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PECO
Lussemburgo
Ungheria 3,6 4 3+ 3 4 3+ 3+ 4 4 4-
Estonia 3,5 4 3+ 3- 4 4 2+ 4 4- 3
Polonia 3,5 3+ 3+ 3 4 4 3+ 4 3+ 4-
Rep. Ceca 3,3 4 3+ 3 4 2+ 2+ 4 4- 3
Slovenia 3,1 3 3- 3- 3 3+ 3 4 3+ 3-
PECO
Helsinki
Lettonia 2,9 3 3- 2+ 3 3+ 2+ 3+ 3+ 2+
Lituania 2,9 3+ 3- 3 2+ 2+ 2+ 3+ 3 3
Slovacchia 2,8 4 3 3 2+ 2+ 2+ 2+ 3+ 2+
Romania 2,8 4+ 2+ 2+ 3 3 2+ 3 3 2
Bulgaria 2,8 3+ 2 2+ 3 4 3 3 3- 2
BERS (2001)
Fonte:
Si può cogliere un particolare andamento a “u” dell’impatto della
riforma sulla crescita nel periodo 1990-1993, e un andamento “espo-
nenziale”, invece, nella successiva fase riguardante gli anni 1994-
1999. Si assiste, così, all’effetto distruttivo schumpeteriano, dove a un
iniziale passaggio negativo si procede per progressivi miglioramenti.
360
12.4. Il grado di apertura commerciale dei PECO
Uno degli aspetti che caratterizza il processo di trasformazione è
l’integrazione con il mondo economico. Una volta confermata la rela-
zione tra riforme strutturali e politiche di stabilizzazione macroeco-
nomica, la liberalizzazione commerciale va interpretata sia come fatto-
re di causa sia come effetto dei risultati dei mutamenti economici e
politici. La liberalizzazione del commercio deve andare di pari passo
con le riforme e con il programma di stabilizzazione dell’economia.
Per inquadrare la posizione assunta dai PECO nello scenario interna-
zionale dei mercati, prima e dopo la disgregazione del sistema a piani-
ficazione centrale, si consideri la Si noti come i PECO
tabella 12.8.
abbiano fatto registrare alti tassi di crescita nelle esportazioni e nelle
importazioni fino all’inizio degli anni ottanta. L’arresto della produ-
zione nelle fasi iniziali della transizione si lega alle difficoltà riscon-
trate sul piano del commercio internazionale. Il decennio che va dal
1980 al 1990, caratterizzato dall’indebitamento con l’occidente e dal
crollo del sistema politico ed economico, lascia il posto a un periodo
in cui la trasformazione del paese si accompagna alla ripresa commer-
ciale, facendo peraltro segnare, nell’ultimo biennio, i più alti tassi di
crescita delle esportazioni e delle importazioni tra le economie prese
in esame. Gli anni cinquanta sembrano essere gli anni più intensi: le
vendite all’estero consentono di finanziare i piani
d’industrializzazione, mentre grazie alle importazioni si possono ac-
quisire beni a elevato contenuto tecnologico. La seconda ondata è
quella che si verifica negli anni settanta, in virtù dei rapporti prefe-
renziali con l’ex URSS, che di fatto isolano i PECO dagli effetti degli
petroliferi. Una terza, infine, è quella che interessa le economie
shock
in transizione. In questa fase, i PECO manifestano un andamento cre-
scente a differenza di quanto fatto registrare dagli altri paesi e ciò
permette di esprimere giudizi positivi sulle potenzialità commerciali
dovute all’ingresso nel mercato europeo. I dati confermano il deciso
processo d’integrazione con l’economia mondiale all’indomani della
dissoluzione del Comecon, processo stimolato dalle politiche di libe-
ralizzazione e stabilizzazione dei prezzi. La tabella pone in risalto altre
due questioni. La prima è che il ruolo del commercio estero svolge
sempre un ruolo importante nelle economie dell’est. La seconda è che
tali andamenti sono espressione non solo di due diversi momenti stori-
361
ci, ma di due diverse concezioni della politica e dell’economia. La
pianificazione centrale interpreta il commercio estero come il canale
con cui poter realizzare il progetto di forte industrializzazione del pae-
se e con cui poter diffondere e sancire principi di natura ideologica.
Dopo l’isolamento creatosi con il Comecon, nei PECO cominciano a
delinearsi elevati gradi di interscambio estero. Con il processo di tran-
sizione, il commercio internazionale diventa strumento per veicolare
le risorse necessarie per supportare la trasformazione e la modernizza-
zione dell’economia. S’instaurano relazioni tra flussi di capitale este-
ro, stabilizzazione macroeconomica e liberalizzazione commerciale.
L’integrazione con i mercati internazionali accelera le riforme struttu-
rali e queste a loro volta influenzano i rapporti con l’estero. In tal sen-
so, l’apparato istituzionale creato, prima con gli Accordi Europei, e
poi, con il Trattato di Copenaghen nel 1993, contribuisce positivamen-
te all’implementazione di un’economia di mercato.
362
2000-2001 Impor 11,12
-1,84 -2,52
-2,52 -3,89
5,30
Espor -3,21
-3,21 -2,38
-5,89
0,28
6,87
1999-2000 Impor 15,64
15,64 13,16 22,04
4,55 0,97
Espor 20,53
20,53 24,61 31,52
23,75
3,03
Impor
1995-2000 2,38 8,09
8,09 1,72 1,65
1,74
Esport 1,57 7,97
7,97 4,24 5,33
4,0
1990-2000 Impor 11,43
11,43
importazioni 4,24
8,72 3,15
8,17
Espor 10,19
10,19
5,05
8,76 3,54
9,48
1980-1990 Impor 7,13 0,02
0,02 2,88 0,09
6,71
delle Espor
e 7,92 1,66
1,66 2,09 4,69
-2,7
esportazioni 1970-1980 Impor 19,48
18,39 26,46
20,6
20,6 22,7
Espor 19,41 20,89
20,89 18,11 21,71
30,19
delle 1960-1970 Impor (2002)
9,67 5,67
5,67 7,87 4,38
6,22
annui UNCTAD
Espor 10,07 5,58
5,58 8,38 9,55
6,33
crescita 1950-1960 Impor 12,66 dati
6,90 4,79
4,79 5,28
5,19
di su
elaborazioni
Tassi Espor 11,86
3,65 3,51
4,13
3,65
8,01
–
12.8 Nostre
PVSAmerica
Africa
Asia
Mondo
Europa
Tab. Fonte:
PECO PVS
PVS 363
Anche considerando le esportazioni in milioni di dollari, si possono
delineare andamenti incoraggianti. Inoltre, dalla si eviden-
figura 12.2
zia come l’allargamento dell’Unione Europea darà luogo alla più
grande area commerciale, un mercato nettamente superiore a quello
statunitense-canadese e asiatico e che potrà contare quasi 450 milioni
.
di consumatori
Fig. 12.2. – Esportazioni 1991-2001 (in milioni di dollari)
3000000
dollari) 2000000
(milioni
esportazioni 1000000 Nord America
Unione Europea
Asia
0 Peco
1991 1993 1995 1997 1999 2001
Nostre elaborazioni su dati World Bank (2002)
Fonte:
Quali cambiamenti, ora, si possono cogliere nel grado di apertura
commerciale (openness) delle economie in transizione? L’indicatore
comunemente usato è quello dato dal rapporto tra la somma delle
esportazioni e importazioni e il PIL. La presenta un qua-
tabella 12.9
dro di riferimento. Sono stati confrontati gli indici di rispet-
openness,
tivamente, per gli anni 1990 e 2001. Nel 1990, all’avvio del processo
di transizione, Slovenia e Slovacchia presentano un grado di apertura
superiore. Inoltre, negli undici anni, in questi paesi non si segnalano
rilevanti cambiamenti, a testimonianza di un’economia già fortemente
esposta al commercio internazionale. Ciò può significare che tra le
sette maggiori economie in transizione, Slovenia e Slovacchia aveva-
364 362
no un apparato produttivo già fortemente esposto al commercio inter-
nazionale. Tali livelli vengono raggiunti dalla Repubblica Ceca e Un-
gheria soltanto dopo alcuni anni, come conseguenza del grado di svi-
luppo realizzato, mentre per Romania, Bulgaria e Polonia le dimen-
sioni del mercato interno riflettono la minore esposizione verso i mer-
cati esteri.
Tab. 12.9 – Grado di apertura commerciale 1990 e 2001(in %)
1990 2001
Rep. Ceca 83,6 123,1
Bulgaria 48,9 91,1
Ungheria 61,5 123,6
Polonia 43,9 49,0
Romania 32,8 69,6
Slovacchia 110,8 133,9
Slovenia 102,4 103,1
World Bank (2003). Il grado di apertura è pari alle esportazioni + importazioni rapportato al PIL,
Fonte:
espresso ai tassi di cambio correnti
E’ difficile confrontare gli attuali risultati con quelli realizzati du-
rante il periodo comunista. I dati non consentono analisi comparate, né
per quanto riguarda il commercio né per il reddito e la produzione.
Perciò, la questione può essere posta in maniera differente: sulla base
dei dati del 2001, dal confronto con gli indici di di altre eco-
openness
nomie di mercato, è possibile fare emergere alcune importanti consi-
derazioni. Per valutare gli effetti che la dimensione o il livello di svi-
luppo di un paese può esercitare sul grado di apertura commerciale,
vengono individuate alcune variabili “stilizzate”. Queste confermano
che grandi paesi hanno generalmente bassi indici di mentre
openness,
le economie più sviluppate si caratterizzano per indici più elevati.
Seguendo una procedura diffusa nella letteratura empirica (Ha-
vrylyshyn e Al-Atrash 1998), si è ritenuto opportuno calcolare una re-
gressione per 136 paesi, con il grado di apertura commerciale in quali-
tà di variabile dipendente, il PIL e il PIL pro capite come variabili in-
dipendenti. Il modello testa se le economie in transizione presentano
gradi di apertura simili a quelli di altre economie di mercato con uno
stesso livello di sviluppo. L’obiettivo, in altri termini, è quello di veri-
365
ficare se i paesi in transizione, ai dati del 2001, sono in grado di assu-
mere i tratti tipici di un’economia di mercato, segnatamente negli
aspetti concernenti il commercio. La riporta i risultati.
tabella 12.10
Per eliminare la distorsione dei tassi di cambio, le variabili sono
espresse in parità di potere d’acquisto. Il PIL viene utilizzato come
della dimensione del mercato interno. Sono stati effettuati anche
proxy
test con la variabile della popolazione, ma i risultati non sembrano sta-
tisticamente significativi. Il PIL pro capite, invece, è espressione del
grado di sviluppo di un paese. Come si può notare, il grado di apertura
commerciale è più basso nelle economie con alti PIL, e più alto nei
paesi con elevati PIL pro capite.
Tab. 12.10 – Risultati della regressione sul grado di apertura
Variabile Coefficiente Std. Error T-Statistic Prob.
Costante -0,342 0,097 -3,544 0,001
PIL -0,157 0,028 -5,560 0,000
PIL pro capite 0,275 0,044 6,182 0,000
2
R = 0,244
2
Adj.R =0,232
F-stat.= 21,443
Nostre elaborazioni. Le variabili sono state trasformate in logaritmi e aggiustate in PPP. Il numero
Fonte:
delle osservazioni è 136 (paesi)
I coefficienti sono statisticamente significat