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SINDROME DELL´INTESTINO CORTO
Si tratta di un disordine malassorbitivo causato dalle resezioni più o meno massive del piccolo
intestino ed anche del colon, associate ad una significativa morbilità, mortalità, riduzione della
qualità della vita ed altissimi costi, poiché sono pazienti che molto spesso entrano ed escono dagli
ospedali e hanno bisogno di una terapia farmacologica con farmaci molto costosi non ripagati dal
sistema sanitario nazionale. Classicamente, non si parlava di intestino corto se questo era più lungo
di 2 m; pertanto, 2 metri era la lunghezza paradigmatica, sotto la quale in passato si parlava di
intestino corto. In realtà, oggi sappiamo che non sempre é così, perché persone che hanno 150-180
cm di intestino tenue rimanente stanno bene ed altre che hanno 2,5 m stanno male, e questa
differenza dipende dalla capacità dell'intestino rimasto di compensare la perdita dell'intestino
resecato e di adattarsi funzionalmente alla nuova condizione anatomica, cioè dipende da quanto
l’intestino riesce a ipertrofizzarsi e a compensare la perdita.
Le cause più frequenti sono la malattia di Crohn, traumi, tumori maligni, radioterapia e ischemia
intestinale. La patologia non dipende direttamente dalla quantità di intestino che viene resecato,
difatti viene definita sindrome perché vi sono diversi fattori che portano a questa patologia. Dunque,
non è detto che pazienti con la medesima resezione dell’intestino sviluppino la stessa condizione di
malassorbimento.
Classificazione: Possiamo classificare la sindrome dell'intestino corto in 3 tipi sulla base della
durata, delle condizioni preesistenti e in base all’anatomia rimanente.
Prendendo come parametro la durata, possiamo distinguerne tre tipi:
• Tipo 1: si tratta di una forma acuta, autolimitante che si verifica nelle prime 24-72 ore
dopo un evento significativo (ad esempio, un paziente ricoverato in terapia intensiva per un
politrauma, probabilmente svilupperà un ileo paralitico nei primi tre giorni facilmente
gestibile, oppure un paziente che fa una terapia con oppiacei e svilupperà un'alterazione
della motilità con insufficienza intestinale conseguente); è risolvibile
• Tipo 2: una condizione acuta prolungata che interessa pazienti metabolicamente instabili, i
quali necessitano di attenzioni multidisciplinari e supplementazioni in vena di liquidi,
elettroliti e nutrizione parenterale per settimane o mesi (in genere l’intestino può metterci
anche due anni per abituarsi) perché l'intestino non è stato in grado di riprendere la sua
funzione e di adattarsi dopo un tipo di evento, in genere dopo una resezione. Spesso sono
pazienti che fanno intervento demolitivo stanno bene e dopo una settimana tornano in
pronto soccorso con complicanze come disidratazione, insufficienza renale e acidosi
metabolica;
• Tipo 3: una forma cronica e si verifica quando un paziente con insufficienza intestinale e
Sindrome dell'intestino corto riesce a sviluppare un meccanismo di adattamento, per cui
cronicizza, diventa metabolicamente stabile e richiede più o meno sempre lo stesso volume
di nutrizione parenterale per mesi o anni.
Quello che deve rimanere impresso è che, paradossalmente, la forma acuta è benigna ed è meglio
rispetto a una forma prolungata.
II. Possiamo classificarla anche sulla base delle condizioni preesistenti e andare a vedere la
differenza di patologie che possono interessare il neonato, il bambino e l’adulto.
- Nel neonato, si parla di enterocoliti necrotizzanti, atresia intestinale, gastroschisi, volvolo, tutte
condizioni congenite correlate ad uno sviluppo non corretto dell’organo.
- Nei bambini, le cause più importanti sono il trauma e le complicanze post-operatorie.
- Negli adulti, la causa più importanti è rappresentata dalle COMPLICANZE POST-
OPERATORIE, poiché, a seguito di un intervento, c’è la possibilità che si formino aderenze ed il
paziente si sub-occluda, dovendo poi andare incontro ad altri interventi che progressivamente
riducono le dimensioni dell’intestino. Altre cause possono essere il cancro e le radiazioni,
malattia di Chron, traumi, disordini della motilità intestinale o volvoli. un’altra causa sono le
malattie vascolari mesenteriche, ad esempio pazienti che hanno una trombosi venosa mesenterica
e sviluppano una ischemia mesenterica: generalmente il tipico paziente ha una fibrillazione atriale e
non lo sa, oppure ne é a conoscenza e fa terapia di Warfarin (COUMADIN ®) mal dosato, per cui si
presenta con dolore addominale e nausea, e può arrivare ad insufficienza intestinale e morte.
III. L'ultima classificazione, in base all’anatomia rimanente, permette di identificare tre tipi di
intestino corto:
• Tipo 1: si ha con l’enterostomia, una procedura chirurgica che porta alla creazione di un
segmento intestinale collegato direttamente alla cute. È il tipo peggiore perché caratterizzato da:
- un transito molto rapido,
- ipersecrezione pancreatica e gastrica,
- grandi forme di perdita di liquidi,
- malassorbimento di vitamine, oligoelementi
- adattamento intestino basso
Costituisce la forma con prognosi peggiore, tant'è che sicuramente il paziente svilupperà
insufficienza intestinale se ha una lunghezza di intestino tenue minore di 1,15-1,20 m e un'altra
complicanza di questi pazienti sono le infezioni ricorrenti della stomia, dovute all’accumulo di
secrezioni che normalmente non dovrebbero essere presenti a livello cutaneo, che portano i pazienti
a dover essere rioperati oppure a fare delle medicazioni, cosiddette “a pressione negativa”, cioè
medicazioni che servono a drenare il pus dalla stomia;
• Tipo 2: una forma intermedia, in cui c'è un tratto di tenue che è attaccato ad un segmento
di colon più o meno lungo con un’anastomosi digiuno-colica. In questo caso:
- il transito è sempre rapido,
- malassorbimento di vitamine, di elettroliti
- anche qui l’intestino si adatta poco;
Nonostante questo, la presenza del colon, soprattutto se superiore al 57%, riesce a garantire
l'assorbimento di liquidi ed elettroliti, tant'è che questa tipologia di pazienti svilupperà quasi
certamente una insufficienza intestinale se c'è un segmento dell'intestino tenue rimanente inferiore a
65 cm. Nb. Digiuno-colica cioè toglie ileo e metà colon
• Tipo 3: è la forma meno grave, in cui si osserva una sindrome dell'intestino corto con
un’anastomosi digiuno-ileocolica, dove si ha la resezione della porzione terminale di digiuno e
della prima parte di ileo (ad esempio in un paziente con morbo di Chron). è presente una parte di
digiuno, una parte di ileo con la porzione ileocecale e tutto il colon:
- transito lento
- assorbimento adeguato fino al 75% della resezione
- buon adattamento
Infatti, i pazienti per sviluppare insufficienza intestinale devono avere una lunghezza di
tenue inferiore a 35 cm, poiché ci sono il cieco ed il colon che riescono a raggiungere un equilibrio
idroelettrico senza la necessità di una supplementazione in vena. Questa è la situazione migliore su
cui poter lavorare. Prognosi migliore.
Il Chron provoca forme di sindrome dell’intestino corto di tipo 1, quindi con una
Digiunostomia, molto più gravi rispetto a quelle causate da patologie ischemiche, dove si riesce a
lavorare attraverso anastomosi digiuno-coliche, salvando parte di tenue e parte di colon. i pazienti
con il tipo 1 devono essere nutriti 7 giorni su 7, a differenza di quelli che invece hanno
un’anastomosi digiuno-ileocolica e possono essere nutriti in genere 3-5 giorni a settimana.
Analizzando la durata della nutrizione parenterale in anni si vede che nel primo anno ci sono molti
più pazienti con digiunostomia, che progressivamente scendono di numero. Il motivo è perché
muoiono, trattandosi ad esempio di pazienti con Chron, vanno incontro a diverse resezioni
intestinali, che esitano in una Sindrome dell'intestino corto di tipo 1 con digiunostomia, e,
considerando poi che la porzione rimanente di intestino non funziona correttamente, hanno una
mortalità altissima, secondaria a: - insufficienze d’organo: epatica, renale, cardiaca, Sindrome di
Wernicke-Korsakoff (è una forma insolita di amnesia che abbina due disturbi: uno stato
confusionale acuto, detta encefalopatia di Wernicke, e un tipo di amnesia a lungo termine,
chiamata sindrome di Korsakoff; si sviluppa nei soggetti malnutriti, solitamente a causa di una
vitamina B1). - infezioni della via di accesso utilizzata per la nutrizione parenterale.
FUNZIONI DELL’INTESTINO: L'apparato gastroenterico é un lungo tubo, di lunghezza
variabile (3,60-6,80m), e costituisce l'organo che, anche più della pelle, è a contatto con l'ambiente
esterno. Infatti, aprendolo e tagliandolo, si trovano strutture, quali pliche, villi e microvilli, per cui
si ottiene una superficie di assorbimento intestinale pari quasi a un campo da tennis. il villo= unità
funzionale dell’intestino, ma lo è più che altro la mucosa. Bisogna immaginare il villo come
un’estroflessione, un continuo, delle componenti presenti nell’intestino. il contenuto enterico, parte
integrante dell’unità funzionale, è composto da: sali biliari, beta-defensine (che sono degli
antibiotici naturali), il gut microbiota (la composizione di funghi, batteri, virus che sono essenziali
per la funzionalità dell’intestino), le IgA, il muco intestinale, poi ci sono le cellule epiteliali, il
sistema nervoso enterico (regola le cellule fra di loro e anche la motilità intestinale), le cellule
dell’immunità innata e adattativa, le cellule della motilità intestinale e i vasi. Alterazioni di uno
degli elementi del contenuto enterico si riflettono in alterazioni della funzionalità intestinale.
Alla base del funzionamento dell’intestino, c'è un’unità funzionale, costituita da mucosa e
sottomucosa, che svolge principalmente due compiti:
1.Funzione di barriera per impedire l'accesso alle sostanze potenzialmente tossiche ingerite o
formatesi all'interno dell’apparato; tuttavia, deve essere altrettanto permeabile alle sostanze
nutritive.
2. svolge un ruolo importante a livello sistemico perché, attraverso questo strato
di enterociti, si sviluppano delle importantissime interrelazioni tra ambiente interno ed esterno,
quindi tra il self e il non-self, che conducono allo sviluppo e alla maturazione del sistema
immunitario, alla generazione dell’immunotolleranza e di quell’equilibrio tra meccanismi di
tolleranza e meccanismi infiammatori. Infatti, oltre agli enterociti attaccati tra lor