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Nella configurazione normale il cristallino è teso dal legamento sospensore. Quindi, rilascio il
legamento sospensorio e questo fa sì che il cristallino ritorni elasticamente ad una condizione di
equilibrio, dove la curvatura è molto maggiore. Questo porta a un potere diottrico maggiore e
quindi a ridurre la distanza focale: in questo modo si riesce a portare il punto sulla retina e quindi si
vede un punto per un punto.
Quindi, per riassumere:
- La luce che entra nel nostro occhio può entrare o come raggi paralleli (visione da lontano, d>6m)
o come raggi divergenti (visione da vicino, d<6m)
- Nel caso della visione da lontano, l’occhio non deve fare niente poiché il cristallino è in una
configurazione di stiramento dal legamento sospensore perché il muscolo ciliare è rilassato e
quindi tiene tirato il cristallino e lo mette nella sua curvatura inferiore. Questo per quanto riguarda
la visione da lontano va benissimo: un punto che io vedo oltre i sei metri diventa un punto sulla mia
retina.
- Il problema si pone quando si vuole vedere da vicino e quindi quando i raggi sono divergenti. La
cornea non si può cambiare, il cristallino si può cambiare. Quindi, si può contrarre il muscolo
ciliare, rilasciare il legamento sospensore dell’intensità necessaria e a questo punto si può far sì
che il cristallino elasticamente ritorni al suo stato più vicino all’equilibrio dove la curvatura è
maggiore, il potere di rifrazione è maggiore e a questo punto ho accomodato.
Quanto descritto si chiama accomodazione e consente di far cadere il punto focale sulla retina.
L’accomodazione è un’operazione che non avviene volontariamente, ma è un riflesso dato dalla
luce in ingresso e che viene esercitato dal sistema nervoso vegetativo.
Quello che accade con la visione da vicino è che sia la pupilla che il cristallino devono cambiare
conformazione e devono adeguarsi – la pupilla a chiudere un po’ il diaframma e il cristallino ad
accomodare.
Questo vi fa vedere perché il cristallino, il legamento sospensore, viene rilasciato quando si
contrae il muscolo. Normalmente noi siamo abituati a pensare che quando un muscolo si contrae
tira il tendine. Ma guardiamo come è fatto il muscolo ciliare: è concentrico, e quando è rilasciato è
molto piatto, perché è concentrico. Quindi quando rilascio un muscolo concentrico il diametro è
elevato quindi la zonula, che è il legamento sospensore, tira e il cristallino è appiattito (immagine
b). Quando contraggo il muscolo, come per il muscolo dell’iride, se io contraggo un muscolo
circolare il diametro dell’apertura che il muscolo circoscrive diventa minore e quindi rilasso il
tendine e il cristallino diventa più convesso. La visione da vicino ha bisogno di accomodamento,
quella da lontano no. E l’accomodamento lo ottengo facendo cambiare la curvatura del cristallino.
Quindi la luce, i raggi luminosi, entrano nell’occhio attraverso le lenti, attraverso la cornea, la
pupilla, il cristallino, il corpo vitreo e terminano sulla retina. Perché io possa avere una buona
visione di quello che ho davanti io devo far sì che un punto luminoso all’esterno, sorgente di luce,
diventi un punto sulla mia retina. Per far questo io devo tener in considerazione la distanza a cui
sono rispetto al punto luminoso. La distanza se è maggiore di 6m fa sì che i raggi arrivino paralleli
e quindi non ho bisogno di accomodare perché nella condizione di base il muscolo ciliare è
rilassato, il cristallino appiattito e il potere diottrico della cornea, insieme al cristallino, è abbastanza
da far convergere i raggi sulla retina. Quindi la distanza focale è esattamente quella fisica che c’è
tra il centro del cristallino e la retina. Quando invece l’oggetto è più vicino di 6m i raggi sono
divergenti quindi io andrei a convergere dietro la retina e non va bene, quindi chiedo al ciliare di
darmi una mano: contraggo il muscolo ciliare, rilasso il legamento sospensore, aumenta la
convessità del cristallino, il potere di rifrazione aumenta e io porto anteriormente il punto di fuoco e
lo faccio cadere esattamente alla distanza focale che c’è tra il cristallino e la retina. Perché ho
bisogno di fare ciò? Perché non posso accorciare e allungare il bulbo oculare. Il bulbo oculare è
quello che è e la distanza focale è fissa, quindi devo per forza giocare sulle lenti.
Tant’è vero che ci sono condizioni in cui il bulbo oculare è più corto rispetto alla distanza focale o
più allungato rispetto alla distanza oculare.
Succede che nell’ipermetropia (immagine a) si vede male, nel senso di sfumato, non per colpa
delle lenti; il problema è che nonostante quello che io posso fare (accomodazione) il punto cade
dietro alla retina e non c’è modo, perché è il bulbo che non è calibrato correttamente. Quindi quello
che posso fare è mettere una lente convessa, quindi aumentare ancora di più il potere di rifrazione,
in modo da accorciare la distanza focale tanto quanto serve rispetto all’occhio. La miopia è
esattamente il contrario. Nell’ipermetropia ho difficoltà nella visione da vicino perché è dove ho
bisogno del potere diottrico maggiore, quindi dove ho i raggi divergenti. Nell’immagine (immagine
b) sono messi paralleli ma a scopo didattico, come dice la didascalia l'ipermetropia si traduce nel
vedere male da vicino, chiaramente se i raggi arrivano divergenti ho ancora più bisogno di una
lente convessa che aumenti il potere di rifrazione. Mentre nella miopia si vede male da lontano e si
verifica quando l’occhio è troppo lungo e quindi la distanza focale è praticamente tale che il punto
di fuoco cade davanti alla retina. Qui verrebbe da domandarsi "e quindi cosa succede?". Quello
che succede è ciò che è mostrato in figura (immagine b) ma i raggi divergono di nuovo dopo il
punto di fuoco e quindi vado a trovarmi nella situazione in cui la retina è stimolata in più punti. Io
però non posso accorciare il bulbo oculare. Quindi quello che posso fare è mettere una lente
concava. Le lenti concave servono a correggere il difetto di rifrazione.
Noi non solo vediamo la luce, ma vediamo i colori. Questo è lo spettro delle radiazioni
elettromagnetiche.
Come avviene per i suoni, noi non è che sentiamo tutte le onde sonore. Sentiamo da 20 Hz a 20
KHz. La stessa cosa vale per le radiazioni elettromagnetiche. La luce è una componente delle
radiazioni elettromagnetiche, che hanno i raggi gamma, i raggi X, gli UV, gli infrarossi, le
microonde e le onde radio. La luce visibile sta nel mezzo. Siccome sono onde luminose, anche in
questo caso la lunghezza d’onda è il parametro che ci interessa per caratterizzare lo stimolo. Lo
spettro della luce visibile è quello che va da 380nm a 750nm. Quindi vediamo un infinitesimo di
quello che è lo spettro delle radiazioni elettromagnetiche. Il resto non lo vediamo, perché occhio
monitora solo le lunghezze d’onda che vanno da 380nm a 750nm. Dall’immagine vediamo già la
storia che il cervello si crea. Il cervello così come per i toni dell’orecchio, si crea un'immagine, una
storia; per l’orecchio erano i toni, uno più acuto, uno più grave e tutti quelli in mezzo, qui sono i
colori. Quindi i colori dell’arcobaleno sono fondamentalmente la rappresentazione di cosa il
cervello ci racconta rispetto alla lunghezza d’onda della luce che sta arrivando, andiamo verso il
rosso quando le lunghezze d’onda della luce diventano più elevate. Quindi la luce visibile è fatta da
lunghezze d’onda che vanno da 380nm a 750nm. I colori che noi vediamo sono la storia che il
cervello ci racconta del fatto che abbiamo incontrato della luce con lunghezze d’onda diverse. Il
cervello si chiede come può rappresentare queste variazioni e, siccome i toni li ha gia usati per
l’udito, nascono i colori. Bisogna fare una precisazione: quello che noi vediamo davanti a noi non
sono punti di luce ma sono oggetti, sono cose molto complicate, formate da punti di luce. Quindi
quello che dobbiamo immaginare è che il nostro occhio si comporta come una macchina
fotografica. Non a caso lo schermo di un computer famoso si chiama “retina”. Perché è la
risoluzione visiva che lo schermo vi dà, cioè si comporta come la retina. Nella retina un oggetto
viene rappresentato e noi vediamo l'oggetto. Ma l'oggetto è fatto da tanti punti luminosi che nella
retina diventano pixel. È come se fossero dei pixel nella retina i punti che compongono gli oggetti
che noi vediamo. Noi possiamo vedere solo quando l'ambiente è luminoso, quindi quando c'è una
sorgente luminosa che illumina l'ambiente. Se non fossimo in un ambiente luminoso non
vedremmo quello che vediamo. Questo perché la sorgente luminosa, che sia il sole perché siamo
fuori, che sia la candela, che sia la lampada, che sia la luce dello schermo del computer, della luna
(non solo del sole) è luce che colpisce tutti gli oggetti. Gli oggetti riflettono la luce della fonte
luminosa ed è questo che arriva al nostro occhio. Quindi quando noi guardiamo un oggetto quello
che succede è che il sole ha colpito l'oggetto, il quale ha riflesso la luce solare, e noi riceviamo
quelle onde luminose; e così costruiamo l'oggetto nella nostra retina. Gli oggetti sono fatti di
materiali diversi, la luce del sole e delle lampadine è luce bianca. La luce bianca è quella che il
cervello interpreta quando contiene tutte queste lunghezze d'onda messe insieme: da 380nm a
750nm; quindi la luce solare, la luce delle lampadine è luce bianca perché contiene tutte le
lunghezze d'onda. Quando va ad impattare sugli oggetti però gli oggetti sono fatti di pigmenti,
alcuni dei quali assorbono alcune lunghezze d'onda e altre le riflettono. Quindi se abbiamo dei fiori
viola davanti a noi, perché li vediamo viola? Perché la luce del sole li sta colpendo, loro assorbono
tutte le altre lunghezze d'onda e rimandano solo quella che è di 450nm. Quella è luce a quella
lunghezza d’onda. Il nostro occhio dice “attenzione è arrivata la luce a 450nm quindi quello che
stai osservando è viola” perché questo è il modo con cui il cervello ci dice che stiamo incontrando
quella lunghezza d'onda. I colori altro non sono, quindi, che la storia che il cervello ci racconta
rispetto all’aver ricevuto alcune lunghezze d'onda. Ma questa selezione delle lunghezze d'onda la
fanno gli oggetti che abbia