I primi due piani quinquennali (1928-41) portarono a una rapida industrializzazione:
- La produzione industriale aumentò di oltre otto volte tra il 1926 e il 1940
- La quota industriale del Pil salì dal 28% al 45%, mentre quella agricola scese dal
49% al 29%.
- L’industria pesante e i beni strumentali (macchine industriali e agricole) furono
prioritari, mentre i beni di consumo furono trascurati.
Tecnologia e commercio
• La tecnologia fu prevalentemente importata dagli Stati Uniti. Il sistema di brevetti era
assente, limitando l’innovazione interna.
• Prezzi e produzione erano centralizzati dal Gosplan (Comitato per la pianificazione di
Stato), che stabiliva i piani quinquennali.
Risultati economici
• L’Unione Sovietica superò Francia, Gran Bretagna e Germania in termini di produzione
industriale, e non fu colpita dalla Grande depressione degli anni ’30.
• Il Pil pro capite crebbe a un ritmo medio annuo dell’1,8% tra il 1913 e il 1950, dimostrando
l’efficacia del modello pianificato in un contesto di guerre e rivoluzioni.
Nonostante i sacrifici imposti alla popolazione, il sistema economico sovietico fu visto in
Occidente come una possibile alternativa per evitare le crisi economiche.
21 La Grande depressione
21.1 L’espansione degli anni Venti negli Stati Uniti
1922-1929 “I felici anni Venti”> economia mondiale in espansione> intenso negli USA, che
conobbero un periodo di prosperità, basato sul mercato interno grazie a: politica dei salari
alti, pagamenti a rate e pubblicità commerciale. Il ramo dell’industria più prosperoso fu quello
- automobilistico, 24 milioni di autovetture in circolazione, una ogni 5 abitanti> in
Europa si verificherà solo 30-40 anni più tardi. Conseguenza= maggiore produzione
di petrolio, acciaio, gomma e vetro, e fu necessario costruire nuove strade.
- industrie chimiche e elettriche (la produzione raddoppia)
Il problema principale fu che il mercato interno non era in grado di assorbire la produzione,
serviva semmai esportare i prodotti, ma a causa del timore della concorrenza europea, gli
USA avevano imposto dazi doganali elevati, rendendo difficili gli scambi con altre nazioni.
1913-1929 Pil pro capite Stati Uniti aumentato del 18%, la produzione industriale era quasi
raddoppiata e le esportazioni cresciute del 68%.
21.2 La lenta crescita dell’Europa
Dopo la Prima guerra mondiale, la ripresa economica europea fu lenta e disomogenea: Gran
Bretagna e Germania mostrarono difficoltà, mentre Francia e Italia registrarono migliori
risultati.
Gran Bretagna:
- Crescita industriale debole (+28% tra 1913 e 1929) e un incremento limitato del Pil
pro capite (+7%).
- Problemi economici aggravati dalla decisione di ripristinare la convertibilità aurea
della sterlina al valore prebellico nel 1925, rendendo la valuta sopravvalutata rispetto
al dollaro.
- Esportazioni stagnanti e disoccupazione elevata (7-8%).
Germania:
- Ostacolata dal pagamento delle riparazioni di guerra, che comportavano una
cessione gratuita di una parte della produzione ai paesi vincitori.
- Perdita del 13% del territorio nazionale (ricco di risorse minerarie).
- Stabilizzazione del marco e afflusso di capitali stranieri grazie a tassi d’interesse
elevati.
- Produzione industriale ripresa, con primati in siderurgia e chimica, ma risultati
complessivi modesti (+20% di produzione industriale rispetto al 1913 e un +11% del
Pil pro capite).
Francia:
- Migliore performance economica (+40% di produzione industriale ed esportazioni;
+35% del Pil pro capite).
- Recupero dell’Alsazia e della Lorena.
- Stabilizzazione del franco nel 1926 (franco Poincaré), grazie al presidente Raymond
Poincaré, che favorì la crescita economica.
- Incremento della manodopera straniera (2,8 milioni di lavoratori nel dopoguerra) e
bilancia commerciale positiva per la prima volta.
21.3: In Italia: Battaglia del grano, bonifiche e stabilizzazione della lira
Negli anni Venti, l’Italia beneficiò della congiuntura economica favorevole, con un aumento
del 58% della produzione industriale e del 23% delle esportazioni rispetto al 1913, mentre il
Pil pro capite crebbe del 21%.
Dopo il biennio rosso (1919-1920), in cui avvenne l’occupazione delle terre e delle fabbriche
da parte di contadini e operai, colpiti dall’inflazione e dalla disoccupazione, il potere fu preso
dai fascisti con la marcia su Roma (1922), venne instaurata la dittatura e si adottarono
politiche economiche mirate alla crescita.
La battaglia del grano, avviata nel 1925, puntava a ridurre la dipendenza dall’importazione di
frumento. Grazie anche agli alti dazi doganali, la pro