Kuhn sostiene che la scienza cambia attraverso rivoluzioni scientifiche, cioè passaggi da un
paradigma all’altro.
Auguste Comte (1798-1857) è considerato il fondatore del positivismo e della sociologia
come disciplina scientifica. Credeva che la società potesse essere studiata con metodi
simili a quelli delle scienze naturali, come la fisica o la chimica.
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2. Legge dei tre stadi
Comte sostiene che la società si sviluppa secondo tre stadi:
1. Teologico → spiegazioni basate sulla religione e gli dèi.
2. Metafisico → spiegazioni basate su concetti astratti o forze invisibili.
3. Positivo → spiegazioni basate sull’osservazione, l’esperimento e la
scienza.
La società industriale appartiene al terzo stadio, quello positivo, perché
Comte la vede come una fase in cui la scienza e la tecnologia diventano
centrali.
In breve, Comte vede la società industriale come un momento di grande trasformazione,
positivo se governato dalla scienza e dall’ordine, ma potenzialmente rischioso se priva
di guida e regole.
Alexis de Tocqueville era un filosofo e politico francese del XIX secolo, famoso
soprattutto per il suo libro “La democrazia in America”. Lì osserva la società americana
e cerca di capire perché la democrazia lì funziona così bene. Secondo lui, la democrazia
porta libertà e uguaglianza, ma può anche avere dei rischi: se tutti diventano troppo
simili e concentrati solo sui propri interessi, le persone potrebbero diventare
indifferenti o dipendenti dallo Stato, perdendo senso civico e iniziativa personale.
Tocqueville parla molto anche della libertà individuale, della partecipazione dei cittadini
alla vita politica e dell’importanza delle associazioni e della comunità per mantenere
viva la democrazia. Insomma, osserva sia i lati positivi sia i rischi della società
democratica e cerca di capire come mantenerla forte nel tempo.
Karl Marx era un filosofo, economista e sociologo tedesco vissuto nel XIX secolo,
famoso soprattutto per le sue analisi sul capitalismo. Secondo Marx, la società è sempre
stata caratterizzata dalla lotta tra classi sociali: ci sono chi possiede i mezzi di
produzione, cioè i capitalisti o borghesi, e chi lavora vendendo la propria forza lavoro,
cioè il proletariato. Marx osservava che il capitalismo, pur creando ricchezza, progresso
tecnologico e sviluppo industriale, porta anche a grandi ingiustizie: i lavoratori ricevono
uno stipendio inferiore a quello che producono realmente, mentre i capitalisti
accumulano profitti e potere.
Per Marx, questa disparità non è casuale, ma strutturale: il capitalismo funziona così
per sua stessa natura, e le tensioni tra borghesia e proletariato sono inevitabili. Per
questo motivo, prevedeva che, prima o poi, i lavoratori si sarebbero organizzati, si
sarebbero ribellati e avrebbero dato vita a una società senza classi, in cui le risorse e i
beni sarebbero stati distribuiti in maniera equa. In questo modo, si sarebbe raggiunta
una vera uguaglianza sociale e il superamento dello sfruttamento economico.
Marx sottolinea anche l’importanza di capire le leggi economiche e sociali, perché solo
conoscendo i meccanismi del capitalismo si può progettare un cambiamento reale della
società. La sua idea di storia come lotta di classi ha influenzato profondamente la
politica e il pensiero sociale, diventando la base del socialismo e del comunismo.
Émile Durkheim
Durkheim è stato uno dei fondatori della sociologia moderna. Per lui la società non è solo
la somma degli individui, ma qualcosa di più grande: esistono delle regole e dei valori
condivisi che guidano il comportamento delle persone, che lui chiama fatti sociali. Uno
dei suoi studi più famosi riguarda il suicidio: osservando i dati, Durkheim capisce che il
suicidio non è solo un fatto individuale, ma dipende anche dal grado di integrazione e
coesione sociale. Secondo lui, quando le persone sono poco integrate o quando le norme
sociali sono troppo deboli, aumenta il rischio di comportamenti negativi. In generale,
Durkheim vuole capire come la società possa funzionare in modo stabile e perché alcune
strutture sociali resistono nel tempo.
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Il funzionalismo (Durkheim, Parsons, Merton)
Il funzionalismo nasce dalle idee di Durkheim e si sviluppa con sociologi come Parsons e
Merton. L’idea principale è che la società è come un organismo: ogni parte ha una
funzione che contribuisce a mantenere l’ordine e la stabilità. Ad esempio, le leggi, la
scuola o la famiglia servono a far funzionare bene la società. Merton aggiunge che non
tutte le funzioni sono ovvie: alcune possono essere manifesti (cioè evidenti) e altre
latenti (cioè nascoste), e alcune possono persino avere effetti negativi. Il funzionalismo
guarda quindi alla società come a un sistema complesso, dove tutto è collegato e serve a
mantenere l’equilibrio.
Max Weber
Weber invece ha un approccio diverso: per lui la sociologia deve capire il significato
delle azioni umane, non solo le strutture economiche o sociali. Secondo Weber, le
persone agiscono in base a motivazioni, valori e convinzioni, e queste idee influenzano
la società tanto quanto l’economia. Un suo concetto famoso è la razionalizzazione: nella
società moderna tutto diventa più efficiente, calcolabile e organizzato, come nella
burocrazia. Weber studia anche come la religione, ad esempio il protestantesimo, abbia
influito sullo sviluppo del capitalismo. Insomma, per lui cultura, economia e istituzioni
sono strettamente collegate e bisogna capire il loro significato sociale.
George Simmel
Simmel si concentra sulle relazioni tra individui piuttosto che sulle grandi strutture
sociali. Per lui la società non esiste senza interazioni quotidiane: tutto nasce dai contatti
e scambi tra persone. Studia soprattutto la vita urbana, il denaro e la moda, mostrando
come questi fenomeni influenzino i comportamenti e l’identità individuale. Un punto
importante è che nelle grandi città le relazioni diventano più impersonali, e questo può
portare a alienazione o distacco, ma allo stesso tempo stimola creatività e
individualismo.
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George Herbert Mead
Mead è famoso per aver sviluppato l’idea del sé come prodotto della società. Secondo
lui, la nostra identità non è innata: si forma attraverso l’interazione con gli altri.
Impariamo a capire come gli altri ci vedono e modelliamo il nostro comportamento di
conseguenza. Questa teoria è alla base della sociologia simbolica, che studia i
significati e i simboli nelle relazioni sociali.
La Scuola di Chicago
La Scuola di Chicago nasce negli Stati Uniti agli inizi del XX secolo e si concentra
soprattutto sulla vita urbana e sulle dinamiche delle città. I sociologi di questa corrente