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IL MANIERISMO
Il “manierismo” è il periodo contemporaneo e successivo che si sviluppa con le radici nella triade: Michelangelo, Leonardo e Raffaello. Le maniere quindi sono quelle che noi possiamo identi care con
un’etichetta avendo connotazione negativa come “imitatori”, seguaci quindi dei grandi. È proprio in questo periodo che nascono le etichette dalla connotazione negativa o dispregiativa come ad esempio,
manierismo, rinascimento e barocco. Il manierismo analizzato da grandi storici nel periodo impressionista tedesco, in cui vi è una distruzione nell’armonia e una rappresentazione diversa della realtà in modo
più profondo, non viene più letto come negativo ma il rompere con necessità un’angoscia in modo positivo. La rivalutazione di questo periodo ci mostra una grande varietà di elementi che lo caratterizzano,
tanto che ci si interroga sui limiti di esso.
Il periodo può essere diviso in due parti principali:
- prima parte Periodo Toscano di tipo orentino e senese = sperimentalismo e rottura dell’equilibrio;
- seconda parte Periodo Romano dagli anni 20 = caratterizzato dal Papato di Clemente VII e si pongono le basi della maniera no alla diaspora degli artisti del 1527;
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Fasi viste da Pinelli come fuori dal periodo di Manierismo.
Diversamente da Flirbergh che ne trova 4 di periodi principali:
- Periodo Toscano di tipo orentino e senese dal 1510 al 1520 = prima maniera ;
- Periodo Romano = maniera matura;
- Periodo del secondo 500 = tarda maniera;
- Periodo della Controriforma o “pittura riformata” = conto maniera;
▪ Andrea del Sarto, Pontormo e Rosso Fiorentino
Andrea del Sarto è stato un artista dallo stile classicista senza errori, e in accordo con gli storici è proprio lui che inizia questo periodo insieme ai suoi allievi: Pontormo e Rosso Fiorentino. Andrea usa il
classico e la simmetria come base della propria arte; i suoi allievi invece piano piano cercheranno di distaccarsi dall’equilibrio del maestro.
Pala Pucci del 1518,
Pontormo scardina la compostezza compositiva, lo notiamo nella in cui le gure si trovano su piani diversi e volgono lo sguardo in diverse direzioni; allo stesso
Pala dello Spedaligno
modo notiamo nella di Rosso Fiorentino, in cui notiamo anche San Gerolamo rappresentato in un modo del tutto nuovo, vuole rompere con la struttura del
classicheggiante servendosi del grottesco e dell’esasperazione. Sebbene Pontormo e Rosso Fiorentino costituissero delle voci fuori dal coro, non erano artisti "maledetti" ed
emarginati, portano il loro talento ad un livello alto alto tale che i Medici richiedono commissioni tanto quanto a Del Sarto quanto a loro: ne è un esempio il mito ritradotto con
Villa di Poggio a Caiano
l'uso di colori chiari e trasparenti, gure scomposte in posizioni insolite e svariate, realizzato da Pontormo nel 1520-21 nella (Vertumno e Pomona).
Nel frattempo a Firenze si diffonde la peste, e Pontormo si ritira nella Certosa del Galluzzo, e qui la sua religiosità intensa ma angosciata arriva a una crisi, arrivando a cercare forme
Storie della Passione del 1523
drammatiche per illustrare le che gli sono state richieste, rifacendosi alla maniera tedesca: questo lo porterà ad avvicinarsi, forse, ad alcuni elementi
religiosi vicini alla Riforma Protestante.
Deposizione 1526 = linguaggio lontano dal naturalismo, lo notiamo particolarmente dalle gure in punta di piedi e in rotazione, una posizione del tutto innaturale. I colori non
imitano il reale e i panneggi, spesso dotati di forte cangiantismo, donando quindi effetto di una seconda pelle. Non c'è paesaggio, il punto focale è il contorto groviglio delle gure
che sembrano galleggiare senza piani d'appoggio se no i piedi della gura in primo piano. l’opera conferisce un aspetto irreale e lo notiamo anche in molte altre opere come la
Visitazione, 1528.
Il ciclo di affreschi ultime della vita di Pontormo sono per la Chiesa di San Lorenzo, descritti da Vasari e condannati, a causa di questo non sono giunti a noi poiché distrutti.
Rosso Fiorentino nacque a Firenze e morirà in Francia, si chiamava così per il colore dei suoi capelli.
Firenze.
• Nella sua prima parte di carriera lo vediamo affermarsi a Firenze con:
Pala dello Spedaligno, 1518 = pala realizzata per il rettore dell’ospedale di Santa Maria Nuova (dello Spedalino). Ricordiamo nella rappresentazione la gura di San Gerolamo. Le
pennellate utilizzate sono veloci che conferiscono così un effetto sfumato. L'esasperazione della realtà diventa manifestazione del grottesco. Questo però è un momento tragico che lo
porta a spostarsi in altri centri minori poiché condannato per debiti e senza poter pagare, fu costretto a lasciare la città orentina.
Volterra.
• Giunge a Volterra subito dopo essere stato cacciato da Firenze.
Deposizione, 1521 = Rosso in quest’opera mantiene un'espressione del dramma che la Deposizione implica, ma rispetto a Pontormo preferisce una geometria
angolosa che rende le gure quasi di aspetto ligneo, le gure come fossero metalliche, panneggi angolosi con colori intensi più scuri di quelli di Pontormo, il
quale usa tonalità chiare, sulle tonalità del rossastro. La disposizione presenta una struttura instabile e quasi incerta nell’appoggio delle gure: scale sovrastate in
modo innaturale da gure, abbagliate da una luce calda e violenta (composizione drammatica).
Roma.
• Giunge a Roma sempre nel periodo dopo Firenze, entra nell’epoca del Clementino. Realizza per Firenze il Mosè difende le glie di Jetro e la Creazione
di Eva per la città romana, esse celebrano la grandiosità e la conoscenza che Rosso aveva di Michelangelo, lo notiamo infatti nelle corporature massicce. Rosso si confronta fortemente
con gli allievi di Raffaello e Michelangelo, senza però avere l’opportunità di incontrare Giulio Romano che ormai si trovava a Mantova per i Gonzaga.
Francia.
• Mentre si trova a Roma viene chiamato da Francesco I per decorare lavorare su commissione alla Galleria di Francesco I nella quale si afferma il vero e proprio manierismo
romano: preziosismo, arti cio, sensualità e principio del veriazzo, gure molto elaborate in forme diverse.
▪ Domenico Beccafumi
Artista che incentra la sua carriera a Siena, cittadina nella vicinanze di Firenze ed è molto riconosciuta nella storia medievale come uno dei
principali fulcri. Verrà chiamato anche a Roma da Agostino Chigi, committente della Villa Farnesina. Si formerà sulle orme del Perugino e di
Raffaello.
Stimmate di Santa Caterina 1515 = rappresenta la protettrice di Siena, ovvero Caterina. In questa opera emerge la sua formazione: pone in alto
una Madonna alla maniera di Raffaello. La novità di questa pala è la sua composizione che è certamente ricalcata nella scelta insolita di porre la
protagonista in un secondo piano, invece che primo.
San Michele che scaccia gli angeli ribelli = opera dalla doppia versione, ricalca un tema che mette in risalto i giochi drammatici di luce che fanno
emergere le grandi capacità di Beccafumi. In entrambe le versioni San Michele è al centro con al disotto una sorta di “Caduta dei giganti” in
contesto religioso e ambientato nell’inferno. Gli effetti della luce sono molto violenti e ne ricalcano anche l’ambientazione infernale. La
composizione è molto scomposta e certamente possiamo identi care i riferimenti a Michelangelo: gure serpentine, corporature massicce.
▪ Giulio Romano (1499 - 1546)
Dopo la morte di Raffaello, la bottega continua la sua diffusione grazie al suo prescelto. Giulio nasce nel 1499 e sempre sotto protezione di Papa Leone X continuerà il lavoro di Raffaello alle stanze Vaticane,
Sala di Costantino,
principalmente nella per dare continuità di pittura proveniente dalla stessa bottega. Raffaello aveva già progettato la stanza, con tutte le indicazioni di progetto per eseguirla con intelaiatura
dedicata. Rispetto alle altre stanze è una struttura molto più complessa, poiché questa stanza è molto più irregolare delle altre. L’intera decorazione è dedicata a Costantino. Romano verrà descritto da Vasari
come una persona molto dolce e amante da Raffaello n dalla nascita.
Nei primi anni di carriera Giulio si dedica alla realizzazione di opere sempre per la città di Roma, tra cui:
Madonna di Monteluce = struttura bipartita tra terra e sfera celeste, divise dalla striscia di nuvole.
Pala di San. Stefano = riprende la stessa struttura bipartita da nuvole tra terra e cielo. Opera commissionata per la città di Genova. Ricorda molto la Tras gurazione di Raffaello.
del 500)
(Architettura Con la mediazione di Baldassar Castiglione, ambasciatore dei Gonzaga a Roma, Federico II conosceva molto bene il giovane ariosa poiché appartenete alla corte papale e decide quindi
di chiamarlo a Mantova per un aggiornamento della città. Qui diventa artista di corte, organizza a Mantova una bottega con base quella di Raffaello, e rinnovatore della
Palazzo Te
città: è un capolavoro che porta l’artista ad un altro livello di prestigio nella corte di Mantova, riconosciuto non solo come prestigio artistico ma anche
intellettuale. Giulio si dimostra un artista poliedrico: si dedicherà sia alla pittura che all’architettura del palazzo (ordine gigante; bugnato e stile rustico; un solo piano di
costruzione = destinazione d’uso). All’interno troviamo diverse sale:
Sala di Psiche
• = dipinta prima di quella dei Giganti. Salone principale della villa in cui viene rappresentato il ito di Psiche e Amore, oggetto di
Apuleio. Psiche suscita invidia per la sua bellezza da Venere e attraverso una serie di prove si guadagna di essere sposa di amore per essere
assunta in cielo, molto probabilmente ricalca la storia tra Federico e la sua amata amante Isabella Boschetto. La scena viene rappresentata con un
clima sensuale, infatti possiamo notare una serie di nudi e una giocosa presenza di gure diverse con elementi esotici; possano vedere anche un
chiaro recupero dell’antico in stile virtuoso. Emerge molto l’elemento manierista di torsione delle gure. Il tutto viene coronato da un’architettura
naturale.
Sala dei Giganti (1535)
• = la sensazione che si percepisce di quest’opera all’interno del palazzo è il crollo della stanza, ed è quella sensazione che Giulio ha ricercato. Non è presente
un’intelaiatura architettonica, senza dare limiti di struttura proprio per lasciare libertà alla decorazione. Le gure enormi con fattezze drammatiche e muscolose, circondate da questa
struttura allusiva in crollo. Il tema ricorre ovviamente l’antico, ripreso al tempo dalle fonti conosciute di Ovidio, e rappresentato con una tendenza al bizzarro (manierismo). Al centro
della stanza , sul sof tto, troviamo il trono di Giove