LA RIVOLUZIONE FRANCESE E DIRITTI CON NAPOLEONE
La Rivoluzione francese segna una tappa importante per la storia del giornalismo:
crescono i giornali e viene dato più spazio all’informazione politica. Essa introduce due
novità: il giornalismo politico e un nuovo stile di scrittura.
La rivoluzione favorisce una più vasta partecipazione civile e per questo i giornalisti iniziano
a scrivere in modo più semplice e diretto per potersi adeguare alla “massa”.
L’art. XI della Dichiarazione dei diritti dell’uomo è uno delle prime norme sulla libertà di
espressione proclamata il 26 agosto 1789 e recita:
“La libera comunicazione del pensiero e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo: ogni
cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo rispondere dell’abuso di questa
libertà nei casi determinati dalla legge.”
Questa libertà avrà però una fortuna alterna. Napoleone entra a Milano nel 1796 e ordina la
cancellazione delle restrizioni sulla stampa e favorisce la nascita dei giornali. Napoleone è
stato abilissimo nello sfruttare le potenzialità dell’articolo 11 della Dichiarazione dei diritti
dell’uomo per usufruire dei giornali come mezzi propagandistici atti ad alimentare la sua
fama e per esercitare la censura, è sufficiente vedere come ha esaltato le sue imprese nelle
campagne d’Italia con l’aiuto dei giornali.
In poco tempo il numero delle testate crebbe enormemente ed i giornali cominciarono a
trattare anche di informazione politica. Per la prima volta era possibile dire ciò che si
pensava su leggi e governanti, raccontare i trionfi della Rivoluzione, dare conto di fatti ed
eventi senza il timore di incorrere in censure e condanne.
Cambia anche la gerarchia tradizionale delle notizie tipica delle vecchie gazzette, si
comincia a dare la priorità agli eventi nazionali recenti, di immediato impatto sulle vite dei
cittadini e non tanto a fatti avvenuti in paesi esteri, e le notizie potevano essere
accompagnate da considerazioni, riflessioni o commenti.
Nel 1803, tuttavia, quando Napoleone torna vincente da Marengo si apre una nuova fase: si
avvale della censura preventiva affidata alla magistratura.
“Non offendere la religione di Stato e la pubblica morale, non attentare all’ordine pubblico e al rispetto
per il governo e le autorità, vietato turbare l’armonia nei confronti dei governi amici, non diffamare le
persone.”
La dialettica politica fatta di criticità nei confronti delle nuove istituzioni e dei loro leader che
si stava delineando andava contro gli interessi del Regime napoleonico, pertanto le autorità
francesi e filofrancesi risposero con la repressione della libertà di stampa.
Vennero chiuse molte testate, ripristinata la censura, avviati numerosi organi di stampa
semi-ufficiali ed emanati due decreti (1800 e 1801) che introdussero delle restrizioni
imponendo ai giornali il “rispetto delle istituzioni”, con l’obbligo di sottoporre
all’approvazione il contenuto degli articoli, il divieto di offendere la morale pubblica e la
religione e di pubblicare notizie “dannose per la concordia civile” o che potessero
compromettere i rapporti con le nazioni alleate della Francia.
Di conseguenza il panorama editoriale si impoverì drasticamente ed i periodici della seconda
fase napoleonica divennero gradualmente sempre più strumenti a disposizione dei
governanti francesi per influenzare l’opinione pubblica. Non erano più indipendenti,
prestavano poca attenzione a fatti di cronaca, economia o società, contenendo spesso
sezioni di “varietà” con notizie riguardanti eventi cittadini e mondani, rubriche teatrali,
letterarie e scientifiche, presentavano anche testi satirici e polemici ma erano per lo più
veicoli di notizie e discussioni politiche.
All’inizio dell’Ottocento il regime napoleonico era ormai diventato una vera e propria
dittatura e la stampa italiana era fortemente condizionata dal controllo governativo.
Nonostante ciò, tra i giornalisti di questo periodo emergono esempi di coraggio e impegno
civile, alcuni passarono anche dei periodi in carcere per le loro critiche ad esponenti del
governo e tra questi spicca la giornalista Fonseca Pimentel la principale animatrice del
“Monitore Napoletano”. Gran parte del giornale era dedicato a leggi ed editti delle autorità
della Repubblica Partenopea, ma presentava anche articoli d’opinione da lei curati, nei quali
scriveva su questioni cruciali, come la rivendicazione di autonomia rispetto alla Francia.
Non solo, tra i giornali pubblicati si poterono osservare alcuni elementi di modernità:
comparvero i primi quotidiani; cominciarono a proliferare fogli scientifico-teatrali; nasce un
giornalismo dedicato alle “dame” ed i primi giornali satirico-mondani sullo stile dello
Spectator per le lettrici donne.
Al termine del periodo rivoluzionario e napoleonico, il panorama editoriale italiano restava
privo di vitalità. Gran parte dei giornali sopravviveva grazie al sostegno delle autorità, dato
che dovevano necessariamente pubblicare leggi ed atti del governo e i giornalisti si
muovevano su una linea che vedeva da un lato la letteratura e dall’altro il fiancheggiamento
del potere politico.
I primi avvisi a pagamento (pubblicità) iniziano ad essere pubblicati nel 1790. Riguardano
soprattutto cosmetici e le donne riescono ad ottenere dei giornali interamente dedicati a loro.
Nel 1700 una delle prime editrici fu Elisabetta Caminer a Venezia. Nel 1791 a Firenze
nasce Il Giornale delle dame (primo periodico femminile) e nel 1803 a Milano Il Corriere
delle Dame (fino al 1872).
LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Siamo nel 1800. L’Italia passa da 13 a 18 milioni di abitanti. Si assiste alla prima
rivoluzione industriale: l’informazione inizia ad abbattere le barriere di tempo e spazio.
In Francia nasce la prima macchina per fabbricare fogli di carta (1798), che fino a quel
momento erano fabbricati a mano.
Il giornalismo dell’Ottocento veniva definito “la letteratura della fretta” → perché i giornali si
consumavano in un giorno e l’indomani ce ne sarebbe stato un altro. La lettura di un libro è
considerata invece lettura lenta.
Viene inventata la macchina da stampa a vapore (1810 - 1826) che sostituisce le presse
azionate a mano. Avviene anche il passaggio industriale della produzione della carta dalla
cellulosa del legno (1840).
Nel 1847 compare la prima rotativa o macchina a cilindro che permette ai giornali di
arrivare fino a 16 pagine.
Compare inoltre la linotype (letteralmente linea di caratteri di piombo). Fondeva stringhe di
caratteri su un blocchetto unico. Fu inventata negli Stati Uniti da Ottmar Mergenthaler e
installata nel 1886. In Europa arriva nel 1890 al Times di Londra.
Questa è considerata “stampa a caldo”, perché il piombo deve essere fuso a temperature
elevatissime. Dietro la macchina, infatti, c’è una cassa di piombo. Tastiera con i caratteri.
I tipografi erano soggetti a un forte rischio di intossicazione da piombo e per questo erano
costretti a bere litri di latte in quanto riusciva a contrastare questa intossicazione. Agli
operatori, infine, venivano fornite delle cuffie perché le macchine erano molto rumorose.
Nascono le figure del direttore, dei redattori e dei collaboratori. Al tempo, come oggi, il
giornalismo non godeva di un’ottima reputazione. Nell’Ottocento uno scrittore francese
amava dire che i giornali sono “la ferrovia delle bugie”.
Nel 1835 la prima agenzia di informazioni che rivoluzionerà la modalità di raccolta di notizie
è la francese France Press, fondata da Charles Luis Havas ex banchiere.
Nel 1846 a New York c’era l’Associated Press. Nel 1849 arriva la Wolf tedesca. Nel 1850
la Reuters, inglese. Nel 1939 Efe, l’agenzia di stampa spagnola.
Le agenzie di stampa servono a fare da tramite tra il fatto e le testate giornalistiche.
La prima agenzia italiana nasce a Torino nel 1854 e si chiama Stefani, dal nome del suo
fondatore. La Stefani si era impegnata a non diramare “notizie lesive degli interessi italiani”
in cambio di agevolazioni e abbonamenti, tanto da non scrivere nulla sull’assassinio di
Umberto I a Monza nel 1900.
Alla Stefani nel 1945, dopo la Seconda guerra mondiale, subentra l’Ansa (Agenzia
Nazionale Stampa Associata). Essa diventa la prima agenzia in Italia e la quinta al mondo
dopo Ap, Reuters, France Press ed Efe. Nel 1964 nasce l’Agi e nel 1968 l’Adnkronos.
LO STATUTO ALBERTINO E L’EDITTO SULLA STAMPA
4 marzo 1848 → Carlo Alberto di Savoia promulgò lo Statuto Albertino, legge fondante
dell’Unità d’Italia. Un articolo riguarda espressamente la libertà di stampa:
Art. 28: “La stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Tuttavia le bibbie, i catechismi, i
libri liturgici e di preghiere non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del vescovo”.
Il 26 marzo dello stesso anno fu emanato per decreto l’Editto sulla stampa. Contiene i
principi fondamentali sulla libertà di stampa che rimasero in vigore fino al regime fascista.
Dalla composizione di questo articolo emerge chiaramente l’influenza della religione e della
morale cattolica e la censura preventiva venne sostituita con una censura “repressiva”. Tale
legge istituiva particolari obblighi e divieti a cui dovevano sottostare testate e giornalisti:
obbligo da parte del tipografo di indicare su ogni stampato il nome dello stampatore,
❖ il luogo e l’anno, cosa che permetteva di bloccare immediatamente la pubblicazione
in caso di necessità;
dovevano consegnare una copia del giornale agli archivi di Corte ed una all’Avvocato
❖ fiscale;
ai giornali era vietato pubblicare discussioni e deliberazioni segrete dei parlamentari,
❖ dibattimenti che avvengono in tribunale a porte chiuse;
l’autore e l’editoria rispondevano dei reati a mezzo stampa;
❖ i giornalisti incarcerati venivano distinti da tutti gli altri detenuti.
❖
Inoltre, venne istituita la figura del “gerente” che risultava responsabile penalmente di
eventuali abusi e in quanto tale era tenuto a firmare una copia di ciascun numero di giornale
e consegnarla all’autorità giudiziaria.
Il telegrafo (1847) di Meucci avrà molta importanza nella trasmissione degli articoli. Così
pure il telefono (1851) anche se le linee a lunga distanza entreranno in funzione solo nel
1903.
Il telegrafo non era del tutto affidabile perché a quel tempo il collegamento spesso e
volentieri si interrompeva: questo faceva in modo che tutto il primo passaggio di notizie
fosse molto
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