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INFLUENZA
L'influenza è una malattia respiratoria acuta causata dall'infezione da virus influenzali; la malattia interessa le alte e/o basse vie
respiratorie ed e spesso accompagnata da segni e sintomi sistemici quali febbre, cefalea, mialgie e astenia. Epidemie influenzali di
varia estensione e gravità si verificano qua· si ogni inverno. Queste epidemie presentano un elevato indice di morbili- li tà nella
popolazione generale e di letalità in alcuni pazienti ad alto rischio, in rapporto soprattutto a possibili complicanze polmonari.
Agente eziologico.
I virus influenzali appartengono alla famiglia Orthomyxoviridae. I virus A, I B e C costituiscono tre generi separati. La designazione
dei virus influenzali come tipo A, B o C è basata sulle caratteristiche antigeniche della nucleoproteina (NP) e delle proteine della
matrice (M). I virus influenzali A sono ulteriormente suddivisi (sottotipi) sulla base degli antigeni di superficie: emoagglutinina (H) e
neuraminidasi (N); i singoli ceppi sono denominati secondo il sito di isolamento, il numero del ceppo, l'anno di isolamento e il sottotipo,
per esempio influenza Hiroshima/52/2005 H3N2.
I virus influenzali A e B sono i maggiori patogeni per l'uomo e sono quelli maggiormente studiati tra gli Orthomixoviridae.
Morfologicamente i virus A e B sono molto simili. I virioni sono particelle di forma irregolarmente sferica e sono provvisti di un
involucro lipidico dalla cui superficie sporgono le glicoproteine H e N. L'emoagglutinina è il sito con il quale il virus si lega ai recettori
cellulari, mentre la neuraminidasi degrada il recettore e probabilmente gioca un ruolo fondamentale nella liberazione del virus dalle
cellule infettate una volta che si è verificata la replicazione.
Il virus dell'influenza penetra nella t cellula mediante endocitosi mediata da recettori, formando un endosoma che contiene il virus.
L'emoagglutinina virale permette la fusione della membrana endosomiale con l'involucro virale, con conseguente passaggio dei
nucleocapsidi nel citoplasma. La risposta immunitaria contro 1'antigene H è il fattore più importante nella protezione contro il virus
influenzale, mentre gli anticorpi contro l'antigene N limitano la diffusione virale e contribuiscono a contenere l'estensione
dell'infezione. La superficie esterna dell'involucro lipidico contiene la matrice proteica (MI e M2) che sembra essere coinvolta
nell'assemblaggio e nella stabilizzazione dell'involucro lipidico. Il virione contiene inoltre una nucleoproteina (NP), associata al
genoma virale, e tre polimerasi (P) che sono necessarie per la trascrizione e la sintesi dell'RNA virale.
Epidemiologia.
Le epidemie di influenza si verificano pressoché ogni anno, sebbene l'estensione e la gravità siano molto variabili. Epidemie locali si
registrano a intervalli variabili) generalmente ogni 1-3 anni. Anche le pandemie mondiali si sono verificate a intervalli variabili, ma
molto meno frequentemente delle epidemie interpandemiche.
Virus dell'influenza A.
Le più estese e gravi epidemie sono causate dai virus dell'influenza A, in parte a causa della spiccata tendenza degli antigeni H e N di
tali virus apresentare periodiche variazioni antigeniche.
• Antigenic shift → c'è un cambiamento maggiore nel genoma virale in seguito a ricombinazione. È correlato a pandemie
influenzali e sono limitate al virus dell'influenza A.
• Antigenic drift → c'è la mutazione di una singola base in DNA o RNA. Interessa solo 1'emoagglutinina o l'emoagglutinina
e la neuraminidasi assieme.
[Influenza aviaria.
Nel 1997, alcuni casi di influenza umana causati dal virus dell'influenza aviaria (A/H5Nl) sono stati identificati a Hong Kong nel corso
di un'importante epidemia influenzale nei polli. Tra quel momento e il gennaio 2007 sono stati notificati 261 casi di influenza aviaria
nell'uomo in 10 Paesi dell'Asia e del Sud-Est asiatico. Quasi tutti questi casi erano associati a contatti con pollame infetto. Non è stata
fino a oggi osservata alcuna efficiente trasmissione interumana. Il tasso di mortalità è stato molto alto (60%) e le manifestazioni cliniche
sono state piuttosto dissimili da quelle attese in una "tipica” epidemia influenzale.
L'origine dei ceppi pandemici del virus di influenza A è stata parzialmente chiarita dalle tecniche di biologia molecolare. Sembra che
i ceppi pandemici del 1957 e del 1968 derivino dal riassortimento genico tra i virus umano e aviario con comparsa di nuove
glicoproteine di superficie].
Le pandemie rappresentano l'evidenza più drammatica dell'impatto sulla popolazione dell'influenza A. Tuttavia i casi di malattia che
si verificano tra i periodi pandemici (malattia interpandemica) sono responsabili di una mortalità e morbilità più elevate, benché
osservate per un periodo più lungo.
I virus influenzali A che circolano tra i periodi pandemici mostrano drift antigenici dell'antigene H; queste variazioni, apparentemente,
sono il risultato di mutazioni puntiformi che coinvolgono il segmento di RNA che codifica per l'emoagglutinina, più frequentemente
nelle cinque regioni ipervariabili. poiché due mutazioni puntiformi difficilmente si verificano contemporaneamente, si pensa che drift
antigenici derivino da mutazioni puntiformi, determinatesi sequenzialmente durante la diffusione del virus da persona a persona.
Le epidemie di influenza A iniziano bruscamente, raggiungono l'acme in un periodo di 2-3 settimane, generalmente durano 2-3 mesi e
spesso e scompaiono con la stessa rapidità con cui sono comparse. L'indice di morbilità è stato assai diverso da epidemia a epidemia,
ma per lo più si aggira tra il 10 e il 20% della popolazione generale.
Le epidemie di influenza A si verificano quasi esclusivamente nei mesi invernali nelle zone temperate di entrambi gli emisferi. In
queste aree è estremamente improbabile il riscontro del virus dell'influenza di tipo A in altri periodi, sebbene siano stati raramente
notati incrementi dei titoli anticorpali sierologici o anche epidemie durante i mesi più caldi. Ai tropici, al contrario, le infezioni da virus
dell'influenza si hanno praticamente nel corso di tutto l'anno. E tuttora ignoto se e come il virus dell'influenza di tipo A sia in grado di
persistere tra un)epidemia e l'altra. Per spiegare questo comportamento del virus si può supporre che i virus dell'influenza A si
mantengano nella popolazione umana in tutto il mondo attraverso la trasmissione interumana da individuo a individuo e che gruppi di
popolazione numericamente consistenti siano in grado di mantenere un livello di trasmissione interepidemica, per quanto basso. In