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La riforma amministrativa in Italia

La riforma amministrativa: un quadro dei principali problemi 54 | P a g .SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE – 17/03/2022

La P.A. si caratterizza per un lungo ciclo di stabilità e assenza di innovazioni. (Stabilità intesa come continuità, quindi non troviamo riforme profonde che portano rivoluzioni rispetto al passato, ma si costruisce su ciò che c'è, con aggiustamenti parziali. Inoltre, vi è una lunga assenza di innovazione perché dal 1860 e fino agli ultimi decenni ci sono stati rinnovamenti solo parziali; solo nell'ultimo ventennio c'è stata qualche innovazione.

Una parentesi è rappresentata solo dal regime fascista, regime non democratico che esercita una forte pressione sulla P.A. cercando di annullare la connaturata neutralità per affiancarla al regime stesso. Quindi è l'unico tentativo di segnare un cambiamento con il passato creando una

macchinaburocratica parallela, parastatale, dal punto di vista di procedure, organizzazione, strutture amministrative ecc.

A parte questo, in 150 anni di storia non ci sono stati rilevanti cambiamenti.

Nel 1993 Cassese ne riassume i caratteri descrivendola come amministrazione "senza storia" e "senza testa"

  • Senza storia: fino a quel momento non vi era stato un adeguamento alle nuove esigenze maturate nel corso del tempo
  • Senza testa: i vertici amministrativi erano deresponsabilizzati e privi di autonomia rispetto al potere politico (quindi ravvede ingerenza dei poteri politici che è castrante per la capacità gestionale dei vertici)

I principali problemi della P.A., ereditati sin dalle origini dello stato unitario, possono essere così riassunti:

  • Eccessiva centralizzazione

Il modello cavouriano, che nasce già prima dell'unità italiana nel 1853 (costituzione dello stato nazionale con l'istituzione dei ministeri) e

prevale negli stati moderni, fino agli anni '70, la de-responsabilizzazione dei vertici amministrativi. Se all'origine dello stato unitario i vertici amministrativi erano legati da un rapporto osmotico con i vertici politici, esisteva anche una circolarità delle carriere tra funzioni amministrative e politiche, ma poi si crea uno scollamento e i vertici amministrativi diventano più subordinati al potere politico ma allo stesso tempo privati di responsabilità (già dalla fine dell'800). Inoltre, si evidenzia la marginalità dei profili tecnici rispetto a quelli di formazione giuridica nella P.A. italiana. Fin dalle origini, infatti, la P.A. italiana fonda la sua attività sul principio di legalità con reclutamento di giuristi, e non di personale tecnico per funzioni più avanzate e specifiche. Un'altra problematica è rappresentata dall'iper-legificazione e complessità delle procedure nella P.A. italiana. Quest'ultima ha avuto una crescita spesso caratterizzata da irrazionalità e disorganizzazione, con moltiplicazione di unità.

amministrative e conseguente aumento di uffici preposti e complessità delle procedure (con stratificazione di competenze e interventi). Si crea anche una moltiplicazione di leggi e regolamenti, ma l'iper-legificazione risiede anche nella cultura amministrativa (quindi non si interviene con provvedimenti più snelli) - Scarsi rendimenti. A questo corrispondono anche scarsi rendimenti, a fronte di una macchina burocratica molto cresciuta a fronte degli effettivi rendimenti e scarsa qualità. - Frammentazione amministrativa. A fronte della spropositata crescita di questa macchina, non vi è stata una razionalizzazione dell'organizzazione, ma la moltiplicazione dei vertici e delle funzioni che non aiuta né la semplificazione, né la trasparenza dei procedimenti. 55 | P a g. SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE - 17/03/2022 - Espansione incontrollata del pubblico impiego per fini clientelari. Questa è una pecca estremamente forte del

sistema italiano, soprattutto negli anni della prima repubblica (fine II guerra fino inizi anni '90). I vincoli sopraggiunti es. dal trattato di Maastricht, hanno imposto dei limiti che prima non erano previsti. La riforma amministrativa: antecedenti storici Vari tentativi di riforma della P.A., tutti con esiti problematici. Di seguito, i casi principali. (I tentativi di riforma della P.A. fino agli anni '90 sono stati molto modesti, con effetti assai limitati) - Crispi (1888) abolisce la figura del Segretario generale nei ministeri e la sostituisce con il Sottosegretario di Stato (che è un politico, di solito parlamentare, che quindi svolge un collegamento tra il ministro e la maggioranza parlamentare, creando lo scollamento fra il ministro e l'apparato amministrativo). Effetti: si sostituisce a una funzione di raccordo tra il vertice politico e gli amministrativi, una funzione di raccordo tra esecutivo e Parlamento (quindi non è un vero e proprio tentativo di riforma).

Riforma amministrativa, ma forse più un modo per tenere sotto controllo la pubblica amministrazione con il potere politico) Il Ministro delle Finanze De Stefani (1923-24) interviene sull'organizzazione del personale e sul controllo della spesa pubblica. (L'obiettivo è quello di rendere più efficiente la spesa pubblica, con un controllo che ne consenta anche una riduzione, una massimizzazione dei risultati con una spesa più corretta, criteri di efficienza si rendono necessari già da quegli anni)

Effetti: gerarchizzazione del personale di ispirazione militare, lungaggini nelle procedure a causa del controllo accentrato della Ragioneria generale dello Stato sulle ragionerie di ogni ministero (questa gerarchizzazione del personale non porta ad una efficienza amministrativa, è caratterizzata da una formalità di gerarchia e dei procedimenti e non contribuisce a una responsabilizzazione degli amministratori e procedimenti, basata sul

riconoscimento dell'anzianità e non della competenza. Quindi i criteri rigidi, e il controllo sulla spesa pubblica offre pochi vantaggi e più lungaggini) -> Fascismo: non si registrano effettivi tentativi di riforma. Laddove si cerca di ridurre i numeri di P.A., cresciuti esponenzialmente nella I guerra, il fascismo comunque non riesce ad intervenire in maniera efficace. -> Lucifredi (1950-55), a capo dell'Ufficio per la riforma dell'amministrazione presso la Presidenza del Consiglio, tentò di introdurre metodi gestionali di matrice anglosassone, ma con pochi risultati. (negli anni 50 registriamo il primo intervento più rilevante di riforma: la costituzione di un Ufficio per la riforma dell'amministrazione - che più tardi si trasformerà in un dipartimento per la funzione pubblica. Questo ufficio tenta di introdurre metodi gestionali di matrice anglosassone ma con pochi risultati. Ma la cosa importante è il fatto chegià all’inizio dello stato repubblicano, si osservavano i problemi relativi al rendimento della macchina amministrativa, produttività insoddisfacente e disfunzioni endemiche.

56 | P a g .SCIENZA DELL’AMMINISTRAZIONE – 17/03/2022

La Commissione Medici (nel 1964) avanzò una serie di proposte in chiave efficentista etecnocratica, oltre che improntate al decentramento, ma rimasero per la gran parte incompiute. Si riconosce l’importanza del sapere tecnico e vi si vuole dare più importanza all’interno della P.A. Le proposte sono improntate al decentramento, quindi erano esigenze sentite, come oggi, ma rimaste incompiute. Sono gli anni del centro-sinistra, questa fase iniziata negli anni 60 si trova in un contesto riformista, alla quale corrispondono molte attese, ma poi saranno deluse per quanto riguarda la p.a.

Il lungo ciclo della riforma amministrativa

A partire dagli anni Settanta si sviluppa un lungo ciclo di riforme, non ancora del

tutto concluso. (Sono i primi anni in cui si registra un fermento riformista più avanzato: abbiamo l'istituzione delle regioni, e questo già interviene in maniera molto forte nell'assetto dello stato all'insegna del decentramento, perché segna l'inizio di un processo che è ancora incorso ai nostri giorni, perché i poteri sottratti allo stato e attribuiti alle regioni sono definiti via via e ancora sono in corso di definizione.) Il Ministro della Funzione pubblica Giannini (1979) pubblica un rapporto (che influenzerà molto le generazioni successive e i suoi "eredi") nel quale identifica i principali problemi relativi a 4 aree: 1) Efficienza e produttività dell'amministrazione (problema oggettivo della p.a. italiana già sentito da allora, sempre stata deficitaria su questi aspetti) 2) Le tecnologie (la capacità di fare uso delle risorse di cui adesso la p.a. si è dotata in maniera

estesa ma negli anni 70 era assente)

Il personale (perché deresponsabilizzato ai vertici e che risente di problemi stratificati nel tempo: reclutamento clientelare, mancanza di specializzazione tecnica ecc.)

Il riordino dei poteri centrali (riordino all'insegna dell'efficienza e della razionalizzazione, per superare la frammentazione dei poteri centrali creando collegamenti per area in modo che diverse unità amministrative della stessa area siano coordinate nella loro azione – solo negli anni 90 l'organizzazione dipartimentale.

Inoltre, Gianni enfatizza molto l'aspetto del decentramento delle funzioni, e il riordino dei poteri centrali dovrebbe realizzarsi anche in ordine a una sussidiarietà orizzontale e verticale come quella che si realizzerà solo alcuni decenni dopo.

Sussidiarietà verticale: verso gli enti locali

Sussidiarietà orizzontale: lo stato delega alcune sue funzioni ad organizzazioni non pubbliche (attori privati,

o enti che hanno sistemi organizzativi di natura privatistica, quello che il NPM ha denominato agenzificazione e privatizzazioni)

Quella di Giannini è solo una riflessione che non vedrà molti risvolti immediati, ma sarà fonte di ispirazione per gli interventi degli anni '90.

Negli anni Ottanta si avviano i primi processi di privatizzazione e vengono istituite nuove autorità indipendenti (Antitrust, riforma della CONSOB, Garante dell'editoria, ecc.).

(Vengono accolti in maniera limitata e parziale i suggerimenti di Giannini, con i primi processi di privatizzazione e la sussidiarietà orizzontale. Vengono istituite nuove autorità indipendenti, quindi riscontriamo alcuni elementi di implementazione delle proposte Giannini)

57 | P a g .

SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE - 17/03/2022

Nel 1988 viene approvato il nuovo ordinamento della Presidenza del Consiglio che conferisce al premier un ruolo di impulso e al Segretario generale una

i al Presidente del Consiglio quindi conferisce un maggiore potere di coordinamento al Presidente del Consiglio.
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
178 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/04 Scienza politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher paolococchi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Scienza dell'amministrazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Unitelma Sapienza di Roma o del prof Conti Nicolò.