Estratto del documento

PER QUALE MOTIVO GLI AS DOVREBBERO ESSERE COINVOLTI NELLA

FORMULAZIONE DELLE POLICY?

Gli assistenti sociali sono chiamati a promuovere il cambiamento sociale = cambiare le

politiche sociali. Ci sono diversi attori coinvolti nel processo di formulazione delle policy.

Gli assistenti sociali devono essere coinvolti in questo processo per promuovere policy

adeguate.

Gli assistenti sociali hanno una conoscenza “unica”/specifica: se essi sono coinvolti nel

processo di formulazione, le policy saranno migliori per le persone che accedono ai servizi.

Le persone che accedono ai servizi possono promuovere il miglioramento delle policy: se gli

assistenti sociali sono coinvolti, possono garantire che le persone siano partner nella

costruzione del cambiamento sociale. COME?

● Porre una questione nell’agenda pubblica

● Fornire informazioni condividendo le proprie conoscenze e analisi

● Esprimere le proprie opinioni

● Condividere i propri suggerimenti con i policy maker ed il pubblico

Analizzare o quantificare un problema di policy, al fine di incoraggiare il pubblico o i policy

maker a portare un cambiamento nelle policy.

Agire per portare all’attenzione dei colleghi, manager, organizzazioni di advocacy, un

bisogno a cui non viene data risposta.

Entrare in contatto (formalmente o informalmente) con i policy maker inviando i risultati di

uno studio per informarli su un problema o un limite/criticità di una policy.

Invitare i policy maker a visitare la vostra organizzazione o la comunità/quartiere in cui

lavorate, per affrontare un problema o una criticità di una policy che ha impatto sulle persone

che accedono al vostro servizio.

Essere membro di un comitato o di un team di professionisti che si occupa di un problema di

policy o del cambiamento di una policy.

Partecipare a una riunione del Consiglio comunale (o dell’autorità locale) che si occupa di

problemi di policy. 32

Sensibilizzare le persone che accedono ai servizi per aumentare la consapevolezza rispetto

a un problema che li riguarda, al fine di incoraggiarli ad agire per un cambiamento.

Aiutare le persone che accedono al servizio a organizzare una campagna contro una politica

che ha un impatto negativo su di loro.

Utilizzare i media (anche se non su vostra iniziativa) per promuovere la consapevolezza

rispetto a un problema o un limite di una politica sociale.

Unirsi a una coalizione o a un forum che lavora per promuovere o cambiare le policy.

Partecipare con i colleghi o redigere un documento che presenta un’analisi su una policy.

Partecipare a un seminario o a una conferenza per portare all’attenzione del pubblico o dei

policy maker un problema o un limite di una politica sociale.

Partecipare a un’attività pianificata da un ente di servizio sociale che mira a sostenere o

cambiare una politica sociale.

https://www.youtube.com/watch?v=kR_RY7ELs0U

https://www.youtube.com/watch?v=6jBzAwTfSto 33

MARTEDÌ 7 MARZO

CONCETTO DI ADVOCACY

L’insieme dei processi attraverso cui il punto di vista della persona e le sue preoccupazioni

vengono rappresentate per assicurare un aumento del riconoscimento dei diritti. Il processo

è portato avanti da qualcuno che non ha interesse diretto nella questione.

Advocacy ed empowerment: entrambi a partire da un incontro di bisogni reali a un

trasferimento di poteri che consente di far rispettare diritti di persone oppresse o emarginate.

Da un ruolo centrale del professionista a un ruolo centrale della persona. Accento sull’utente

“esperto”. L’operatore è colui/colei che media, che apre canali di comunicazione.

In questa logica si sviluppano le pratiche anti-oppressive: pratiche che riconoscono le

differenze di potere delle persone e non sposano immediatamente il punto di vista di chi è

dominante.

Approcci attivi = quando le persone parlano da sole

Approcci passivi = quando l’assistente sociale parla per conto della persona

Nell’ambito del servizio sociale, il termine advocacy si riferisce a diversi tipi di interventi,

orientati dal comune obiettivo di restituire riconoscimento e influenza al punto di vista di

persone e gruppi con meno potere. Tali azioni mirano, da un lato, ad aumentare la

consapevolezza sui processi che costruiscono condizioni di svantaggio, dall’altro a

influenzare le decisioni alla base di interventi, progetti, o politiche che incidono su tali

processi. Si tratta di azioni volte a garantire la tutela e l’esigibilità dei diritti chiedendone

l’attuazione, denunciandone la violazione, ma anche ampliando la gamma di quelli

riconosciuti, a partire dall’emersione e dalla difesa del punto di vista di chi ha meno voce.

Parallelamente, l’obiettivo è la promozione dell’autonoma capacità di azione e di influenza

delle persone escluse dal godimento. (ADVOCACY, Mara Sanfelici In Nuovo dizionario di

Servizio Sociale, 2022)

La psicologia moderna non condivide la divisione netta tra età infantile ed adulta propria del liberalismo, propone

un'idea dello sviluppo come un continuo “va e vieni” tra i due stadi. Secondo Winnicott, l’autonomia è la capacità

di trattare gli altri in quanto differenti da sé, questo garantisce autonomia a sé e agli altri. Insieme a Bowlby,

Winnicott ritiene che questa percezione della differenza svolga un ruolo positivo nella formazione del vincolo

sociale: il bambino sviluppando la sua autonomia può vedere il mondo fuori di sé e impegnarsi in esso. La

concessione di autonomia agli altri implica la possibilità di non riuscire a capirli: concediamo autonomia agli

insegnanti e ai dottori quando diamo per scontato che sappiano ciò che stanno facendo, anche se non lo

capiamo. Andrebbe accordata la stessa autonomia all’allievo o al paziente. L’autonomia è un vettore di

uguaglianza se accettare dell’altro ciò che non capisci, ma concedergli fiducia è reciproco. Persone o gruppi che

non abbiano fiducia in sé difficilmente esprimono apprezzamento per gli altri. Stimolare la fiducia negli altri

interrompe la dinamica e permettere di pensare più facilmente al proprio stesso valore. (in Rispetto, Sennett)

La pratica del servizio sociale si estende su una vasta gamma di attività, tra cui: varie forme

di terapia e di consulenza, lavoro di gruppo e lavoro di comunità; formulazione e analisi di

politiche; advocacy e interventi politici. Da una prospettiva emancipatoria, che questa

definizione supporta, le strategie del servizio sociale sono finalizzate ad accrescere la

speranza delle persone, l'autostima e il potenziale creativo per affrontare e sfidare

dinamiche di potere oppressive e fonti strutturali di ingiustizie, incorporando così in un

insieme coerente la dimensione di intervento micro/macro, personale/politica.

Un buon assistente sociale non può mai essere convinto che il sistema entro cui opera sia perfetto e definitivo e

quando si accorge che la sua azione può semplicemente servire a indurre a tale convincimento coloro che sono

oggetto della sua attività assistenziale deve reagire a tale pericolo e indurre anzi alla comprensione della

possibilità di sviluppo della situazione sociale nel cui ambito lavora. [...] Qui è anzi la caratteristica più essenziale

della sua attività: quella per cui il suo modo di agire diventa tipicamente integratore della struttura democratica

del suo ambiente, in quanto suscitatore di nuove coesioni di volontà per fini di utilità comune, indipendenti da

quelle già predisposte dalle organizzazioni politiche e sociali vigenti. (G. Calogero, 1947) 34

La forza del servizio sociale è la vicinanza della professione alle persone,

con cui opera, la comprensione delle connessioni tra l’esperienza delle persone

e il loro contesto sociale. VENERDÌ 10 MARZO

La politica socio-assistenziale in Italia

EXCURSUS STORICO

Primo intervento normativo: Istituzione delle Congregazioni di Carità in ogni Comune (1862)

Un ricco patrimonio di istituzioni di beneficenza private, per lo più cattoliche, denominate

Opere Pie: 11.495 nel 1889, 23.272 nel 1900.

La cosiddetta Legge Crispi del 1890 riordina il sistema delle Opere Pie, attribuendogli

personalità giuridica pubblica e denominandole Istituti pubblici di beneficenza (poi IPAB).

Per oltre un secolo a partire dall’unificazione d’Italia, l’assistenza sociale è un settore

trascurato.

Seguono alcuni provvedimenti di natura previdenziale.

Il primo conflitto mondiale evidenzia lo stato di inadeguatezza dell’assistenza pubblica.

Fioritura di enti centralizzati: opera nazionale invalidi di guerra, opera nazionale combattenti

Col fascismo, la politica sociale si incentra su specifiche categorie e sulla famiglia. Sono

previsti interventi a favore della maternità e della famiglia: numerosi enti accentrati e

categoriali. Ad esempio l’ONMI (Opera nazionale Maternità e Infanzia) del 1925; gli ECA

(enti comunali di assistenza), a sostituzione delle Congregazioni di Carità nel 1937. Viene

istituita un’obbligatoria addizionale sulle tasse, il primo obbligo di contribuzione a soccorso

dei poveri.

La Costituzione promuove l’equità sostanziale tra i cittadini, parità di trattamento e la non

discriminazione, tutele adeguate per le persone in stato di bisogno. [articolo 3]

All’interno della Costituzione ci sono specifiche tutele: articolo 24, articolo 32, articolo 34

L’articolo 38 della Costituzione, che ci riguarda più direttamente, sancisce la responsabilità

dello Stato verso il benessere dei cittadini, ma distingue tra:

- previdenza: una tutela intesa più verso i principali rischi sociali riservata ai lavoratori

- assistenza sociale: destinata a tutti i cittadini sprovvisti di mezzi e/o inabili

Gli articoli 117 e 118 della Costituzione attribuiscono le competenze di assistenza pubblica e

beneficenza alle Regioni nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalla legge statale,

mentre la gestione diretta è affidata all’ente locale. Una sentenza della Corte Costituzionale

(1972) attribuisce l’assistenza sociale allo Stato e vi collega diritti sociali e la beneficenza

pubblica di competenza regionale e locale, discrezionale e non esigibile.

Nella fase espansiva del welfare nascono provvedimenti di natura previdenziale categoriali,

alcuni con caratteristiche ibride: trattamento di integrazione al minimo delle pensioni,

pensione sociale, pensione di invalidità, indennità di accompagnamento, assegni per il

nucleo familiare.

Nel 1968 la cosiddetta Legge Mariotti dispone la separazione delle attività sanitarie da quelle

socio assistenziali.

Nel 1970 c’è l’istituzione delle Regioni. 35

Nel 1977 il DPR 616 sopprime gli enti assistenziali nazionali e ne trasferisce le funzioni ai

Comuni (decentramento): asse

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Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MaraCentraa di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Servizio sociale e politiche sociali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Favali Maria Patrizia.
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