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DECIDERE SECONDO UN MODELLO RAZIONALE
Le decisioni sono l’anticamera del comportamento. Il binomio decisione-azione scandisce la vita di tutti i
giorni.
La scienza delle decisioni accoglie contributi interdisciplinari: per comprendere il comportamento delle
organizzazioni è utile partire del pensiero economico, i cui contributi più importanti si possono ricondurre
all’epoca dell’Illuminismo. Bernoulli contribuì alla scienza statistica delle decisioni con il famoso paradosso
di San Pietroburgo. Il ragionamento traeva spunto dalla formulazione elementare della speranza
matematica, che prevedeva la possibilità di decidere quale cosa la cosa giusta da fare. La formulazione
iniziale intrigava Bernoulli per la sua indimostrabilità ed è così riassumibile: per sapere quale sia il valore
atteso dalle nostre azioni, bisogna risolvere una semplice moltiplicazione:
probabilità (di ciascuna azione) x valore = valore atteso
Questa “teoria del valore atteso” non convinceva il matematico olandese. Il paradosso di San Pietroburgo
consiste nel fatto che la speranza matematica di un guadagno atteso è massima se il numero delle giocate è
infinito, ma non c’è nessun soggetto razionale disposto a giocare all’infinito nella speranza di ottenere una
Appunti secondo sub-ciclo ORGANIZZAZIONE AZIENDALE Dario Cannata
vincita infinita. Bernoulli riteneva che nessun individuo di buon senso sarebbe stato disposto a pagare per
acquistare un biglietto di lotteria a prezzi superiori a una certa soglia relativamente contenuta.
Da questa dimostrazione, Bernoulli suggerì l’adozione del principio della speranza morale, definita come
speranza matematica dell’utilità, derivante dai guadagni monetari della lotteria. L’intuizione era che la
marginalità del denaro è crescente all’aumentare delle somme a disposizione. La determinazione del valore
di un oggetto deve essere basata non sul suo prezzo, ma sull’utilità che può procurare. I matematici
stimano il denaro in proporzione alla sua quantità, mentre un uomo di buon senso lo stima in proporzione
all’uso che può farne.
A partire dalla critica alla razionalità assoluta, Bernoulli propose un’ulteriore tipologia di razionalità, con la
quale arrivò a concludere che una “buona decisione è il risultato di un’analisi razionale delle probabilità
associate alle alternative perseguibili moltiplicato per il valore associato a ciascuna alternativa”.
Bernoulli condizionò gli studi dei filosofi utilitaristi inglesi, tra i quali spicca il nome di Bentham, che
sostenne strenuamente il concetto del piacere, affermando che le persone sono guidate dai propri interessi
e dalle proprie paure, ma che i primi hanno la precedenza sulle seconde.
Per Bentham un’azione è buona quando è utile e produce piacere. Piacere che non va considerato in modo
individualistico ma secondo una prospettiva sociale, giacché esso coincide con la benevolenza più
comprensiva e più illimitata verso il prossimo. La filosofia morale di Bentham è stata etichettata come una
precisa aritmetica del piacere, che permette, secondo il filosofo, di dare una fondazione sociale alla virtù.
La massimizzazione del piacere è la felicità.
L’utilitarismo è l’espressione sintetica di questo modo di agire: la cosa giusta da fare è la massimizzazione
dell’utilità, e ciò può e deve accadere al livello dell’individuo, dell’organizzazione, della collettività e della
società in generale.
La teoria della scelta razionale, che trova le sue radici nel pensiero di Bentham, ritiene che ci sia un prezzo
per qualsiasi cosa e che l’azione umana sia determinata dal soddisfacimento degli interessi personali. Sono
tre i postulati di base:
Gli individui accettano una relazione quando capiscono che da tale relazione possono massimizzare
l’utilità soggettiva;
La cooperazione non è funzionale al sistema, bensì all’individuo;
C’è uno scambio tra agire individuale e contesto, secondo un crescendo di reciprocità che aumenta
con il ruolo ricoperto dal soggetto nel sistema sociale.
L’utilitarismo di Bentham ha avuto anche un impatto nelle discipline economico-aziendali: molti manager
sono stati istruiti all’utilizzo delle analisi costi/benefici, analisi condotte confrontando i costi di un’azione
con i benefici derivanti da quella stessa azione. Le decisioni si prendono massimizzando i vantaggi rispetto
ad eventuali svantaggi.
Nella pratica, analisi costi/benefici complesse richiedono che tutte le valutazioni siano espresse con
un’unità di misura numeraria unica. Questo vuol dire assegnare un valore monetario a tutti gli elementi
della decisione. Sorgono allora due problemi:
1. È impossibile assegnare in modo univoco un valore monetario alla totalità degli elementi
considerati;
Appunti secondo sub-ciclo ORGANIZZAZIONE AZIENDALE Dario Cannata
2. Quando anche è possibile assegnare un valore monetario, il problema potrebbe consistere
nell’incertezza circa la sua entità.
C’è quindi l’esigenza di ricorrere ad intervalli temporali più o meno ampi entro i quali è ammissibile il valore
stimato.
Per comprendere le criticità delle analisi costi-benefici un caso emblematico è il caso Ford:
Tra il 1971 e il 1980 la Ford produsse la Pinto, un modello che non ebbe gran successo, soprattutto a
causa di un difetto di fabbrica che, anche a seguito di tamponamenti di piccola entità, provocava
l’incendiarsi del veicolo. I consumatori protestarono e il management della Ford ricorse ad un’analisi
costi/benefici per decidere se conveniva pagare il risarcimento danni al seguito delle cause in tribunale o
ritirare le auto vendute, sostituire in garanzia il serbatoio e i bulloni difettosi. La riparazione avrebbe
diminuito i casi di incidenti mortali dei 180 entità e ridotto i feriti gravi in egual misura, abbassando di
2100 i veicoli incidentati, ma comportava una spesa pari a 137 mln di dollari; il valore monetario dei
risarcimenti, invece, era 49,5 mln. la Ford decise di non riparare la Pinto ma di lasciare morire i clienti e
pagare le cause del risarcimento. L’inghippo stava sul valore monetario attribuito alle vite umane:
l’agenzia governativa del ministero dei trasporti, incaricata per la sicurezza stradale, corroborava la tesi
di Ford, stabilendo un valore di 200.000$ come costo sociale della perdita di una vita umana e di 67.000$
per ogni ferito (contabilizzando le perdite future di produttività di tipo diretto e indiretto).
La decisione dell’azienda automobilistica provocò un’ondata di reazioni negative nell’opinione pubblica.
Sono evidenti le limitazioni delle decisioni basate unicamente su questa analisi:
In primo luogo sorgono dubbi etici sul fatto che le persone debbano morire perché sarebbe costoso
evitare queste circostanze;
In secondo luogo, l’analisi costi/benefici non tenne in considerazione tutte le conseguenze, tra le
quali gli evidenti danni di immagine subiti da Ford per le cause legali;
In terzo luogo, è fondamentalmente discutibile stabilire quale sia il prezzo “giusto” per una vita
umana.
Il problema sta dunque all’origine: ci sono situazioni in cui che cosa convenga fare non può essere
determinato dal principio di massimizzazione dell’utilità.
L’economia neoclassica marginalista s’inspira al modello di Bentham lasciando in eredità modelli come la
concorrenza perfetta, la formazione dei prezzi, il comportamento del consumatore… Questa visione del
modo di comportarsi e di decidere è stata definita come propria dell’homo oeconomicus, che utilizza una
razionalità deduttiva basata su processi di ottimizzazione.
LA CRITICA ALLA RAZIONALITÀ PERFETTA
La scienza delle decisioni, così come oggi si conosce, è stata fondata da Herbert Simon, Premio Nobel per
l’Economia nel 1978. Lo scienziato americano è ricordato per la sua critica ai modelli razionali puri.
Per Simon gli individui non sono in grado di agire razionalmente perché non dispongono di un’informazione
completa circa le conseguenze delle loro decisioni e sono inoltre ostacolati da impedimenti personali e
sociali. Il processo decisionale è ostacolato, quindi si parla di razionalità limitata.
Simon è del parere che un attore decisionale è un homo organizzativo e non un homo oeconomicus,
indotto a costruirsi un modello semplificato della realtà. Il successo di ogni azione dipende dal grado di
attendibilità delle informazioni che ha e dalla sua capacità di costruire il modello operativo più adatto.
Appunti secondo sub-ciclo ORGANIZZAZIONE AZIENDALE Dario Cannata
Una decisione perfettamente razionale non è possibile, ma Simon non cancella le speranze di prendere una
“buona decisione”. È doveroso tendere verso un modello razionale ed è proprio in questo che si distingue
l’uomo organizzativo da quello economico: vorrebbe comportarsi secondo un modello perfettamente
razionale, ma non è in grado di farlo. Il decisore limiterà le sue ricerche fino al raggiungimento di un
adeguato livello di soddisfazione. Simon, quindi, sostituisce alla “scelta ottimizzante” l’approccio
all’ottimizzazione approssimata: partendo da una descrizione della situazione, si semplifica rispetto al reale
continuando a ridurla fino a un grado di complessità tale per cui chi prendere la decisione possa
adeguatamente contemplarla e individuare la soluzione.
La teoria delle decisioni soddisfacenti spiega come mai le decisioni possono apparire irrazionali: l’uomo non
è in grado di raccogliere tutte le informazioni, non ha infinite esperienze alle spalle e i livelli di attenzione
non sono costanti nel tempo.
L’apporto fondamentale di Simon è stato quindi quello di evidenziare i limiti della razionalità nel processo
decisionale umano, scardinando l’idea di un uomo logico e razionale, accostando al concetto di probabilità
quello di imprevedibilità nel quale s’inseriscono l’aleatorietà e la razionalità limitata delle decisioni.
DALLA RAZIONALITÀ DEDUTTIVA ALLA RAZIONALITÀ EURISTICA
Alle strategie decisionali deduttive si oppongono quelle euristiche, che hanno come punto di riferimento gli
studi di Daniel Kahneman, premio Nobel per l’Economia nel 2002, grazie al quale gli studi di economia si
sono arricchiti del contributo della psicologia.
Kahneman ha formulato, con il collega Amos Tversky, la teoria del prospetto che, in contrasto alla teoria
economica neoclassica, si propone di fornire una descrizion