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DNA.

I linfociti, che proliferano attivamente durante la loro maturazione, sono danneggiati

da questo accumulo di metaboliti tossici. Il deficit di ADA provoca un blocco della

maturazione dei linfociti T più marcato che nei linfociti B. Il deficit dell’immunità

umorale osservabile in questi pazienti è in gran parte riconducibile alla mancata

funzione dei linfociti T helper. . Un’altra importante causa di SCID autosomica2 è

rappresentata da una proteina (chinasi) coinvolta nella trasduzione del segnale della

catena γc dei recettori per le citochine. Tali mutazioni determinano le stesse anomalie

osservate nella SCID X-linked dovute a mutazioni della catena γc. Casi rari di SCID

sono invece associati a mutazioni nei geni che codificano per componenti specifiche

dei linfociti e delle ricombinasi VDJ.

La sindrome più comune causata dal blocco della maturazione dei linfociti B è

rappresentata dalla agammaglobulinemia X-linked. In questa patologia, le cellule B

midollari non riescono a maturare oltre lo stadio di cellula pre-B, determinando un

marcato calo o un’assenza dei linfociti B maturi e delle immunoglobuline sieriche. La

malattia è causata da mutazioni nel gene che codifica per una chinasi denominata

tirosina chinasi dei linfociti B, le quali determinano un deficit quantitativo o

funzionale dell’enzima. Questo enzima trasduce un segale di maturazione da parte del

recettore espresso dalle cellule allo stadio pre-B; il gene per questo enzima è

localizzato sul cromosoma X. Paradossalmente, circa un quarto dei pazienti affetti da

agammaglobulinemia X-linked sviluppa malattie autoimmuni, in particolare l’artrite.

I difetti selettivi nella maturazione dei linfociti T sono piuttosto rari. Il più frequente

di questi è la Sindrome di DiGeorge, causata dallo sviluppo incompleto del timo e

della mancata maturazione dei linfociti T. I pazienti con questa malattia tendono a

migliorare con l’età, probabilmente perché la piccola quantità di tessuto timico che

comunque si sviluppa è in grado di sostenere la maturazione dei linfociti T.

Esistono diverse malattie in cui, nonostante il normale processo maturativo, si

osserva un’alterazione della maturazione linfocitaria:

• Sindrome da iper-IgM X-linked: dovuta a un deficit di scambio isotipico della

catena pesante delle Ig, con conseguente prevalenza di IgM. I deficit genetici

nella produzione di certe classi di Ig sono piuttosto comuni.

• Immunodeficienza variabile comune: è un gruppo eterogeneo di malattie che

costituisce la forma più comune di immunodeficienza primaria. Questi

disordini sono caratterizzati da una scarsa risposta anticorpale alle infezioni e

da ridotti livelli sierici di IgG, IgA e spesso IgM.

Sindrome del linfocita nudo: il deficit di attivazione dei linfociti T può essere

• la conseguenza della mancata espressione delle molecole MHC. Questa

sindrome deriva proprio dalla mancata capacità di esprimere le molecole MHC

di classe II, fondamentali per la maturazione e l’attivazione dei linfociti T. La

malattia si manifesta con una notevole diminuzione dei linfociti T CD4, a

causa della loro difettosa maturazione timica e della carente attivazione negli

organi linfoidi secondari.

Altre patologie sono invece associate a difetti delle due componenti dell’immunità

innata: i fagociti e il sistema del complemento:

La malattia granulomatosa cronica è causata da mutazioni nell’enzima ossidasi

• fagocitica che catalizza la produzione nei lisosomi di specie reattive

dell’ossigeno, dotate di azione microbicida. Di conseguenza, i neutrofili e i

macrofagi sono incapaci di uccidere i microbi fagocitati. Il sistema

immunitario tenta di compensare questo difetto richiamando sempre più

macrofagi, e attivando i linfociti T, che a loro volta stimolano un ulteriore

reclutamento di cellule fagocitiche. Ne consegue che aggregati di fagociti

incapaci di eliminare il patogeno, si accumulano attorno ai foci di infezione da

microbi intracellulari. Questi aggregati ricordano i granulomi da cui prende il

nome la malattia.

• Il deficit di adesione leucocitaria è causato da mutazioni a carico dei geni che

codificano per le integrine e per enzimi necessari per l’espressione dei ligandi

delle selectine. Le integrine e i ligandi delle selectine sono coinvolti

nell’adesione dei leucociti ad altre cellule. Come risultato di queste mutazioni,

i leucociti circolanti non riescono ad aderire saldamente all’endotelio vascolare

e non vengono reclutati nei siti di infezione.

Immunodeficienze acquisite:

I deficit del sistema immunitario possono anche svilupparsi a causa di anomalie che

non sono genetiche, ma acquisite (anche dette secondarie) durante la vita. La più

grave di queste è l’infezione da HIV. Le cause più frequenti delle immunodeficienze

secondarie nei Paesi sviluppati, sono i tumori che coinvolgono i precursori midollari

e alcune terapie. Il trattamento dei tumori con farmaci chemioterapici o radioterapia,

danneggia le cellule proliferanti, inclusi i precursori midollari e i linfociti maturi,

dando luogo a immunodeficienza. Gli interventi terapeutici per prevenire il rigetto

degli organi trapiantati e controllare le malattie infiammatorie, mirano

specificatamente a sopprimere la risposta immunitaria, con conseguenti complicanze

legate all’immunodeficienza. La malnutrizione proteico-calorica porta al deficit di

quasi tutte le componenti del sistema immunitario, ed è una diffusa causa di

immunodeficienza nei Paesi in via di sviluppo.

La sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) è causata dall’infezione da HIV.

Quest’ultimo è un retrovirus che infetta le cellule del sistema immunitario. In

particolare, ad essere colpiti sono i linfociti T CD4, che vengono progressivamente

distrutti. La singola particella virale di HIV consiste di due eliche di RNA all’interno

di un nucleo proteico, circondato da un involucro lipidico (envelope) derivato dalla

cellula ospite e contenente proteine virali.

Il ciclo vitale dell’HIV consiste nelle seguenti fasi:

1. Infezione della cellula bersaglio.

2. Produzione del DNA virale e sua integrazione nel genoma dell’ospite.

3. Espressione dei geni virali.

4. Assemblaggio di nuove particelle virali.

L’infezione da HIV è mediata dalla principale glicoproteina dell’envelope,

denominata gp120 che si lega al CD4 e ai recettori per chemochine espressi dai

linfociti T e dai macrofagi. Pertanto il virus può infettare efficacemente solo le cellule

che esprimono questi recettori. Le principali cellule bersaglio dell’HIV sono i

linfociti T CD4, i macrofagi e le cellule dendritiche.

In seguito al legame con i recettori cellulari, la membrana virale si fonde con quella

della cellula ospite e il virus penetra nel citoplasma della cellula. Il virus rilascia il

suo RNA, che viene convertito a DNA e va ad integrarsi nel genoma della cellula

ospite. Il DNA virale così integrato è chiamato provirus.

L’HIV causa un’infezione latente nelle cellule del sistema immunitario che può essere

riattivata per produrre nuovi virioni infettivi. La produzione del virus conduce alla

morte delle cellule infette, nonché dei linfociti non infetti, con conseguente

immunodeficienza e sviluppo di AIDS conclamato.

L’ingresso del virus a livello dei siti mucosali, causa una massiva morte dei linfociti T

infettati. Poiché in questi tessuti risiede una grande quantità di linfociti, in particolar

modo linfociti T della memoria, questa infezione iniziale può causare localmente un

significativo deficit funzionale, che però non si riflette a livello sistemico in termini

di alterazioni del numero di linfociti T circolanti o infettati. Nel corso dell’infezione

da HIV, la principale fonte di particelle virali infettive è rappresentata dai linfociti

CD4 attivati, mentre le cellule dendritiche e i macrofagi rappresentano i serbatoi di

infezione. La deplezione dei linfociti T CD4 a seguito dell’infezione da HIV, è dovuta

a un effetto citopatico del virus, dovuto alla produzione delle particelle virali e alla

morte di cellule non infette. L’attiva espressione genica virale e la conseguente sintesi

di proteine virali, possono interferire con l’apparato biosintetico dei linfociti T,

determinando morte cellulare durante l’infezione produttiva. Oltre ai linfociti T,

possono morire anche altre cellule infette, come le cellule dendritiche e i macrofagi.

Questo determina la distruzione dell’architettura degli organi linfoidi.

Lezione 18: Sistema immunitario ed esercizio fisico

Effetti dell’esercizio fisico sul sistema immunitario:

L’esercizio fisico può avere sia effetti positivi che negativi sul sistema immunitario e

sulla suscettibilità a sviluppare determinate patologie. La relazione tra esercizio e

suscettibilità alle infezioni è spiegata da un modello secondo il quale l’esercizio fisico

moderato rinforza la funzionalità del sistema immunitario; tuttavia, l’esercizio fisico

intenso e prolungato nel tempo può invece determinarne l’indebolimento.

Sebbene non ci siano delle differenze clinicamente significative tra l’esercizio fisico

moderato e una situazione di sedentarietà, evidenze epidemiologiche affermano che

l’attività fisica moderata, praticata abitualmente, è associata a una ridotta incidenza di

infezioni.

Per esempio, un regolare esercizio fisico di circa 2 ore al giorno, comporta una

riduzione del 29% del rischio di contrarre infezioni del tratto respiratorio superiore

(upper respiratory tract infection, URTI), rispetto a uno stile di vita sedentario.

Allo stesso tempo, è stato però riscontrato che il rischio di contrarre un’infezione

aumenta nelle settimane successive a una maratona. Tuttavia, più recentemente è

emerso che in un ampio gruppo di maratoneti non vi sia alcuna associazione tra

l’esercizio intenso e lo sviluppo di infezioni. Il dato interessante dello studio (Ekblom

B. et al.,2006) è che l’incidenza di URTI dopo una gara è del 16% negli atleti che non

hanno mostrato nessun sintomo nelle tre settimane precedenti la competizione;

mentre nei maratoneti che hanno mostrato sintomi di URTI nelle tre settimane

precedenti la gara, il 33% ha avuto episodi di URTI anche dopo la corsa.

Questo suggerisce che lo stress dovuto all’esercizio fisico intenso può comportare

una riattivazione del virus responsabile dell’infezione riscontrata nel periodo

precedente alla gara.

Diverse funzioni delle cellule del sistema immunitario vengono indebolite

dall’esercizio fisico intenso, e gli atleti che vengono sottoposti a intensi periodi di

allenamento sembrano essere più susc

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Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-EDF/02 Metodi e didattiche delle attività sportive

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher pizzardi14 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Il sistema immunitario e la pratica sportiva e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Universita telematica "Pegaso" di Napoli o del prof Castaldi Maria Chiara.
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