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QUINTA LEZIONE
Dalla network alla platform society
Mentre per tanti la percezione che il web e la rete sia un unico universo sviluppatosi dagli
anni 90 abbiamo visto che è dagli anni 70 che si accumulano una serie di servizi modellati
da quelle che Castells chiama le 4 culture, che hanno messo in forma internet come rete
infrastrutturale. Per capire meglio cos’è successo in questa trasformazione, dal 91
quando arriva il web, cominciano ad esistere forum, siti / luoghi di interazione anche
piuttosto evoluti per i tempi, si erano sviluppate relazioni online nonostante poi
l’esplosione della bolla delle dot com si vedevano i potenziali distributivi della rete.
Lo stesso Tim Bernes Lee diceva che il Web 1.0 era stata concepita come tecnologia
sociale per permettere lo scambio e la condivisione di contenuti. In quegli stessi anni
proprio perché internet e il web erano nuove per i tempi (new media, oggi concetto un po’
in disuso) erano arrivati tantissimi commentatori, e gli individui, gli utenti e la maggior
parte della popolazione aveva la percezione, anche a causa della divulgazione fatta di
internet, della distinzione tra reale e virtuale, tutto ciò che era aldilà dello schermo era
virtuale e il resto era reale. Questa distinzione dava a virtuale la concezione di ‘non reale’,
ma si e capito solo negli ultimi 10 anni che le relazioni, le attività e ciò che si svolge online
e reale. Magari e incompleto, mancano alcuni componenti (compresenza fisica di corpi e
sensi) ma le relazioni che si sviluppano sono reali. Pensiamo alle relazioni amicali,
amorose e lavorative si sviluppano online e si portano offline. La distinzione reale e
virtuale regge sempre meno: ci si rende conto di ciò già dai primi anni 2000. C’era la
convinzione di poter fingere di essere qualcun altro, c’era la costruzione di pseudo
identità attraverso l’anonimato, lo pseudo anonimato. Nel web degli anni 90 ci si poteva
fingere chiunque perchè era piu difficile risalire alla reale identità di qualcuno. Ancora oggi
forme di anonimato esistono, pensiamo al personal branding, ma la logica su cui si
costruiva l’identità degli anni 90 si basava sulla componente innovativa
Nel 2004/5 comincia a popolarizzarsi il termine WEB 2.0, e nel 2006/7 c’è stato un grande
successo nel mondo virtuale della Second life (= possibilità di costruire identità simulate
dell’individuo), si costruivano avatar.
Col calo del Web 2.0 inizia a prendere piede il termine social media. Il termine social
media è di difficile datazione (anni 90?) e sostituisce il ‘web 2.0’ perchè legato
all’informatica e cannibalizzato dal marketing. Il termine social media è un’etichetta
strana: se pensiamo ai mass media, essi definivano il processo comunicativo sottostante:
mezzi di massa perchè si rivolgevano alle masse. Nei social media si assegna un
aggettivo a una tecnologia. 30
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Questa nuova etichetta di social media ha portato tanti osservatori a categorizzare i
media in quanto tale. Ma ci sono media che non sono social? Anche i mezzi di
comunicazione tradizionali permettono forme di socializzazione diverse. Ma esistono
oggetti sociali che non siano dei media? In questo senso è una concezione di McLuhan di
media, molto allargata. A prescindere da ciò cosa sono di fatto i social media?
Ne esistono diverse definizioni. I social media sono strumenti online per la
comunicazione, la trasmissione, la collaborazione e il mantenimento di relazioni tra reti
interconnesse e interdipendenti di persone online, comunità e imprese, migliorati dalle
possibilità tecnologiche e dalla mobilità (Salomon)
Kaplan & Haenlein da un altra definizione: piattaforme basate su basate che permettono
la creazione e lo scambio di contenuti generati dagli utenti >> dimensione relazionale
(sopra) e relazione di scambio
Vediamo che si parla di applicazioni basate su internet e costruita sui fondamenti
ideologiche del Web 2.0. La concezione di scambio e costruzione collaborativa di
contenuti la troviamo pienamente espressa nel Web 2.0. YouTube, Wikipedia, già dalla
nascita avevano come elementi fondativi la dimensione relazionale e di creazione di
contenuti.
Quando inizia la stagione degli schermi ‘di ogni dimensione (smartphone, tablet,
ultrabook, Netbook..) c’è un’evoluzione e diffusione di dispositivi, c’è diffusione della
banda larga, aumento dei dati che si possono trasmettere che consentono lo sviluppo di
applicazioni. Le piattaforme hanno la corrispettiva app ma se pensiamo a Snapchat,
whatsapp e tiktok le applicazioni non sono piu web basate ma nascono già come multi
dispositivi, sono basate su internet e non propriamente sul web. La definizione che
preferiamo per capire alcuni degli aspetti della platform society è quella di Van Dijk che
nel 2013 dice che ciò che e già stato detto sui social media è corretto ma prova a
guardare i social media in modo diverso. Li guarda come piattaforme che sono
conversazionali, dove si dà al termine conversazione un’accezione che comprende
un’ampia gamma di atti comunicativi e atti discorsivi. Prendiamo il like che mettiamo sul
post di qualche amico, i commenti, le condivisioni, i contenuti stessi che vengono
spostati, sono ciò che con Dijk chiama atti comunicativi evanescenti. Prima del Web 2.0
tanta attività discorsiva e conversazionale andava fatta al bar, in famiglia durante i grossi
pranzi / cena, e prima queste cose si perdono nel momento stesso in cui vengono
pronunciate, ora gli atti discorsivi diventano iscrizioni formalizzate. Viene data agli atti
discorsivi la concretezza >> col pixel le nostre conversazioni diventano forme
comunicative diverse. 31
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Pensiamo al commento di un film, o alla chiacchierata da bar, che si fa quotidianamente e
tante di queste conversazioni vengono portate nelle piattaforme social. Questi atti
discorsivi si impregnano di permanenza. Non posso piu, a differenza di quando parlo,
pensare che quando si iscrivono conversazioni nei social queste si perderanno >> si
inseriranno nelle audience publics, cambieranno di valore (valore simbolico, economico,
sociale...). La platform society e le piattaforme della platform society vivono parzialmente
di tutti questi atti discorsivi tradotti.
Le conversazioni circolano attraverso le diverse piattaforme (social network, content
sharing sites,) >> nuove dinamiche distributive / di consumo.
Ogni piattaforma ha affordances che vincolano i contenuti. Bisogna adattare le intenzioni
comunicative alla caratteristica delle piattaforme. Il modo in cui funzionano le piattaforme
dipende anche da variabili algoritmiche. Noi utenti iniziamo ad avere delle audience. I
social media sono mezzi relazionale che permettono produzione distribuzione e consumo
di elementi user-generati, e i social media sono mezzi globali (il mezzo televisivo ha un
suo confine: Italia, Francia ...), internet e le piattaforme permettono di superare le variabili
spazio-temporali, permettono di raggiungere tutto il mondo.
Quindi:
1. C’è un pubblico potenzialmente ed effettivamente globale che non si conosce >> non
si comunica piu come si farebbe coi propri contatti, si comunica con una audience.
Ognuno di noi ha un suo pubblico. Le conversazioni si adattano anche in base al
pubblico che si ha >> chi produce /pubblica piu contenuti si sarà posto il problema di
auto riflessività del contenuto >> cosa sto pubblicando, chi potrebbe leggere il mio
post, cosa penserà leggendolo. ... coi social media c’è il collasso del contesto. È
quando si ha un nostro modo di porci, una nostra identità, anche percepita dagli altri,
con i nostri amici, i nostri colleghi, i nostri parenti... e con loro a seconda dei contesti
mostriamo solo alcuni lati di noi. Non raccontiamo mai tutto a tutti. Sui social media
Es matrimoni comunioni partecipati, si portano insieme
questi contesti collassano.
cerchie sociali e contesti comunicativi diversi della vita quotidiana con situazioni di
imbarazzo su quale comportamenti adottare (=ho tutti i miei pubblici presenti). Sui
social media non ho piu una differenziazione dei contesti.
2. Le conversazioni circolano attraverso una molteplicità di dispositivi (desktop, mobile).
Oggi abbiamo a nostra disposizione tanti dispositivi: abbiamo un pc portatile, un
ebook reader, uno smartphone, uno smart watch, una smart tv, ecc... si sono
moltiplicati i contesti di utilizzo di questi dispositivo e di consumo delle conversazioni.
Se la tv trasmette immagini ed e presente in salotti e cucine, la tv oggi non è piu solo
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confinabile li. Pensiamo a. Chi in treno, in macchina, in metro, guarda un programma
televisivo o un film (es su Netflix!) >> si sono moltiplicati i contesti di consumo. Ed è
difficile definire i confini mediali. Si sono moltiplicati i processi di consumo nei
momenti interstiziali e di attesa. D’altra parte si è passati da una forma di fruizione
mono screen (guardo la tv, vado al cine) a forme di fruizione multi screen (mentre
guardo la tv ho il notebook sulle gambe, ho lo smartphone accanto per parlare su
whatsapp, nel film viene fatto vedere un prodotto attraente e lo cerco sul laptop..) si è
andata a frammentare la fruizione e anche l’attenzione che noi poniamo nella
fruizione. Alcuni hanno rilevato questo effetto per cui facciamo fatica a mantenerci
concentrati su una certa attività. Se guardiamo un film ed è troppo lento la nostra
spanna di attenzione diminuisce.
3. Le conversazioni contemporanee si sono trasformate nei linguaggi >> pensiamo ai
meme, come linguaggio intrinsecamente mediale e contemporaneo. Senza social
media forse non sarebbero mai sorti sono una delle forme linguistiche che piu
rappresentano il linguaggio della rete. Pensiamo poi alle conversazioni che avvengono
con hashtag. Sta cambiando la grammatica delle nostre conversazioni.
Ne esce un territorio molto complesso, che in molti hanno provato a mappare 33
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Van Dijk: la diff qualitativa dei social media rispetto ad altre forme di comunicazione è che
i social media non sono solo piattaforme di comunicazione network/reticolare, sono
qualcosa di piu pervasivo, di piu complesso
I social media non sono solo mezzi per contattare questa/quella persona presente in
rubrica. Prendiamo piattaforme come Snapchat, whatsapp piuttosto che tiktok o
Facebook, queste piattaforme sono qualitativamente diverse: modellano le nostre forme
di socialità attraverso interfacce, algoritmi, modelli di business, di servizio, che modellano
le forme della nostra socialità. Quanto noi possiamo fare e modellare a nostra volta lo
affronteremo nelle prossime