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PROLETARIZZAZIONE E SVALORIZZAZIONE DELLA FORZA LAVORO
La ricolonizzazione del mondo→metà anni 70 si sviluppa la controffensiva del capitale per abbassare le
condizioni di esistenza del proletariato. Ciò avviene perché ci fu uno sviluppo delle forze produttive perciò
un rafforzamento del movimento operaio che ha portato a crescenti difficoltà di valorizzazione del capitale
e per contrastare la crisi la strategia capitalistica si struttura intorno a:
1.ricolonizzazione delle economie dei paesi periferici dove il costo del lavoro è ribassato
2.accrescimento dell’esercito industriale di riserva
3.aumento del saggio di sfruttamento della popolazione occupata
Su ciò si basa la globalizzazione neoliberista che cancella le garanzie e i diritti dei lavoratori conquistati nel
tempo, la ricolonizzazione implica una industrializzazione parziale delle periferie guidata dal capitale
finanziario e conduce ad ulteriori disuguaglianze. In generale si forma una concorrenza globale all’insegna
della minimizzazione dei salari e la massimizzazione della produttività. Gli stati dominanti hanno sviluppato
un sistema protezionistico aggressivo teso ad eliminare ogni resistenza alla penetrazione ricorrendo se
necessario alla guerra. I sistemi sovranazionali hanno imposto ai paesi periferici le politiche di austerità a
partire da regolazioni del mercato del lavoro: espropriazione delle terre dei contadini a favore delle
multinazionali agroindustriali, riregolazione fiscale a favore del capitale e della grande proprietà terriera
con conseguenti licenziamenti, ribasso dei salari e indebitamento dei paesi verso i centri del dominio
capitalista. L’espansione del capitale ha investito il settore agricolo attraverso investimenti e attraverso lo
sfruttamento dei produttori. Le multinazionali dell’agribusiness hanno imposto nei paesi più poveri
l’espropriazione delle terre ai piccoli contadini, le monoculture da esportare all’estero e da non tenere in
produzione locale, l’obbligo ai contadini di acquisto di semenze infertili e diserbanti: con queste misure le
multinazionali hanno controllo della forza lavoro contadina sfruttandola appieno senza per forza incidere
nei livelli di salario. Chi vive in povertà assoluta sta nelle zone rurali solitamente, dove l’agricoltura è più a
conduzione familiare quindi si costringono queste persone a migrare nelle città: così aumenta l’esercito
industriale di riserva che garantisce la sua forza lavoro all’interno delle aziende. Nel processo di
ricolonizzazione abbiamo l’eccezione della Cina con a disposizione capitali stranieri, un ipersfruttamento
della forza lavoro e divieto di sciopero: ciò ha portato al licenziamento di molti operai a livello di imprese
statali e ha portato ad una grossa migrazione da campagne a città garantendo tassi di crescita economica
del PIL dal 6 al 10%. Ciò ha portato a disuguaglianze ma allo stesso tempo ha diminuito livelli di povertà
con successivo incremento dei salari reali della popolazione occupata. L’impresa cinese oggi investe in alte
tecnologie, introduce la robotica e detiene le più grandi riserve monetarie del pianeta a parte delle quali
vengono usate sotto forma di prestiti, investimenti produttivi.
Omogenizzazione e differenziazione→la mondalizzazione del modo di produzione capitalistico sembra
rivoluzionare i modi e le traiettorie della diffusione, finora si parlava di divisione internazionale del lavoro
che poteva essere rappresentata da un centro capitalistico che si spostava verso le periferie, sia le
tecnologie organizzative che permettevano tassi di redditività più alti e sfruttamento forza lavoro. Questo
meccanismo di spostamento è diventato parte di una complessa articolazione e si parla di divisione del
lavoro su scala globale: ad oggi, il continuo spostamento delle filiere produttive ricerca la massima
valorizzazione del capitale in qualsiasi luogo ne possa offrire le condizioni, quindi la decolonizzazione che
avveniva prima verso le periferie avviene ora nel sud del mondo, questo fenomeno di spostamento
comprende le aziende e le attività di ricerca e sviluppo e direzione finanziaria, di posizioni strategiche e
complesse tecnologie organizzative che arrivano all’automazione e la robotica. Il nord del mondo è
considerato il centro capitalistico che determina lo spostamento della produzione capitale. Vengono
utilizzate modi di sfruttamento della forza lavoro che si credevano scomparsi tra le quali la rilocalizzazione
di lavoratori ossia si ritorna a svolgere i lavori in patria grazie alla svalorizzazione della forza lavoro
immigrata per cui il nord in realtà è caratterizzato da indici di sfruttamento e disuguaglianza che
sembravano essere passati. Il capitale sembra sviluppare quindi alla massima potenza il dibattito tra
omogenizzazione e differenzazione che sembrano caratterizzare a ruoli alterni la moderna divisione del
lavoro: tende a generalizzare il rapporto di lavoro salariato e allo stesso tempo estrae la valorizzazione del
capitale in modo indiretto dalla sopravvivenza di diversi rapporti quali la piccola proprietà contadina, lavoro
informale etc…. Si moltiplica la varietà delle relazioni cooperative tra imprese e si acuisce la competizione
monopolistica. Si creano strategie più sofisticate e allo stesso tempo si ripropongono anche i meccanismi di
precedente meccanismi di accumulazione. Avviene una mercificazione dei bisogni e le privatizzazioni
mescolano antiche e nuove forme di espropriazione della ricchezza prodotta.
Parliamo di differenziazione omogenizzante o omogenizzazione differenziale.
Aumento della polarizzazione di classe→la globalizzazione neoliberista ha provocato un abbassamento del
tenore di vita dei lavoratori nel sud del mondo che hanno perso conquiste precedentemente raggiunte. La
disuguaglianza sociale è cresciuta tra paesi forti e deboli e all’interno dei singoli paesi. Le condizioni di
lavoro peggiorano e si incrementano le disuguaglianze anche nei paesi del centro. In Europa si ha la svolta
con le elezioni della Thatcher e negli USA da quella di Reagan: erano politiche monetariste fondate
sull’attacco ai sindacati e riforme fiscali delle classi abbienti, smantellamento della protezione sociale. Nel
Regno Unito invece la sconfitta del movimento dei minatori provoca un aumento generalizzato dell’orario
di lavoro e una diminuzione dei salari. Avviene anche negli USA dopo il licenziamento di 11.000 controllori
di volo. Le leggi sull’immigrazione spingono gli immigrati ad attività illegali per provocare una
svalorizzazione e precarizzazione complessiva della forza lavoro la cui capacità è ulteriormente attaccata
attraverso una segmentazione in base a razza, età e sesso. Si sviluppa una competizione tra lavoratori e la
società si fa sempre più diseguale e si diffonda ancora il movimento dei working poors (tanto lavoro ma non
soddisfano i bisogni adeguatamente). In Europa la ricolonizzazione dei paesi dell’est provoca un’esplosione
dei movimenti migratori verso i paesi ricchi che hanno moltiplicato le politiche e gli strumenti legislativi per
discriminare e criminalizzare gli immigrati e ottenere una svalorizzazione della forza lavoro. In Europa si
assiste ad un attacco generalizzato alle condizioni di classe lavoratrici (come in Germania dove i sindacati
hanno accettato le condizioni peggiorative in orari e salari e hanno contribuito a precarizzare le condizioni
dei lavoratori). Difatti cresce l’economia sommersa e le imprese che disdicono gli accordi sindacali e
possiamo vedere disparità salariali rafforzate. In Italia si rafforza il lavoro a nero e l’orario si allunga e
crescono le domande degli straordinari e i part-time. Le assunzioni sono precarie e i salari in diminuzione
così come diminuiscono i controlli di sicurezza e si moltiplicano gli incidenti sul lavoro. Questi fenomeni
portano all’accrescimento del lavoro nero fino ad arrivare alla riproposizione di forme del lavoro
schiavistico per immigrati e autoctoni. Il potere si accentra sulle multinazionali che hanno una grossa rete di
aziende. (200 multinazionali hanno cresciuto il profitto del 467%, maggiore imprese petrolifere, in ascesa
quelle cinesi). Le principali 50 Holdings del mondo controllano il 40% del capitale globale di tutte le
multinazionali. La maggior parte delle case madri rimangono Europa-USA-Giappone, mentre il proletariato
si concentra nel sud del mondo e in Asia. Il tasso di sfruttamento cresce e moltiplica la forza produttiva che
ha prodotto ad oggi circa 1miliardo di lavoratori eccedenti ossia un esercito industriale di riserva di
dimensioni mai viste che aiuta a peggiorare le condizioni della forza lavoro e diminuirne il lavoro. Più
recentemente è evidente una ripresa della capacità conflittuale dei lavoratori, in Cina ciò ha permesso di
migliorare i salari e maggiori tutele nonostante l’opposizione di multinazionali quali Google e Apple. I costi
dell’ultima crisi sono scaricati su lavoratori di tutto il mondo, le principali banche d’affari che si erano
arricchite grazie a speculazioni immobiliari, sono state salvate dal fallimento, dai rispettivi governi tramite
banche centrali utilizzando denaro pubblico ovvero risorse che vengono raccolte dal lavoro dipendente. Il
fallimento delle imprese connesso col crollo degli investimenti e del commercio mondiale è stato pagato
con l’espulsione di lavoratori e la caduta dei salari. Con l’aumento di disuguaglianze e la polarizzazione di
classe, un’altra dominanza della fase imperialistica può essere individuata nei fenomeni migratori e nella
loro importanza, nella consapevolezza che la migrazione rappresenta un impoverimento per la società di
provenienza e un’occasione per aumentare i tassi di sfruttamento nei paesi di destinazione.
Il nuovo razzismo istituzionale: divide et impera→con razzismo istituzionale si intende l’insieme di politiche
azioni e provvedimenti normativi attraverso i quali le istituzioni, governative e non, producono nella
popolazione condizione di discriminazione su basi razziali. Il concetto di razza è privo di basi scientifiche, il
razzismo ha il duplice obiettivo di DISCRIMINARE attraverso la deumanizzazione e inferiorizzazione
determinati su base di presunte o reali differenze somatiche o culturali con obiettivo di ricavarne i vantaggi
per il gruppo dominante definito da razze superiori. L’altro obiettivo è individuare e stigmatizzare il
bersaglio sul quale riversare le frustrazioni delle classi subalterne.
In senso lato, il razzismo delle classi e gruppi dominanti ha origini antiche e accompagna ogni tipo di
espansionismo aggressivo finalizzato al saccheggio di risorse altrui. Il razzismo come costrutto ideologico è
un prodotto specifico delle civiltà capitalistiche impegnate ad organizzare e legittimare il colonialismo e la
guerra nella competizione per la spartizione del