Proletarizzazione e svalorizzazione della forza lavoro
La ricolonizzazione del mondo a partire dalla metà degli anni '70 si sviluppa come una controffensiva del capitale per abbassare le condizioni di esistenza del proletariato. Ciò avviene perché ci fu uno sviluppo delle forze produttive e un rafforzamento del movimento operaio, che ha portato a crescenti difficoltà di valorizzazione del capitale.
Strategia capitalistica
Per contrastare la crisi, la strategia capitalistica si struttura intorno a:
- Ricolonizzazione delle economie dei paesi periferici dove il costo del lavoro è ribassato
- Accrescimento dell'esercito industriale di riserva
- Aumento del saggio di sfruttamento della popolazione occupata
Su ciò si basa la globalizzazione neoliberista, che cancella le garanzie e i diritti dei lavoratori conquistati nel tempo. La ricolonizzazione implica un'industrializzazione parziale delle periferie guidata dal capitale finanziario e conduce a ulteriori disuguaglianze. In generale si forma una concorrenza globale all'insegna della minimizzazione dei salari e della massimizzazione della produttività. Gli stati dominanti hanno sviluppato un sistema protezionistico aggressivo teso a eliminare ogni resistenza alla penetrazione, ricorrendo se necessario alla guerra. I sistemi sovranazionali hanno imposto ai paesi periferici le politiche di austerità a partire da regolazioni del mercato del lavoro: espropriazione delle terre dei contadini a favore delle multinazionali agroindustriali, regolazione fiscale a favore del capitale e della grande proprietà terriera con conseguenti licenziamenti, ribasso dei salari e indebitamento dei paesi verso i centri del dominio capitalista.
Espansione del capitale nel settore agricolo
L'espansione del capitale ha investito il settore agricolo attraverso investimenti e lo sfruttamento dei produttori. Le multinazionali dell'agribusiness hanno imposto nei paesi più poveri l'espropriazione delle terre ai piccoli contadini, le monoculture da esportare all'estero e da non tenere in produzione locale, l'obbligo ai contadini di acquisto di semenze infertili e diserbanti: con queste misure le multinazionali controllano la forza lavoro contadina sfruttandola appieno senza per forza incidere nei livelli di salario. Chi vive in povertà assoluta sta solitamente nelle zone rurali, dove l'agricoltura è a conduzione familiare, quindi si costringono queste persone a migrare nelle città: così aumenta l'esercito industriale di riserva che garantisce la sua forza lavoro all'interno delle aziende.
L'eccezione della Cina
Nel processo di ricolonizzazione abbiamo l'eccezione della Cina, con a disposizione capitali stranieri, un ipersfruttamento della forza lavoro e divieto di sciopero: ciò ha portato al licenziamento di molti operai a livello di imprese statali e ha portato a una grossa migrazione da campagne a città, garantendo tassi di crescita economica del PIL dal 6 al 10%. Ciò ha portato a disuguaglianze, ma allo stesso tempo ha diminuito livelli di povertà con successivo incremento dei salari reali della popolazione occupata. L'impresa cinese oggi investe in alte tecnologie, introduce la robotica e detiene le più grandi riserve monetarie del pianeta, parte delle quali vengono usate sotto forma di prestiti e investimenti produttivi.
Omogenizzazione e differenziazione
La mondializzazione del modo di produzione capitalistico sembra rivoluzionare i modi e le traiettorie della diffusione. Finora si parlava di divisione internazionale del lavoro, rappresentata da un centro capitalistico che si spostava verso le periferie, sia le tecnologie organizzative che permettevano tassi di redditività più alti e sfruttamento della forza lavoro. Questo meccanismo di spostamento è diventato parte di una complessa articolazione e si parla di divisione del lavoro su scala globale: ad oggi, il continuo spostamento delle filiere produttive ricerca la massima valorizzazione del capitale in qualsiasi luogo ne possa offrire le condizioni, quindi la decolonizzazione che avveniva prima verso le periferie avviene ora nel sud del mondo. Questo fenomeno di spostamento comprende le aziende e le attività di ricerca e sviluppo, direzione finanziaria, posizioni strategiche e complesse tecnologie organizzative che arrivano all'automazione e la robotica.
Aumento della polarizzazione di classe
La globalizzazione neoliberista ha provocato un abbassamento del tenore di vita dei lavoratori nel sud del mondo, che hanno perso conquiste precedentemente raggiunte. La disuguaglianza sociale è cresciuta tra paesi forti e deboli e all'interno dei singoli paesi. Le condizioni di lavoro peggiorano e si incrementano le disuguaglianze anche nei paesi del centro. In Europa si ha la svolta con le elezioni della Thatcher e negli USA da quella di Reagan: erano politiche monetariste fondate sull'attacco ai sindacati e riforme fiscali delle classi abbienti, smantellamento della protezione sociale. Nel Regno Unito, invece, la sconfitta del movimento dei minatori provoca un aumento generalizzato dell'orario di lavoro e una diminuzione dei salari. Avviene anche negli USA dopo il licenziamento di 11.000 controllori di volo. Le leggi sull'immigrazione spingono gli immigrati ad attività illegali per provocare una svalorizzazione e precarizzazione complessiva della forza lavoro la cui capacità è ulteriormente attaccata attraverso una segmentazione in base a razza, età e sesso.
Il nuovo razzismo istituzionale: divide et impera
Con razzismo istituzionale si intende l'insieme di politiche, azioni e provvedimenti normativi attraverso i quali le istituzioni, governative e non, producono nella popolazione condizioni di discriminazione su basi razziali. Il concetto di razza è privo di basi scientifiche; il razzismo ha il duplice obiettivo di discriminare attraverso la deumanizzazione e inferiorizzazione determinati su base di presunte o reali differenze somatiche o culturali con l'obiettivo di ricavarne vantaggi per il gruppo dominante definito da razze superiori. L'altro obiettivo è individuare e stigmatizzare il bersaglio sul quale riversare le frustrazioni delle classi subalterne.